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MEDITIAMO LE SCRITTURE (Vol.1)

Ultimo Aggiornamento: 31/12/2010 09:53
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21/06/2010 18:27
 
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Ogni persona ha una naturale inclinazione al giudizio, ad interessarsi dei fatti altrui, a dare una sentenza positiva o negativa. È spontaneo agire così, è un comportamento innato e che da sé non si indebolirà mai, occorre una forza superiore per smorzarlo.

Se ci riflettiamo, non è piacevole emettere giudizi negativi sugli altri senza avere alcuna prova morale. È pregiudizio, ovvero un giudizio già confezionato prima ancora di conoscere la persona e i fatti nella loro completezza.

E come ci si giustifica quando si viene a scoprire che tale persona in realtà è diversa da come si era dipinta? Niente, si passa all’altra…

Si dovrebbe provare un po’ di confusione, almeno un pentimento interiore, si dovrebbe riparare e recitare alcune preghiere per quella persona che era stata giudicata senza prove morali. Ma se i giudizi negativi su una persona sono stati riferiti ad altri, la buona reputazione di quella persona è stata distrutta. E come si potrà riparare e ripristinare il buon nome infangato?

Oggi il giudizio scivola dalla bocca con la facilità del respiro, non si fa assolutamente caso e distinzione tra una constatazione e un giudizio. Vediamo di capire la distinzione. Quando si racconta qualcosa che risulta essere vera, è una osservazione perché si ha un riscontro. E quasi sempre è opportuno avvisare circa i comportamenti ambigui di una persona, proprio per informare i familiari o gli amici. Se non si racconta con l’intento di screditare quella persona, è una buona premura. Altrimenti si tratta di mormorazione che può arrivare alla diffamazione.

Invece il giudizio è un’opinione o una teoria molto personale. È una vera sentenza data per assoluta verità. Ma noi sappiamo che solo Dio conosce perfettamente l’intimo di ognuno di noi, solo Lui è in grado di giudicare perfettamente una persona.

Quanto ho scritto ieri su Josè Saramago calza a pennello. Questo scrittore condannava Dio anche se non credeva nella sua esistenza, dava alle persone che non gradiva giudizi di una malvagità unica, anche se non aveva alcuna prova delle loro colpe e non sapeva nulla di quelle persone perché mai frequentate. E le contraddizioni di Saramago furono raccapriccianti per chi veniva a conoscerle. Nella incoerenza totale delle sue parole, si sentiva autorizzato dal dio superbia che era in lui, di dare la vita o la morte sociale agli amici o ai nemici. Come fai a dare il premio Nobel a uno così? Quelli che lo hanno votato perché lo stimavano…?

Quindi, il giudizio è una valutazione personale, che non può contenere tutta la verità. Forse una parte di ciò che si afferma sarà vero, ma solo Dio può dare il giudizio perfetto.

Chi sbaglia contro noi può farlo per cattiveria o per una valutazione imprecisa. Noi non dobbiamo imitare i loro errori, giudicandoli con rancore e per vendetta. Dobbiamo avere sempre misericordia verso gli altri, anche se sono cattivi, nel nostro cuore dobbiamo perdonare chi sbaglia, anche se alle volte si creano situazioni che necessitano il ricorso alla giustizia umana.

Oggi siamo colpiti da ogni parte da pregiudizi e cattiverie, il senso di amicizia sembra scomparso, nei cuori si è aggrovigliato l’egoismo, che fa dimenticare anche i bisogni dei familiari e degli amici. L’egoismo è massimo amore di sé ed indifferenza degli altri.

Sembra diventata una moda esprimere giudizi severi e pretendere dagli altri una coerenza assoluta. Ma sono incoerenti quelli che giudicano, ciechi e senza Fede. Stanno attenti alle colpe di chi sta vicino, e trascurano di curare i loro difetti.

Mi viene in mente una favola di Esopo, scrittore greco antico, visse nel VI secolo a.C. Le sue favole sono tutt'oggi estremamente popolari e note. Famose quelle sulla volpe, sul corvo, sul leone. Vediamo cosa scrisse nella favole delle due bisacce: “Ciascun uomo porta due bisacce, una davanti, l'altra dietro, e ciascuna delle due è piena di difetti, ma quella davanti è piena dei difetti altrui, quella dietro dei difetti dello stesso che la porta. E per questo gli uomini non vedono i difetti che vengono da loro stessi, mentre vedono assai perfettamente quelli altrui”.

Pur essendo nato sei secoli prima di Gesù, aveva capito che gli uomini sono bravi nel guardare i difetti degli altri e ad ignorare i propri, che sono più gravi degli altri.

Dobbiamo riconoscere con umiltà le nostre miserie, questo è un esercizio importante, non solo per curare i difetti con la giusta medicina della preghiera e delle virtù opposte, si tratta soprattutto di conoscerci e stimarci per quelli che siamo. E migliorando la vita spirituale, annullando i difetti, ci sentiremo felici e cominceremo ad accettarci, ad amare quello che siamo.

L’esercizio che fa il Sacerdote che guida spiritualmente le anime,  non è tanto di evidenziare i difetti perché così si umilia la persona, ma di indicare la meta da raggiungere, aiutando la persona a guardarsi dentro e conoscersi. Lo sforzo viene dalla persona, il Sacerdote deve indicare in che modo migliorare e quali virtù raggiungere.

Quando si dialoga con chi cerca aiuto spirituale, non bisogna sorprendersi e non condannare mai, anche se fosse piena di difetti e manifestasse comportamenti incoerenti. Si deve incoraggiare a diventare migliore e  tutti possono farcela, anche chi ha commesso incalcolabili peccati e grandi errori nella vita. Gesù non guarda la vita passata, guarda il presente della persona pentita e confessata.

Uno dei migliori esercizi da seguire è quello del controllo delle parole. Diventa facile quando la persona si impegna nella ricerca di un profondo rinnovamento spirituale interiore.

Controllare le parole ci fa diventare più sereni ed equilibrati verso il nostro prossimo. In questo modo riusciremo a curare bene le relazioni interpersonali, avremo rispetto degli altri e saremo sempre accoglienti con una gioia sincera.

Noi possiamo diventare migliori, dobbiamo impegnarci per diventarlo.

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22/06/2010 14:58
 
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Gesù ci dà la regola d’oro: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”. Questo insegnamento è sufficiente per santificare l’umanità, per eliminare l’odio e la cattiveria che colpiscono sempre i più buoni. È la regola madre del Vangelo, chi la vive con impegno non è lontano dal Regno di Dio.

Vivere questa regola significa attraversare la porta stretta ed angusta, così stretta che diventa necessario dimagrire spiritualmente. È la dieta contro il peccato, la superbia, l’orgoglio, il giudizio e l’egoismo. Praticando con impegno questa dieta, si affila l’edificio spirituale, e passare per questa porta diventa facile.

Soprattutto i giovani detestano l’idea della porta stretta, che comporta il rinnegamento di certi peccati e una vita pura. Sono giovani buoni nel cuore, ma rovinati dalla tendenza del momento, incapaci di resistere alle tentazioni che i mass-media inviano di continuo. Danneggiati da messaggi televisivi oltraggiosi, possono essere salvati solo dai genitori e dalle anime buone che pregano ogni giorno per la conversione e la salvezza dei giovani.

La via del peccato oggi è immensa, da ogni parte spuntano tentazioni, inviti alla trasgressione, soprattutto il messaggio sottile e perfido che tutto è ammesso. Non c’è più limite all’immoralità. “Larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano”.

Veramente molti sono quelli che camminano sul ciglio del baratro con questa grande voragine spalancata sotto come una bocca insaziabile e bavosa. Chi può salvare i peccatori dalla dannazione? Le nostre preghiere, per questo Gesù ci raccomanda di pregare incessantemente e senza stancarci. Dobbiamo desiderare la salvezza dei più grandi peccatori. Nessuno dobbiamo considerare escluso dall’amore di Gesù, tutti vuole salvare, ma lascia liberi di fare le loro scelte.

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25/06/2010 09:40
 
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La lebbra era una malattia incurabile, considerata come una maledizione e chi ne era infetto doveva vivere fuori la città, nelle grotte e se si spostava in un’altra grotta doveva suonare una campana per avvertire.

Una sofferenza atroce ed umiliante, l’inizio lento e inevitabile della morte. Chi ne era colpito sapeva di essere condannato, non c’era via di scampo, nessuno era mai guarito. Era un male incurabile, termine oggi diffuso. I familiari sapevano di avere perduto una persona cara e si rassegnavano.

Chi non si rassegnava era invece un lebbroso che aveva conosciuto quando stava bene le opere miracolose di Gesù. Il primo gesto coraggioso fu l’avvicinarsi, c’era molta folla e la reazione non era prevedibile, ma il lebbroso ha una grande speranza nel cuore: guarire.

“Signore, se vuoi, puoi purificarmi”, queste le sue parole intrise di umiltà, fede, speranza. Anche una immensa fiducia in Gesù. Nelle poche parole che dice mostra una fede sconfinata in Gesù, veramente Lo considera il Figlio di Dio.

E queste parole pronunciate da un lebbroso così piagato, con mani e piedi consunti e mangiati dalla cancrena, gocciolanti pus e materia purulenta, hanno una profondità unica.

Non è la disperazione che lo fa bestemmiare o a farlo reagire contro Dio, è la sua grande fede che lo rende sereno, pieno di speranza e fiducioso dell’intervento di Gesù. È sicuro che riceverà la Grazia della guarigione, perché con le poche parole crede che Gesù può fare tutto, anche i miracoli impossibili. Ed infatti, Gesù lo accontenta subito e lo guarisce da una malattia incurabile.

Questa è la fede che bisogna avere quando chiediamo una Grazia.

Oggi sono miliardi i nuovi lebbrosi nel mondo, sono portatori della lebbra del peccato, che deforma come accade nella malattia, il viso e tutta la persona di chi vive lontano da Gesù.

Questa nuova forma di lebbra è spirituale e chi ne è portatore non cerca la guarigione da Gesù, non ha bisogno di Gesù perché si sente appagato dalla vita, nonostante le delusioni e i fallimenti. E se il lebbroso di oggi non cerca la salvezza, dobbiamo essere noi a condurlo a Messa, ad invitarlo alla Confessione, a pregare con lui, a pregare per lui.

Dobbiamo fare quanto ci è più possibile per collaborare con la Grazia affinchè tutti possano salvarsi.

[Modificato da Credente 25/06/2010 09:40]
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26/06/2010 09:55
 
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Vedete quanto è importante e potente l’opera di mediazione verso chi soffre? Il centurione era un pagano eppure ha agito con molta fede, si è umiliato come avrebbe dovuto fare il popolo ebreo, superbo e deicida. La differenza tra il pagano e il popolo che presumeva di osservare la Legge di Dio, è abissale. Come se si confrontasse oggi un ateo e un praticante. L’ateo dovrebbe negare Dio e il praticante ammetterlo, ma non basta, perché nel cuore dell’ateo può sgorgare il vero pentimento e nel cuore del praticante persistere l’arroganza e la presunzione.

Il centurione nel Vangelo di oggi dà una grande lezione a tutti quei cattolici che sono al settimo cielo per il fatto che sono inseriti in una parrocchia, ma che in realtà hanno il cuore pieno di arroganza, ostentazione, indifferenza.

Il servo del centurione era paralizzato, come diremmo oggi di un cattolico indifferente, fermo nella vita spirituale, che non cammina e si è fermato in un luogo sbagliato. Essere paralizzati nella vita spirituale indica l’indifferenza, il distacco dall’amore di Gesù.

È la fede di un pagano ad ottenere da Gesù un grande miracolo, mentre un credente alle volte non riesce ad ottenere neanche un briciolo di benedizione. Qual è il motivo?

Bisogna giungere all’abbandono totale a Dio, compiendo giorno dopo giorno passi avanti con il rinnegamento e la pratica delle virtù. Senza sforzo non si ottiene nulla.

Gesù lo ha detto: “Chi vuol venire dietro di Me, rinneghi se stesso”.

Ma non solo il servo del centurione fu guarito in quella circostanza, molti indemoniati furono liberati da ogni forma di disturbo satanico e molti ammalati ottennero la guarigione. Perché avevano piena fede in Gesù, in Lui vedevano Dio che operava, liberava e guariva.

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27/06/2010 21:58
 
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Le parole che Gesù rivolge a tre uomini non identificati nel Vangelo di oggi, indicano una certa esigenza della risposta che si deve dare al Signore. La radicalità della sequela o legame a Gesù è da considerare con molta serietà. Non si può un giorno vivere da cristiano e un giorno calpestare le regole cristiane. Per questo seguire Gesù richiede un impegno serio e convinto.

Voglio anticipare la riflessione sulla terza risposta che Gesù dà al terzo uomo: «Un altro disse: “Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia”. Ma Gesù gli rispose: “Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”».

Quando si comincia a seguire Gesù, non si può più ritornare alla mentalità vecchia, incline al peccato, viziosa e dedita ai piaceri. Seguendo Gesù bisogna rinascere a nuova vita, e dare un valore nuovo alle cose vecchie, trattarle con la mentalità del Vangelo, quindi, da persone risorte. E chi è risorto, cerca le cose di lassù, non più quelle della terra, anche se deve usare tutto ciò che favorisce l’esistenza dignitosa.

Seguire Gesù non è qualcosa simile alle mille cose che si compiono, è qualcosa di speciale, di divino e vitale. Tutte le altre cose non possono darvi Grazie né aiutare la vostra esistenza spirituale e futura, solo Gesù può fare questo, anche di allungare la vita di molti anni.

Un uomo un giorno si recò da Padre Pio, era un devoto figlio spirituale, molto ammalato e pregava con devozione, aveva 77 anni. Gli rimaneva poca vita terrena. Mentre parlavano Padre Pio disse all’uomo: “Tu hai 87 anni”, l’anziano rimase sorpreso, sia per l’entità della data sia per il ricordo dell’età. Che motivo c’era. Quell’uomo poi morì a 87 anni e i familiari hanno testimoniato che è vissuto 10 anni in più nonostante le malattie gravi. Questo è un caso in cui Gesù allunga la vita. Perché la vita di ognuno di noi è nelle mani di Gesù. È padrone della vita.

Seguire Gesù richiede una convinzione, prima di una partecipazione fisica. Non si può conciliare la Fede con altre esigenze contrarie al Vangelo. Non si può mettere in un bicchiere aceto e miele. Dobbiamo arrivare alla convinzione che seguire Gesù è un impegno speciale che riguarda tutta la vita.

Il primo e il secondo uomo sono toccati dallo Spirito di Gesù, senza però trovare la necessaria forza del distacco dalle cose mondane. Loro erano chiamati a seguire Gesù come discepoli, non potevano avere più interessi legati alla vita passata. Insieme a Gesù erano chiamati ad una vita nuova, ad un apostolato pieno per poi arrivare anche alla consacrazione.

«“Ti seguirò dovunque tu vada”. E Gesù gli rispose: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Lo slancio dell’uomo è bello, ma Gesù conosce la sua instabilità, la volubilità che lo porta a cambiare spesso progetti. Invece Gesù chiede una convinzione decisa e forte. Non si fida di quest’uomo, come non si fida di quanti pregano ma continuano a vivere come pagani.

«A un altro disse: “Seguimi”. E costui rispose: “Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre”. Gli replicò: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio”.

Questo uomo aveva ricevuto l’invito diretto da Gesù: “Seguimi”, lascia la morte e troverai la vera vita. L’uomo era preoccupato per la sepoltura del padre, gesto pieno di umanità, che Gesù però vuole trasformare in vita, seguendo Lui e lasciando ad altri il compito di occuparsi del seppellimento. I morti seppelliscano i morti, si intende che erano morti nello spirito, mentre l’uomo incontrando Gesù ha ritrovato la vita.

Vuole seguire Gesù ma allo stesso tempo non riesce a distaccarsi dagli affetti cari. E sbaglia, Gesù lo invita a non guardare più a ciò che mancherà nella sua vita ma a ciò che Gesù gli dona: una nuova vita. “La morte ha preso tuo padre, Io ti ridò la vita spirituale, ti faccio rinascere a nuova vita”. Ma l’uomo non era pronto ed ha perso incalcolabili Grazie.

Gesù fa una richiesta unica ed esigente all’uomo, manifesta un piano divino.

È sempre così, quando una persona non accetta l’invito di Gesù a fare qualcosa, perde Grazie, aiuti, rinascita spirituale e la pace interiore. Gesù agisce direttamente con ispirazioni che inducono a compiere determinate opere buone, o servendosi di persone molto intime con Lui.

Chi non segue la volontà di Gesù, piange sempre i suoi errori.

Gesù vuole il bene infinito di ognuno di noi, Lui non ha preferenze, anche se ascolta ed aiuta con più interesse e premura quelli che vivono in comunione con Lui ed osservano la sua Parola.

Nel Vangelo, quindi, abbiamo letto questi tre brevissimi dialoghi che svelano la volontà di Gesù e le paure dell’uomo. Riflettiamo bene sulla risposta che dobbiamo dare ogni giorno a Gesù, considerando che Lui non è qualcosa simile alle altre né si può collocare dopo gli affetti familiari.

Con il “Ti seguirò…” del Vangelo di oggi, dobbiamo capire che l’unico punto fermo della nostra vita è Gesù.

Il Signore anche ad ognuno di noi rivolge lo stesso imperativo: “Seguimi…”. Gesù manifesta il desiderio di avere collaboratori sinceri e fedeli al suo progetto di amore. Cristiani votati alla causa del Vangelo, persone su cui può contare e a cui può fare affidamento.

“Seguimi…”, è l’invito a diventare convinti seguaci di Gesù.

Gesù ha parlato, noi dobbiamo dare ogni giorno la risposta.

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29/06/2010 14:51
 
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Ma voi, chi dite che io sia? Rispose Simon Pietro: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente.

Oggi la Chiesa festeggia i suoi due grandi pilastri: Pietro il capo e Paolo il grande missionario e primo teologo cristiano.
La domanda posta agli apostoli da Gesù nel Vangelo, è fondamentale per la nostra fede che non si fonda su una dottrina o ideale ma su una persona. La risposta di Pietro stupisce per la chiarezza: "Tu sei il Figlio del Dio vivente."
L'intuizione di Pietro è un dono di Dio, è una rivelazione dell'identità profonda di Gesù, Figlio dell'uomo e Figlio di Dio: "Beato sei tu Simone, figlio di Giona perché né carne né sangue te lo hanno rivelato ma il Padre mio che è nei cieli".
Il Dio vivente è qui tra noi, oggi, guidando sicuramente la Chiesa e il capo da lui scelto. Beati noi se sappiamo apprezzare il dono di Dio che è la Chiesa e ci lasciamo illuminare da lei, attraverso la persona del Papa.

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02/07/2010 09:21
 
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La chiamata di Matteo, nel Vangelo, è l'invito che Gesù rivolge ad ogni persona: "Seguimi", ascolta le mie parole, vivi l'amore misericordioso.
Matteo, come noi, è un peccatore, anzi è considerato fra i più grandi malfattori perché vive alle spalle degli altri. Ma Gesù vede in lui una persona che nel segreto del cuore ha fame e sete di amore e di salvezza. Ognuno ha dentro di sè un seme che dovrebbe svilupparsi e portare alla vera felicità; però può non maturarsi se non s'incontra in qualche modo con la Parola di Dio. Matteo s'incrocia con la Parola stessa, Gesù, e non solo lo segue ma diventa apostolo e missionario della Parola.
Il banchetto per festeggiare, che raduna molti peccatori attorno a Gesù: "Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori", simboleggia anche la riconciliazione avvenuto in Matteo e che si compie in noi, quando ci apriamo davvero alla Parola di Dio: "Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me" (Ap 3,20)
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05/07/2010 10:09
 
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L'avvento del Regno è contrassegnato dalla persona del Cristo, che percorre con noi le strade del mondo, annunciando e portando a tutti la salvezza. Egli "passa" sanando e guarendo tutti coloro che gli si accostano e l'invocano con fede. Anche uno dei capi, che ordinariamente lo avversano in ogni modo, trova la forza e il coraggio di prostrarsi dinanzi al Signore per rivolgergli la sua accorata preghiera: "Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà". A Gesù è riconosciuto il grande potere di richiamare alla vita chi è già stato ghermito dal sonno della morte. Perché possa esprimere concretamente questa forza divina e soprannaturale, a dire del "capo", Gesù deve recarsi nella sua casa, "vieni" e imporre le sue mani sul corpo della defunta. Ecco la forza e limiti della fede: da una parte la lodevole convinzione che Gesù può compiere il miracolo richiesto e dall'altra l'idea che per realizzarlo egli deve vedere e toccare la fanciulla morta, quasi che tutto sia legato alla persona fisica del Signore. È diversa la fede de Centurione romano che alla stessa richiesta dichiara: "Signore non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma dì solo una parola e il mio servo sarà guarito". Ancora una volta vediamo Gesù che cammina anche con chi non ha la pienezza della fede con il chiaro intento di farlo crescere dinanzi all'evidente sua divina potenza. Per noi non dovrebbe essere difficile comprendere, dopo le reiterate esperienze, cosa significhi "essere toccati da Dio", come egli agisca in noi misteriosamente, ma calandosi nella nostra realtà storica con la forza del suo amore e della sua grazia. Per farci risorgere non ci prende per mano come fa con la fanciulla morta, ma ci tocca il cuore ed entra nelle fibre intime dell'anima. Resta in ogni modo vero che dal suo corpo emana un'energia vitale che guarisce e dona una vita nuova, ma ciò accade solo quando il toccare diventa comunione di vita nella realtà eucaristica.. L'ha sperimentato la donna che furtivamente è convinta che solo toccando il lembo del mantello di Cristo potrà essere guarita dalla sua lunga, penosa ed umiliante malattia. Gesù però avverte che non è il suo mantello a guarire la donna, ma la sua divina persona, che ha ne ha percepito la fede e l'ha sanata all'istante.
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07/07/2010 09:43
 
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a cura dei monaci benedettini

Il regno di Dio deve coinvolgere l’intera umanità, iniziando dalle pecore disperse d’Israele. Gesù percorre le strade della Palestina annunciando la novità” del suo vangelo. Egli ha chiamato a se i dodici, affinché condividano con lui l’intimità dei giorni, ascoltino la sua predicazione, vedano le sue opere, imparino a conoscerlo e ad amarlo. Dovranno poi essere loro a continuare la sua missione nel mondo; dovranno andare come pecore in mezzo ai lupi, dovranno affrontare contrarietà e persecuzioni per il suo nome. Per questo oggi sentiamo Gesù che trasferisce a loro i suoi stessi poteri per dare forza soprannaturale al loro impegno e alla loro testimonianza. “Gesù diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità”. Appare evidente che il Signore guarda il nostro mondo e il nostro spirito e ne scruta i mali più minacciosi e profondi; appare che egli viene a noi come medico e già molte volte ha guarito ogni sorta di malattie, viene come liberatore e redentore dell’uomo e per questo lo libera da ogni influsso del maligno. Strada facendo anche i suoi discepoli dovranno ripetere gli stessi segni per annunciare che è giunto a noi il Regno di Dio. L’annuncio e la testimonianza diventano così i segni di Dio per noi e gli strumenti umano-divini della chiesa. Il mandato dato agli Apostoli, si estenderà poi ai loro successori, a tutti i credenti e ai battezzati in Cristo. I seguaci scopriranno che, insito nella stessa vocazione cristiana, si racchiude il sacrosanto dovere di trasmettere la fede e tutti i benefici ricevuti da Dio. Veniamo così a sapere che non ci è lecito trattenere egoisticamente per noi i doni e i talenti che il Signore ci ha affidato: sono beni che di loro natura sono destinati ad estendersi, espandersi e crescere di generazione in generazione. Forse per troppo tempo questi doni e questo mandato sono rimasti monopolizzati da pochi prescelti. La chiesa, nel Concilio Vaticano II, ha riaffermato con forza il ruolo dei laici come testimoni della fede e missionari del Vangelo di Cristo. Così la missionarietà della chiesa ha avuto un nuovo impulso e un nuovo vigore, ma soprattutto a guadagnarne sono stati gli stessi fedeli che hanno potuto così crescere nell’appartenenza e nell’impegno e hanno potuto sperimentare che questa è opera disinteressata ed evidente manifestazione della grazia divina.
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08/07/2010 22:47
 
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Meditazione a cura dei padri Carmelitani.

"Andate ed annunciate: Il Regno dei cieli è vicino".
L'obiettivo principale è quello di annunciare che il Regno è vicino. Ecco la novità che Gesù ci porta. Per gli altri giudei mancava ancora molto per la venuta del Regno. Sarebbe avvenuto dopo che loro avessero svolto la loro parte. La venuta del Regno dipendeva, secondo loro, dal loro sforzo. Per i farisei, per esempio, il Regno sarebbe giunto solo dopo l'osservanza perfetta della Legge. Per gli esseni, quando il paese si fosse purificato. Ma Gesù pensa in un modo diverso. Ha un modo diverso di leggere i fatti della vita. Dice che è già giunta l'ora (Mc 1,15). Quando lui dice che il Regno è vicino o che il Regno è già in mezzo a noi non vuol dire che il Regno stava giungendo solo in quel momento, ma che era già lì, indipendentemente dallo sforzo fatto dalla gente. Ciò che tutti aspettavano, era già in mezzo alla gente, gratuitamente, ma la gente non lo sapeva, né lo percepiva (cf. Lc 17,21). Gesù se ne rese conto! Perché lui guarda la realtà con occhi diversi. Lui rivela ed annuncia ai poveri della sua terra questa presenza nascosta del Regno in mezzo a noi (Lc 4,18). E' il granello di senape che riceverà la pioggia della sua parola ed il calore del suo amore.
• Matteo 10,8: I segni della presenza del Regno: accogliere gli esclusi. Come annunciare la presenza del Regno? Solo mediante parole e discorsi? No! I segni della presenza del Regno sono innanzitutto gesti concreti, fatti gratuitamente: "Guarire gli infermi, risuscitare i morti, sanare i lebbrosi, scacciare i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date". Ciò significa che i discepoli devono accogliere dentro la comunità coloro che ne sono stati esclusi. Questa pratica solidale critica sia la religione che la società che esclude, ed indica soluzioni concrete.
• Matteo 10,9-10: Non procuratevi nulla per il cammino. Al contrario degli altri missionari, i discepoli e le discepole di Gesù non devono portare nulla: "Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l'operaio ha diritto al suo nutrimento". Ciò significa che devono aver fiducia nell'ospitalità della gente. Poiché il discepolo che va senza nulla, portando solo la pace (Mc 10,13), mostra che ha fiducia nella gente. E' sicuro che sarà accolto, che potrà partecipare alla vita e al lavoro della gente del luogo e che potrà sopravvivere con ciò che riceverà in cambio, poiché l'operaio ha diritto al suo nutrimento. Ciò significa che i discepoli devono aver fiducia nella condivisione. Per mezzo di questa pratica loro criticano le leggi di esclusione e riscattano gli antichi valori della convivenza comunitaria.
• Matteo 10,11-13: Condividere la pace in comunità. I discepoli non devono andare di casa in casa, ma devono cercare persone di pace e rimanere nella casa. Cioè devono convivere in modo stabile. Così, per mezzo di questa nuova pratica, criticano la cultura dell'accumulazione che distingueva la politica dell'Impero Romano, ed annunciavano un nuovo modello di convivenza. Una volta rispettate tutte queste esigenze, i discepoli potevano gridare: Il Regno di Dio è giunto! Annunciare il Regno non vuol dire, in primo luogo, insegnare verità e dottrine, ma spingere verso una nuova maniera fraterna di vivere e di condividere partendo dalla Buona Novella che Gesù ci ha portato: Dio è Padre e Madre di tutti e di tutte.
• Matteo 10,14-15: La severità della minaccia. Come capire questa minaccia così severa? Gesù ci porta qualcosa di totalmente nuovo. Lui è venuto a riscattare i valori comunitari del passato: l'ospitalità, la condivisione, la comunione attorno al tavolo, l'accoglienza agli esclusi. Ciò spiega la severità contro coloro che rifiutano il messaggio. Poiché non rifiutano qualcosa di nuovo, ma il proprio passato, la propria cultura e saggezza! La pedagogia di Gesù ha come obiettivo scavare nella memoria, riscattare la saggezza della gente, ricostruire la comunità, rinnovare l'Alleanza, ricostruire la vita.
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11/07/2010 21:48
 
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Mosè afferma che la parola di Dio è molto vicina all'uomo. Non occorre andare a cercarla lontano perché essa è nel suo stesso cuore, nella sua coscienza. Nella seconda lettura S. Paolo, scrivendo ai Colossesi, rivela la vera essenza della persona di Gesù, immagine del Dio invisibile. Per mezzo di Lui sono state create tutte le cose. Egli è prima di tutto e tutte le cose sussistono in Lui. Nella parabola del buon samaritano Gesù ci presenta un esempio meraviglioso di amore verso il prossimo, anzi verso il nemico. Come il dottore della legge, anche noi siamo tentati a volte a chiederci: Chi è il mio prossimo? Siamo pronti a dimostrarci pieni di preoccupazione per le persone lontane, per i bisognosi del mondo, per combattere la fame nei vari continenti... senza poi accorgerci che intorno a noi, forse tra i nostri familiari o parenti vi sono di quelli ai quali neghiamo amore, aiuto e comprensione. È facile amare chi è lontano che non disturba la nostra vita... ma quanto è difficile donarci disinteressatamente a chi vive al nostro fianco che con le proprie esigenze potrebbe portare pesanti cambiamenti ai nostri programmi di vita. Voglia il Signore aprirci gli occhi! Ogni uomo è nostro prossimo perché figlio dello stesso Padre, ma la nostra carità e comprensione deve iniziare in famiglia, nella comunità, tra i parenti, nelle nostre associazioni, in parrocchia e così estenderci sempre di più in tutte le direzioni. Accade spesso che uscendo di casa ci mettiamo una maschera di perbenismo da cui ci liberiamo appena rientrati tra le mura domestiche dove ci sentiamo in dovere di essere nervosi, irascibili, intrattabili. Quale ipocrisia! Gesù ce la rimprovera pesantemente come a moderni farisei.

(Monaci Benedettini Solvestrini)
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13/07/2010 08:52
 
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Dinanzi alla minaccia di una invasione dei vicini, Acaz, re di Giuda, è preso dallo sgomento e dalla paura. Dio invia il suo profeta Isaia a rivelargli l'inefficace macchinazioni dei nemici. Gerusalemme non sarà presa, anzi viene annunziato che Efraim, che sta marciando con gli alleati contro Giuda, presto cesserà di essere popolo. Il profeta chiede la fede nei progetti di Dio senza la quale il suo annunzio diventerà senza effetto. Anche Gesù nel brano evangelico chiede fede alle città e villaggi dove ha compiuto un maggior numero di miracoli e di guarigioni meravigliose. La durezza di cuore degli abitanti li rende responsabili dinanzi alla parola di Dio risuonata ai loro orecchi non per la voce di un profeta ma del Profeta, il Signore Gesù. Dinanzi a tante opere portentose anche le città pagane di Tiro e Sidòne si sarebbero convertite e invece Cafàrnao è come altre località, rimangono nella loro incredulità. La parola del Signore parla oggi a noi che viviamo nel cuore della cristianità e forse non riusciamo a far trasparire nella vita quella ricchezza spirituale che il battesimo ci ha donato e forse abbiamo quasi a noia tanti doni di grazia. E' certo questo, che quando vediamo un neoconvertito vivere nel suo fervore tutta la profondità della vita cristiana, ne sentiamo quasi invidia e fastidio. E' il caso di San Paolo che veniva guardato con sospetto e deve assaporare la diffidenza da parte dei fratelli che dubitavano della sua conversione. Chiediamo al Signore un animo grande e generoso, capace di accogliere il dono di Dio, ma anche la conversione di quanti vivono ai margini della Chiesa perché si faccia festa per loro in cielo ma anche in terra.

Monaci Benedettini
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15/07/2010 22:54
 
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Quando Gesù predicava, incontrava molta gente stanca, oppressa, sfinita per le prescrizioni della legge antica, non riusciva a venirne fuori, c’era un senso di schiacciamento. E Gesù chiama tutta questa gente ad ascoltare la sua dottrina e ad avvicinarsi alla libertà spirituale. Perché seguire la dottrina di Gesù è l’unico modo per liberarci da ogni schiavitù, quindi, a diventare liberi.

È vero che il Vangelo è esigente, ma tutti possono viverlo, non c’è qualcosa che sia impossibile. È una scelta di vita, un impegno che si pone quando c’è una vera maturità umana e si è compreso che l’unico a non tradirci mai è Gesù.

In una società che ha relegato l’amicizia all’ultimo posto, vivete nella continua insicurezza sociale, e si prova come un senso di oppressione, l’incapacità di risolvere certe questioni importanti. I rapporti umani spesso sono inquinati dall’egoismo e dal tradimento.

La stanchezza che vi colpisce è il segno che manca la forza che arriva dalla Grazia di Gesù, un aiuto soprannaturale che eleva il la natura umana. Non possiamo fare a meno del sostegno di Gesù, perché siamo stati creati da Dio e Lui solo può renderci felici, donandoci quelle capacità per raggiungere uno stato spirituale superiore all’umano.

Dobbiamo modificare subito il nostro agire, riflettere sulla richiesta di diventare miti, comprensivi, misericordiosi, tolleranti. Gesù è mite e al tempo stesso esigente, perché vuole donarci molte Grazie, se ci trova pronti ad accoglierle.

Il dono del suo Spirito ci infonde la vera pace biblica, così seguire Gesù non comporta una pesantezza o uno stato di confusione, diventerà una continua gioia e la convinzione di non avere fallito scegliendo di restare accanto al Signore della Vita.
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16/07/2010 18:24
 
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Gesù, al contrario dei farisei, ritiene del tutto innocenti i suoi discepoli che, sebbene di sabato (giorno in cui minuziose leggi prescrivevano l'astinenza assoluta dal lavoro), hanno pensato bene di sfamarsi, cogliendo spighe nei campi.
Il Signore appoggia la sua recriminazione contro i farisei, citando un famoso detto del profeta Osea: "Misericordia voglio e non sacrifici" (Os.6,6). Anche altrove nell'Antico Testamento Dio rivela il suo rifiuto di una religiosità ritualista, tutta centrata sull'osservanza solo formale ed esteriore della Legge, un'osservanza che il Signore rifiuta e ha addirittura in abominio, perché vuota d'amore.
La Legge del sabato, come ogni legge, ha senso; ma è per l'uomo e non viceversa. E "il Figlio dell'uomo" è Signore anche del sabato! Ciò che conta, e che va rispettato in assoluto, è l'amore. Perché Dio, il Legislatore stesso, è l'Amore sostanziale.

Oggi entrerò nel mio cuore per vedere le motivazioni del mio operare. Cerco davvero il Signore e sono responsabile del bene di chi mi sta intorno? Sono mosso dall'amore o da vanagloria, calcolo egoistico insabbiato in formalismi senz'anima? Verbalizzo così:

Il tuo Volto, Signore, io cerco. Il mio spirito anela a te notte e giorno.

(Eremo s.Biagio)
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17/07/2010 09:02
 
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Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

Si rimane stupiti, leggendo i Vangeli, per la perfidia dei farisei, costantemente applicati nel controllare le parole e le opere di Gesù. Sicuramente non indagavano sui veri cattivi che si aggiravano per la città, non erano importanti i reati commessi dai veri mascalzoni. Era Gesù l’Uomo da colpire.


Questa cattiveria la riscontriamo anche oggi in quelle persone che dovrebbero edificare il mondo con la loro testimonianza cristiana, invece, rimangono come sentinelle straniere a controllare e a vivisezionare le importanti parole del Papa e dei Sacerdoti fedeli a Dio.


Mai si è fermata la malvagità contro Gesù.

Ancora oggi Gesù è perseguitato nei suoi seguaci fedeli, che soffrono e lottano con le armi della preghiera per disarcionare satana e i suoi satelliti, e sconfiggerli nell’umiliazione.

È la Verità di Gesù a fare ammattire satana, l’Amore che ha introdotto nel mondo è un nemico invincibile per l’esercito del Male. Dove c’è l’Amore di Dio, satana è incapace di resistere e deve scappare via. Perché lui non ha mai amato né comprende in che modo si deve amare. Ma non potrebbe più rimediare al grande rifiuto che fece all’inizio.

L’umiltà e la bontà di Gesù annientano l’odio e la superbia.

Questo è il motivo delle persecuzioni patite dai veri seguaci di Gesù, ed intento sia consacrati che laici. Tutti quelli che portano scolpita nell’anima l’immagine di Gesù e sono animati dal suo Spirito Divino, sono una seria minaccia per satana e quegli uomini che lo servono, e sappiamo che vivono anche all’interno della Chiesa.

“Non temete”, ci ricorda Gesù. Potranno perseguitarci e farci soffrire per un certo periodo, ma sempre la Verità di Dio trionfa. Quando Gesù verifica che le nostre preghiere sono diventate devote ed umili, decide di sollevarci e di restituirci quanto ci era stato tolto.

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18/07/2010 15:27
 
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Nel suo cammino verso Gerusalemme Gesù fa una sosta nel villaggio di Betania e pensa di fare visita a queste due donne, presumibilmente sorelle di Lazzaro. La pagina evangelica ci propone una scena che tutt'oggi è a noi familiare e si ripete ogni qual volta nelle nostre case qualora arriva qualcuno a farci visita. Inoltre il racconto evangelico sottolinea gli elementi importanti di questo episodio: una casa, Gesù, Marta e Maria. La casa dice come è desiderio di Gesù andare a cercare l'uomo nel luogo dove egli abita e nel quale svolge la sua vita. La casa dice ancora l'uomo con tutte le sue problematiche e le sue difficoltà, ma anche con tutte le gioie che la vita riserva a tutti gli abitanti. Entrare in una casa è segno di comunione piena e di condivisione totale…. Ma è anche momento in cui si vuole entrare in relazione iniziando ad offrire un po' del proprio tempo e della propria esperienza di vita. Inoltre, il passaggio di Gesù manifesta la chiara volontà di illuminare con la sua grazia del suo insegnamento la vita di quella casa.
Come nella maggior parte dei casi, ancora una volta è Gesù che prende l'iniziativa di fermarsi presso qualcuno. La visita del Signore è il segno concreto di come a Gesù interessa tessere rapporti seri e concreti con le persone e con queste intende intrecciare relazioni sempre più solide e significative. Nella disponibilità di Gesù, bisogna leggere un invito ad essere sempre pronti a creare quel clima di familiarità che molto spesso manca nelle nostre comunità parrocchiali/cristiane. Nel vangelo si deve individuare un appello a badare più alle persone a noi affidate che a tante altre iniziative che non portano ad avvicinare l'uomo al proprio fratello. L'ingresso di Gesù nella casa delle due sorelle provoca due atteggiamenti diversificati: ascolto e, diciamo così, una forma di ansia o frenesia per l'ospite che è arrivato. Nei tempi passati i comportamenti delle due sorelle hanno avuto una lettura che dava una certa superiorità alla vita contemplativa rispetto a quella legata al servizio. Oggi molti autori dicono che qui siamo di fronte a due ministeri presenti nella vita della prima comunità cristiana: liturgia e diaconia.
Maria diventa l'esempio concreto del discepolo, ma soprattutto, di colui che ha capito che nella famiglia di Dio le relazioni si costruiscono sull'ascolto della Parola e sulla sua interiorizzazione. Gesù stesso nel cap. 8 aveva precisato come dall'ascolto e dall'osservanza della Parola nasce e si costituisce la nuova comunità cristiana. L'ascolto della Parola è la forma di dialogo privilegiato per un cammino i fede. Allora nella persona di Maria dobbiamo leggere l'essere umano che, una volta incontrato Gesù, decide di dare una svolta alla sua esistenza… iniziando un processo di trasformazione interiore e di assimilazione progressiva al messaggio evangelico portato da Gesù. È forse questa l'accoglienza che bisogna fare all'ospite che è entrato in casa: capire cosa è venuto a dirci, quali sono le sue intenzioni e qual è la buona notizia che è venuto a offrirci.
Marta diventa il tipo di chi si trova impelagata e presa dall'affanno dei molti servizi… però questo fare tante cose produce inquietudine e agitazione interiore; preoccupazione e assillo esteriore. Questo stato di angoscia fa perdere di vista la persona di Colui che è venuto a casa. Infatti Gesù nella risposta che dà a Marta dice come l'ospitalità non consiste nel "fare tante cose" o preparare "molti piatti", ma iniziare a dedicare un po' del proprio tempo all'ospite e cominciare a illustrare cosa non va nella vita… si deve creare quello spazio che fa attecchire il seme che l'Ospite vuole seminare nella vita di ciascuno.
L'atteggiamento di Marta può essere un pericolo anche per le nostre comunità cristiane, perché porterebbe all'esclusione dell'ascolto della Parola, fondamentale per stare nella famiglia di Dio. Il servizio è necessario, ma l'ascolto è indispensabile per essere autentici discepoli del Cristo e annunciatori accreditati e credibili del vangelo. Dobbiamo iniziare a liberarci della "Marta" che c'è in noi, e fare emergere con tutta la sua forza e potenza la "Maria" che spesso teniamo nascosta perché presenza scomoda e fastidiosa… soprattutto impegnativa.
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20/07/2010 09:06
 
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Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

Ci colpisce la priorità che Gesù dà al suo Vangelo piuttosto che ai legami familiari. Era scontato questo, la coerenza assoluta è nelle corde di Gesù, non c’è neanche un appunto da fare alle sue opere e alle sue parole. La sua coerenza è infinita, Lui manifesta il senso pieno e perfetto della compattezza.

L’armonia delle sue parole si sposa pienamente con la coesione delle opere. Non troveremo mai qualcosa di discordante nella Persona di Gesù. Egli è la perfezione, avvicinarsi a Lui comporta l’assorbimento della sua purezza e della sua onestà.

L’Amore che Gesù portava nel suo Cuore era Divino, espressione di Dio, onnipotenza che perdonava. Amava sua Madre come l’unica Donna perfetta e la perfetta Discepola. L’amava infinitamente come Madre e Discepola, ma Lui gradiva considerarla come la perfetta seguace, l’Unica che osservava la sua Parola.

Durante la sua predicazione un uomo dice a Gesù che sua Madre era lì vicino. Dalla rivelazioni fatte a Maria Valtorta sappiamo che la Madonna era un po’ preoccupata per suo Figlio, in quanto i nemici aumentavano di giorno in giorno e poteva accadergli di tutto. Il Vangelo ci dice che Gesù alcune volte viaggiava di notte per non farsi vedere da alcuni nemici che Lo ostacolavano, addirittura erano pronti ad ucciderlo.

Ma Gesù non segue l’affetto materno, rimane coerente alla sua missione e continua a predicare, perché la salvezza del mondo era più importante del colloquio con la Madre. Era in perfetta comunione con sua Madre, sapeva molto bene che Ella osservava solamente la volontà di Dio, che era anche suo Figlio, e Gesù non interrompe la predicazione. Anzi afferma che Lui considera madre e fratello ogni essere umano che compie la sua volontà.

È chiaro che Gesù ama tutti allo stesso modo, ma c’è maggiore comunione con chi rinnega la sua volontà per osservare quella di Dio, indicata nel Vangelo.

È facile andare a Messa anche ogni giorno e recitare tante preghiere, invece il vero cristiano si prova quando rinnega i suoi pensieri orgogliosi, la superbia boriosa, la vanità della vita.

Compiere la volontà di Gesù non è difficile, è impegnativo perché richiede un rinnegamento e la scelta di una mentalità nuova, fondata sulla verità e l’onesta intellettuale.
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21/07/2010 21:25
 
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"Voi siete il sale della terra..., voi siete la luce del mondo". Si noti la dimensione universalistica, espressa in "la terra" e "il mondo", sono l'intera umanità. Grandissima missione, essere uomini e donne che danno sapore e senso alla vita, che danno luce e convinzioni agli altri. Con altrettanta evidenza tuttavia c'è il rischio di essere insipidi, di perdere quella novità a cui tutti dovrebbero poter guardare per imparare a sperare in Dio. Se i discepoli venissero meno al loro compito rispetto al mondo, non servirebbero più a nulla, anzi, rischiano di essere "gettati via e calpestati dagli uomini". "Voi siete", grande fiducia da parte del Signore per i suoi discepoli! Grande responsabilità per i discepoli nei confronti di coloro a cui sono mandati! "Voi siete", costituisce già un'entità, data certo come dono, in unione con Gesù, vera "luce degli uomini". La luce, che non può essere nascosta come una città elevata e che sarebbe assurdo metterla sotto il moggio come la lucerna in casa, sono le "buone opere" dei discepoli. Si tratta di quelle opere che rendono visibili "la giustizia, la misericordia, la pace, l'impegno sociale" dei discepoli per mezzo delle quali si rivelano autentici figli di Dio. Infatti questo dovere, coerente e pratico dei discepoli è un irraggiamento di quella luce che deve condurre gli uomini a riconoscere la fonte luminosa e sapienziale: il Padre che è nei cieli. E se volessimo leggere ancora quel "voi siete..." nella luce della festa della Patrona d'Europa, santa Brigida? "Voi, siete per il mondo..." Non risuonano forse queste parole come profezia?, come compito..., come funzione, come dovere? Di fronte al "mondo" che vede nelle cose materiali il valore supremo... l'Europa deve dare il sapore giusto all'umanità. Che compito, che missione... che responsabilità...

Monaci Benedettini
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22/07/2010 08:49
 
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Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

Lo sforzo nella vita spirituale deve essere continuo. Gesù lo afferma con altre parole, ma è Lui ad indicarci la preghiera vigilante: “Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Mc 14,38).

La vigilanza è necessaria, ancora più vigilante dell’attenzione che poniamo su dove mettiamo i piedi. E la poca attenzione alle volte, fa scivolare sulla buccia di banana. Come vigiliamo per preservare il corpo da incidenti, così bisogna fare attenzione a ciò che può colpire l’anima e danneggiarla. Quindi, lo sforzo deve essere continuo.

Ho ripreso questa frase perché le parole sacrificio, penitenza, digiuno, non si sentono più e qualche lettore può rimanere sorpreso. Oggi non c’è una catechesi mirata. Oltre i buoni predicatori fedeli a Gesù, ne parla da molti anni a tutto il mondo la Madonna. Ha sempre spinto gli uomini a praticare le virtù. Ma se non c’è sforzo spirituale, non si va da nessuna parte.

Queste parole oggi si incontrano con il Vangelo della Maddalena, e basta conoscere la sua storia per nutrire verso Gesù un grande senso di fiducia. Era una prostituta, ricca di famiglia, sorella di Lazzaro e Marta, pervertita e dissoluta, uno scandalo umiliante per la famiglia.

Maria di Magdala è la stessa che aveva profumato i piedi a Gesù e lavati con le sue lacrime. La stessa che era stata liberata da sette demoni. Dove ci sono grandi peccati si localizzano sempre molti diavoli, a manifestare che quell’anima appartiene a loro, è schiava ed obbediente ad ogni immoralità. Infatti, dopo la liberazione, la Maddalena era più tranquilla ma sempre incline alla depravazione. E non erano stati i diavoli a condurla alla prostituzione, ma la sua inclinazione alla lussuria non mortificata.

La Maddalena rappresenta benissimo l’anima moribonda che ritorna in vita.  Lazzaro fu risuscitato dalla morte fisica, lei da quella spirituale. Tutti e due erano riconoscenti a Gesù, con una nuova vita avevano compreso che senza il Signore si vive un’esistenza cupa, triste, confusa ed incline al male.

Gesù apparve alla Maddalena. Ed è il premio che merita Maddalena, per la sua Fede e il suo totale amore verso Gesù.

Gli Apostoli avevano compiuto miracoli quando erano inviati da Gesù a predicare, mentre dopo la morte del Maestro spaventati, erano rimasti chiusi nel Cenacolo. Invece, la Maddalena se ne và dove si trova il suo Signore, il suo Salvatore.

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23/07/2010 10:45
 
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Voi siete la luce del mondo

Un Vangelo provocante, questo, per il paragone di Gesù che disse ai suoi discepoli: "Voi siete il sale della terra..., voi siete la luce del mondo". Si noti la dimensione universalistica, espressa in "la terra" e "il mondo", sono l'intera umanità. Grandissima missione, essere uomini e donne che danno sapore e senso alla vita, che danno luce e convinzioni agli altri. Con altrettanta evidenza tuttavia c'è il rischio di essere insipidi, di perdere quella novità a cui tutti dovrebbero poter guardare per imparare a sperare in Dio. Se i discepoli venissero meno al loro compito rispetto al mondo, non servirebbero più a nulla, anzi, rischiano di essere "gettati via e calpestati dagli uomini". "Voi siete", grande fiducia da parte del Signore per i suoi discepoli! Grande responsabilità per i discepoli nei confronti di coloro a cui sono mandati! "Voi siete", costituisce già un'entità, data certo come dono, in unione con Gesù, vera "luce degli uomini". La luce, che non può essere nascosta come una città elevata e che sarebbe assurdo metterla sotto il moggio come la lucerna in casa, sono le "buone opere" dei discepoli. Si tratta di quelle opere che rendono visibili "la giustizia, la misericordia, la pace, l'impegno sociale" dei discepoli per mezzo delle quali si rivelano autentici figli di Dio. Infatti questo dovere, coerente e pratico dei discepoli è un irraggiamento di quella luce che deve condurre gli uomini a riconoscere la fonte luminosa e sapienziale: il Padre che è nei cieli. E se volessimo leggere ancora quel "voi siete..." nella luce della festa della Patrona d'Europa, santa Brigida? "Voi, siete per il mondo..." Non risuonano forse queste parole come profezia?, come compito..., come funzione, come dovere? Di fronte al "mondo" che vede nelle cose materiali il valore supremo... l'Europa deve dare il sapore giusto all'umanità. Che compito, che missione... che responsabilità...
Monaci Benedettini


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24/07/2010 14:34
 
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Il colloquio di Gesù con i suoi discepoli, ai quali parla del servizio,  è fin troppo chiaro nell’indicarci lo spirito con cui ci si deve mettere al servizio del Vangelo. Le categorie del pensare e dell’agire comuni sono rovesciate, così come lo sono nella seconda lettera ai Corinzi. Provate a considerare quale messaggio radicale e in controtendenza ci viene da questi passi. Si parla di croce, di morte, di sofferenza, e tutto questo vissuto nella speranza che “colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù”, ed ancora si dice che se si vuole comandare bisogna servire, che i primi posti da ricercare sono quelli che ci mettono a servizio dell’altro. Tentiamo di rileggere la nostra vita cristiana alla luce di questa parola e a pensare all’incidenza che termini quali quelli proposti hanno nei nostri comportamenti quotidiani: nel rapporto con la mia comunità parrocchiale, con la mia famiglia, nell’ambito del mio lavoro e in fondo con me stesso. Sì, perché il ricercare spasmodicamente il primo posto, in ordine al potere e non al servizio, potrebbe anche voler dire non sentirsi capaci di “habitare secum”, espressione dei Dialoghi di Gregorio Magno e cara alla tradizione benedettina, con cui si vuole indicare la possibilità di un animo pacificato di stare solo e di non dover provare necessariamente qualcosa a qualcuno. Scoprire i propri punti deboli è già un passo per poterli gestire e per conviverci. Forse anche San Giacomo, dalla risposta di Gesù, si sarà sentito infastidito ed anche mortificato, ma il suo martirio ci dimostra che quell’insegnamento di Gesù è stato recepito e vissuto fino alle estreme conseguenze.

Monaci Benedettini
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25/07/2010 23:17
 
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Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

Oggi ci viene spiegato che la nostra Fede deve crescere di continuo, non c’è un limite all’infinito. Il granello di senape e il lievito spiegano molto bene l’evoluzione e il progresso del cammino spirituale.

Gesù aveva già spiegato agli Apostoli che un grano di senape è il più piccolo tra i semi e tuttavia si trasforma in una pianta abbastanza grande, tanto da dare riparo agli uccelli. Un granello di senape piccolissimo messo sotterra, mette radici forti e profonde, con il tempo cresce e si sviluppa, i suoi rami sono frequentati dagli uccelli e si riparano.

L’immagine che se ne trae è semplice, anche noi dobbiamo crescere, deve essere l’impegno più importante della giornata, senza improvvisare, ma agendo con riflessione. Per domare l’istinto occorre molta preghiera e il digiuno, e questo sembra difficile, invece bisogna pregare Gesù per riuscire a praticare le virtù e tutto quello che indica nel Vangelo.

Dobbiamo essere lievito, non quello che si gonfia e si deforma come la superbia dei farisei, è un lievito che agisce nella discrezione, nascosto in mezzo alla pasta ma che ha una energia inarrestabile. Un lievito che c’è ma non si vede, potenza che trasforma un ammasso di farina impastata, in un prodotto voluminoso, gustoso, nutriente.

Il lievito non si vede nella pasta mentre si adopera per trasformarla, agisce in silenzio ma è potente ed è capace di fare lievitare ed accrescere la massa della pasta.

Meditiamo sull’immagine del lievito invisibile, silenzioso ma potente.

È l’energia spirituale che dobbiamo chiedere ogni mattina a Gesù, quando iniziamo la giornata recitando le preghiere, tra cui la consacrazione alla Madonna. Non manchi mai questa preghiera, è molto potente ed ottiene grandi Grazie di guarigione e di liberazione.
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26/07/2010 21:50
 
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padre Lino Pedron Commento su Matteo 13, 31-35

La parabola del granello di senape presenta il contrasto tra la piccolezza del seme e la grandezza della pianta che produce: un albero che offre ospitalità agli uccelli. La piccolezza del granellino sottolinea l'aspetto insignificante e addirittura deludente degli inizi dell'avvento del regno di Dio: la venuta di Gesù corrisponde ben poco alle attese che gli ebrei avevano nei confronti del messia(cfr Mt 3,13-14; 11,2-3).

La parabola del lievito ci insegna che il regno di Dio è presente nel mondo come un fermento che lo trasforma totalmente.

Il regno dei cieli non ha gli inizi sognati dagli apocalittici e sperati dal popolo. Esso si inserirà nella storia quasi inavvertitamente(cfr 11,2-3; 12,20), ma si affermerà ugualmente. Il regno dei cieli è ai suoi inizi storici un seme di senape, ma non sarà tale al suo stadio finale. La parabola è perciò un annuncio di consolazione e di conforto per quanti non riescono a vedere nell'opera del Cristo la realizzazione delle attese messianiche. Essa fa eco alle parole rivolte da Gesù ai discepoli:" Non temete, piccolo gregge, perché piacque al Padre vostro dare a voi il Regno"(Lc 12,32).

La parabola illustra un fatto (l'azione messianica di Gesù), ma soprattutto enuncia una legge (la paradossalità dell'agire di Dio). Essa sottolinea non solo che l'affermazione del Regno avviene nonostante i suoi umili inizi, ma proprio per essi.

Ciò che era uno scandalo è invece il segreto del piano di Dio: la piccolezza e la debolezza non pregiudicano la riuscita futura ma, anzi, ne sono le condizioni necessarie. La debolezza degli uomini del Regno è la loro forza, perché solo allora trovano in Dio tutta la loro confidenza e tutto il necessario appoggio. Il Regno sarà grande nella debolezza (cfr 2Cor 12,9).

Bisogna che i credenti abbandonino i loro appoggi terreni, diventino poveri, umili, deboli per far sì che la Chiesa acquisti i caratteri voluti dal suo fondatore. Chi riceve il Regno come un granello di senape deve uniformare il proprio animo alla lezione che viene dal piccolo seme. Ritorna ancora una volta il messaggio della povertà con cui si apre il discorso della montagna (Mt 5,3).

Il discorso in parabole viene nuovamente e con forza definito come discorso destinato al popolo. Per capirlo non è necessaria una conoscenza speciale. Il salmo 78,2 viene citato proprio perché identifica nelle "parole" uno strumento adeguato per rivelare "cose nascoste fin dalla fondazione del mondo".
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28/07/2010 12:48
 
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Eremo San Biagio

Dalla Parola del giorno
Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: "Signore, insegnaci a pregare".

Come vivere questa Parola?
Bellissima scena! Innanzitutto, Gesù che prega: ha un che di commovente questo Dio che si è fatto tanto uomo, tanto piccolo... da pregare! La preghiera in bocca a Dio: non è un paradosso? Preghiera non è l'uomo che, nell'intimità del suo cuore, si rivolge a Dio per supplicarlo o ringraziarlo? Eppure qui è Dio per primo che prega: perché è Figlio!
E poi i discepoli, che a vedere il loro Maestro pregare, gli chiedono: "Insegnaci a pregare". Come bambini che chiedono di poter fare quello che fanno i grandi! E' davvero un padre ed una madre questo Dio, e si è fatto vicino a noi, si è fatto carne, per essere fino in fondo la nostra famiglia. E come un buon genitore, o fratello maggiore, Gesù prima di insegnare a parole, insegna con la sua stessa vita. E allora anche noi chiediamogli: come pregare, Signore?
Guardate a me, guardatemi nell'intimità della notte (Mc 1,35): e scoprirete che non sono solo, perché sono Figlio e mi rivolgo al Padre mio. "Abbà, Padre": non è questa la preghiera di Gesù, la preghiera di un cristiano?

Oggi chiederò al Signore che la mia preghiera non sia fatta di tante parole: che la mia preghiera sia piuttosto un'effusione del cuore, del cuore di un figlio che si rivolge e guarda al Padre suo. Potrò verbalizzare ripetendo semplicemente: "Abbà, Padre!".

La voce di un Padre del deserto
Se ti vien meno il coraggio, prega. Prega con timore e tremore, con ardore, sobrietà e vigilanza. Così bisogna pregare, soprattutto a motivo dei nostri nemici invisibili, perché principalmente su questo punto essi ci porranno ostacoli. Evagrio Pontico
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30/07/2010 12:40
 
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Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

Da sempre l’uomo cerca di conoscere l’altro basandosi sulle impressioni, su quello che percepisce guardandolo. È un modo inesatto, immaturo, di considerare l’altro, un soggetto che ha come ognuno di noi la sua vita interiore, un mondo spirituale sconosciuto, una profonda esperienza personale che non si riesce a cogliere dall’esterno.

Sono sempre esistiti quelli che sentenziano, e alle volte purtroppo sputano sentenze, nel modo più disonorevole che si possa fare. Non riescono a trattenere i pensieri che arrivano alla mente, alle volte non passano neanche dalla mente… e raggiungono subito la bocca.

Fondare il proprio parere sulle impressioni ingannevoli ed fugaci, non è sintomo di sincerità e dobbiamo lavorare per evitare ogni forma di giudizio verso le persone che non conosciamo interiormente.

Ha tutta la mia comprensione chi non ha la capacità di controllare i propri pensieri per la debolezza spirituale e si ritrova spesso a giudicare e a condannare guardando solo l’apparenza. Ma deve fare ogni giorno qualcosa in più per irrobustire l’anima, pregando molto e chiedendo nella Messa e nelle preghiere personali a Gesù e alla Madonna, di guarire da ogni forma di giudizio avventato o temerario. Che è un giudizio espresso senza avere alcuna prova morale.

I paesani conoscevano Gesù da molti anni, sentendolo parlare ed insegnare la Buona Novella, stentano a credere e non riuscivano a capacitarsi per la sua brillante loquacità. Quando abitava lì era riservato, paziente, non svelava ancora il progetto del Padre. Non era ancora la sua ora. Dopo l’inizio della predicazione, si presenta dove Lo conoscevano e parla come un Maestro. Per i paesani non andava bene, non riuscivano ad accettare la sua predicazione.

Gesù era sempre lo stesso, invece i paesani volevano catalogarlo con le loro categorie. Loro stabilivano chi doveva essere un uomo, come bisognava considerarlo secondo le impressioni raccolte dalla gente e da quello che manifestava all’esterno. Non potevano né cercavano di capire l’interiorità di una persona. Questo atteggiamento è vecchio da quando esiste l’uomo, e come duemila anni fa, anche oggi si agisce così.

Ma chi è l’uomo per giudicare un altro uomo?

Dobbiamo ricordare le parole di Gesù: “Chi è senza peccato, scagli la prima pietra”. Ogni essere umano porta in sé una forte inclinazione al male, una debolezza spirituale che lo spinge naturalmente ad agire secondo istinto e passioni disordinate. Quindi, non bisogna sorprendersi per chi agisce così. È nostro compito aiutare chi giudica in modo grave. C’è giudizio e giudizio.

Se noi abbiamo superato questa debolezza, dobbiamo aiutare ed invitare a pregare per non ripetere giudizi insensati. Molti non se ne accorgono, non capiscono che può essere un peccato grave e non compiono alcuno sforzo per non giudicare.

Da un giudizio negativo possono scaturire tanti problemi ad una persona.

Una sola parola sbagliata può uccidere socialmente più della morte fisica.

Sforziamoci di perdonare pienamente ed ogni giorno chi ci ha giudicati, procurandoci enormi sofferenze morali e dispiaceri sociali.
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31/07/2010 12:27
 
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don Luciano Sanvito La testa di Giovanni

La testa di Giovanni...
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Erode imprigiona Giovanni, ma non lo fa morire.
Lo tiene prezioso e lo ascolta, nonostante la diversità.

Solo per un atto di piacere la morte ha il prevalere sulla situazione.

Erode deve accondiscendere a un desiderio di morte che non approva.
Ma la logica del piacere che ha condotto alla morte ormai lo obbliga.
Nessun tesoro è più grande che non opprimere quello che rovina il proprio tesoro, il proprio piacere, la propria ambizione.
Ecco perché alla richiesta del re, fosse anche la metà del suo regno, si preferisce eliminare la realtà che intacca il nostro piccolo regno.

Tagliare la testa...
Anche agli altri, per noi, diventa occasione per poter agire indisturbati, senza che nessuno ci dia il fastidio della coscienza che può mettere in discussione quello che facciamo.

Tagliare la testa, invece di ascoltare e di rapportarsi con quello che da quella testa esce come provocazione per noi, è la tentazione che anche per noi oggi è attuale e immediata: via da noi tutto quello che ci ostacola!

LA TESTA DI GIOVANNI E' SIMBOLO DELLA NOSTRA ORMAI PERSA
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01/08/2010 11:15
 
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Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

Questa domenica il Vangelo ci permette di riflettere su alcuni aspetti della vita familiare. In particolare sulle beghe ereditarie. Domenica scorsa abbiamo compreso meglio l’importanza della preghiera, in quella precedente avevamo meditato sulla vita attiva di Marta e la contemplazione di Maria.

Già duemila anni fa un uomo presentava a Gesù il dilemma dell’eredità familiare, e si lamentava del fratello che non voleva dividere l’eredità con lui. Il denaro è stato sempre causa di rottura, di odio, di vendetta. Quante famiglie distrutte ed amicizie crollate per interessi economici, per pochi soldi, per una divisione ereditaria non gradita. E si arriva all’odio viscerale. Ma cosa procura veramente l’attaccamento al denaro, quando viene considerato un idolo? Scatena i più bassi istinti dell’uomo e gli toglie la dignità umana.

Quell’uomo si appella a Gesù, vuole da Lui una mediazione inopportuna senza considerarlo quello che è, la missione Divina che svolge. Chiede un aiuto perché non trova altri conoscenti. Non è una richiesta fatta nell’amore verso la Persona di Gesù e Lui non accetta. Anche se l’uomo ha subito un danno dal fratello, non può chiedere giustizia senza avere Fede in Gesù.

L’uomo non si presenta come un povero bisognoso di aiuto, al contrario ha il cuore astioso per la sua eredità, che gli spetta di diritto, ma non può investire Gesù del suo problema. In questo caso Gesù non è stato chiamato a liberare il cuore di quell’uomo dal peccato o da sentimenti negativi, perché è già un cuore inaridito, astioso, invelenito con il proprio fratello. E Gesù non interviene.

Gesù prende spunto da questo fatto per spiegare il valore dei beni terreni, l’atteggiamento che devono avere i suoi seguaci. Una verità che dobbiamo memorizzare bene è questa: La vita dell'uomo non dipende dai suoi beni!

Gesù non condanna i poveri, ci mancherebbe, non approva il rancore dell’uomo verso il fratello, ma condanna quei ricchi che non si accorgono dei poveri e non compiono alcuna azione caritativa. Non è importante avere dei beni, ma fare del bene.

La vita dell'uomo non consiste nell’accumulare beni e ricchezze, perché tutto lascerà qui, non avrà nulla di quanto accumula. Chi ammassa è un grande egoista, pensa solo a sé, non riesce a vedere le necessità di chi muore per fame o chi non riesce a pagare la bolletta della luce o del gas.

Accorgersi dei poveri è un momento spirituale molto importante.

Gesù non è contro i ricchi, Egli sa bene che qualsiasi persona ricca è incapace di avere il cuore libero e umile, è sopraffatta dal benessere che finisce per soffocarla. I beni soffocano le relazioni umane, perché opprimono i buoni sentimenti, e lasciano crescere ed emergere sempre i vizi.

Chi gestisce molti beni materiali difficilmente cerca Gesù, quei beni sono la sua garanzia, la sua certezza, non occorre altro. E il cuore si indurisce di continuo, fino a diventare insensibile alle cose spirituali. Prova noia per la preghiera e rigetta la vita spirituale.

Ma non sono i beni in sé a rendere il cuore indurito, è l’attaccamento dell’uomo a renderlo indurito e cattivo. I beni gestiti con distacco non procurano danni spirituali, il guaio è considerare i beni come “il bene supremo”.

È legittimo desiderare i beni per una vita dignitosa, per un progresso familiare, non c’è dubbio, ma vivere per i beni materiali è una schiavitù che allontana inesorabilmente da Gesù e fa perdere la Fede.

Quando nell’uomo mette radice il desiderio della ricchezza, subordina tutto, proprio ogni cosa, al raggiungimento di quel progetto. Non bada più ai mezzi leciti o illeciti per ottenere denaro e beni materiali, suscitando così una degenerazione umana, da trasformare l’uomo in bestia. Non si riconosce più, ha perduto la dignità umana, e i suoi lineamenti sono rosso paonazzo come il fuoco che arde.

Questa è la ragione del danno dei beni materiali.

L’uomo che accomuna beni, non riesce a fermarsi, in realtà non può fermare più quel cuore impazzito che ha il solo obiettivo di rimpinguare le ricchezze. Quel cuore poi si fermerà di botto senza avere goduto qui i beni ed impossibilitato a portarli con sé nell’aldilà. A chi andranno quei beni? Ecco un altro dilemma.

Ricordo anni fa che un ricco americano lasciò in eredità beni per circa 100 milioni di dollari, ma pur amando i due figli, lasciò ad ognuno 5 milioni di dollari e la restante parte di 90 milioni in beneficenza. Quest’uomo aveva probabilmente compreso il danno che procura il denaro quando se ne diventa schiavi e viene adorato. Lasciò ai figli il necessario per una vita agiata, ma non nello sfarzo eccessivo.

L’uomo della parabola di questa domenica rispecchia ottimamente la mentalità di chi oggi vuole accumulare beni e goderseli in questa vita. È sicuro di riuscirci? A chi andranno i suoi beni dopo una vita di sacrifici?

C’è anche questo aspetto da considerare: perché affannarsi e vivere con mille preoccupazioni, quando i beni andranno a eredi privi anche di un solo briciolo di gratitudine? I giovani di oggi considerano che tutto sia loro dovuto, è la mentalità che regna ma è pure vero che i genitori non sono stati in grado di insegnare la vera spiritualità, che è quella di dare ad ogni cosa il giusto valore.

Bisogna arricchirsi davanti a Dio, questo è il successo della vita.

Le vere ricchezze sono quelle che porteremo insieme a noi nell’altra vita, e chi ha ricchezze materiali in questa vita, deve gestirle con distacco, senza farne un idolo, e senza ricercare altri beni. Bisogna garantire alla famiglia una vita dignitosa, questa è la vera preoccupazione, cercare il di più per l’arricchimento non ha mai aiutato nessun cristiano. Ma è giusto risparmiare per comprare la casa ai figli o cercare mezzi leciti per guadagnare di più e garantire le nuove famiglie dei figli.

Chiaramente ognuno è libero di gestire la vita come crede, ma non può ritenersi cristiano se vive per la ricchezza. Bisogna usare l’intelligenza, riflettere davanti Gesù Crocifisso, che rifiutò qualsiasi ricchezza umana. I più grandi Santi sono stati pienamente distaccati dal denaro.

Agire con intelligenza è necessario per dominare la sete di denaro, per convincersi che la forte tentazione che arriva, procurando desideri di ricchezza, è una tattica di satana per indurre a peccare e far stare male le persone.

Queste tentazioni spingono sempre a voler possedere altri beni e induriscono il cuore.

Nella preghiera bisogna chiedere ogni giorno a Gesù di avere i beni necessari per una vita dignitosa e altri beni se Lui lo ritiene valido, ma senza trasformare il cuore in un covo di cattiveria e di odio. La vita spirituale deve essere al centro di tutto, e ogni cosa deve ruotare attorno.

La vita dell'uomo non dipende da ciò che egli possiede.
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02/08/2010 13:02
 
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Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

Ieri abbiamo meditato sul giusto valore da attribuire ai beni materiali, e bisogna considerare altri beni, come la propria dignità, l’amicizia, l’intelligenza.

Chi scopre la bellezza della vita spirituale e comincia ad immergersi nell’Amore di Gesù, considera un peso i beni materiali e li utilizza senza provare più alcuna adorazione. Se consideriamo che l’affetto disordinato verso i beni materiali esclude Dio dalla propria vita, ci rendiamo conto che non vale la pena appesantirci da preoccupazioni che non fanno neanche dormire.

Tolgono la pace nel cuore e in famiglia.

Il Libro di Qoèlet ieri ci ha detto che “vanità delle vanità: tutto è vanità”. Dove non è presente Dio regna la vanità, un comportamento che idolatra il corpo e le illusioni umane.

Ci accorgiamo che quelle persone che non pregano e non vivono in comunione con Gesù, sono sempre inappagate, quindi insoddisfatte e nascondono una sorta di delusione. I divertimenti e la vita libertina non riescono a nascondere la delusione. È una forma di  frustrazione che colpisce anche moltissime brave persone, incapaci di trovare Gesù.

Non Lo cercano con convinzione, non sanno dove e come trovarlo.

Il Vangelo di oggi ci dice che più di cinquemila persone che seguivano Gesù e che non avevano cibo per mangiare, trovarono un cibo inaspettato. “Tutti mangiarono e furono saziati”, dice San Matteo.

Gesù si prende sempre cura di noi, Egli è il vero cibo che sfama prima l’anima, dandole quell’Amore che le manca e che in nessun posto potrà trovare in questo mondo. Poi sfama il corpo, rinvigorendolo in modo sorprendente. Non so se vi accorgete la maggiore dinamicità e capacità intellettiva che si possiede dopo avere mangiato la Santa Eucaristia. Gesù espande la sua forza divina dall’interno  della persona.

Si prova una nuova pace e una nuova forza. È come soffio spirituale penetrante che inonda tutta la persona e la rafforza, la tonifica, la risana e la rianima.

A tutti voi che soffrite ed attendete l’intervento di Gesù, dico di attendere, di continuare a pregare con molta Fede, perché sempre Lui agisce e provvede a noi.
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03/08/2010 17:38
 
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Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

Le parole di Gesù sono come un pozzo senza fondo, si possono attingere di continuo e per l’infinito nuovi significati e tutti molto belli. Oggi riflettevo sull’invito di Gesù agli Apostoli per sfamare più di cinquemila persone, come abbiamo letto nel Vangelo di ieri: “Date loro voi stessi da mangiare”. Erano sbalorditi gli Apostoli e non sapevano cosa dare, avevano per giunta dimenticato i grandi miracoli di Gesù. “Non abbiamo che cinque pani e due pesci”.

Anche noi molto spesso ragioniamo senza speranza e senza ottimismo. Dimentichiamo la Parola di Gesù e ci paralizziamo, non cerchiamo di suscitare il miracolo. La preghiera piena di Fede suscita grandi miracoli, anche quelli impossibili.

Riflettiamo sulle parole di Gesù: “Date loro voi stessi da mangiare”. Incaricò gli Apostoli e li rese mediatori, ruolo che consisteva nel distribuire i pani e i pesci che miracolosamente si riproducevano ed aumentavano nelle ceste sotto gli occhi smarriti dei presenti.

Sulla Parola di Gesù cinque pani diventano più di cinquemila ma potevano diventare cinque miliardi. Chi può mettere un limite all’Onnipotenza di Gesù? Lo stesso per i pesci, erano due e si moltiplicarono per decine di migliaia. Questo è Gesù, Dio guaritore e liberatore e Salvatore.

È quel Gesù che spesso non viene più presentato come tale e si preferisce ignorarlo, dimenticando che solo Gesù può risolvere i problemi sociali.
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04/08/2010 18:05
 
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Monaci Benedettini Silvestrini

Anche un rifiuto può diventare occasione per far crescere la fede. Gesù si è portato in una zona pagana, dalle parti di Tiro e di Sidone. Gli viene incontro una donna Cananéa con una intensa preghiera: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio». L’evangelista aggiunge: «Ma egli non le rivolse neppure una parola». Tacere dinanzi all’accorata invocazione di soccorso pronunciata da una madre affranta, potrebbe sembrare crudele, ma il proseguo della storia cambia completamente il nostro parere. Intervengo anche gli astanti a favore della donna, il Signore però insite quasi a voler far splendere dal buio tutta l’intensità della luce della fede di quella “pagana”. Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita. C’è un felice abbinamento che dovrebbe sempre accompagnare la nostra preghiera, fede ed umiltà. Solo le virtù aprono il cuore di Dio alla misericordia e anche al miracolo, quando occorre.
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