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Ultimo Aggiornamento: 01/07/2021 13:52
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07/06/2012 08:42
 
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Riflessioni su due recenti celebrazioni:

       Domenica 3 giugno 2012. Stesso giorno, stesso orario. Un milione di persone per il Papa a Milano. Un milione di persone per la Regina a Londra.

 

      A Milano, la folla si era riunita, festante e compatta, nel Parco di Bresso per assistere alla Messa pontificia di chiusura del VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Nessuna fotografia, nemmeno quelle scattate da un aereo, è riuscita ad abbracciare la folla sterminata. Il palco aveva quasi le dimensioni del Duomo. Eppure, per chi lo vedeva dall’altro lato del parco, sembrava un punto nell’orizzonte. E, in mezzo, la folla immensa che copriva ogni spazio. I mezzi di comunicazione hanno parlato di un milione di persone. Per chi vi ha partecipato, sembravano anche di più.

       Moltissime le giovani famiglie con figli piccoli. Tantissimi i ragazzi. Anzi, predominavano proprio loro, dando all’evento un’aria allegra e, allo stesso tempo, raccolta. Alle iniziali esplosioni di gioia e di festa quando è arrivato Benedetto XVI in “papamobile”, è seguito un lungo periodo di religioso silenzio per tutta la durata della Santa Messa. Queste persone erano lì per pregare e per acclamare il Successore di Pietro.

       Mentre a Milano il popolo italiano acclamava il Sovrano Pontefice, a 1.300 chilometri di distanza, sulle rive del Tamigi, il popolo britannico acclamava S.M. la Regina Elisabetta II. E anche qui le cronache giornalistiche hanno parlato di un milione di persone. Numero eccezionale, visto che è piovuto fortemente durante l’intera giornata. Bagnati o meno, i sudditi di Sua Graziosa Maestà hanno voluto renderLe omaggio in occasione del suo Giubileo di Diamante.

       Al centro delle celebrazioni, una regata sul Tamigi, alla quale hanno preso parte più di mille barche addobbate a festa. Insieme alla Reale Famiglia, tutti in abiti di gala, la Regina vi ha partecipato a bordo del Royal Barge, una sfavillante imbarcazione che rammenta il Bucintoro dei Doge della Serenissima. Lungo il fiume, più di un milione di persone hanno urlato a squarciagola God save the Queen!sbandierando la Union Jack.

 
*     *     *

 
      Cosa hanno in comune queste due celebrazioni, oltre alla loro coincidenza temporale?

       Anzitutto il fatto che ambedue i personaggi acclamati — il Sovrano Pontefice e la Regina Elisabetta — sono Capo di Stato di due monarchie, elettiva la prima, ereditaria la seconda. Il popolo era lì, sì, per acclamare Joseph Ratzinger ed Elizabeth Windsor, ma soprattutto per rendere omaggio al Successore di Pietro e alla Regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.

       Mentre nel parco di Bresso il coro cantava “Tu es Petrus”, e invocava “Summo Pontifice et universali patri pax, vita et salus perpetua”, i sudditi britannici impetravano “God save our Gracious Queen, long live our noble Queen”.

       Hanno, poi, in comune il fatto che, nonostante fortissime spinte in senso contrario, ambedue le monarchie hanno conservato un certotonus. Nonostante l’ambiente sempre più scialbo e ugualitario del mondo moderno, la Regina Elisabetta ha saputo mantenere molte delle gloriose tradizioni che nei secoli hanno contraddistinto la monarchia britannica. Da parte sua, nonostante la terribile Rivoluzione in atto Papa Benedetto XVI ha saputo mantenere — e in alcuni casi restaurare — molte delle bellezze liturgiche e protocollari che nei secoli hanno contraddistinto la Santa Sede.

       Aveva ragione un noto diplomatico quando, qualche anno fa, dichiarava: “Le due ultime monarchie sulla terra sono quella britannica e quella pontificia”. Giudizio condiviso e, anzi, approfondito dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira, che vedeva in queste due monarchie — ognuna nel proprio campo — colonne dell’Ordine tradizionale, punti di riferimento ai quali l’uomo contemporaneo può guardare con sollievo in mezzo al crollo generale. Con la differenza fondamentale che, mentre la monarchia britannica è una realtà temporale e, quindi, di per sé peritura, la monarchia papale è una realtà spirituale che gode della promessa divina della perennità.

 
*      *      *   

 

      Le celebrazioni di Milano e Londra hanno anche un’altra cosa in comune: secondo una certa logica storica, nessuna di esse sarebbe pensabile nel 2012.

       Chi non ricorda gli spasimi utopistici di certi teologi sessantottini che volevano per il Duemila un Papa in jeans e tennis? Si parlava di vendere il Vaticano per aiutare i poveri. Si parlava di trasferire la Santa Sede in Terra Santa, in condizioni talmente precarie che ricordassero quelle della Chiesa primitiva. Si parlava di riformare la liturgia per renderla sempre più volgare, cioè vicina al “popolo”. Si parlava di abolire il protocollo pontificio, democratizzando la Santa Sede.

       Non diversamente ci furono voci che, all’epoca della coronazione di Elisabetta II, nel 1953, davano alla monarchia britannica pochi anni di vita. La rivoluzione culturale già allora visibile all’insegna di un certo americanismo trionfante, e poi portata al parossismo col ‘68, non poteva non intaccare le istituzioni che per secoli avevano retto il sistema monarchico nel Regno Unito, portandolo rapidamente alla rovina.

       Eppure, arriviamo al 2012 e, mentre un milione di persone acclamavano a Milano un Papa da molti visto come “tradizionalista”, un milione di persone applaudivano la Regina che si ostina a non piegarsi alle esigenze d’una certa modernità.

       Questo la dice lunga su almeno un aspetto dell’uomo moderno.

       “Chassez le naturel et il réviendra au galop — dicono i francesi —cacciate via il naturale, ed esso ritornerà al galoppo”. La sete di splendore è insita nell’anima umana. Di tutti i nostri bisogni, quello più forte, più fondamentale, più intrinseco alla nostra natura è quello di conoscere Dio. L’uomo, però, conosce attraverso i sensi. “Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu”, sentenziava S. Tommaso. Ora, Dio non è direttamente accessibile ai nostri sensi.

       Perciò, nella Sua sapienza, Dio ha disposto che nell’universo vi siano oggetti materiali che, per analogia, per somiglianza, consentono di conoscere le cose dello spirito e, in ultima analisi, Dio stesso. Questi sono i simboli. Per la contemplazione della bellezza riflettuta in tante realtà materiali, noi possiamo risalire alla contemplazione della Bellezza assoluta.

       Volgarizzando tutto, la Rivoluzione ha voluto toglierci la possibilità di contemplare le bellezze nel creato. La conseguenza è che, in questo inizio di Terzo Millennio, la sete di splendore sta dando segni di voler ritornare al galoppo.

 

 

 
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16/06/2012 22:04
 
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NIGERIA

«fiammata fondamentalista»

di Luca Fiore

11/06/2012 - Dopo gli attacchi kamikaze delle ultime ore, la situazione dei cristiani nel Nord del Paese diventa sempre più drammatica. In questa intervista, l'esperto di religioni Massimo Introvigne ripercorre l'eterno conflitto che è "dentro" all'islam

Non ha pace la Nigeria. I fondamentalisti di Boko Haram sono tornati a colpire i cristiani. L’obiettivo è la riconquista del potere e la cacciata degli infedeli dalle terre del nord. Religione e politica. È impossibile distinguerli nel mondo musulmano. Neanche in Nigeria. Ma per capire quel che sta accadendo non basta capire le strategie politiche contingenti. Le ragioni dello scontro sono anche culturali e affondano nel passato. Ne è convinto Massimo Introvigne, già rappresentante dell’Osce per la lotta al razzismo, alla xenofobia e alla discriminazione contro i cristiani e i seguaci di altre religioni: «Qualche volta per capire le cose bisogna andare un po’ indietro nel tempo. Anche in questo caso».

Quanto indietro?
A me piace dire che quasi tutti i problemi dell’islam nascono con le sconfitte militari della fine del ‘600 e l’assedio di Vienna. Perché fino all’ora l’islam via terra (via mare era un altro discorso), aveva sempre avanzato e aveva sempre vinto. Questo fatto sembrava essere una conferma delle profezie di Maometto, secondo cui l’islam avrebbe vinto sempre. Con la sconfitta a Vienna l’islam, in modo inaspettato, comincia a perdere. E poi perderà sempre, fino a vedere la maggior parte del suo territorio controllato dalle potenze coloniali. Questo è il dramma dell’islam.

Si spieghi.
Qualcuno nel mondo musulmano comincia a mettere in dubbio la verità delle profezie. Altri si domandano che cosa sia andato storto. Ci sono sostanzialmente due rispose. Una risposta, che rimane vincente fino a dopo la Seconda guerra mondiale. È la risposta modernizzatrice o modernista che dice: per colmare il divario con l’Occidente occorre importare elementi di modernità. Poi gli elementi che decide di importare il Sultano sono magari diversi da quelli di Ataturk in Turchia o Sugarko in Indonesia.

La seconda risposta qual è?
Già nel Settecento si fanno strada i tradizionalisti - la parola "fondamentalista" nascerà nel Novecento - e questa risposta prende piede nelle periferie dell’impero. Alla domanda sul perché l’islam abbia iniziato a perdere si risponde in modo opposto: si è imitato troppo l’Occidente. Ma questa posizione è rimasta per lungo tempo minoritaria e si è sviluppata in regioni periferiche. 

Quali?
Nell’attuale India e Pakistan con le premesse di quelle che sarà poi la scuola Deobandi. Nei deserti arabi con Wahab, dalla cui predicazione si svilupperà l’islam wahabita che oggi si diffonde con il denaro del petrolio saudita. E infine proprio in Nigeria. La terza grande reazione di tipo tradizionalista, infatti, si sviluppa con il regno di Sokoto al cavallo tra Settecento e Ottocento. È un regno che noi oggi chiameremmo "talebano" nel quale trovò spazio il predicatore Usman dan Fodio. 

Perché, a un certo punto, queste correnti smettono di essere marginali?
Le classi dirigenti, che dopo la Seconda guerra mondiale hanno preso il mano il potere con la decolonizzazione, erano tutte ispirate alla corrente modernizzatrice. Ma hanno dato pessima prova di sé. Sotto il profilo della politica internazionale, della corruzione, della politica economica e della capacità di gestione dello Stato. A quel punto i tradizionalisti hanno avuto buon gioco nel dire: è abbiamo imitato troppo l’Occidente. I padri del deserto non sapevano né leggere né scrivere, non avevano la pittura fiamminga o l’opera italiana o la letteratura francese, però le battaglie anziché perderle le vincevano.

Ma cosa succede in Nigeria oggi?
Di fatto l’islam modernizzatore che ha gestito il potere fino a pochi anni fa è stato sconfitto. E oggi al potere ci sono i cristiani con l’attuale presidente Goodluck Jonathan. Tra i musulmani, quindi, è cresciuta la frustrazione e sulla frustrazione sono cresciute le posizioni fondamentaliste. In questo contesto nasce il gruppo Boko Haram, i cui nome tradotto significa "tutte le forme di educazione non musulmane sono haram". "Haram" è il termine arabo che si contrappone ad "halal". La carne halal è la carne che si può mangiare, quella haram è quella corrotta, putrida, proibita che non si può mangiare. Quindi il messaggio è “tutto ciò che non viene dall’islam è carne avariata”.

Questo atteggiamento è comune anche ai Talebani, ad esempio.
Sì, ma va calato nel contesto specificatamente nigeriano. La Nigeria è spaccata in due: una parte a maggioranza cristiana e una parte a maggioranza musulmana. Il problema è che il petrolio si trova nella parte cristiana. Quindi l’ipotesi separatista, che è sul tavolo, porterebbe i musulmani a vivere in uno Stato molto povero, perché i proventi del petrolio in gran parte finirebbero ai cristiani.

Ma perché questa escalation negli ultimi mesi?
I musulmani non sopportano che lo Stato sia dominato dai cristiani e dagli interessi petroliferi. Poi ci sono state le primavere arabe che sono state il colpo finale alle classi dirigenti del mondo islamico modernizzatore. Bel Ali, Mubarak e Gheddafi sono stati spazzati via. E Gheddafi era molto influente a Sud della Libia.

Che conseguenze potrebbe avere la crisi Nigeriana nei Paesi della regione?
Il rischio è che Boko Haram, e soprattutto i predicatori che le stanno dietro, estendano la loro influenza anche ai Paesi vicini. Anche perché non ci sono più i contrappesi dell’islam un po’ pasticcione di Gheddafi. Il raìs di Tripoli che faceva propaganda in tutto il continente africano. Gridava molto, ma di fatto l’islam che predicava era, nella conseguenze pratiche, più moderato rispetto a quello di Boko Haram.

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03/07/2012 11:18
 
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UN GIOCO DIVINO

 

Il gioco è una cosa seria. Non a caso da bambini si impara a conoscere il mondo e se stessi proprio giocando.

Ma antropologi e filosofi ci spiegano che il gioco è una cosa seria anche per gli adulti. Del resto gli sport (con le stesse olimpiadi) sono stati inventati nella patria del pensiero filosofico, la Grecia antica.

Prendiamo allora il calcio, che nella nostra epoca è un fenomeno sociale di dimensioni planetarie, capace di catalizzare la passione di un intero continente perfino in un’estate di torrida crisi economica come questa.

A svelarci il segreto fascino di questo sport – con una sua “teologia del calcio” – è una delle menti più luminose della nostra epoca: Joseph Ratzinger.

La sua sorprendente riflessione – contenuta in “Cercate le cose di lassù” – risale agli anni Ottanta o forse a quelli in cui era arcivescovo di Monaco di Baviera.

Come sempre Ratzinger sorprende.

In questo caso mostra che – ce ne rendiamo conto oppure no – tutto quello che è fatto dagli uomini, fosse pure un gioco, uno sport, una partita di calcio, si porta sempre dentro il loro mistero e il mistero della vita. Alla fine fa parte sempre della “grande partita” con Dio.

Il cardinale-teologo parte dal campionato mondiale di calcio e osserva che se questo evento riesce, ogni quattro anni, ad avere nel mondo una eco senza eguali, significa che “tocca un qualche elemento primordiale dell’umanità”.

Dunque non può essere liquidato come lo svago “di una società decadente che non ha altri obiettivi più elevati”, secondo la condanna di certi moralisti, i quali evocano con piglio sprezzante il motto “panem et circenses” dell’antica Roma.

Al contrario Ratzinger usa proprio quel motto per demolire il moralismo e avventurarsi nelle profondità dell’uomo. Si chiede: in cosa risiede il fascino di un gioco che assume la stessa importanza del pane?”.

La domanda è spiazzante e la sua risposta è geniale:

“Si potrebbe rispondere, facendo ancora riferimento alla Roma antica, che la richiesta di pane e gioco era in realtà l’espressione del desiderio di una vita paradisiaca, di una vita di sazietà senza affanni e di una libertà appagata”.

Infatti, spiega, il “gioco” in ultima analisi è proprio questo. “un’azione completamente libera, senza scopo e senza costrizione, che al tempo stesso impegna e occupa tutte le forze dell’uomo. In questo senso il gioco sarebbe una sorta di tentato ritorno al Paradiso: l’evasione dalla serietà schiavizzante della vita quotidiana e della necessità di guadagnarsi il pane, per vivere la libera serietà di ciò che non è obbligatorio e perciò è bello”.

Questa rivelazione – il gioco come nostalgia dell’Eden – a prima vista stupisce, sembra audace, ma a ben vedere è molto convincente. Fa vibrare dentro qualcosa che inconsciamente sappiamo tutti.

Poi Ratzinger si spinge oltre e nota che “il fascino del calcio” sta nel legare queste due cose attraverso un elemento molto prezioso: costringe l’uomo a imporsi una disciplina in modo da ottenere con l’allenamento, la padronanza di sé; con la padronanza, la superiorità e con la superiorità, la libertà”.

Cioè, il calcio insegna quella che nel linguaggio cristiano si chiama “ascesi” e nel linguaggio popolare “lo spirito di sacrificio”: un superamento di sé e dei propri limiti per raggiungere una meta desiderata.

Ma c’è dell’altro, secondo il cardinale. Il calcio “insegna soprattutto un disciplinato affiatamento: in quanto gioco di squadra costringe all’inserimento del singolo nella squadra. Unisce i giocatori con un obiettivo comune”.

Fa capire dunque che l’ “io” si realizza e trova la felicità dentro un “noi”, dentro una comunità umana.

Queste caratteristiche umane sono così naturalmente cristiane che forse spiegano il motivo per cui negli oratori e nelle parrocchie è sempre stato presente il campetto di calcio.

E spiegano perché così spesso le squadre di calcio sono nate dagli oratori e tanti giocatori vengano da lì e spesso continuino a manifestare la loro religiosità.

Ultimo della lunga serie è lo stesso Mario Balotelli che ha imparato a calciare nell’oratorio S. Andrea di Concesio.

L’altro ieri don Mario Cotelli, il parroco che ha visto crescere il campione, ha detto a un giornalista: “L’ultima volta che Mario è venuto a salutarci ci siamo raccontati tante cose… E alla fine ricordo di avergli detto ‘mi raccomando, sii bravo, sii in gamba, sii prima di tutto uomo, e – ho aggiunto – ricordati sempre di Dio che ti ha dato il tuo grande talento’. E lui mi ha risposto: ‘Don, ogni giorno io mi ricordo di Lui, ogni giorno Lo prego e Lo ringrazio’…”.

Certo, il calcio poi, specialmente in tornei internazionali come il campionato del mondo o quello europeo, si carica pure di contenuti legati ai colori nazionali.  

Ma anche questo aspetto – che a volte può provocare volgari intolleranze nazionalistiche – è invece prezioso perché la “leale rivalità” in un gioco di cui si condividono le regole comuni – come dice Ratzinger – insegna il rispetto e il riconoscimento dell’altrui valore agonistico.

Un sano orgoglio nazionale vive bene in una pacifica e festosa comunità di popoli.

E’ vero che il calcio può anche essere “inquinato da uno spirito affaristico che assoggetta tutto alla cupa serietà del denaro”, ma – obietta il cardinale – neppure questo “mondo fittizio” del denaro “potrebbe esistere senza l’aspetto positivo che è alla base del gioco:l’esercitazione alla vita e il superamento della vita in direzione del paradiso perduto”.

Dunque Ratzinger sostiene che “se andiamo in profondità, il fenomeno di un mondo appassionato di calcio può darci di più che un po’ di divertimento”, può insegnarci chel’uomo non vive di solo pane, il mondo del pane è solo il preludio della vera umanità, del mondo della libertà. La libertà si nutre però della regola, della disciplina, che insegna l’affiatamento e la rivalità leale”.

Insomma è una scuola di vita. Per gli uomini e per i popoli.

 

Antonio Socci

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05/07/2012 23:50
 
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 Il commento del cardinale e teologo alla scoperta della particella di Dio
ELIO SGRECCIA


La rilevanza della scoperta della «particella di Dio» è riconosciuta dall’intera comunità scientifica, ma un dato mi pare ancora più rilevante. E cioè che si va consolidando in tutti la convinzione che l’universo abbia un origine e una causa proporzionata. Lungo la storia della scienza si sono succedute teorie come quelle della nebulosa originaria o del Big Bang. Stavolta l’ipotesi va ancora più in profondità, fino al cuore della materia: si suppone che esista un elemento primigenio da cui sia scaturito il mondo. Noi la chiamiamo creazione in quanto è l’azione di un creatore intelligente che ha pensato e voluto l’universo.

Questi vari punti individuati hanno una certa relazione con la fase iniziale del creato, ma la vera causa non può essere in questi fatti scientifici bensì in un essere intelligente che noi chiamiamo Dio la cui azione è appunto la creazione. Spetta alla scienza identificare il «fattore primo» dal punto di vista materiale, però supporre l’esistenza di un creatore richiede un salto filosofico. Può darsi che neppure questa meravigliosa scoperta indichi l’atto iniziale della materia, ma è indubitabile che vi sia un inizio della creazione. Tra fede e scienza non vi è opposizione, nonostante alcuni episodi di incomprensione nei secoli. LaBibbia ci parla della creazione come del primo linguaggio attraverso il quale Dio ci rivela qualcosa di sé. Benedetto XVI ha più volte elogiato i tanti scienziati ispirati da stupore e gratitudine di fronte al mondo che ai loro occhi appare come l’opera buona di un Creatore sapiente e amorevole. Lo studio scientifico si trasforma così in un inno di lode.

E’ in corso la causa di beatificazione dei quell’astrofisico Enrico Medi che scriveva: «Oh, voi misteriose galassie, io vi vedo, vi calcolo, vi intendo, vi studio e vi scopro, vi penetro e vi raccolgo. Io prendo voi stelle nelle mie mani, e tremando nell’unità dell’essere mio vi alzo al di sopra di voi stesse, e in preghiera vi porgo al Creatore, che solo per mezzo mio voi stelle potete adorare».
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29/07/2012 23:44
 
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FALLISCE L’EUROPA PERCHE’ HA VENDUTO L’ANIMA

 

Era il giugno 1988, mancavano solo pochi mesi al crollo definitivo dell’Impero sovietico, ma già c’erano tutti i segni del fallimento del terribile esperimento comunista.

A un convegno a Leningrado il cardinale Carlo Maria Martini disse: ogni volta che “si è rifiutato Dio, se ne è perso o sminuito il senso o lo si è presentato in modo scorretto, ci si è incamminati verso forme più o meno larvate di decadenza dell’uomo e della stessa convivenza sociale”.

Il comunismo era stato imposto proprio con questa certezza: l’eliminazione di Dio come premessa per il regno dell’umanità, del benessere e della felicità.

Sappiamo com’è andata a finire. Cancellato Dio è stato distrutto l’uomo. Perché “se Dio non c’è tutto è permesso” (Dostoevskij).

Mi chiedo: non sta accadendo la stessa cosa in Europa? Non si addicono oggi al nostro continente quelle parole che il cardinale Martini pronunciò a Leningrado alla vigilia del crollo del comunismo?

L’Unione europea – che per tanti versi, diceva Vladimir Bukovskij, somiglia all’Unione sovietica – si è costituita proprio, attorno al 2000, estromettendo i popoli europei dalla decisione sul loro futuro e rinnegando sia le “radici cristiane” (cancellate dal progetto di Costituzione europea), sia le origini spirituali del progetto europeista.

Infatti De Gasperi, Adenauer e Schumann, sessant’anni fa, pensarono e vollero la comunità europea sulle basi culturali cristiane, per combattere i totalitarismi e per mettere fine alle guerre che avevano devastato il continente.

Ma appena la tecnocrazia si è impossessata del progetto europeista è ricominciata la guerra.

Stavolta fatta non più con i cannoni, ma una guerra economica, che sta provocando distruzioni e drammi umani paragonabili a quelle delle guerre reali.

Fra l’altro si tratta pure di una tecnocrazia incapace, avendo imposto una folle unione monetaria senza banca di riferimento e senza stato. Così adesso siamo alla frutta. Anzi, alla grappa.

L’Europa è devastata dalla speculazione, l’unione è diventata disunione, dilaga la miseria e la paura del futuro. Faticosamente la famiglia resta una delle poche cellule di coesione, ma è aggredita da ogni parte.

In compenso abbiamo i matrimoni gay, i crocifissi sono banditi dai luoghi pubblici e dai cuori, la finanza che ha provocato la crisi spadroneggia, i milioni di bambini cancellati dall’aborto di stato  sono stati rimpiazzati da colossali ondate di immigrazione e la vuota ideologia politically correct domina incontrastata nel nulla di un continente dimentico della sua anima.

In questo smarrimento generale purtroppo manca la voce profetica di Giovanni Paolo II. Era lui che fin dall’inizio del suo pontificato – proprio contro i totalitarismi e le loro guerre – aveva proclamato l’unità cristiana dell’Europa dall’Atlantico agli Urali.

Quando il suo annuncio profetico si è realizzato, con il crollo del Muro di Berlino, però, è stata imposta un’altra Europa, senza cristianesimo, senza Dio, con poca libertà e con nuovi muri. Uno altissimo si sta erigendo in questi giorni fra Nord Europa e Sud mediterraneo.

Così ora non abbiamo più una casa europea, non abbiamo più una patria perché è stata espropriata della sua sovranità e non abbiamo più nemmeno una moneta.

Non abbiamo (in tutta Europa) leadership politiche all’altezza della situazione, ma piccoli apprendisti stregoni che ci portano nel baratro.

 E’ stato dimenticato il magistero di Giovanni Paolo II?  

Durante la prima guerra mondiale solo la voce del Papa Benedetto XV si alzò a denunciare l’ “inutile strage”. Nel corso della seconda Pio XII fu il grande faro luminoso nella notte dell’orrore.

Oggi è in corso la terza guerra mondiale e per la prima volta sembra non vi sia più una luce a cui guardare. Perciò il popolo dei semplici, in questa estate d’ansia, affolla Medjugorje, Fatima e Lourdes.

 Antonio Socci

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31/08/2012 21:46
 
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Colloquio con Valter Boero, docente all’Università di Torino, presidente di Mpv (Movimento per la vita)  e dirigente nazionale, che fa il punto della situazione
DOMENICO AGASSO JR


Soddisfazione e fiducia sono state espresse dal Forum delle Associazioni familiari e dal Movimento per la Vita (Mpv) per l’intenzione del ministro della Salute Renato Balduzzi «di proporre al governo il ricorso contro la sentenza della Corte europea», perché in quella sentenza «si ravvisano passaggi che possono dare luogo a interpretazioni preoccupanti». Nella conferenza congiunta di ieri, i presidenti di Forum e Mpv, rispettivamente Francesco Belletti e Carlo Casini, hanno aggiunto: «Siamo fiduciosi che a fronte del ricorso italiano, la Grand Chambre di Strasburgo ribalti la sentenza di primo grado come è già successo recentemente sugli stessi temi. Il 3 novembre 2011, infatti, emise la sentenza finale sul ricorso di due coppie austriache contro la legge di quello Stato ribaltando la decisione presa in primo grado definendo la legittimità del divieto di fecondazione eterologa in vitro, la non violazione della Convenzione dei diritti dell’uomo e l’autonomia legislativa dei singoli Stati».

Professore, cos’è successo a Strasburgo?
«Un’interpretazione sbrigativa della Legge n. 194: non dice che si può abortire un bambino malformato, bensì che se il bambino ha una grave malformazione e causa nella donna un pericolo grave di vita, o una turba psichica o psicologica, allora si può abortire. Ma questo è tutto da dimostrare, tanto è vero che quella coppia portatrice sana di fibrosi cistica ha violato la 194: dopo il primo figlio che ha rivelato la malattia, arriva a una seconda gravidanza, fa la diagnosi prenatale, vede che il figlio è affetto da malattia, e di conseguenza lo abortisce; però il fatto che prima abbiano accettato l’altra creatura vuol dire che è da dimostrare che quella situazione abbia causato turbamenti di natura psichica alla madre. E invece uccidono l’altro figlio.
Evidentemente i giudici di Strasburgo non hanno letto correttamente la norma italiana, che è molto complessa perché ipocrita, falsa, strumentalizzata per abortire facilmente, mentre se la si seguisse rigorosamente sarebbero rari gli aborti terapeutici. Terapeutici nei confronti della madre, s’intende, perchè non ci si interroga sul figlio».

Si ha l’impressione di una confusione tra diagnosi pre-impianto e prenatale…
«Il problema è la pre-impianto, che non è consentita perché significa “tu sì e tu no”, significa eugenetica: la verità è questa. Ha la finalità di stabilire chi è degno e chi no di nascere. I giudici di Strasburgo sembra che vivano fuori dal mondo. E invece bisogna essere duri su questa cosa».

E adesso cosa può succedere?
«Non vorrei che il governo si incartasse: il problema è che il governo è di natura tecnica e dunque è un po’ impacciato in tale ambito, perché su questo tema ci sono delle valenze ideologiche. Ma credo che tutto ciò potrà essere utile per capire cosa c’è nella testa dei politici e dei partiti. E il sostegno all’eventuale ricorso potrebbe essere trasversale».

Che cosa sta facendo in particolare il Mpv?
«Giunge puntuale l’iniziativa “Uno di noi”, che raccoglie qualche milione di firme affinché ci sia il riconoscimento giuridico definitivo dell’embrione. Non possiamo fare finta che l’embrione sia qualcosa di diverso, e che si venga trattati come le vacche: tutte queste tecniche infatti arrivano dal campo zootecnico, in cui si fa la selezione per avere soggetti più resistenti o produttivi. Ma non si può trasferire la selezione che si compie su animali e piante agli uomini».
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22/09/2012 08:15
 
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PER LA MENTALITA’ DOMINANTE TUTTO E’ SACRO ECCETTO GESU’

Libertà di satira, di foto e di critica da una parte. Dall’altra rispetto della fede, della privacy e della dignità personale. Il conflitto sembra riproporsi ogni giorno: le foto della principessa inglese, le vignette di Vauro sul ministro Fornero, le (nuove) vignette su Maometto del settimanale “Charlie Hebdo”, il filmaccio sull’Islam che ha scatenato violente reazioni. E altri film anticristiani che non hanno suscitato neanche proteste.

Si ripropone pure il caso Rushdie con l’ultimo suo libro appena uscito e anticipato l’altroieri da “Repubblica” col titolo “Quando arrivò la fatwa e pensai: sono morto”.

Rushdie, che vive protetto in Occidente da quando lo stesso Khomeini sancì la sua condanna a morte per il romanzo “I versi satanici”, ritenuto blasfemo, è considerato un Eroe nei salotti intellettuali. Che poi, magari, predicano il multiculturalismo e l’apertura acritica al mondo islamico.

Salotti che soprattutto se ne infischiano della sorte dei cristiani che vivono perseguitati e sotto costante minaccia in regimi musulmani come il Pakistan.

Eppure sono cristiani che mostrano ben più eroismo di qualunque scrittore che vive in Occidente come Rushdie.

Sono le contraddizioni dei laici nostrani. Ma tutti ne hanno. Infatti il conflitto fra libertà di espressione e rispetto degli altri (che non è risolto né da leggi né da regole condivise) è influenzato dai rapporti di forza e spesso pone tutti in contraddizione con se stessi.

Prendiamo i francesi. In poche ore hanno preso decisioni opposte. Il tribunale di Nanterre ha sostanzialmente condannato il settimanale  “Closer” per le foto in topless della principessa inglese Kate. Anche se – riferisce il Corriere – “la stampa inglese nota come una sentenza così severa difficilmente sarebbe stata pronunciata in Gran Bretagna”.

Dunque grande rigore oltralpe in difesa della privacy della coppia reale inglese (questione in fin dei conti leggera) e invece assoluta libertà per il settimanale satirico parigino “Charlie Hebdo” il quale propone delle “spericolate” vignette su Maometto che vorrebbero essere una “provocazione” in difesa della libertà di espressione, viste le violente manifestazioni dei paesi islamici contro il film “Innocence of Muslims”.

E visto che, il 2 novembre scorso, la redazione dello stesso settimanale fu bruciata con una molotov mentre il numero in edicola ironizzava sull’Islam (per la vittoria del partito musulmano in Tunisia).

Il Comitato che raggruppa i musulmani francesi condanna questa iniziativa del settimanale come un “nuovo atto di islamofobia che vuole offendere deliberatamente i sentimenti dei musulmani”.

Il premier socialista francese Ayrault ha disapprovato l’iniziativa del giornale satirico, ma non ha preso provvedimenti che limitano la libertà di satira. Invece lo stesso Ayrault ha annunciato il divieto di manifestare a Parigi contro il film “Innocence of Muslims” ritenuto anti-islamico dai musulmani.

Il primo ministro ha usato parole forti: “siamo in una repubblica che non ha intenzione di farsi intimidire… un paese in cui è garantita la libertà d’espressione, compresa la libertà di satira”.

Parole coraggiose. Tuttavia non si capisce perché un paese così libero deve respingere delle richieste di manifestazioni che sono anch’esse espressione libera del pensiero.

Il premier ha detto che “se veramente delle persone si sentono offese nelle loro convinzioni e pensano che sono stati calpestati dei diritti, possono rivolgersi ai tribunali”.

Bene. Ma perché non si può esprimere pacificamente indignazione in piazza per un film o delle vignette che i musulmani ritengono offensive? Il topless della principessa inglese (che è stata paparazzata al pari di una quantità di personaggi famosi al mare), è davvero più sacro inviolabile della fede di milioni di persone?

Se si proibiscono delle manifestazioni legali non si finisce per spingere a manifestare illegalmente (quindi, poi, facilmente, con la violenza)?

C’è chi si chiede pure se abbia senso che – in nome della libertà di satira – si mettano a repentaglio la sicurezza o anche le vite delle persone.

Le risposte non sono facili.

Intanto i fondamentalisti sono in subbuglio e sembra che si annunci una tempesta. Mentre la Lega Araba tuona: “Prima il film che ha provocato reazioni violente, ora le vignette su Maometto. Queste cose devono finire”.

E’ un’intimazione? Bel problema planetario. Veniamo a casa nostra, alla polemica fra il ministro del lavoro e il disegnatore satirico del “Manifesto”, Vauro che ha fatto una vignetta davvero pesante.

Dove la signora Fornero è raffigurata in calze a rete davanti al telefono con questa scritta: “Fiat-Marchionne – Fornero: ‘Aspetto che il telefono squilli’ ”. Titolo della vignetta: “La ministra squillo”.

Vauro (forse) intendeva essere sarcastico sull’ “attendismo” della Fornero sulla Fiat, ma con disegni e parole che – a mio avviso – giustificano la dura risposta del ministro: “Trovo vergognosa la vignetta di Vauro che denota il persistente maschilismo, volgare e inaccettabile, da parte di alcuni uomini”.

Vauro ovviamente se la ride, è uno di coloro che osannano la libertà di satira come se fosse l’unica cosa sacra e intoccabile del mondo.

Però con un’eccezione. Condannò come “cattivo gusto” le famose vignette su Maometto del febbraio 2006 e disse: “non le avrei mai messe in pagina”.

In effetti quante volte il disegnatore del “Manifesto”, che pure è così graffiante sulla Chiesa Cattolica e i suoi simboli sacri, si è permesso di toccare l’Islam?

Come e quando ha fatto satira in quella direzione? E’ sempre “di cattivo gusto” o è semplicemente pericoloso?

Invece sul cristianesimo, la Chiesa e il papa è sempre permesso tutto. Non si rischia nulla. Le “provocazioni” ormai sono così abusate che non fanno più notizia.

Lo si è visto al recente festival del cinema di Venezia. E’ stato annunciato come uno “scandalo” esplosivo il film “Paradise Faith”, in cui la protagonista pratica l’autoerotismo utilizzando un crocifisso.

Sebbene la trovata sia effettivamente inqualificabile non ha suscitato la minima reazione in nessuno (come pure altri episodi di fondamentalismo anticristiano dei mesi scorsi).

Perché è scontato che su Cristo e la Chiesa tutto sia permesso e nessuno protesti o li difenda.

Qualche cattolico si è detto sconcertato perché il 12 settembre una severa dichiarazione di padre Federico Lombardi, portavoce della sala stampa vaticana, ha tuonato in difesa di Maometto e non di Gesù contro “le ingiustificate offese e provocazioni”. Infatti non si riferiva al film di Venezia, ma a quello prodotto in America e giudicato offensivo dagli islamici.

Tuttavia padre Lombardi ha anche pronunciato parole che valgono per tutti i casi: “il rispetto profondo per le credenze, i testi, i grandi personaggi e i simboli delle diverse religioni è una premessa essenziale della convivenza pacifica dei popoli”.

Inoltre la Chiesa in genere evita proteste pubbliche contro quelle “provocazioni” anticristiane perché i loro autori spesso cercano proprio questa pubblicità, per atteggiarsi a martiri della libertà di espressione e far passare la Chiesa come un’istituzione intollerante e oscurantista.

Infine è giusto che padre Lombardi abbia fatto tempestivamente quella dichiarazione contro il film antislamico per scongiurare il rischio che nei paesi musulmani le folle urlanti se la prendano – come accade spesso – con le minoranze cristiane, identificate arbitrariamente con coloro che, stando in Occidente, bersagliano il loro Profeta.

Ma la situazione è assurda.

In queste ore abbiamo scoperto che sacre e intoccabili sono: l’immagine dei seni della principessa inglese, la satira, la libertà di espressione, lo stato francese, l’Islam, Rushdie, i ministri italiani e i disegnatori satirici.

L’unico, per la mentalità dominante, a non essere ritenuto sacro e intoccabile è Gesù Cristo. Inerme, il Figlio di Dio è alla mercé di chiunque.

 

Antonio Socci

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22/09/2012 21:51
 
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 film e altro anti-Islam:     provocazione
Film e altro anti-cristiani:  libertà di espressione

L’ipocrisia dei media occidentali è sotto gli occhi di tutti in questi giorni in cui la società è unita nel condannare, giustamente, un film offensivo verso l’Islam comparso su Youtube, «Innocence of Muslims»che Google ha già prontamente censurato in alcuni Paesi. Il film, della durata di 14 minuti, è stato prodotto e diretto da tale “Sam Bacile” di origine egiziana e di religione copta (regista di filmini pornografici) e finanziato da più di cento investitori ebrei, con lo scopo di richiamare l’attenzione sulle “ipocrisie” dell’Islamanche in seguito all’11 settembre del 2001 (cioè quello che hanno fatto i leader ateisti Christopher Hitchens e Sam Harris negli ultimi 10 anni). La diffusione del lungometraggio ha innescato come prevedibile diverse proteste in alcuni paesi a maggioranza musulmana, culminati con l’attentato al consolato statunitense a Bengasi nel quale hanno perso la vita 4 funzionari americani, tra cui l’ambasciatore Christopher Stevens.

“Il Corriere della Sera”“Repubblica” e “Il Fatto Quotidiano” -sempre in prima linea ad invocare il rispetto verso la libertà artistica, di satira e d’espressione quando si tratta di contenuti che prendono di mira il cristianesimo e la Chiesa cattolica- si sono scatenati nella condanna alla pellicola, invocando la censura della forma di espressione del regista egiziano. Si è svegliata perfino Dacia Maraini con il suo pistolotto sulla«libertà che si trasforma in insulto». Ma con quale libello contro la Chiesa era impegnata la laicissima scrittrice settantasettenne quando il fotografo statunitense Andres Serrano immergeva nel suo piscio una croce con appeso Gesù Cristo? In quel caso la Maraini si è ben guardata dal pontificare che «la difesa della libertà è una bella cosa, ma la libertà propria va sempre messa in rapporto alla libertà altrui». Anzi, probabilmente se si fa una piccola ricerca, si trova perfino il suo nome tra gli intellettuali europei che hanno promosso questa “grande opera d’arte” (sic!).

Mai visto un articolo de “Il Corriere della Sera” invocare il rispetto dei credenti contro l’offensiva “rana-crocifissa” del tedesco Martin Kippenberger che ha suscitato l’indignazione del popolo altoatesino (nessun ferito, nessuna vetrina rotta, solo indignazione). Anzi nei suoi articoli si elogiava la direttrice del Museion di Bolzano per aver ignorato beatamente le proteste mantenendo esposta l’opera e ripetendo la sua frase: «l’arte è anche un po’ provocazione». Anche il  direttore de “La Stampa” Mario Calabresi ha usato uno spazio sul suo quotidiano per invocare un «mondo più rispettoso delle idee e delle credenze altrui». Sul suo quotidiano anche Gian Enrico Rusconi ha voluto dire la sua«E’ necessario creare un nuovo equilibrio tra i principi della libertà di espressione e del diritto al rispetto dell’integrità del credo religioso». Ma qualcuno ha mai letto un articolo del cattolico Calabresi o del laico Rusconi sul «serve maggior rispetto al credo religioso» di fronte all’esposizione di Madonna and Child IIun’icona della Madonna con in braccio Gesù, immersa -ancora una volta-, in un bicchiere di urina del fotografo Serrano?

Incredibilmente anche l’ateologo di “Repubblica”Corrado Augias ha pensato bene di dire la sua, da un lato riprovando a sfruttare la circostanza per mostrare la superiorità dei “laici” che non farebbero guerre religiose (ancora una volta ignorando però, da amante della storia, gli orrori dell’ateismo di stato), e dall’altro lato difendendo l’attaccamento degli islamici al profeta Maometto, e scagliandosi addirittura contro la libertà d’espressione:«quando la libertà diventa provocazione» è infatti il titolo del suo intervento critico verso il film. L’ipocrisia del dileggiatore del cristianesimo Augias in questo caso ha superato ogni confine, per non parlare del quotidiano in cui scrive che si è addirittura dilettato in una critica alla satira e in difesa delle vittime (due articoli, perfino). Non dimentichiamo il pavido “Fatto Quotidiano” che quotidianamente pubblica contenuti offensivi verso i cattolici (qualche giorno fa anche una bestemmia in pagina divertendosi con una “traduzione automatica” di un discorso del cardinale Ruini), perché -come sottolinea“Avvenire”«tanto i cattolici, al massimo, reagiscono con una protesta verbale o scritta». E se osano lamentarsi vanno ancora di più offesi e ridicolizzati perché stanno violando la libertà d’espressione.

Siamo comunque contenti che tutti questi bizzarri personaggi abbiano cominciato oggi(meglio tardi che mai) a difendere la libertà di religione, vediamo se rimarranno coerenti anche domani quando le vittime torneranno ad essere, come sempre, cristiani e cattolici. «Il rispetto profondo per le credenze, i testi, i grandi personaggi e i simboli delle diverse religioni è una premessa essenziale della convivenza pacifica dei popoli», ha detto padre Federico Lombardi, portavoce della Sala Stampa Vaticana (ricevendo il ringraziamento del prestigioso ateneo sunnita al-Azhar del Cairo). Ecco l’unica voce coerente, cioè quella della Chiesa, perennemente in difesa da ogni forma di discriminazione, indipendentemente dal tipo di religione professata dalle vittime.

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27/09/2012 16:50
 
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Certo che se questo Papa avesse ragione, noi ci faremmo proprio la figura dei fessi

di Antonio Benvenuti

Questo Papa è imbarazzante. Molto più imbarazzante di Kate Middleton e delle sue pudenda, di un brutto presunto film su Maometto o dei litigi e scandali politici nostrani. Così imbarazzante che mentre la principessa e i politici e il film occupano le prime pagine, il Papa viene relegato all’interno, o ignorato del tutto, manco una nota di costume (come Kate).

Ma cosa ha fatto di così tremendo questo Papa da meritare il bisbiglio o il silenzio globale, non solo dei media italiani ma di quelli del mondo intero?

Ve lo dirò: ha portato in piazza mezzo Libano a sentire parlare di pace vera, e Cristo.

Questo non si può fare. 

E’ vietato, vietatissimo, specie in un momento in cui i musulmani cattivi, di cui il Libano è pieno, stanno bruciando ambasciate e ambasciatori in tutto il mondo. Certo, se fosse stato contestato la cosa sarebbe andata diversamente. Un attentato sarebbe stato ancora meglio, mannaggia, e sono sicuro che c’era chi l’attendeva come chi guarda la partenza del Gran Premio aspettando l’incidente. 

La pace non fa vendere, Cristo non fa notizia.

L’idea che anche i musulmani un po’ di questa voglia di pace ce l’abbiano, poi, deve essere apparsa strana a molti. Strano che siano anch’essi uomini, nonostante una religione che troppo spesso sembra volere fare di loro altro. Che oltretutto sia proprio questo Papa, quello cattivo, inflessibile, il tedesco, quello di Ratisbona, a raccogliere così tanta folla festante… no, rispettiamo la sua privacy, è comunque una non-notizia.

Se propone la famiglia e il rispetto per la vita come soluzione all’odio e alla violenza è chiaro che è un illuso, fuori dai tempi, dato che la soluzione ai mali del mondo è la ripresa che avverrà sicuramente, però nel secondo semestre del 2013. Giudici e magistrati saranno d’accordo che è la giustizia che dà efficacia alla politica terrena della pace, ma è chiaro che se si specifica che questa giustizia deve essere in Dio e che deve lottare contro il peccato che è all’origine della divisione no, non ci siamo, meglio soprassedere.

Le centinaia di migliaia di persone che hanno acclamato il Pontefice in una terra così martoriata sono tutte fesse, è chiaro. 

Pensare che la pace possa avere origine dalla fede in un uomo e non negli uomini, è potenzialmente destabilizzante, inaudito. In un uomo morto, oltretutto, anche se alcuni dicono che è risorto.

La pace la si fa con i bombardamenti, gli attentati, la vendetta; con la tolleranza di tutto tranne che della religione, col negare la verità che fa male, con un accurato progetto politico, con la demolizione morale o la rimozione fisica dell’avversario, quando è ostacolo. Non con quell’altra cosa. 

Quindi, zitti. O dire il meno possibile.

Perché ragazzi, è veramente imbarazzante. Che figura ci faremmo tutti, se fosse vero?

http://www.tempi.it/certo-che-se-questo-papa-avesse-ragione-noi-ci-faremmo-proprio-la-figura-dei-fessi#.UGKxwrLN918
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30/09/2012 09:58
 
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Il Dollaro non è più moneta primaria primaria per gli scambi di petrolio, la Cina comincia a commerciare il petrolio usando Yuan.
 
" ... Il mondo è cambiato la settimana scorsa e neppure una parola è stata detta da Wall Street o dai politici che si dilettavano nella loro magnificenza mentre questo evento ha avuto luogo nel corso dei convegni di partito. Un duro colpo è stato inflitto il 6 settembre all’impero americano e al potere del dollaro come valuta di riserva mondiale. E la Cina, insieme alla Russia puntano ora a diventare i controllori dell’energia e, quindi, titolari di una nuova petrol-valuta."


Notizia bomba che segna un duro colpo per la Federal Reserve e apre il campo a nuove sorprese nel mondo della finanza internazionale; vedremo come andrà a finire ma le premesse fanno presagire qualcosa di veramente grosso.
 
L’11 settembre, il pastore Lindsey Williams, ex ministro per le compagnie petrolifere globali durante la costruzione del gasdotto in Alaska, ha annunciato l’evento più significativo riguardo al dollaro fin dalla sua nascita come moneta. Per la prima volta dal 1970, quando Henry Kissinger ha forgiato un accordo commerciale con la casa reale dei Saud per vendere il petrolio utilizzando solo dollari, la Cina ha annunciato la sua intenzione di bypassare il dollaro per la compravendita mondiale di petrolio e ha iniziato a vendere la merce usando la loro propria moneta.
Lindsey Williams: “L’avvenimento più importante nella storia del dollaro americano, fin dalla sua nascita, ha avuto luogo Giovedi 6 settembre. In quel giorno, qualcosa è successo che influenzerà la vostra vita, la vostra famiglia, il vostro tavolo da pranzo più di quanto possiate immaginare. “
“Giovedi’ 6 Settembre … solo pochi giorni fa, la Cina ha dato l’annuncio ufficiale. Quel giorno la Cina ha detto: il nostro sistema bancario è pronto, tutti i nostri sistemi di comunicazione sono a vostra disposizione, tutti i sistemi di trasferimento sono pronti per partire e da Giovedi 6 settembre ogni nazione del mondo che, d’ora in poi, vorrà comprare o vendere greggio lo potrà fare utilizzando la valuta cinese e non il dollaro americano. – Intervista radiofonica a Natty Bumpo dell’11 settembre
 
L’annuncio da parte della Cina è uno dei cambiamenti più significativi nel sistema economico e monetario globale, ma è stato appena riportato tra gli annunci durante la convention democratica della scorsa settimana. Le conseguenze di questa nuova azione possono essere enormi e potrebbe benissimo essere il catalizzatore che porterà giù il dollaro come valuta di riserva globale e cambierà l’intero scenario di come il mondo acquisti energia.
 
Ironia della sorte, dal 6 settembre, il dollaro USA è sceso da 81,467 all’indice di prezzo di oggi, a 79,73. Mentre gli analisti si concentravano su azioni che si svolgevano nella zona euro e sugli attesi segnali di andamento della Federal Reserve, giovedì non a caso il dollaro ha cominciato a perdere forza, il giorno stesso dell’annuncio da parte della Cina.
 
Dal momento che la Cina non è una nazione produttrice di petrolio, la questione che la maggior parte delle persone chiederà è: come potrà la potenza economica asiatica ottenere olio sufficiente per influenzare l’egemonia del dollaro? Tale questione è stata anche analizzata da Lindsey Williams quando ha sottolineato che un nuovo accordo commerciale è stato firmato il 7 settembre tra la Cina e la Russia, in cui la Federazione russa ha accettato di vendere petrolio alla Cina in grandi quantità: quanto ne desiderano.
 
Lindsey Williams: “Questo non è mai successo nella storia del greggio. Dal momento che il greggio è diventato la forza motivante dietro la nostra intera economia (statunitense) e tutto nella nostra vita ruota intorno al petrolio greggio. Dal momento che il greggio è diventato il fattore motivante della nostra economia … mai e poi mai il petrolio greggio stato venduto, comprato, scambiato, in qualsiasi paese del mondo, senza usare il dollaro americano “.
 
“Il petrolio greggio è la valuta standard del mondo. Non lo yen, non la sterlina, non il dollaro. Viene scambiato più denaro in tutto il mondo con petrolio greggio che con qualsiasi altro prodotto. “
“Venerdì, 7 settembre la Russia ha annunciato che, a partire da oggi, fornirà alla Cina tutto il petrolio greggio di cui essa ha bisogno, non importa quanto ne vogliono … non ci sono limiti. La Russia non venderà il greggio alla Cina usando il dollaro americano.”
 
Intervista a Natty Bumpo alla radio Just Measueres Radio Network dell’11 settembre:
Con queste azioni combinate due avversari tra i più potenti dell’economia degli Stati Uniti si sono ora uniti per fare una mossa per attaccare la roccaforte economico primaria che mantiene l’America sul podio come superpotenza economica. Una volta che la maggior parte del mondo comincerà a bypassare il dollaro e acquisterà il petrolio in altre valute, allora tutto il peso del nostro debito e la diminuita struttura produttiva crollerà sulle teste del popolo americano.
 
Questo nuovo accordo tra la Russia e la Cina ha anche ramificazioni gravi per quanto riguarda l’Iran e il resto del Medio Oriente. Le sanzioni degli Stati Uniti contro l’Iran non avranno più un effetto misurabile perché le “nazioni canaglia” potranno semplicemente scegliere di vendere il proprio petrolio alla Cina e ricevere yuan in cambio e usare quella valuta per commercializzare le risorse necessarie di cui hanno bisogno per sostenere la loro economia e i loro programmi nucleari.
 
Il mondo è cambiato la settimana scorsa e neppure una parola è stata detta da Wall Street o dai politici che si dilettavano nella loro magnificenza mentre questo evento ha avuto luogo nel corso dei convegni di partito. Un duro colpo è stato inflitto il 6 settembre all’impero americano e al potere del dollaro come valuta di riserva mondiale. E la Cina, insieme alla Russia puntano ora a diventare i controllori dell’energia e, quindi, titolari di una nuova petrol-valuta.
 
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09/10/2012 00:07
 
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Pontifex.Roma«L'incontro di Assisi su ‘Dio, questo Sconosciuto', rappresenta forse l'esperienza in assoluto più originale e più alta del Cortile dei Gentili; un'esperienza molto alta proprio per la presenza nell'evento di apertura, la sera di venerdì 5 ottobre, del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano». Così il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, ha presentato questa mattina la due-giorni di Assisi (5-6 ottobre) quando si ritroveranno su invito del Dicastero pontificio personalità della cultura, economia, politica, arte e spettacolo quali Corrado Passera, Franco Bernabè, Susanna Camusso, Giulio Giorello, Gustavo Zagrebelsky, Umberto Galimberti, Umberto Veronesi, Vincenzo Cerami, Ermanno Olmi e numerosi altri. L'evento di Assisi, ha proseguito il card. Ravasi che ha portato il «Cortile dei Gentili» in diversi Paesi d'Europa, «inaugura l'Anno della fede e si colloca alla vigilia dell'apertura del Sinodo sulla nuova evangelizzazione, a significare quanto oggi sia importante il dialogo tra gli uomini e tra le diverse concezioni del mondo». A questo riguardo il cardinale ha parlato della recente esperienza del «Cortile» tenuta a Stoccolma, «in uno dei Paesi tra i più secolarizzati al mondo dove sorprendentemente si è svolto un dibattito durato senza interruzioni per 3 ore e 40 minuti, a riprova di quanto il tema della trascendenza sia sentito».

«Questi ‘Cortili dei Gentili' sono finestre sull'esperienza di San Francesco d'Assisi, permettendoci di conoscere meglio la sua figura». Con queste parole padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro convento di Assisi, ha ricordato il forte legame tra il Santo patrono d'Italia e l'iniziativa del Pontificio Consiglio per la cultura. «Far emergere la sorpresa che nasce dal cuore dell'uomo - ha continuato p. Fortunato - è l'obiettivo che speriamo di raggiungere con questo evento. Non a caso infatti il ‘Cortile dei Gentili' di Assisi prenderà il via il giorno dopo la ricorrenza di S. Francesco il 4 ottobre e si chiuderà alla vigilia dell'apertura del Sinodo sulla nuova evangelizzazione, nell'imminenza dell'Anno della fede». Rispondendo ad alcune domande dei giornalisti, il card. Ravasi ha sottolineato come l'esperienza del «Cortile dei Gentili» nelle sue varie tappe «ha indubbiamente un bilancio positivo»: «Anche se in qualche realtà abbiamo dovuto superare la diffidenza e il fatto che fosse ‘politicamente scorretto' parlare di Dio in pubblico, come nel caso della Svezia, però l'interesse suscitato è sempre stato rilevante. Di luogo in luogo i temi sono cambiati, e spesso gli incontri hanno assunto una connotazione esistenziale sorprendente, come a Tirana dove i giovani dell'università non smettevano di porre domande a cui non erano abituati».

«La parola ‘ateo' mi pare brutta. Penso che ogni uomo, ogni artista, abbia una parte segreta del suo cuore che anela a uno svelamento. Questa tensione appartiene a tutti e dà senso alla vita», ha aggiunto lo scrittore drammaturgo Vincenzo Cerami riflettendo sul senso della ricerca di Dio oggi da parte di credenti e non credenti. Lo stesso presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, card. Gianfranco Ravasi, ha sottolineato come «tra gli scienziati e studiosi incontrati di recente in Svezia a Stoccolma ci fosse la convinzione che non si debba più parlare di ‘atei' ma di ‘umanisti secolari', lasciando così aperta la possibilità di una ricerca del trascendente che ha mostrato una densità e una originalità inattesa». Il cardinale ha anche annunciato successive iniziative del «Cortile dei Gentili» tra cui a Roma, il 12 ottobre, una serata alla chiesa del Gesù sul Canto 24° del Paradiso e, da novembre, tutte le domeniche una serie di incontri sui primi undici capitoli della Genesi con conversazioni tra studiosi e scienziati credenti e non. (Sir)

da http://www.toscanaoggi.it/news.php?IDNews=27086&IDCategoria=1

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03/03/2013 14:46
 
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Benedetto XVI
uscito vittorioso dagli agguati laicisti

Benedetto xvi  
 
di Alessandra Nucci*
*da Italia Oggi, 01/03/13
 
 

È da quando fu eletto, nell’aprile 2005, che i commentatori prevedono per Joseph Ratzinger un rigetto da parte delle masse che accorrevano al richiamo di Karol Woytjla. Invece, a consuntivo, si constata che l’uomo deriso come «pastore tedesco», «rottweiler», intellettuale troppo distante per piacere alle folle, sulla gente comune ha sempre avuto l’effetto opposto: con i suoi modi quieti e non pretenziosi ha toccato le corde dei semplici e degli umili.

Dall’inizio del suo Pontificato, il papa tedesco ha camminato, impassibile e incolume, in mezzo a imboscate di ogni genere, piantate sul suo cammino da un’élite laicista che haimperversato sui media, gonfiando possibili problematiche, stuzzicando presunte rivalità, rinvangando scandali di tempi lontani e incoraggiando cause legali, per danni che metterebbero in ginocchio i miliardari.

Nei primi anni del Pontificato, dall’incontro laicale della Chiesa in Italia, a Verona, che i media avevano anticipato come foriero di grandi divisioni dentro alla Chiesa, alle polemiche per il discorso di Regensburg, che è scaturito in dialoghi con l’islam ai massimi livelli, Papa Ratzinger aveva costantemente trasformato i guai in vittorie. Una delle prime è stata quella sul suo stesso fisico: affetto da pressione alta, i viaggi in aereo gli erano stato caldamente sconsigliati. Ciononostante ha compiuto 24 viaggi pastorali all’estero, senza contare gli spostamenti in Italia.

I viaggi in America, Australia, Francia, Regno Unito, Germania, erano stati tutti preceduti da mesi di gravi sfide e perfino da provocazioni, con gli attivisti dell’ateismo che arrivano perfino a reclamarne l’arresto. Eppure ogni tappa, ogni controversia, si era sempre conclusa con l’acclamazione della gente, delle autorità e, miracolo davvero, dei media. Memorabile il commiato della ribelle Inghilterra per bocca di David Cameron: «Siete venuto a parlare a 6 milioni di cattolici, ma siete stato ascoltato da una nazione di 60 milioni».

Perfino lo scandalo della pedofilia nel clero ha avuto un risultato contrario alle attese quando si è saputo che non era stato altri che il Cardinal Ratzinger, da Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, a insistere che si facesse rigorosamente pulizia all’epoca in cui gli abusi erano venuti alla luce. Paradossalmente, questo fatto, probabilmente, non si sarebbe nemmeno saputo se una parte della stampa non avesse insistito a voler dare la colpa al Pontefice in persona.

Dallo sgambetto della Sapienza, ateneo fondato da un Papa, ma pronto a dare il microfono a brigatisti pentiti e non al pontefice romano, al boomerang dell’intervista di Lucia Annunziata al gesuita Thomas J. Reese, trasformata da potenziale attacco a Ratzinger in un efficacissimo spot per la Chiesa cattolica, il Papato ha continuato a reggere.

Delle battaglie che hanno veramente segnato l’anziano Pontefice, quelle interne condotte frontalmente per fare pulizia e ripristinare il rigore nella Chiesa, sulla stampa, prima del Vatileaks, gennaio 2012, erano giunti soltanto degli echi , e questo nonostante che i protagonisti, laici e non, facessero di tutto per farsi notare. Ma dalle tombe violate di due vescovi, ad opera della polizia di Bruxelles, al maggiordomo dedito a trafugare lettere dalla stessa camera da letto del papa, a questo pontificato non si è fatto mancare nulla. Vi ha fatto riferimento non di rado Ratzinger stesso, in termini drammatici, come quando a Fatima usò l’aggettivo “terrificante” per descrivere le sofferenze della Chiesa che vengono proprio “dal peccato esistente nella Chiesa”.

In questi giorni epocali di fine pontificato sui giornali si legge di dimissioni e esautoramenti di cardinali: sono gli ultimi segni della battaglia silenziosa condotta dal papa tedesco, che, nelle parole di un nunzio apostolico, in questi anni ha rimosso in media «due o tre vescovi» al mese, per motivi di incompetenza o disciplina. Battaglia da cui, si capisce dalle ultime decisioni, si ritira umilmente, ma tutt’altro che domo.

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21/08/2013 08:29
 
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MASSACRI D’EGITTO.
SE AVESSERO (E AVESSIMO) ASCOLTATO BENEDETTO…

 

Quanti sono anche da noi quelli che osannarono le cosiddette “primavere arabe” (la quasi totalità dei giornali) e pure quelli che hanno alimentato illusioni sui “Fratelli musulmani”. Ma nessuno farà autocritica.

E come al solito, anche in Egitto, in questi giorni, sono i cristiani che fanno le spese dello scontro. Pure se non c’entrano nulla, perché questa guerra sanguinosa è fra islamici: da una parte i Fratelli musulmani e dall’altra l’esercito di Al-Sisi, anch’egli musulmano convinto.

Decine e decine di chiese profanate, conventi e ospedali cristiani bruciati… Troppo spesso i cristiani sono capri espiatori di violenti scontri di potere altrui.

Del resto pure nell’Occidente che si vuole liberale spesso il discorso pubblico ama criminalizzare a vanvera la Chiesa e i cristiani facendoli bersaglio di disprezzo pregiudiziale e di una certa intolleranza.

“Capri espiatori”, si diceva, nel senso spiegato dal grande filosofo René Girard: cioè come l’ “agnello sacrificale” per eccellenza, Gesù Cristo. La Vittima che mette d’accordo i diversi poteri mondani.

Un altro Girard, quasi omonimo del filosofo (si chiama di nome Renaud), ieri è stato intervistato dal “Corriere della sera” sulla tragedia egiziana.

Renaud Girard per anni è stato inviato di guerra del “Figaro”, poi saggista, autore di libri importanti sulle guerre mediorentali, ha spiegato: “non esiste alcun problema di incompatibilità della democrazia con il mondo arabo. Ma esiste invece, eccome, con l’Islam”.

E ha fatto l’esempio di paesi non arabi, però islamici come il Pakistan o l’Iran dove infatti la democrazia e il rispetto dei diritti umani sono chimere. Oppure c’è il caso della Turchia di Erdogan che “è rimasto profondamente intollerante con chi non la pensa come lui” e, con le recenti repressioni di piazza Taksim, ha mostrato quanto è stato “ridicolo” averlo paragonato, in Occidente, “a statisti e cristiano-democratici del calibro di Adenauer e De Gasperi”.

Al contrario – spiega Girard – il Libano, l’unico paese mediorentale a fortissima presenza cristiana, mostra come si può “coabitare, ascoltarsi e dibattere”.

Il motivo è semplice: “Perché non esiste nella civilizzazione musulmana una separazione fra la sfera religiosa e la sfera politica. Non c’è mai stata, dal VII secolo in poi, quella separazione fra potere religioso e potere politico che invece è alla base della civiltà occidentale. E fin dal principio del Cristianesimo”.

Girard richiama qui le fondamentali parole di Gesù nel Vangelo: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”.

In effetti qui si tocca un tema che è stato uno degli insegnamenti più formidabili di Joseph Ratzinger: la demolizione della cosiddetta teologia politica.

Il mondo non si è reso conto della voce provvidenziale che quest’uomo ha rappresentato per il nostro tempo. E non lo ha ascoltato. Perdendo una grande opportunità.

In una sua famosa pagina Ratzinger scriveva: “Il cristianesimo, in contrasto con le sue deformazioni, non ha fissato il messianismo nel politico. Si è sempre invece impegnato, fin dall’inizio, a lasciare il politico nella sfera della razionalità e dell’etica. Ha insegnato l’accettazione dell’imperfetto e l’ha resa possibile. In altri termini il Nuovo Testamento conosce un ethos politico, ma nessuna teologia politica”.

E’ appunto “Critica della teologia politica”, il recente libro di Massimo Borghesi (il maggiore intellettuale cattolico del nostro Paese), che spiega, con dovizia di ragioni e sorprendenti intuizioni, questa caratteristica originaria del cristianesimo, tanto ricca di conseguenze per l’Occidente e così genialmente illustrata, nei tempi moderni, da Ratzinger.

“Nel teologo Ratzinger la lettura ‘liberale’ di sant’Agostino, mediata da Peterson” – scrive Borghesi – “consente il dialogo con la modernità, un dialogo il cui frutto più maturo, secondo il Papa, è il Concilio Vaticano II, vera sintesi tra cattolicesimo e libertà moderne”.

Borghesi mostra che Ratzinger spesso è stato radicalmente frainteso. Il caso più clamoroso è quello del celebre discorso di Ratisbona che i media rilanciarono come un esplosivo invito allo scontro di civiltà e di religioni.

Invece era esattamente il contrario: voleva stabilire per tutti (anche per i cristiani e per i laici occidentali) i confini fra momento teologico e cose della politica, riconoscendo alla ragione – anziché alla forza e al potere – il metodo di comunicazione fra i due campi e fra le diverse religioni.

Ma quel Benedetto XVI che, perfetto interprete del Concilio, fonda una vera laicità, come spiega Borghesi, è una voce che mette in crisi non solo i cristiani (chiamandoli a una revisione autocritica di certe deformazioni del passato), non solo i musulmani (esortandoli a riconoscere la ragione cioè il “logos”, come degno di Dio, e non la violenza), ma anche i laici occidentali.

Infatti con Ratzinger il pensiero cristiano che incontra il pensiero liberale promuove il “relativismo” in politica, quindi l’accettazione della politica come regno dell’imperfetto, esaltando la moralità del compromesso.

E Ratzinger – con Popper – indica il rischio dei messianismi religiosi, ma anche dei messianismi laici come sono state le ideologie totalitarie del Novecento. E come sono anche tutte le nuove ideologie che portano l’”assoluto” nella politica, con nefasti utopismi, con pretese perfettiste che esigono di “raddrizzare il legno storto dell’umanità” tramite lo Stato o di cambiare la Natura tramite la legge.

Ad aver bisogno di questa lezione di laicità che viene dalle origini cristiane e che, in questi anni, è stata diffusa nel mondo dal grande magistero di papa Benedetto, non sono solo i musulmani. Sono anche i cristiani (si pensi a diverse forme di clericalismo o a certi fondamentalismi, magari di oltreoceano e fomentati da presidenti Usa).

Ma pure a tanti laici d’occidente sarebbe necessario un ratzingeriano bagno di vera laicità e di razionalità.

Si pensi a certi giacobinismi (anche d’oltralpe); al manicheismo di chi vive la politica come teatro dello scontro fra Bene e Male assoluti; alle mitologie che si creano attorno a questo o quel Capo; al dogmatismo e al fanatismo di chi alimenta la fobia del Nemico apocalittico, ai dottrinari che soffiano sul fuoco dell’odio o illudono la gente con speranze di palingenesi totale (una laica redenzione messianica) e di felicità tramite la politica.

Ancora una volta potremmo dire con Ratzinger che “il primo servizio che la fede fa alla politica è la liberazione dell’uomo dall’irrazionalità dei miti politici che sono il vero rischio del nostro tempo”.

Questa è uno dei grandi compiti dei cristiani. Non solo in Egitto.

 Antonio Socci

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13/09/2013 11:19
 
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QUIRICO: «LA SIRIA E' PERDUTA. PERDUTA PER L'UMANITA' E LA ''PRIMAVERA'' E' STRA-MORTA: I RIBELLI SONO BANDITI E FANATICA»

Settembre 12, 2013 
Redazione
Intervista di Radio Vaticana al giornalista della Stampa Domenico Quirico rapito in Siria: «È come se Dio avesse consegnato al diavolo la Siria. La fede non mi ha mai abbandonato»

Riportiamo l’intervista a Domenico Quirico realizzata da Massimiliano Menichetti per Radio Vaticana.

«Diciamo che la cosa che mi ha più colpito – e ho avuto anche altre esperienze di sequestri in altre parti del mondo – è la totalità del male, che è come se Dio avesse consegnato al diavolo questo Paese, dicendogli: “Questo Paese è tuo: fanne quello che vuoi! E tutti quelli che vi entreranno, io non li aiuterò più”. A un certo punto, io ho pensato questo: la totalità del male. Io non ho mai provato in nessun altro posto, nello stesso modo, nella stessa misura, nella stessa tremenda completezza, l’assolutezza della mancanza di pietà, di compassione, di rispetto per l’altro che soffre».

Che cosa ha mosso, secondo te, il tuo rapimento, il vostro rapimento?
Un’orribile cosa che si chiama avidità: null’altro. Nessuna motivazione ideologica, neppure esasperata, folle, nessun fanatismo. Semplicemente la vecchia, antica, lercia, avidità umana.

Nel tuo lungo pezzo sulla “Stampa” scrivi: “In tutta questa esperienza, c’è molto Dio”. Che cosa vuoi dire?
Voglio dire, che fortunatamente, essendo io credente, avevo accanto a me qualcosa che non mi ha mai abbandonato, neppure quando per alcuni momenti ho sentito l’assenza di Dio: ed è la presenza di Dio, l’atto semplicissimo del pregare. Questa è stata presente per tutti i 152 giorni della mia detenzione: Dio era là, la fede era lì, in molti modi, non mi ha mai abbandonato.

Hai avuto la pistola puntata alla tempia, senza sapere se avrebbero sparato: che cosa hai pensato, in quei momenti?
Non so se hai letto il racconto che Dostojevski fa della stessa esperienza che aveva subito dopo la rivoluzione decabrista… La cosa che colpisce di più è l’orribile sensazione di piacere che un altro essere umano prova a farti paura. Prova piacere ad annusare, toccare la tua paura. E questo provoca, da un lato, angoscia e dall’altro lato una rabbia terribile: ti vergogni di aver paura di fronte a quell’uomo che ti minaccia con la pistola.

Due finte esecuzioni, due fughe. Siete stati trattati male. Mangiavi avanzi, dovevi chiedere per ogni cosa. In un’intervista hai detto che non hai rancore nei confronti dei tuoi carcerieri: come è possibile?
Ci sono due vie che si possono seguire, dopo un’esperienza del genere: l’una è la via dell’odio, della rabbia, della voglia di vendetta, che forse è la più facile, la più semplice, lastricata di meno ostacoli, la si può imboccare facilmente: non è difficile. E’ gente che mi ha rubato cinque mesi di esistenza, cinque mesi di sentimenti, di passioni, di amori, di cose che potevo fare e che non potevo fare, di cose che non ho visto e non vedrò mai più, che non potrò più recuperare in alcun modo. La seconda via è quella del perdono: è la più complicata, la più complessa, credo impraticabile. Bisogna essere santi: io non sono un santo. Però, imboccare la via dell’odio è un errore, perché trasformerebbe il male che queste persone mi hanno fatto in qualche cosa di permanente. Cioè, sarei un uomo peggiore di quello che ero prima di questa esperienza e sarebbe in una certa misura il modo in cui questa gente, che mi ha sequestrato, continuerebbe ad avermi nelle sue spire, nelle sue unghie, nei suoi artigli.

Nel tuo secondo tentativo di fuga, sei riuscito a prendere un kalashnikov e una granata, però non li hai usati…
Non lo so, francamente, se sarei stato in grado di utilizzare la granata, perché avrebbe significato ammazzare una persona. Io non penso di essere in grado di farlo, neppure in una situazione così estrema. Mettiamola in questo modo: sono felice di non aver lanciato quella granata.

Dici: “Pier Piccinin ed io eravamo due credenti”. Vi siete incontrati nella fede?
Questo sì, molte volte, anche se la nostra fede è molto diversa. La mia è una fede molto semplice, di quando ero bambino, delle preghiere che recitavo quando piccolo, maturata incontrando i sacerdoti di campagna, quando andavo a trovare mia nonna in vacanza, d’estate, in campagna. Come dico sempre, spingevano la bicicletta d’inverno nelle strade innevate, d’estate nella polvere dei campi, per andare a portare l’estrema unzione, la benedizione di Pasqua… Sacerdoti di Bernanos che magari non ne sapevano molto di teologia, ma la cui fede era granitica, che non esitava, che non aveva paura. La mia fede è molto semplice: è darsi, affidarsi, concedersi. La fede di Pier Piccinin è una fede più complicata, è un patto con Dio, la fede di Abramo… Ci siamo ritrovati nella preghiera, nella speranza, qualche volta anche nella sensazione che Dio ci avesse abbandonati, che fossimo soli: perché c’è stato anche quello. Ci siamo salvati perché eravamo in due, altrimenti saremmo impazziti.

Che idea ti sei fatto della situazione siriana?
Penso che in questo momento la Siria sia un Paese perduto. Perduto per l’umanità, per l’uomo. Perduto – ahimé – credo per molto tempo. Tra poco, forse da oggi, non si potrà più raccontarla, non si potrà più andarci. Non è soltanto un problema di tipo giornalistico: è un problema di assenza della testimonianza. La Siria esce dalla storia ed entra nelle spire di qualche cosa di terribile, tremendo… La storia di questo Paese, la rivoluzione mi ha un po’ tradito. Io ho creduto nella rivoluzione siriana, nei suoi giovani eroi, nei ragazzi di Aleppo, nei contadini del Jebel, di Idlib, che si battevano contro la dittatura… Adesso, tutto questo non esiste più: la primavera siriana è morta, è stra-morta. Ci sono i banditi e i fanatici, ci sono combattenti ribelli che pregano cinque volte al giorno, in cui l’invocazione a Dio è sempre lì, in cui i muezzin urlano l’appello alla preghiera ovunque, in cui prima della battaglia i combattenti si mettono in lunghe schiere con due kalashnikov imbracciato imboccano la loro via per la vittoria… Ed è il Paese in cui Dio è più lontano, in cui si fanno le cose più contrarie. I miei carcerieri pregavano a un metro da me ed erano gli stessi che poi mi gettavano il cibo come ad un cane o che mi picchiavano come una bestia.

Tornerai in zone di crisi?
Il mio concetto di giornalismo è semplice come la mia fede: cioè, scrivere ciò che uno vede, essere presenti laddove l’uomo soffre. Raccontare il dolore è una cosa molto complicata, che richiede molta onestà, e la prima onestà è di vederlo e condividerlo. Non si racconta chi soffre se non soffri anche tu. Allora, o lo faccio in questo modo o faccio un altro mestiere.

Tutti noi ti stiamo chiedendo tante cose. C’è invece qualcosa che tu vorresti dire?
Di non dimenticare le persone che sono ora nella stessa condizione in cui ero fino a domenica scorsa, perché la cosa più tremenda è l’idea di essere soli.
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09/10/2013 08:09
 
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LE VEGLIE CONTRO LA LEGGE SULL'OMOFOBIA
L'11 ottobre ''La Manif Pour Tous - Italia'' chiama a raccolta nelle piazze italiane tutte le persone che vogliono mantenere la libertà di dire no alle adozioni dei gay (VIDEO: spot sulle veglie LMPT)
 
di Paola Biondi

Anche in Italia si sta diffondendo l'associazione La Manif Pour Tous Italia (LMPT - Italia) che su imitazione di quella francese, che ha portato in piazza milioni di persone e famiglie contro l'approvazione del "matrimonio per tutti" (legge Taubira) cioè del "matrimonio" per coppie gay da parte del governo socialista di Hollande, vuole contrastare in Italia le derive dell'ideologia omosessualista (gay, gender, ecc.). 
Qui in Italia primo obiettivo è il contrasto alla approvazione da parte del Parlamento italiano della proposta di legge Scalfarotto, che vuole introdurre nel diritto vigente i reati (assurdi, indefiniti e indefinibili) di "omofobia" e "transfobia". In realtà, come avete ben capito, le persone omosessuali sono solo usate, perché l'obiettivo della lobby omosessualista non è difendere queste persone dalle discriminazioni (già punite dal codice di diritto vigente) ma ostacolare la nostra libertà (di coscienza, di opinione, di espressione, religiosa) per:
- introdurre il "matrimonio" gay in Italia;
- una volta ottenuto il "matrimonio", questo istituto garantisce la possibilità di adottare un bambino da parte di coppie gay/lesbiche (quello che molti non hanno capito è che l'adozione è consequenziale al matrimonio, cioè singoli o liberi cittadini non possono adottare.. bisogna essere una "famiglia", riconosciuta istituzionalmente, per adottare... l'operazione in corso è quella di distruggere la realtà distruggendo il significato di matrimonio e famiglia, mettendoci dentro di tutto, pur di mandare avanti i diktat deliranti dell'agenda Gay e Gender)
- diffondere tramite l'indottrinamento di Stato (cioè in tutti i gradi di istruzione, dall'asilo nido all'università) l'ideologia Gender, attraverso corsi di terrorismo umanitario guidato da "esperti formatori" cioè gli ideologi LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali)!!!
Personalmente se penso ai bambini adottati da coppie gay o lesbiche mi riempio di dispiacere e mi viene il nodo alla gola: come si può dormire la notte sereni sapendo quanto male verrà fatto a questi piccoli???
Penso anche al male che verrà fatto alle famiglie e alle nuove generazioni, ai bambini e ai giovani: tutto questo è sufficiente a motivare la mia coscienza, a darmi il coraggio di scendere in campo e di fare tutto quello che posso fare, senza paura e senza silenzi (che cooperano al male).
A Roma, come in tante città italiane, ci siamo costituiti come LMPT e stiamo organizzando una Veglia per l'11 Ottobre. Conto molto sulla vostra partecipazione (venite con tutta la famiglia e i vostri bimbi... non abbiate paura ci sono le Forze dell'ordine a garantire il normale svolgimento della veglia) e per diffondere a tutti i vostri amici e contatti l'iniziativa.
Cari tutti, vi scrivo col cuore in mano.. mi sono accorta di una cosa importante che LMPT Italia, Nazionale e Locale, può fare (e in questo momento storico è fondamentale): riunire le forze (disperse o inattive da tempo, per renderle visibili e forti, e non solo dell'associazionismo cattolico, ma unendo ogni uomo di retta ragione e buona volontà) per un unico essenziale obiettivo cioè risvegliare la coscienza degli italiani su quello che ci vogliono portar via e che vogliono distruggere: il matrimonio e la famiglia, fondamenti insostituibili del bene comune e della civiltà dell'amore.
Non possiamo né dobbiamo permetterlo! Serve il contributo di tutti! Serve che le famiglie scendano in piazza per difendere la famiglia (l'unica e la sola, quella naturale, cioè fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, aperta ad accogliere ogni figlio che il buon Dio vorrà darle).
Dobbiamo scendere in piazza tutti, uniti e convinti che la famiglia ha bisogno di essere protetta, difesa e sostenuta.
Vi chiedo di collaborare perchè LMPT si diffonda in tutta Italia e la Veglia dell'11 ottobre sia solo l'inizio di questa mobilitazione nazionale delle coscienze.

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23/11/2013 11:17
 
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Il disastroso fallimento del ’68
e della rivoluzione sessuale

La colpa più grave delle sciocche ribellioni dei sessantottini è certamente quella di aver creato degli eterni bambini, incapaci di educare e di essere testimoni credibili per le generazioni future (compresa la nostra). Ribellione all’autorità, libertinismo, laicismo, antiproibizionismo ecc. non hanno liberato l’uomo, lo hanno reso solo più solo, più schiavo dei suoi vizi e più impaurito della realtà.

Antonio Polito, editorialista de Il Corriere della Sera, nel suo ultimo libro Contro i papà (Rizzoli 2012) ha proprio spiegato come la generazione che è passata dal ’68 abbia rovinato i giovani di oggi«i nostri figli non hanno più trovato in noi qualcuno cui opporsi, uno stimolo a crescere, a rendersi indipendenti. Dal 6 politico all’università facile, fino al lavoro come diritto. Siamo la prima generazione che ha disobbedito ai nostri padri per obbedire ai nostri figli. Ci siamo liberati al padre, abbiamo fatto la rivoluzione contro la sua autorità, e ora coi nostri figli facciamo appello al negoziato. Abbiamo trasmesso loro il diritto al benessere, senza nessun dovere connesso». Così, spiega Polito, il problema dei figli bamboccioni (niente studio né lavoro) è «un problema culturale», per questo invita i genitori di oggi a comportarsi all’opposto dei loro padri rivoluzionari: «sfidate i figli, opponetevi se necessario, ma non fare il muro di gomma. Con i figli occorre starci, starci e ancora starci».

Antonio Scurati si concentra sulla rivoluzione sessuale anche se non vuole nemmeno definirla “rivoluzione”, ha spiegato su La Stampa«Di tutte le rivoluzioni mancate – o fallite – dalla sinistra sedicente rivoluzionaria, la rivoluzione sessuale è stata la più fallimentare. Sul terreno ha lasciato quasi solo rovine: tra le più ingombranti, e irremovibili, spiccano la crisi della famiglia (non il suo superamento, si badi bene) e la mastodontica mole sociale della frustrazione sessuale». Il dilagare della pornografia, al maschile e al femminile lo dimostra (il 30% del traffico in rete è destinato al porno). Continua lo scrittore: «Siamo tutti, personaggi di finzione e persone reali, parimenti prigionieri dell’ideologia del sesso. In un pomeriggio di noia abbiamo spostato sul sesso l’intera posta metafisica che il secolo precedente, quello romantico, aveva giocato sull’amore, ultima religione dell’Occidente».

Antonio Socci ha ripreso questo articolo, affermando a sua volta«Il sesso parlato, immaginato, guardato, venduto, comprato, praticato, modulato in mille varianti – diventatoossessione di massa e, con la rete, prodotto di vasto consumo – sembra sia l’unica rivoluzione vera scaturita dal ’68 “desiderante”». E ancora: «la marxistissima generazione del ’68 ha dato un decisivo contributo alla più capitalistica e borghese delle rivoluzioni, erigendo il desiderio a pretesa assoluta e così spianando la strada a un’industria della sessualità e del suo immaginario che rende merce i rapporti affettivi e pure i corpi. La famosa e celebrata liberazione sessuale del Novecento si è risolta in realtà in una nuova alienazione, in una servitù volontaria di massa e in una pratica di controllo dei corpi e delle menti fra le più pervasive».

Gli ideatori della rivoluzione sessuale del ’68 avevano un chiaro intento di sopprimere la vecchia morale sessuale giudaico-cristiana, considerata repressiva, sessuofoba e arretrata. Tuttavia Socci, conclude la sua riflessione con una bella apertura: «Io che professo tutti gli insegnamenti morali della Chiesa cattolica, che li ritengo anzi liberanti e pieni di sapienza, e che sento come una violenza psicologica e spirituale, soprattutto per i più giovani, questa sessuomania dilagante, questa aggressione pornografica onnipresente, voglio dire che anche la cosiddetta rivoluzione sessuale ci parla dell’inestirpabile desiderio di Dio. E della sua mancanza. Del doloroso vuoto di Lui che ci risucchia nel suo gorgo, anche attraverso la carne».

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26/11/2013 17:22
 
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La “nuova” Chiesa di Papa Francesco vista da un agnostico




Papa francesco 
 
di Stefano Colombo*
*magistrato (agnostico)

 

Buona giornata a tutti, prendo spunto dall’articolo di Giulia Carcasi per esporre, da agnostico, il mio pensiero su Papa Francesco e sull’impostazione che sta dando alla Chiesa attuale.

Premetto che, da un punto di vista strettamente personale, nutro una grande ammirazioneverso Bergoglio che, per quanto mi è dato di capire attraverso il filtraggio dei mass media, mi sembra una persona particolarmente affabile, disponibile ed estremamente sensibile. Detto questo, ho notato che Papa Francesco ha creato, nei cattolici, sostanzialmente due schieramenti, provocando, in qualche modo, una sorta di spaccatura, probabilmente insanabile.

Da un lato, una parte dei fedeli esalta il valore dell’attuale Papa, evidenziandone la straordinaria umiltà, i continui esempi di vicinanza al prossimo – soprattutto al più povero e sfortunato –, l’innato carisma. Una seconda tranche di cattolici, anche di lunga data, contesta, invece, un’eccessiva teatralità del nuovo Pontefice. I suoi gesti di attenzione al quisque de populo non sarebbero altro che i tentativi di un “codardo” che, invece, di combattere per la Chiesa, cerca in qualche modo di piegarla ai desideri del “mondo.” Lo dimostrerebbero le sue aperture verso l’omosessualità o, addirittura, l’aborto. Questo è il punto di vista sostenuto da quei cattolici definiti – o autodefinitisi – “tradizionalisti”, integralisti o, addirittura, sedevacantisti.

Il mondo ateo (o agnostico) mi sembra ugualmente spaccato dal comportamento e dalle parole di Papa Francesco. Una parte lo considera l’uomo del dialogo, l’uomo del confronto e anche l’uomo della comprensione, colui che riuscirà – forse – ad adeguare la Chiesa Cattolica al terzo millennio. Altri ancora credono, invece, che Papa Francesco sia una sorta di “ipocrita”, ovvero un Papa assolutamente conservatore ed intransigente come i predecessori (Benedetto XVI in particolare), se non ancora di più (Bergoglio è un gesuita, dopotutto), e ritengono che la Chiesa di Francesco non cambierà una virgola né per quanto riguarda il lusso, il denaro e lo sfarzo, né per quanto riguarda la dottrina, in particolare sui temi cosiddetti “etici” o “sensibili.” Al contrario, le apparenti aperture di Papa Francesco sarebbero soltanto fumo negli occhi, utili a mettere la Chiesa sotto un’apparente quanto falsa buona luce mediatica. Papa Francesco sarebbe, agli occhi di costoro, un furbo “gattopardo”, che, con abile carisma, sta facendo in modo che “tutto cambi, affinché tutto rimanga com’è”. Queste, in sintesi e molto superficialmente, le quattro posizioni che si possono schematizzare sull’impatto che ha avuto Bergoglio tra i credenti e i non.

Come la penso io? Come ho scritto in apertura, penso che Bergoglio sia una persona estremamente sensibile ed estremamente intelligente. Penso che ogni suo gesto ed ogni sua parola sia sinceramente rivolta verso la migliore comprensione degli altri, ed ispirata al più grande amore per il prossimo, chiunque egli sia, cristiano, cattolico, ateo, abortista, eterosessuale o gay. Nello stesso tempo, mi pare che Papa Francesco non abbia assolutamente cambiato o preteso di cambiare una sola virgola di quella che è la dottrina o la posizione della Chiesa cattolica rispetto a determinati temi e, su questo, penso che abbia fatto estremamente bene. Mi spiegherò meglio con un paio di esempi.

Partiamo dalla questione dell’omosessualità. Papa Francesco non ha mai aperto all’omosessualità, come sostengono alcuni “tradizionalisti.” Non ha mai cercato di modificare la posizione della Chiesa cattolica su questo aspetto. Non penso che ne avrebbe nemmeno la possibilità. Al contrario, è stato estremamente sensibile nei confronti delle persone omosessuali, che è cosa ben diversa. E’ arrivato, quindi, ad ammettere che nell’imperscrutabile (alla mente umana) potenza e misericordia di Dio (che è, poi, la base ed il fulcro della religione cattolica) possono essere accolti ed amati anche gli omosessuali. Il che, d’altra parte, è proprio quanto sostiene il messaggio di Cristo, se non viene distorto dall’ottica dell’intransigenza e della (presunta) superiorità morale che si arroga una parte dei credenti. Il secondo esempio riguarda la (ancora presunta) apertura di Papa Francesco sul tema dell’aborto. Anche in questo caso, il Pontefice è ben lungi dal legittimare l’interruzione della gravidanza. Che cos’ha detto – o intendeva dire – invece? Ha lasciato aperta, ancora una volta, la porta della comprensione e della misericordia (che sono caratteristiche proprie del Dio cristiano) nei confronti della donna che ha abortito e che, per questo, vive nel rimorso.

Non mi sembra, quindi, che Papa Francesco abbia rivoluzionato o, addirittura, stravolto i punti fermi della Chiesa cattolica ed i capisaldi della fede. Mi sembra, invece, che, addirittura più del già ottimo Giovanni Paolo II, abbia calcato la mano (pesantemente) sul messaggio di amore, speranza, carità e comprensione che Gesù Cristo ha lasciato e che dovrebbe essere proprio del DNA di ogni cattolico. Invece di lanciare strali infuocati contro preservativi, omosessualità, aborto… Papa Francesco sta provando ad utilizzare un’altra arma per combattere le stesse battaglie, quella della comprensione. Un’arma finora inedita. Un’arma che, magari, non consentirà di modificare la società a livello politico, che non farà cambiare le statistiche ma che, forse, riuscirà a far ricongiungere con la Chiesa cattolica parecchi “peccatori” che non si sentiranno, però, trattati come degli appestati.

Non sono sicuro – lo potremo dire fra qualche anno – che il Pontificato di Papa Francesco consentirà alla Chiesa Cattolica di riprendere quel ruolo di madre e maestra che aveva anni or sono e che, da tempo, sembra avere perso. Per sua stessa ammissione, Papa Francesco non vuole portare il discorso ad un livello “politico” e non vuole continuare a battere il martello sui temi etici ben noti. E, tuttavia, sono fermamente convinto che, se non proprio alla Chiesa, il suo Pontificato farà estremamente bene all’umanità ed alla società in generale, ed aumenterà notevolmente la comprensione e l’amore anche fra persone “diverse” con poco o niente in comune. E in un’epoca in cui di estremisti, tradizionalisti, doppiogiochisti e ipocriti è pieno ogni angolo, un uomo buono e aperto al sincero confronto è, già di per sé, rivoluzionario.

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18/12/2013 00:08
 
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Nelson Mandela
e la stima per la Chiesa cattolica

Nelson MandelaE’ morto in questi giorni Nelson Mandela, storico leader del movimento di liberazione dall’apartheid nel Sud Africa e primo presidente realmente eletto da tutto il popolo sudafricano. Ha vinto il premio Nobel per la pace nel 1993.

Tutti conoscono il suo grande impegno per i diritti umani e per lariconciliazione nazionale, l’apparato mediatico trasmette notizie a ritmo continuo su questo. La Chiesa cattolica in Sudafrica ha espresso la sua gratitudine «per il sacrificio offerto per tutti i popoli del Sudafrica e per la sua guida e la sua ispirazione con le quali ci ha guidato sulla via della riconciliazione», ha scritto Mons. Stephen Brislin, Arcivescovo di Città del Capo e Presidente della Southern African Catholic Bishops’ Conference (SACBC) nel messaggio di cordoglio. AnchePapa Francesco ha inviato il suo messaggio ricordando per aver saputo «forgiare un nuovo Sud Africa costruito sulle solide fondamenta della non violenza, della riconciliazione e della verità».

Mandela, da sempre un devoto cristiano metodista, fu molto vicino alla Chiesa cattolica, di cui aveva molta stima. «Sono molto grato alla Chiesa cattolica»disse«Quando i neri non potevano nemmeno salire su un autobus, la Chiesa cattolica li faceva vescovi e cardinali». Anche in questi giorni è stato ricordato che furono le scuole cattoliche le prime, sul finire degli anni Settanta, a sfidare la segregazione razziale nelle aule. In un discorso del 1993, il premio Nobel per la pace ebbe a dire ad esempio: «La Chiesa è importante nella vita di ogni giorno ma uno deve essere stato in una prigione sudafricana per apprezzare il ruolo cruciale da lei rivestito nel cercare di alleviare la sofferenza causata dai tribunali governativi». Lodò anche «il ruolo molto importante giocato dalla Chiesa cattolica nel lottare per la giustizia» e apprezzò particolarmente la figura di Giovanni Paolo II. Nel novembre 1984 scrisse una lettera dalla prigione di Pollsmoor al neovescovo di Città del Capo, monsignor Stephen Naidoo, di cui Mandela era diventato amico durante una visita del presule a Robben Island, prigione nella qualepartecipava alla Messa cattolica, ricevendo i sacramenti. La tua «nomina è un evento che, ne sono sicuro, sarà ben accolto non solo dai tuoi parenti e amici più stretti», scrisse Madiba a mons. Naidoo, «ma anche dai credenti di differenti confessioni religiose e da tutti coloro che sono sufficientemente perspicaci per apprezzare il ruolo innovativo giocato sul piano storico dalla Chiesa in generale, e in modo particolare la sua formidabile presenza, oggi, nella lotta per un mondo migliore e fondato sulla pace».

Gli sbagli storici della Chiesa, ha proseguito nella lettera, «sono stati completamente rimpiccioliti dagli enormi successi conseguiti e questo è l’aspetto sui quali si concentreranno chi è ottimista e coloro che devono costruire il futuro». Occorre ricordare, comunque, che lui stesso non fu esente da errori, anche molto gravi, che però non hanno intaccato la sua meritata fama. Lo scrittore Zakes Mda ha accusato gli europei di averne fatto «un santo della pace, un nuovo Mahatma Gandhi», in realtà la storia è vera a metà: «Tutti i suoi sforzi sulla via della riconciliazione hanno riguardato le divisioni tra bianchi e neri. Le divisioni tra neri sono continuate». Mandela, questo lo si sa, chiuse gli occhi sulle ruberie dei compagni: «Lacorruzione in cui oggi annaspiamo è cominciata durante la sua presidenza. Lui personalmente non fu coinvolto. Però sapeva e non fece niente per sanare la piaga. Chiesi di incontrarlo una volta, gli parlai della corruzione ma lui rimase freddo. Perché era fedele al partito, leale con i compagni. Per lui erano tutte persone integre. Il risultato: mentre lui era presidente la corruzione ha messo radici. E quando mette radici sappiamo quanto è difficile da estirpare».

Lo stesso Mandela rifiutò la nonviolenza di Gandhi e ritenne che le repressioni del governo si potevano contrastare soltanto con un movimento di guerriglia. Nella sua autobiografia intitolata “Il Lungo Cammino Verso la Libertà”, ha ad esempio ammesso di aver dato lui l’ordine per la bomba di Church Street, scoppiata alle ore 16.30 di Venerdì 20 Maggio 1983, nella cui strage morirono 19 persone e altre 217 rimasero ferite innocenti. Venne inoltre finanziato dalla rete comunista internazionale, la quale prima sosteneva il regime razzista dell’Apartheid e considerava Mandela un terrorista, la quale costruì la sua immagine occidentale come messia nero. L’apertura all’aborto e alle nozze e adozioni gay in Sudafrica vanno lette in questo contesto. Il suo progetto per un Sudafrica migliore, infine, non ha funzionato molto,ancora oggi il Paese è in cima alle classifiche mondiali per tassi di omicidi, stupri e diffusione dell’Aids.

In ogni caso è giusto concentrarsi su quel che di buono c’è nella storia di ognuno. Occorre anche ricordare all’ipocrisia della stampa che nel mondo sono tanti i Mandela ignoranti dall’Occidente, forse perché cattolici. Antonio Socci ha citato mons. Giacomo Su Zhimin, vescovo cattolico di Baoding (Hebei), che ha trascorso 41 anni in lager e prigioni varie, senza alcuna accusa e senza alcun processo. Oppure mons. Cosma Shi Enxiang, vescovo cattolico di Yixian, che ha passato 52 anni fra lager, prigioni e lavori forzati, arrestato nuovamente nel 2001 e da allora sparito. Entrambi chiedevano semplicemente diritti umani e libertà religiosa. Pensiamo anche ad Asia Bibi e alla violenza contro i cristiani del Pakistan. Niente di questo però fa notizia e suscita scandalo.

I media creano a tavolino santoni e messia, l’incredibile idolatria verso Che Guevara di cui ancora oggi sono vittime migliaia di persone nel mondo è davanti agli occhi. Di Madiba è già stato fatto un marchio del valore di 53 miliardi di dollari tra magliette, ristoranti, poster, vino, fino a reality show, “tutto fa Mandela”. Secondo il Daily Telegraph dietro al business ci sarebbero le figlie e le nipoti del leader sudafticano, che vendono le stampe delle mani a 14mila euro l’una. L’Occidente, povero di Dio, ha evidentemente bisogno di idoli.


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24/12/2013 12:22
 
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A Natale festeggiamo l’uomo più importante della storia




Nascita GesùLo scorso anno abbiamo dedicato i nostri auguri di Natale ai lettori del sito web un dossier sulla storicità della data del 25 dicembrecome la vera data storica di nascita di Gesù Cristo, la quale non ha un’origine pagana derivata dalla festività del “Sol invictus” e nemmeno un’origine simbolica-cristiana.


Quest’anno vorremmo dare spazio ai risultati di una recente ricerca intitolata “Who’s Bigger: Where Historical Figures Really Rank”(Cambridge University Press, 2013) e realizzata da due ricercatori americani Charles Ward e Steven Skiena che hanno misurato l’indice di notorietà nel presente dei personaggi della storia. Dopo oltre 2000 anni e per soli tre anni di vita pubblica,Gesù Cristo risulta essere il personaggio più noto, la figura più contemporanea e lo stesso primato permane su internet. E’ Lui la maggiore presenza per l’uomo d’oggi, molto più di imperatori, rockstar, icone del passato, politici, artisti, condottieri, scrittori, musicisti, filosofi, profeti.


Il celebre filosofo della scienza Antony Flew, convertitosi nel 2010 dopo anni di militanza anti-cristiana, ha riconosciuto studiando la genetica la traccia di una Intelligenza nascosta: ««Alcuni sostengono di aver stabilito un contatto con questa Mente. Io no. Ma chi lo sa cosa potrebbe accadere in seguito? Certamente la figura carismatica di Gesù è così speciale che è sensato prendere in seria considerazione l’annuncio che lo riguarda. Se Dio si è davvero rivelato è plausibile che lo abbia fatto con quel volto». Ovvero: l’uomo Gesù diceva di essere il Figlio di Dio e noi, a posteriori, possiamo dire che la storia dimostra come effettivamente tutto porta a pensare che aveva ragione. La sua figura risplende nel cuore di tutti gli uomini, credenti o non credenti, il figlio del falegname di Nazareth ha sempre illuminato la storia umana, proprio come se davvero fosse stato il Figlio di Dio.


Ecco, riflettendoci quest’anno abbiamo maturato la convinzione che la potenza, l’universalità e la contemporaneità del messaggio di Gesù Cristo, riconosciuta da chiunque, devononecessariamente condurre alla convinzione che Gesù diceva la verità (anche) quando si definiva Figlio di Dio. In caso contrario Egli stava mentendo spudoratamente, ingannando gli uomini che incontrava e prendendosi gioco della loro speranza e della loro vita; oppure, come terza possibilità, era in buona fede ma dunque un disturbato a livello psicologico. Lo aveva già pensato il grande filosofo francese Jean Guitton«Nel problema riguardante Gesù si è stretti tra due ipotesi: o è davvero un uomo divino o è un pazzo furioso. Non ci sono mezzi termini. Nel problema “Gesù” si giunge a un punto in cui bisogna scegliere: tra zero e infinito» (Guitton,“Ogni giorno che Dio manda in terra”, Mondadori 1997, pag. 159).


Davanti a Gesù non si può stare nel mezzo: o zero o infinito. O niente o tutto. O era un pazzo o era vero quel che diceva di essere. Credere nel messaggio cristiano senza credere in Gesù Cristo significa invece stare a metà: come poter vivere il messaggio di un pazzo o di un bugiardo? E sopratutto, come avrebbe potuto un pazzo o un meschino ingannatore poter aver illuminato la storia umana con il suo amore, i suoi insegnamenti totalmente innovativi e tuttora contemporanei? Come poter far convivere la pazzia o la menzogna consapevole con un’umanità splendente ed eccezionale?


Stando di fronte seriamente a queste domande capiamo meglio le parole di Papa Francescosul Natale: «Il Natale ci parla della tenerezza e della speranza. Dio incontrandoci ci dice due cose. La prima è: abbiate speranza. Dio apre sempre le porte, mai le chiude. È il papà che ci apre le porte. Secondo: non abbiate paura della tenerezza. Dio che scende e sta con noi. È uno dei misteri di Dio. A Betlemme, nel 2000, Giovanni Paolo II disse che Dio è diventato un bambino totalmente dipendente dalle cure di un papà e di una mamma. Per questo il Natale ci dà tanta gioia. Non ci sentiamo più soli, Dio è sceso per stare con noi. Gesù si è fatto uno di noi e per noi ha patito sulla croce la fine più brutta, quella di un criminale. Quello che leggiamo nei Vangeli è un annuncio di gioia».


Auguriamo un buon S. Natale e un felice 2014 a tutti voi e ai vostri cari. Il sito web prenderà una pausa dal 23 dicembre 2013 al 6 gennaio 2014 compreso. Auguri!



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19/01/2014 15:01
 
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E’ un peccato che ci si soffermi sempre sui pettegolezzi (chi sarà il padre? davvero non sapeva di essere incinta? Cosa mormora la gente del paese? Quali sono le battute più salaci che girano sul web?), senza mai riuscire a vedere che la notizia nasconde tra le sue pieghe un segnale di quello che, ancora una volta, si dimostra essere l’attenzione della Chiesa verso tutti i suoi figli e le sue figlie. Come sempre: giudizio chiaro sul peccato, ma grande accoglienza per il peccatore.


Come ha detto suor Erminia, la madre superiora: «Non ha saputo resistere alle tentazioni, ma non ha fatto male a nessuno. Suvvia, lasciateci in pace, quel che è fatto è fatto». Basta, invece, scorrere le cronache dei quotidiani per rendersi conto quanto, sotto l’apparente snocciolare dei dati di cronaca, altro non si voglia fare se non dileggiare la donna, dar conto dei soliti cretini di Twitter e delle loro battutine da asilo, puntare la luce sull’imbarazzo ecclesiastico per il “figlio del peccato”. Quanta superficialità in questi commenti, tra l’altro di solito pronunciati da quegli stessi sempre pronti ad attaccare la Chiesa e la scelta verginale di sacerdoti e religiose.


Mentre a noi pare molto più acuto e interessante far notare quanta discrezione e capacità di accoglienza abbia dimostrato la Chiesa. Monsignor Gianfranco Girotti, fino al 2012 reggente della Penitenzieria Apostolica, ha spiegato che la suora «verrà dimessa dall’istituto e dovrà farsi carico della prole che è nata. Il fatto della gravidanza e della nascita del bambino la impegna a un nuovo stato di vita». Insomma, ora che il bambino c’è, ne va tenuto conto ed è giusto che Francesco possa godere di tutte le attenzioni della madre. Ma questo, ha aggiunto Girotti, non significa che nei confronti della suora ci sia una «scomunica». Anzi. «I superiori – ha aggiunto – dovranno aiutarla ad affrontare la situazione. Essendo anche straniera, trovandosi in un paese non suo, non avrà altre possibilità di aiuto, quindi ci sarà sicuramente un sostegno da parte dell’istituto cui apparteneva»«Pur deprecando l’episodio – ha spiegato -, dal punto di vista evangelico deve prevalere sempre l’atteggiamento di aiuto. Questo dev’essere il primo sentimento, tanto più trovandoci di fronte a una vita che nasce».


Anche il vescovo di Rieti, Delio Lucarelli, ha raccontato – con parole semplici ma eccezionali – che quando la incontrerà le dirà che «certamente c’è la mancata fedeltà a un voto, cioè a un impegno solenne, e questo in me provoca rammarico, ma va apprezzato il fatto che la gravidanza non si sia conclusa con l’aborto e infine va detto che una vita è sempre un dono del Signore. Noi dunque le saremo vicini e confido che anche la nostra gente possa capirla e aiutarla». E così pare stia già avvenendo, con la prima colletta per aiutare la donna.


Ma questi sono tutti fatti che interessano solo chi ha davvero a cuore la donna e suo figlio. Gli altri si fermano alle maldicenze da ballatoio. Peggio per loro: si stanno perdendo un giorno di festa.


Emanuele Boffi, da www.tempi.it


 






[Modificato da Credente 19/01/2014 15:03]
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21/01/2014 09:11
 
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UN COMPLOTTO INTERNAZIONALE. LA CHIESA REAGISCE
 <br /> Cari amici,dovete sapere e divulgare a tutti questa notizia molto importante che riguarda la vita di noi cristiani.Il 16 gennaio 2014 la Pontificia Commissione Teologica Internazionale ha ufficialmente redatto e poi pubblicato dopo ben cinque anni di studio un documento di eccezionale rilevanza storica.Si tratta di un documento pubblico con il quale per la prima volta nella storia moderna della Chiesa viene denunciato ufficialmente un complotto internazionale dei cosiddetti poteri forti nel campo della finanza, economia, della comunicazione e degli ambienti culturali. Il testo e' stato approvato e rivisto dal prefetto della congregazione della dottrina della fede cardinal Gerhard Müller.Questo grande lavoro denuncia un'aggressione senza precedenti alla Chiesa che è in atto da parte di una certa area culturale della vita laica dominante: il tema e' "La Chiesa e' un ostacolo da abbattere".Grazie alla consulenza teologica del mio caro amico Don Ernesto Zucchini, piacentino doc trapiantato nella diocesi di Massa e parroco del santuario della Divina Misericordia sulle Alpi Apuane a Canevara nonché Presidente della fondazione della mistica Maria Valtorta,  abbiamo contattato il grande sociologo e storico delle religioni Massimo Introvigne il quale fra un viaggio e l'altro ci ha rilasciato questa intervista per il mio sito. Questi i punti fondamentali evidenziati dallo storico piemontese:
 <br /> "Punto 1) Il documento è il frutto di un grande sforzo culturale della Chiesa voluto da Benedetto XVI e continuato sotto l'egida di Papa Francesco.
 <br /> Punto 2) Nel documento è importante anzitutto la constatazione che è in atto un'aggressione culturale senza precedenti contro la Chiesa Cattolica, considerata responsabile di tutti i mali e le violenze del mondo. Sono venuti allo scoperto poteri forti che odiano la Chiesa e la vogliono distruggere.
 <br /> Punto 3) lo studio mette in luce come si aggredisce la Chiesa nei media, nella cultura e nelle università. Si sostiene che il monoteismo - credere in un solo Dio - è intollerante, fanatico, violento: un solo Dio vuol dire una sola verità. Invece il politeismo - credere in più dei - sarebbe tollerante e simpatico: più dei uguale più verità. Il politeismo non è solo quello delle religioni antiche o orientali. Anche il relativismo è un politeismo. L'uomo moderno adora più dei nel senso che crede a più verità. La Chiesa in quanto è monoteista e crede che esista una verità sarebbe dunque "cattiva".
 <br /> Punto 4) Il documento smonta questa macchina da guerra contro la Chiesa attraverso diversi passaggi.
 <br /> A. La categoria dei «monoteismi», che vorrebbe mettere insieme cristianesimo, islam ed ebraismo, che sono molto diversi fra loro, è considerata sorpassata dalla storia delle religioni accademica, ma usata per mettere in conto alla Chiesa anche le violenze perpetrate da ebrei e musulmani
 <br /> B. I politeismi storici si sono macchiati di grandi violenze e stragi, molto peggio del cristianesimo
 <br /> C. Peggio ancora le ideologie moderne, cioè i nuovi politeismi
 <br /> D. Gesù Cristo invece ha fondato una religione che garantisce l'armonia fra fede e ragione, antidoto contro la violenza".
 <br /> Bene, cari amici, avete visto finalmente coma la Chiesa stia reagendo ad una situazione ormai insostenibile. Essere Cristiani deve rappresentare motivo di gioia e non di scherno, la cultura dominante non deve discriminare chi prega e chi crede in Dio e nella Madonna. Tenete ben presente tutto ciò, fatene tesoro e divulgate a tutti questa situazione inammissibile nei paesi cosiddetti civili. Se i principi cristiani vengono denigrati dal punto di vista culturale anche le leggi non recepiscono più il rispetto dei valori della Fede e  così si calpestano i diritti di milioni di persone.
 <br /> Paolo Brosio





UN COMPLOTTO INTERNAZIONALE. LA CHIESA REAGISCE

Cari amici,dovete sapere e divulgare a tutti questa notizia molto importante che riguarda la vita di noi cristi
ani.Il 16 gennaio 2014 la Pontificia Commissione Teologica Internazionale ha ufficialmente redatto e poi pubblicato dopo ben cinque anni di studio un documento di eccezionale rilevanza storica.Si tratta di un documento pubblico con il quale per la prima volta nella storia moderna della Chiesa viene denunciato ufficialmente un complotto internazionale dei cosiddetti poteri forti nel campo della finanza, economia, della comunicazione e degli ambienti culturali. Il testo e' stato approvato e rivisto dal prefetto della congregazione della dottrina della fede cardinal Gerhard Müller.Questo grande lavoro denuncia un'aggressione senza precedenti alla Chiesa che è in atto da parte di una certa area culturale della vita laica dominante: il tema e' "La Chiesa e' un ostacolo da abbattere".Grazie alla consulenza teologica del mio caro amico Don Ernesto Zucchini, piacentino doc trapiantato nella diocesi di Massa e parroco del santuario della Divina Misericordia sulle Alpi Apuane a Canevara nonché Presidente della fondazione della mistica Maria Valtorta, abbiamo contattato il grande sociologo e storico delle religioni Massimo Introvigne il quale fra un viaggio e l'altro ci ha rilasciato questa intervista per il mio sito. Questi i punti fondamentali evidenziati dallo storico piemontese: "Punto 1) Il documento è il frutto di un grande sforzo culturale della Chiesa voluto da Benedetto XVI e continuato sotto l'egida di Papa Francesco. Punto 2) Nel documento è importante anzitutto la constatazione che è in atto un'aggressione culturale senza precedenti contro la Chiesa Cattolica, considerata responsabile di tutti i mali e le violenze del mondo. Sono venuti allo scoperto poteri forti che odiano la Chiesa e la vogliono distruggere. Punto 3) lo studio mette in luce come si aggredisce la Chiesa nei media, nella cultura e nelle università. Si sostiene che il monoteismo - credere in un solo Dio - è intollerante, fanatico, violento: un solo Dio vuol dire una sola verità. Invece il politeismo - credere in più dei - sarebbe tollerante e simpatico: più dei uguale più verità. Il politeismo non è solo quello delle religioni antiche o orientali. Anche il relativismo è un politeismo. L'uomo moderno adora più dei nel senso che crede a più verità. La Chiesa in quanto è monoteista e crede che esista una verità sarebbe dunque "cattiva". Punto 4) Il documento smonta questa macchina da guerra contro la Chiesa attraverso diversi passaggi. A. La categoria dei «monoteismi», che vorrebbe mettere insieme cristianesimo, islam ed ebraismo, che sono molto diversi fra loro, è considerata sorpassata dalla storia delle religioni accademica, ma usata per mettere in conto alla Chiesa anche le violenze perpetrate da ebrei e musulmani B. I politeismi storici si sono macchiati di grandi violenze e stragi, molto peggio del cristianesimo C. Peggio ancora le ideologie moderne, cioè i nuovi politeismi D. Gesù Cristo invece ha fondato una religione che garantisce l'armonia fra fede e ragione, antidoto contro la violenza". Bene, cari amici, avete visto finalmente coma la Chiesa stia reagendo ad una situazione ormai insostenibile. Essere Cristiani deve rappresentare motivo di gioia e non di scherno, la cultura dominante non deve discriminare chi prega e chi crede in Dio e nella Madonna. Tenete ben presente tutto ciò, fatene tesoro e divulgate a tutti questa situazione inammissibile nei paesi cosiddetti civili. Se i principi cristiani vengono denigrati dal punto di vista culturale anche le leggi non recepiscono più il rispetto dei valori della Fede e così si calpestano i diritti di milioni di persone.

Paolo Brosio

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24/03/2014 17:21
 
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Un ringraziamento
e un consiglio a suor Cristina

Suor cristinaOrmai è impossibile non sapere chi è suor Cristina Scuccia, attualmente la religiosa più famosa al mondo. Settimana scorsa ha incantato il pubblico del programma televisivo italiano The Voice of Italy cantando il brano “No one” di Alicia Keys, mostrando oltre ad un gran talento musicale anche una semplicità e una povertà di spirito incredibile, che ha letteralmente sconvolto prima i presenti (il rapper J-Ax, Raffaella Carrà ecc.), poi i telespettatori, poi il web e ora il mondo intero.

Il magazine “Time” l’ha definita un “fenomeno” ed è attualmente in prima pagina sulla stampa internazionale. Il video della performance su Youtube sta avendo un successo più veloce del “Gangnam Style” di Psy, cioè il video più visto nella storia di YouTube, arrivando a quota 13 milioni di spettatori in soli 3 giorni (oggi a 24 milioni). Della religiosa italiana parlano Alicia Keys e Whoopi Goldberg e tante altre star internazionali.

Suor Cristina ha 25 anni ed è siciliana, in un’intervista ha raccontato il suo percorso fino alla vocazione: «Dopo la Cresima mi ero allontanata dalla Chiesa ed ero arrabbiata con il Signore», ha spiegato. Dopo aver coltivato la sua passione per il canto ha incontrato Claudia Koll, la quale cercava la protagonista del musical su Suor Rosa, la fondatrice delle Orsoline della Sacra Famiglia. Cristina, allora, si è trasferita a Roma dove ha iniziato a frequentare una scuola fondata dalle Orsoline e diretta dall’attrice, un’esperienza che le ha cambiato la vita facendole emergere la vocazione.«Ha trasformato la mia vita»ha spiegato«Attraverso le sue parole che invitano a donare la vita a Cristo mi sentivo provocata. Spente le luci dei riflettori e fuori dal palco mi tornavano alla mente queste domande. Ho riscoperto il canto come un modo per lodare il Signore, come esigenza della mia anima e strumento per toccare i cuori». Lo scorso anno ha rinnovato i voti di castità, povertà e obbedienza.

Siamo davvero grati a suor Cristina per questa testimonianza, non è esibizionismo il suo ma è una messa in opera delle parole di Papa Francesco. Lo ha detto lei stesso durante la famosa puntata: «Ho un dono e ve lo dono. Francesco ci dice sempre di uscire ad evangelizzare, a dire che Dio non toglie niente anzi ci dona ancora di più, allora sono qui per questo»Bellissimo! Altro che l’ideologia triste di don Gallo, altro che l’odio invidioso di Vito Mancuso. Finalmente il vero volto della Chiesa.

Ma non solo, suor Cristina dev’essere l’esempio per tutti noi cattolici ad andare incontro al mondo, senza scandalizzarsi, senza paura. «Non aver paura di andare con Lui nelle periferie» del mondo, ci ha insegnato Francesco. «Ripartire da Cristo significa imitarlo nell’uscire da sé e andare incontro all’altro [...]. Quando un cristiano è chiuso nel suo gruppo, nella sua parrocchia, nel suo movimento, è chiuso, si ammala. Se un cristiano esce per le strade, nelle periferie, può succedergli quello che succede a qualche persona che va per la strada: un incidente. Tante volte abbiamo visto incidenti stradali. Ma io vi dico: preferisco mille volte una Chiesa incidentata, e non una Chiesa ammalata!».

Suor Cristina ci ha mostrato cosa vogliono dire queste parole, ci permettiamo però di darle un consiglio: molti cercheranno di usarti contro la Chiesa stessa, come stanno facendo con Papa Francesco (il “Papa relativista”, il “Papa che ha abolito il peccato”ecc.), cercheranno di strumentalizzarti in chiave femminista, cercheranno di farti dire qualcosa contro la Chiesa per poterti chiamare “suora ribelle” o “suora scomoda alle alte gerarchie”. Le proveranno tutte, non sarà facile non perdere la bussola, chiedi a Dio di mantenerti vicino a Lui, di non farti inebriare dal successo, di restare fedele alle motivazioni per cui hai scelto questa apparizione pubblica. Continua la tua incredibile testimonianza senza lasciarti tentare, senza deragliare. Noi preghiamo per te. Grazie!!


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26/04/2014 14:58
 
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La canonizzazione dei due papi:
a Roma notte bianca di preghiere e liturgie

Non c'è solo la cerimonia per i due Papi santi che partirà ufficialmente domenica mattina alle 10 con l'ingresso di Papa Francesco nella piazza di San Pietro. La lunga maratona che porterà al rito di canonizzazione sarà preceduto da una serie di eventi, a cominciare da una notte bianca di liturgie e preghiere nelle principali chiese del centro di Roma che comincerà stasera dalle 21 fino a notte fonda. Al via anche l'uso massicio dei social media per avvicinare i giovani con tanto di app "Santo subito" con informazioni e riflessioni spirituali sull'evento di domenica.

Sabato sera parte la notte «bianca» nelle chiese di Roma 
Preghiere, canti, confessioni e liturgie in tutte le lingue: per domani sera Roma si prepara alla notte «bianca» che precederà la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Diverse saranno le chiese aperte con liturgie già organizzate. Ma le parrocchie e i movimenti si stanno preparando da giorni per vivere anche a loro modo questo momento un pò unico nella storia della Chiesa. Le chiese del centro (ma alcune anche in periferia) che saranno aperte per tutta la notte svolgeranno funzioni non solo in italiano ma anche in polacco, inglese, portoghese, spagnolo, francese, arabo. Sarà anche possibile confessarsi. La basilica di San Giovani in Laterano, cattedrale di Roma, ospiterà l'appuntamento liturgico per i fedeli bergamaschi, alle 18. I polacchi si raduneranno invece a Santa Maria in Vallicella. Liturgia in calendario anche in un'altra basilica papale, quella di San Paolo fuori le mura. La Comunità di Sant'Egidio terrà la sua veglia di preghiera nella basilica di San Bartolomeo all'Isola Tiberina, memoriale dei Nuovi Martiri del XX e XXI secolo. Qui si pregherà in italiano e in arabo. Ma sarà anche una notte di processioni e canti. Diverse le parrocchie di periferia dove si comincerà la lunga notte con la Messa vespertina per poi raggiungere il centro a piedi in pellegrinaggio nelle chiese aperte. E infine alle 5.30 a San Pietro.

 
 

I due Papi santi spopolano sui social media 
Per la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II è stata predisposta un'articolata piattaforma digitale con l'obiettivo di favorire la partecipazione del maggior numero di persone da ogni parte del mondo. Attraverso il sito 2papisanti.org è possibile accedere a tutte le news, le informazioni utili riguardanti le celebrazioni, le riflessioni spirituali relative alla vita e all'insegnamento dei due pontefici, gli appuntamenti in città, in tv e in libreria. Fruibile in 5 lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo e polacco), il sito, naturalmente, è corredato da video e immagini, insieme a documenti biografici e spirituali che permettono di conoscere il percorso di santità di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II. Ai due nuovi Santi sono dedicati anche dei profili sui social networks, per essere condivisi dai più giovani. Ecco allora la pagina Facebook 2pope saints, l'account twitter #2popesaints, l'omonimo canale Youtube e la pagina Instagram. Infine si può scaricare l'applicazione "Santo Subito", disponibile gratuitamente sia in formato Android che Ios, per avere informazioni logistiche, accedere alle principali news sulla canonizzazione, scaricare il materiale previsto per i diversi eventi liturgici.


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07/05/2014 19:24
 
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Gli atei hanno pensato di copiare la Messa dei credenti


«Veniamo dal niente e andiamo verso il niente. Divertiamoci insieme».
Ma la “chiesa senza dio” ha già il primo scisma

 
Le “Sunday Assemblies” crescono nel mondo. Riti, canti, balli, ma nessun riferimento trascendente. Solo che in America qualcuno si lamenta per l’eccessivo ateismo
 
Chiesa_senza_dio_sunday_assemblyCrescono di mese in mese le “Sunday Assemblies”, le cosiddette chiese “senza Dio” nate in Gran Bretagna nel 2013 e ora diffuse in tutto il mondo, dal Sud Africa a Singapore, dal Brasile all’Irlanda, dalla Francia al Ghana. E lo scorso fine settimana si è tenuto la prima “assemblea generale” del gruppo a Londra, in una chiesa sconsacrata di Highbury: un vero e proprio “sinodo” per radunare gli adepti di questo gruppo religioso, per decidere gli impegni futuri e sciogliere alcuni nodi dottrinali.

Da settembre 2013, quando i due attori di teatro inglesi Sanderson Jones e Pippa Evans lanciavano l’idea di una chiesa atea, si sono contate fino a 100 nuove “congregazioni” organizzatrici di incontri domenicali in stile religioso, mentre altri 274 gruppi sono in procinto di unirsi in questo progetto.

“CHIESA ATEA”. La Sunday Assembly ha le stesse caratteristiche di una vera e propria chiesa, con raduni simili a messe, canti durante le celebrazioni, omelie, catechesi, pure 10 comandamenti. Ciò che manca è però Dio, cui nessuno dei fedeli crede. Il fondatore, Sanderson Jones, spiega che l’idea di una “chiesa atea” gli è venuta dopo un concerto di Natale: «C’erano un sacco di cose lì che amavo, l’unico problema era il cuore dell’evento, in cui non credevo. Se pensi alla chiesa, ci sono davvero poche cose brutte. Si cantano belle canzoni, si ascoltano discorsi interessanti, si pensa a come migliorare se stessi e a come aiutare le altre persone e si fa tutto questo in una meravigliosa comunità. Tutto era da preservare». Tranne, appunto, il motivo per cui si fanno quelle cose.

Chiesa_senza_dio_sunday_assembly_2NUMERI IN CRESCITA. Da allora l’espansione del gruppo ha colto tutti di sorpresa: gli iscritti crescono del 26 per cento ogni mese. «È la prima volta che ci troviamo insieme come oggi», spiega Jones a The Daily Beast. «Siamo cresciuti in così poco tempo, ma credo stiamo costruendo qualcosa di magnifico. Ci sono 1,1 miliardi di persone non credenti nel mondo. Vorremmo avere una congregazione “senza Dio” in ogni paese, città o villaggio che ne vuole una». O come ha detto ai “leader” della sua chiesa radunati a Londra: «Abbiamo bisogno di una barca più grande».
Intento primario della chiesa è quello enunciato dal primo comandamento: «Veniamo dal niente e andiamo verso il niente. Divertiamoci insieme». Insomma, è il bisogno di creare una comunità, unirsi come un gruppo di fedeli per condividere la propria vita, i propri bisogni e le proprie domande.

«QUELLA STRANA COSA RELIGIOSA». E dal “divertirsi insieme” è stato segnato anche il raduno di Londra. Musica in sala, sul maxischermo appaiono le parole del successo di Pharrell Williams, “Happy”. In sala si danza a ritmo, celebrando una vera e propria festa. Tra i più coinvolti, Landry Butler, 46enne americano da Nashville: organizza “Sunday Assembly” da novembre. Racconta di provenire da una famiglia cristiana e che sua madre ha fatto fatica ad accettare la sua scelta: «Continua a dire che prega per me, ma va tutto bene. Noi non proviamo a vendere ateismo, non è da me farmi coinvolgere. E non importa quel che crede la stupida gente».
Poco più in là c’era Jan Willem van der Straten, che a settembre darà vita alla prima “Sunday Assembly” ad Amsterdam. È cresciuto in una famiglia laica e i suoi genitori sono rimasti un po’ spaventati quando hanno scoperto che era coinvolto in qualcosa di religioso. «La gente continua a dire: “Ah, Willem: non puoi prenderti una birra con lui perché ha quella strana cosa religiosa”. Invece, per la prima volta questa è una chiesa dove anche i miei amici vogliono venire».

“GODLESS” O “FOR LIFE”? Ma il “sinodo” di ieri è stato dettato anche dal bisogno di stabilire alcuni punti dottrinali poco chiari della nuova chiesa. La differenza tra le comunità e il disomogeneo sostrato culturale da cui provengono pongono numerose domande. Ad esempio, il tema più dibattuto è relativo alla parola “godless”, “senza dio”, perché nelle nazioni dove le religioni tradizionali sono andate in crisi negli ultimi anni suona più naturale dire che la “Sunday Assembly” è una “celebrazione della vita”.
Negli Stati Uniti, invece, dove il cristianesimo rimane molto influente, a gennaio c’è stato già il primo scisma: un gruppo di New York se n’è andato in rotta con gli insegnamenti anti-religiosi: «Volevano fare una celebrazione dell’ateismo, non della vita», chiosa van der Straten.



Leggi di Più: Sunday assembly: la chiesa "senza dio" cresce | Tempi.it 
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17/05/2014 23:01
 
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Speranza per Meriam, la donna cristiana condannata a morte in Sudan: «Non possono impiccarla prima di due anni»





Maggio 16, 2014 Leone Grotti





Per l’avvocato della donna, «la legge impedisce di eseguire la sentenza prima che il bambino nasca e venga allattato dalla madre per due anni. Faremo ricorso»



sudan-Meriam-Yehya-IbrahimCi sono segnali di speranza per la sorte di Meriam Yahia Ibrahim, la madre cristiana ortodossa del Sudan, che ieri è stata condannata da una corte di Khartoum all’impiccagione per apostasia e a 100 frustate per adulterio. La donna è in prigione dal 17 febbraio scorso insieme al figlio di 20 mesi ed è incinta di otto mesi.



PARLA L’AVVOCATO. Come spiega l’avvocato della donna Muhanned Mustafa alla Bbc, «ci sono limiti legali che impediscono l’esecuzione della sentenza, perché è incinta. Secondo la legge, nessuna punizione è permessa fino a quando il bambino non nasce e non viene allattato dalla madre per due anni».


«FAREMO RICORSO». L’avvocato esprime anche la sua intenzione di ricorrere in appello: «La nostra strategia sarà quella di recarci alla corte di appello, alla corte suprema e a quella costituzionale. Il suo caso è unico, perché a parte un processo politico contro Mahmoud Muhammad Taha [nel 1985], ci sono stati processi a persone che dicevano di essere Dio e così via, ma mai niente di simile al caso di Meriam».


«HA DIRITTO A ESSERE CRISTIANA». Ieri davanti alla corte gruppi di persone hanno protestato pro e contro la condanna di Meriam. Alcuni hanno esposto cartelli con scritto: “Meriam ha diritto a essere cristiana” e “Ho il diritto di scegliere la mia religione”. Gruppi islamici invece hanno esultato alla notizia della sentenza gridando «Allahu Akbar», Dio è grande.


LA PRESUNTA APOSTASIA. Ibrahim è stata cresciuta come cristiana dalla madre, visto che il padre musulmano se ne è andato quando lei aveva sei anni. Ma un uomo l’ha accusata di essere stata allevata come musulmana e di essersi poi convertita al cristianesimo.
Al processo diversi testimoni hanno affermato davanti alla corte che Ibrahim è sempre stata cristiana ma i giudici non hanno preso in considerazione neanche il certificato legale di matrimonio, in cui c’è scritto che lei è cristiana.



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22/05/2014 18:28
 
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Giochi pericolosi















Il 20% dei ragazzi italiani, uno su 5, rischia la dipendenza patologica dal gioco d’azzardo ma diverse regioni stanno emanando norme a riguardo














Adam Foster / Flickr / CC





29.04.2014 // STAMPA



Gli ultimi dati sono contenuti nell’'indagine nazionale sul gioco d'azzardo nei minori, promossa dalla Società italiana medici pediatri (SIMPe) e dall'Osservatorio nazionale sulla salute dell'infanzia e dell'adolescenza(Paidòss). E confermano l’allarme sulla piaga sociale del gioco d’azzardo. Gli adolescenti sono sempre più coinvolti, nonostante la legge dell’ex-Ministro della salute del Governo Monti, Renato Balduzzi, che ha vietato il gioco ai minori di 18 anni. Così l’ansia di scommettere diventa una malattia.

Almeno 800.000 ragazzi italiani fra i 10 e i 17 anni giocano d'azzardo. Il 20% dei giovanissimi è a rischio, in pratica uno su 5. Un problema che preoccupa ancora di più visto che la tentazione riguarda anche i più piccoli. Spesso 'il vizio' di puntare e scommettere incomincia prestissimo: addirittura 400.000 bimbi fra i 7 e i 9 anni hanno già scommesso la paghetta su lotterie, scommesse sportive e bingo. Un gioco che promette divertimento ma che con il tempo può creare una dipendenza, la ludopatia (repubblica.it 28 aprile). Infatti è molto facile precipitare dal divertimento al gioco compulsivo.

L'indagine è stata presentata durante l'International pediatric congress on environment, nutrition and skin diseases a Marrakech. Dall’indagine risulta che il 75 per cento dei genitori se scoprisse che il proprio figlio gioca riterrebbe necessario intervenire. Eppure non sembrano consapevoli che quel rischio possa riguardare anche il proprio figlio. Il 90 per cento non conosce neppure il termine ludopatia e il 70 per cento non ha mai parlato del tema gioco patologico in famiglia. “Atteggiamento ambivalente e inquietante”, lo definisce Giuseppe Mele, presidente SIMPe e Paidòss. L’ex-Ministro della salute Balduzzi alla Stampa ha ricordato che lui proponeva “misure più restrittive di quelle attuali” e ha commentato che in questo modo è vero che lo Stato “non è biscazziere, ma lo diventa”. (La Stampa 28 aprile). Si aggirano i divieti, denuncia Il Giornale (28 aprile) che“su Internet si possono eludere facilmente fornendo i dati di un adulto, e sperperando i soldi della paghetta settimanale: poker online, slot machines, calcio, cavalli, tennis, Formula 1.

In Italia alcune Regioni hanno emanato norme specifiche di contrasto del gioco e di cura per la ludopatia. E’ accaduto in Lombardia, dove la legge votata all'unanimità dal Consiglio regionale è stata fatta per contrastare un fenomeno assai diffuso, spiega il sito della Regione (regione.lombardia.it). In Lombardia al primo posto c’è Pavia dove la spesa pro-capite per il gioco è di 2100 euro, che significa l’8 per cento del Pil cittadino. La Lombardia ha stanziato un milione di euro per finanziare vaucher grazie ai quali le persone possono curarsi in strutture del terzo settore. Anche il Lazio è tra le Regioni che hanno avviato il contrasto al gioco d’azzardo compulsivo con una legge dell’anno scorso: 665.000 euro destinati a finanziare progetti in favore dei consumatori laziali tra cui la lotta alle ludopatie, la prevenzione delle truffe contro gli anziani, promozione per una corretta alimentazione, tutela dei risparmiatori. (ilvelino 14 gennaio). In Umbria il Consiglio regionale ha deciso di unificare in un unico testo le tre proposte di legge che hanno per obiettivo il contrasto alla ludopatia (Ansa 7 aprile).
 

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13/01/2015 17:23
 
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Noi non siamo Charlie Hebdo
e quelli non sono veri musulmani

Charlie Hebdo e islamCerto, sarebbe il tutto molto più facilecommentare l’attacco terroristico a Charlie Hebdo come stanno facendo i banali opinionisti occidentali: “viva la libertà di stampa”, “l’islam è sinonimo di violenza” e partecipando alla, altrettanto banale, reazione dei social network con le matite contro i mitra. Ma le cose, come sempre, sono più complesse e il nostro è un duplice giudizio.

 

NOI NON SIAMO CHARLIE HEBDO.
Innanzitutto condanniamo, senza nessun tipo di giustificazione,l’uccisione dei vignettisti francesi. Tuttavia vogliamo anche dire che noi non siamo Charlie Hebdo. Questo è il titolo scelto dal “New York Times”: la redazione del giornale satirico, ha scritto l’editorialista David Brooks, in America sarebbe stata «accusata di incitamento all’odio». Il britannico“Financial Times” ha aggiunto«anche se il magazine si ferma poco prima degli insulti veri e propri, non è comunque il più convincente campione della libertà di espressione. Con questo non si vogliono minimamente giustificare gli assassini, che devono essere catturati e giudicati, è solo per dire che sarebbe utile un po’ di buon senso nelle pubblicazioni che pretendono di sostenere la libertà quando inveceprovocando i musulmani sono soltanto stupidi»«Il nostro giornale evita di pubblicare materiale che di proposito o senza motivo sia offensivoverso gruppi religiosi»ha detto il “Washington Post”. Lo stesso hanno fato i principali quotidiani tedeschi, il direttore di Die Zeit” ha spiegato:«è prevalsa la linea che non ci debba essere alcun automatismo tra i fatti di Parigi a la pubblicazione che offende il sentimento religioso delle persone». In Italia una firma del “Fatto Quotidiano”, Maurizio Chierici è intervenuto in questo senso: «questo tipo di libertà non può considerare immondizia milioni di musulmani. Si può sorridere graffiando, ma graffiare non vuol dire aggredire con la scompostezza che umilia cultura e religione di chi abita le nostre città» (Chierici sarebbe intervenuto contro le offese ai cristiani? Dubitiamo).

Questo cosa significa? Che si può e si deve piangere la morte degli umoristi di Charlie Hebdo massacrati dal fanatismo fondamentalista e intollerante, senza automaticamente glorificarli e riflettendo sul fatto che il diritto di satira non può equivalere al diritto di offesa, di blasfemia e, spesso, di sfogo dissacratorio. I giornalisti uccisi erano atei, anarchici e comunisti e usavano la satira come strumento di odio, e non tanto di libertà, verso le fedi e le religioni. Se il presunto “diritto di offesa” va dunque condannato, ricordando che i vignettisti satirici non possono avere più diritti degli altri (dato che sono un reato sia l’offesa che la blasfemia), ancor di più ovviamente va condannato il prezzo che hanno subito per il loro errore. Non è così che si reagisce, è con la riflessione e la vita democratica che si può far capire tutto questo all’intolleranza laicista. Oggi comunque lo spazio va dato al lutto e alla memoria di questi umoristi, la critica alla satira come sfogo antireligioso si potrà fare anche in seguito. Ci uniamo perciò alle parole di Papa Francesco«Qualunque possa esserne la motivazione, la violenza omicida è abominevole, non è mai giustificabile, la vita e la dignità di tutti vanno garantite e tutelate con decisione, ogni istigazione all’odio va rifiutata, il rispetto dell’altro va coltivato». E’ interessante comunque notare che tutte le religioni, pesantemente offese da Charlie Hebdo, hanno tuttavia reagito all’unanimità condannando senza sconti come «atrocità ingiustificabile» i fatti francesi. Chissà se sarebbe avvenuto il contrario, ricordando che sempre più spesso si parla di “amnesie occidentali” e dei media occidentali rispetto ai cristiani perseguitati.

A questo proposito segnaliamo la strumentalizzazionedell’anticlericalismo laicista occidentale che ha sfruttato questi tragici eventi per invocare l’uccisione della religione e la sparizione dei credenti dalla vita pubblica. Lo ha fatto Oliviero Toscani («Se non ci fossero più le religioni, ci sarebbero molti massacri di meno»ha detto), lo stesso ha fatto Umberto Eco (ottima risposta su “Tempi”). Ma è di Paolo Flores D’arcais la tesi più feroce«La laicità più rigorosa, che esclude Dio,qualsiasi Dio dalla vita pubblica (scuole, tribunali, comizi elettorali, salotti televisivi, ecc.), è perciò l’unica salvaguardia contro l’incubazione di un brodo di coltura clericale che inevitabilmente può diventare pallottola fondamentalista». Ricordiamo al nostralgico Flores D’arcais che nella storia c’è già chi ha provato ad escludere Dio dalla vita pubblica, è stato il signorJoseph Stalin nominando l’ateismo di stato -la religione professata dal direttore di “Micromega”- nella sua Unione Sovietica e propagandando l’ateismo scientifico nelle università. I risultati del fiorire della democrazia sono sotto gli occhi di tutti.

 

I VERI MUSULMANI NON SONO I TERRORISTI.
Se questa è la prima riflessione, la seconda riguarda il rapporto tra l’Islam e la violenza. Non si può accusare l’islam e i musulmani di fondamentalismo religioso, è una generalizzazione ingiusta, anche quando i terroristi attaccano e discriminano i cristiani in Medio Oriente in nome del loro dio. Non si può chiudere gli occhi sul fatto che sono i musulmani, molto spesso, a difendere i cristiani dagli attacchi dei fondamentalisti, come ha spiegato Shamon Nona, Arcivescovo caldeo di Mosul. Sono gli studiosi musulmani a tradurre il Catechismo cattolico in lingua persiana, è il sindaco musulmano di Nazareth a volere che l’Annunciazione diventi festa civile, è l’ambasciatrice musulmana Sherry Rehman che sarà processata per blasfemia per aver difeso i cristiani e sono i leader musulmani achiedere scusa ai cristiani per le persecuzioni subite.

L’islam ha certamente un problema al suo interno con la violenza e la tolleranza e lo scontro con la civiltà moderna sarà letale se non affronterà con coraggio tale questione. Ma i veri musulmani non sono i terroristifrancesi e questa differenza è fondamentale. Tutti i quotidiani arabi hanno condannato l’attentato francese, così come i musulmani francesi e italiani, vicino a Milano si è svolta una marcia della Pace comune tra musulmani e crsitiani. Come ha spiegato il prof. Paolo Branca, docente di Islamistica presso l’Università Cattolica, quello che è accaduto «ha a che vedere con un discorso ideologico e non religioso. Non deve accadere una polarizzazionetra noi e l’islam nel suo complesso». Senza contare che gli stessi musulmani vengono spesso massacrati dai gruppi terroristici islamici.

Questo è anche un motivo per cui Papa Francesco evita di “condannare l’islam” (preferendo parlare di “fondamentalismo religioso”) quando esprime vicinanza ai cristiani perseguitati (abbiamo calcolato che lo fa mediamente almeno una volta ogni quindici giorni), come invece vorrebbero i suoi affannati critici del tradizionalismo/conservatorismo cattolico. Nemmeno Benedetto XVI condannava in generale l’islam quando esprimeva vicinanza ai cristiani perseguitati (alcuni esempi:18/07/0519/04/062/01/1125/01/1120/10/12 ecc.). Nella Evangelii Gaudium Francesco ha scritto«tenendo conto della libertà che i credenti dell’Islam godono nei paesi occidentali! Di fronte ad episodi difondamentalismo violento che ci preoccupano, l’affetto verso gliautentici credenti dell’Islam deve portarci ad evitare odiose generalizzazioni, perché il vero Islam e un’adeguata interpretazione del Corano si oppongono ad ogni violenza». E durante un’intervista recente ha affermato«tanti islamici sono offesi, dicono: “No, noi non siamo questo. Il Corano è un libro di pace, è un libro profetico di pace. Questo non è islam”. Credo che non si possa dire che tutti gli islamici sono terroristi. Io ho detto al Presidente Erdogan: “Sarebbe bello che tutti i leader islamici parlino chiaramente e condannino quegli atti, perché questo aiuterà la maggioranza del popolo islamico a dire “no”; Tutti abbiamo bisogno di una condanna mondiale, anche da parte degli islamici, che hanno quella identità e che dicano: “Noi non siamo quelli. Il Corano non è questo”. Dobbiamo sempre distinguere qual è la proposta di una religione dall’uso concreto che di quella proposta fa un determinato governo. Bisogna fare questa distinzione, perché tante volte si usa il nome, ma la realtà non è quella della religione».


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21/01/2015 18:04
 
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Il vizietto laicista di deridere i valori
e giustificarsi con la satira

Il ministro della giustizia francese, Christiane Taubiria ha affermato«siamo in grado di disegnare tutto, compreso un profeta, perché in Francia, il Paese di Voltaire e dell’irriverenza, abbiamo il diritto di prendere in giro tutte le religioni». A seguito di queste parole e delle nuove vignette di Charlie Hebdo contro musulmani e cattolici, il fanatismo religioso si è vendicato contro i cristiani del Medio Oriente bruciando diverse chiese e provocando dei morti. Voltaire, infatti, nel 1760 scriveva a D’Alembert che il cristianesimo è «un infame da schiacciare», sarà dunque contenta il ministro francese della vendetta sui cristiani a causa dell’irriverenza del settimanale laicista ispirato a Voltaire. Tutto torna, effettivamente.

Dopo aver solidarizzato con i vignettisti e i poliziotti in loro difesa, uccisi dal fanatismo religioso, occorre riflettere se esiste una illimitata libertà di stampa, oppure se tale libertà termina quando inizia la libertà e il diritto altrui a non essere offesi. Molti lo stanno facendo, ma la vera domanda da farse è: perché, per sussistere, il laicismo ha l’esigenza dell’irriverenza, dell’insultare e deridere chi ha una posizione di vita differente, chi ha fatto un incontro che lo ha aperto a nuovi valori e gli ha dato fondamenta su cui costruire la propria vita, la propria famiglia, la propria felicità? La religione crea valori, i valori sono divisivi, allora bisogna teorizzare una società priva di elementi divisivi e dunque vanno eliminate le religioni: questo è il ragionamento malato di “Charlie Hebdo”, del comico Daniele Luttazzi (secondo cui il credente «finché non dimostra Dio non ha il diritto di sentirsi offeso»ricevendo il commento di Giorgio Liverani: «i comici restano tali anche quando fanno pena») e del laicismo occidentale costituitosi nei secoli bui della ghigliottina illuminista. Ma siamo davvero sicuri che la soluzione sia lo Stato Ateocratico, come invoca Paolo Flores D’arcais, dimenticando che è già stato sperimentato, con risultati non proprio eccellenti per la libertà, nell’Unione Sovietica di Stalin e in tante altre dittature comuniste?

Anche Papa Francesco è intervenuto in merito in questi giorni: «Ognuno non solo ha la libertà, il diritto, ha anche l’obbligo di dire quello che pensa per aiutare il bene comune […]. Abbiamo l’obbligo di dire apertamente, avere questa libertà, ma senza offendere […]. Non si può provocare, non si può insultare la fede degli altri, non si può prendere in giro la fede. Papa Benedetto in un discorso – non ricordo bene dove – aveva parlato di questa mentalità post-positivista, della metafisica post-positivista, che portava alla fine a credere che le religioni o le espressioni religiose sono una sorta di sottocultura, che sono tollerate, ma sono poca cosa, non fanno parte della cultura illuminata. E questa è un’eredità dell’illuminismo. Tanta gente che sparla delle religioni, le prende in giro, diciamo “giocattolizza” la religione degli altri […]. C’è un limite. Ogni religione ha dignità, ogni religione che rispetti la vita umana, la persona umana. E io non posso prenderla in giro. E questo è un limite».

Parole chiare, decise contro questo vizietto laicista di esprimere il proprio odio giustificandosi con la satira. Anche perché poi, se un comico musulmano, Dieudonnéosa fare satira sui fatti di Parigi proclamando “Je suis Charlie Coulibaly” (mescolando il nome che sta sulla testata del giornale vittima con il cognome di uno dei carnefici), viene subito arrestato dalle autorità francesi per “apologia di terrorismo”. Libertà per tutti, dunque, a patto che tutti la pensino allo stesso modo: «la libertà di espressione è totale per quelle idee e opinioni che riflettono il pensiero dominante di una società nazionale in un determinato momento storico, più limitata quando offende lo stesso pensiero dominante»ha scritto il laico Sergio Romano. Ma Chalie Hebdo forse non istiga alla violenza, all’odio religioso e verso la religione? Certo, non bisogna giustificare l’attentato, ma certamente presentare l’Islam come una “merda” (si veda la vignetta qui sotto) non è certo un’espressione di tolleranza, non fa ridere e non è nemmeno satira. Come ha scritto il direttore francese de “La Croix”«Che cosa facciamo noi con i nostri scritti, con le nostre parole, con i nostri atti, per promuovere i valori di rispetto, di dignità, di fraternità?Contribuiamo alla pace sociale, alla serenità dei dibattiti, alla loro profondità? Riapriamo vecchie ferite o le curiamo? La libertà di stampa, che è anche un potere, impegna. E si merita».

E’ da queste riflessioni che nasce lo slogan “Io non sono Charlie”«tutti noi “liberi occidentali” ci censuriamo quotidianamente e spesso senza neppure pensarci, per ragioni di prudenza e di buon senso»,ha spiegato Alfonso Berardinelli«Un’imprudente coglioneria può provocare tragedie e non per questo diventa in sé tragica, né più accettabile, più seria e sacrosanta. A ridere sempre, come vorrebbero i satirici di professione, si diventa noiosi. E non si può ridere di tutto». Non esiste alcuna libertà di offendere«La libertà di stampa è inviolabile, ma l’aggressività, il dileggio e lo sputtanamento dei valori degli altri è cosa inammissibile»ha commentato Gianfranco Morra«Criticare, ironizzare, demitizzare sono certo cose lecite. Ma quando l’umorismo esce dai binari e diviene oltraggio e denigrazione dei valori più alti dell’uomo, l’apparente libertà di espressione diventa libertà di offendere. Di certo questo confine era toccato e anche oltrepassato da “Charlie Hebdo”. Si dirà che un giornale satirico non può fare altro. È vero, ma solo sino a un certo punto, oltre il quale la satira diviene contumelia».

Tanto che le più prestigiose testate internazionali, dal “Financial Times” al “New York Times”non hannopubblicato le vignette per rispetto ai credenti. Il docente emerito all’Ecole des hautes étudesFranco Cardiniha commentato«C’è un attacco ai valori occidentali, ma mi domando: i valori occidentali erano quelli rappresentati da Charlie Hebdo? Il sottotitolo del Charlie era: journal (istes) irresponsable, giornale irresponsabile. Io non sono d’accordo, la libertà per me è responsabile, finisce quando iniziano i diritti altrui. Se certe vignette sono blasfeme e offendono chi non considera la libertà come una questione prioritaria, se me la prendo con tutte le religioni, sbeffeggio i santi, la Madonna, beh, questa non è libertà, mi devo fermare un passo prima».

Delfeil de Ton, uno dei fondatori di Charlie Hebdoha rivelato che gli stessi vignettisti capivano che la loro non era satira ma pura provocazione violenta, incolpando Charb di essere il responsabile della morte sua e del resto della redazione. Occorre ricordare che metà dei francesi è contro alla pubblicazione delle vignette e che, prima dell’attentato, Charlie Hebdo era un giornaletto-spazzatura che nessuno si filava, le copie vendute bastavano a malapena a coprire i costi, l’immensa reazione internazionale è spiegabile non perché è stato violato il diritto di satira ma quello della vita. Come ha spiegato il sociologoSalvatore Abruzzese«il problema non è affatto politico (la libertà di stampa) ma morale (il ricorso all’assassinio come espressione del proprio sdegno). La posta in gioco non è affatto quella della legittimità del diritto a ridicolizzare e spesso ad offendere pesantemente tutto e tutti, ma quella dell’intolleranza omicida. La nostra civilizzazione ha il suo cuore nel rispetto della persona, della sua integrità e dei suoi diritti, per la quale il valore della vita è un valore assoluto, uno dei pochi valori assoluti che, in epoca di relativismo culturale, può pretendere il rispetto, l’osservanza dogmatica, il rifiuto di qualsiasi distinguo». Per questo le vignette di Charlie Hebdo sono contro la nostra stessa civiltà europea e occidentale.

La satira è utile se fa riflettere, ma se è usata come canale di sfogo verso chi ha valori che non si condivide, allora è pura violenza che genera altra violenza. E, almeno noi crediamo, questo odio verso i credenti è motivato dall’insopprimibile invidia verso chi ha una roccia su cui appoggiarsi e costruire, una serenità, un orizzonte di senso verso cui incanalare la propria vita.


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28/01/2015 13:02
 
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“Il Mattino” difende la famiglia 



Il mattino 
di Alessandro Barbano*

 
Perché in Italia si può organizzare un corteo sull’orgoglio omosessuale, finanziato e sostenuto dai pubblici poteri, perché si possono gremire le piazze e le strade di giovani che esibiscono una sessualità che ha sostituito il pudore con il consumo, e invece non si può tenere una manifestazione sulla famiglia senza finire alla gogna con l’accusa di omofobia? A Milano l’altro ieri è andato in scena un paradosso che dovrebbe far riflettere, assai più di quanto abbiano fatto i giornali.

Un convegno organizzato dalla Regione Lombardia sul tema della famiglia tradizionale è stato preceduto da intimidazioni agli organizzatori e poi preso d’assalto da duemila giovani che sventolavano le bandiere della variopinta galassia gay, ma anche dei partiti della sinistra, Partito democratico compreso. È la prova di dove può arrivare una democrazia neutrale e distratta nella quale un pensiero radicale s’impone quasi come una dittatura dei diritti civili.

Ciò che sta accadendo non ha niente a che vedere con la lotta contro le discriminazioni, né con l’emancipazione. E’ una guerra di potere che si propone, fin qui con discreto successo, di delegittimare l’istituzione familiare nel discorso pubblico, facendola apparire politicamente scorretta, e di imporre un’ideologia di genere, l’unica riconosciuta e perciò sostenibile. I difensori delle libertà individuali, e in questo Paese non mancano, dovrebbero fiutare il sottile totalitarismo che attraversa questa deriva del pensiero, invece che inchinarsi ad esso. La teoria del gender nega che abbia significato la differenza biologica tra uomini e donne determinata da fattori scritti nel corpo e sostiene che il maschile e il femminile sonomere categorie culturali e, come tali, esito di un’autodeterminazione del singolo, revocabile nel tempo e sottratta da qualunque connotazione sociale: secondo questo pensiero l’umanità non è più divisa tra maschi e femmine, ma è fatta di individui che decidono giorno per giorno chi vogliono essere o non essere.

Il fondamentalismo dei diritti civili declina e proietta l’antica lotta di classe nell’Europa senza muri e racconta l’utopia di un mondo senza differenze che non siano quelle prodotte da un atto di libertà e volontà, senonché nel passaggio di un’epoca del lavoro all’epoca della tecnica, il pensiero forte che si fa ideologia finisce per capovolgere i suoi fini: il comunismo era l’epopea del collettivo, il gender è la dittatura dell’individuosottratto a qualunque responsabilità sociale. Ci sarebbe da sorridere se questa paccottiglia, solo falsamente egualitaria, non fosse promossa da istituzioni come le Nazioni Unite e l’Unione Europa, pronte a elargire sostanziosi contributi a scuole, università e strutture formative che la propongano. Così, mentre le questioni dell’educazione slittano in coda alla agenda delle priorità, si realizza la messa al bando della famiglia e il suo esilio sociale. Chi dichiara di volerla sostenere -il caso dell’imprenditore Barilla è di scuola- viene posto all’indice e costretto a fare atto dipubblica contrizione. La satira che insulta la religione ha qualcosa a che vedere con chi caccia la famiglia dal perimetro pubblico della democrazia. Entrambi sono forme di un estremismo libertino di cui pure non c’è traccia nella tradizione del liberalismo, su cui si fonda l’intera costruzione europea.

Lo ricorda Giuliano Amato nel suo ultimo libro, “Le istituzioni della democrazia”, di cui “Il Mattino” ha pubblicato ieri uno dei brani più significativi: né il razionalismo critico di Kant né l’utilitarismo di Bentan, né ancora il neocostituzionalismo di Dworkin hanno mai immaginato un diritto alla libertà indeterminato, la cui unica misura fosse la volontà individuale. Questa pretesa, figlia delle promesse di una tecnica sfuggita al controllo della civiltà, rischia di essere oggi il totem sotto cui la vecchia e stanca Europa si addormenta, mentre un nemico senza pietà attenta alla sua libertà.


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16/03/2015 11:00
 
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«Sì all’uso della forza per fermare il genocidio dei cristiani voluto dall'Is»













Militanti dell'Is
(©Afp)

(©Afp) Militanti dell'Is

L'arcivescovo Silvano Tomasi, rappresentante del Vaticano all'Onu a Ginevra, lo ha detto in un'intervista rilasciata ad una rivista cattolica statunitense
Mauro Pianta
Roma




Quello che l’Isis sta mettendo in atto contro i cristiani e le altre minoranze in Medio Oriente è un vero e proprio «genocidio». E dunque, giunti a questo punto, serve «una protezione più coordinata, che preveda l'uso della forza per fermare le mani dell'aggressore». Parole pronunciate dall'arcivescovo Silvano Tomasi, rappresentante del Vaticano all'Onu a Ginevra, in un'intervista rilasciata alla rivista cattolica statunitense «Crux».





«Dobbiamo fermare questo tipo di genocidio - ammonisce Tomasi - Altrimenti in futuro ci lamenteremo, chiedendoci perché non abbiamo fatto nulla, perché abbiamo permesso che accadesse una simile tragedia». L'arcivescovo - le cui parole riecheggiano quelle pronunciate nelle settimane scorse da Papa Francesco, secondo cui «l'uso della forza è legittimo per fermare un aggressore ingiusto - sottolinea quindi che «sta alle Nazioni Unite ed ai suoi Paesi membri, specialmente quelli del Consiglio di sicurezza, determinare la forma esatta dell'intervento, ma la responsabilità (di agire) è chiara».





Ancora, il nunzio spiega che qualsiasi coalizione contro l'Is deve comprendere i Paesi musulmani del Medio Oriente, perché non può avere «un approccio occidentale», e operare sotto l'egida dell'Onu.





Tomasi insiste anche su un altro punto: il problema non è l’appartenenza religiosa delle vittime: ad essere in pericolo sono la vita e la dignità di numerosi esseri umani. «Cristiani , yazidi, sciiti, alawiti: sono tutti esseri umani che meritano di essere protetti», ha detto.





Tomasi ha rilasciato l'intervista a Crux lo stesso giorno, venerdì, in cui ha presentato a Ginevra una dichiarazione intitolata «Sostenere i diritti umani dei cristiani e delle altre comunità, in particolare in Medio Oriente», preparata insieme alla Russia ed al Libano. La sua speranza è che gli altri Paesi del mondo forniscano aiuti umanitari ai cristiani e agli altri gruppi che soffrono a causa dell'Is, «in modo che possano sopravvivere e lottare per i loro diritti».



Il nunzio ha quindi elogiato l'iniziativa della Francia di convocare una riunione speciale del Consiglio di sicurezza dell'Onu nei prossimi giorni per discutere della situazione dei cristiani in Medio Oriente.



«Non dobbaimo mai dimenticare – ha concluso il nunzio - di pregare per questi fratelli perseguitati, con i quali dobbiamo praticare una comunione spirituale».
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