Recentemente la Corte di giustizia europea si è espressa in maniera epocale in merito alla brevettabilità delle cellule embrionali umane: non è brevettabile un procedimento che, ricorrendo al prelievo di cellule staminali ricavate da un embrione umano allo stadio di blastocisti, comporta la distruzione dell’embrione stesso. L’attesissima risposta rispecchia fortunatamente le previsioni che vennero avanzate a marzo di quest’anno (cfr. Ultimissima 26/3/11).
Bisogna dare il giusto merito alla Ong ambientalista Greenpeace per aver iniziato la controversia legale denunciando nel 1999 l’ottenimento di un brevetto da parte del neuropatologo tedesco Oliver Brüstle per produrre cellule neurali da staminali embrionali umane di una linea stabilizzata e commercialmente disponibile. In questi giorni tantissimi scienziati, bioeticisti e giuristi hanno preso posizione e la maggioranza di essi, sorprendentemente, è assolutamente a favore della decisione europea. Ne elenchiamo alcuni:
Il biologo e farmacolo Angelo Vescovi, direttore scientifico della Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, recentemente insignito del premio «Alumnus of the year 2011» da parte dell’Hotchkiss Brain Institute, centro di eccellenza per le neuroscienze dell’università canadese di Calgary, dichiara su “Avvenire”: «Sentenza illuminata. L’elemento centrale della sentenza è che la vita umana non può essere sfruttata per fini commerciali, e questo è un principio eticamente condivisibile e importante. Non solo: questa decisione mette in luce l’aggravante della causalità in ciò che si vieta, ossia come non solo non si possa distruggere un embrione ma, meno che mai, costruirlo apposta con questa finalità. Si stabilisce, poi, che la vita comincia con la fecondazione dell’ovulo. La soddisfazione morale che provo è legata al fatto che, finalmente, anche dalla legge arriva un incitamento a svegliarsi, perché si capisca che è tempo di cambiare strategie politiche e bioindustriali. Non ha più senso continuare a investire sugli embrioni: ora l’alternativa c’è ed è data dalla tecnica della riprogrammazione delle cellule adulte sulla quale da tempo ha puntato la ricerca mondiale. Sono cellule più maneggevoli anche per la pratica industriale perché ottenibili in quantità elevate, utilizzabili sul paziente senza rischio di rigetto. A chi griderà all’oscurantismo del Vecchio continente, io rispondo che dimostra un’incompetenza tecnico-scientifica enorme. La ricerca non si ferma affatto perché la strada vincente, anche per l’industria, è la riprogrammazione».