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MEDITIAMO LE SCRITTURE (Vol.1)

Ultimo Aggiornamento: 31/12/2010 09:53
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19/12/2010 09:03
 
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Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

Abbiamo già meditato questa pagina del Vangelo ieri, viene riproposta anche questa domenica per presentarla al popolo dei fedeli che frequenta in massa nelle festività. Non è proprio una grande affluenza, in Italia i cattolici che frequentano la Messa domenicale sono meno del 10%. Questa crisi non si fermerà, perché non c’è un progetto per richiamare quelli che non frequentano, sono stati abbandonati al loro destino.

Richiamarli in Chiesa non è una cosa semplice o uno schiocco delle dita, solo la santità dei parroci attrae i fedeli. Lo testimoniano molto bene quei parroci dediti interamente alla missione apostolica, sempre disponibili a confessare, pieni di amore per tutti i parrocchiani. Senza distinzioni.

Non è facile il compito di un parroco, riesce a resistere a tentazioni ed incomprensioni solamente se si applica con maturità alla preghiera costante e profonda. La sua responsabilità è immensa e richiede una altrettanta donazione per salvare le anime. Oggi è in piena crisi l’identità sacerdotale, sono molti quelli che vivono come se fosse un mestiere, senza rendersene conto. Non c’è più amore, interesse per i fedeli, né preoccupazioni per la salvezza delle anime.

Il modello più grande per amare Gesù, per servirlo come vuole Lui e per obbedire alla sua Parola, è San Giuseppe. Come ho già scritto, dopo la Madonna è Lui il discepolo perfetto di Gesù, compenetrato nella sua missione di custodire il Bambino nato dalla Vergine Madre.

Anche noi abbiamo il compito di custodire Gesù nel cuore e nella mente, è un impegno costante per evitare di occupare il cuore con l’adorazione di idoli e di infiltrare nella mente teorie infauste per l’onestà intellettuale. Non vigilare su quanto può inquinare la nostra spiritualità, è certamente una superficialità radicata nell’anima. Bisogna reagire a questa tiepidezza, soprattutto in questo periodo di Avvento.

L’attesa dell’incontro con il Bambino nella notte di Natale, è il significato dell’Avvento, che non può terminare con la Natività, ma si prolunga in tutta la nostra vita, perché noi siamo sempre in attesa dell’incontro con il signore Risorto. Questa attesa si chiama speranza, e chi non coltiva questa virtù teologale, non vive in pienezza la sua esistenza.

Vivere di speranza è importante per la stabilità interiore, non c’è abbattimento né tristezza nonostante le sofferenze e le persecuzioni. Ma la speranza deve avere come oggetto Gesù, non può esistere la speranza senza un contenuto, una forte finalità. Bisogna alimentare ogni giorno la conoscenza della speranza, con buone letture e la convinzione che vicini a Gesù tutto è possibile, di nulla dobbiamo preoccuparci.

Niente può scoraggiarci se teniamo viva la speranza, neanche gli apparenti insuccessi nella lotta interiore o nell’apostolato. La speranza è la certezza che Gesù interverrà nella nostra vita e nelle situazione dolorose che ci affliggono, soprattutto, l’incontro con Lui alla fine.

Se viene meno la speranza, subentrano lo sconforto e lo scoraggiamento. Dobbiamo valutarli sotto l’aspetto interiore e come atteggiamento di vita, non come sentimenti che si manifestano all’esterno.

Lo sconforto è presente quando si abbandona l’impegno spirituale e si cade nell’incredulità, nell’imborghesimento, nelle tiepidezza e nell’eccessivo attaccamento ai beni materiali. Lo sconforto si oppone alla speranza, conduce la persona a preoccuparsi esclusivamente delle cose mondane e diventa pienamente insensibile verso le cose di Dio.

Mentre lo scoraggiamento porta alla paralisi delle buone opere, non si è in grado di agire con amore e con desiderio di aiutare gli altri. Questo succede anche a coloro che in passato pregavano e poi hanno lasciato il colloquio con Dio, perché impegnati in altre opere mondane.

Sono occupazioni che ricolmano il cuore di orgoglio ed allontanano l’amore, questo conduce alla paralisi di operare bene e di vincere le difficoltà. Chi è colpito dallo scoraggiamento non vuole e non riesce a superare le difficoltà.

La speranza, invece, ci spinge ad abbandonarci in Dio e ad utilizzare tutti i mezzi a disposizione per lottare nella vita quotidiana, e a ricominciare molte volte quando si pecca, oltre ad un forte impegno nell’apostolato. Si diventa energici nelle avversità, si guardano con spirito soprannaturale tutti gli avvenimenti della vita.

La speranza è una forza interiore che permette di vincere ogni abbattimento.

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