LA CORPOREITA’ DEL RISORTO
Dopo esserci lungamente soffermati sulla nuova tesi interpretativa del passaggio dell’apostolo Giovanni dal vedere al credere, passaggio avvenuto nel sepolcro vuoto, e dopo aver considerato, brevemente s’intende, il mistero della Sindone e le sue eventuali relazioni con la tesi rivoluzionaria di don Antonio Persili, in un clima di continuità con quanto espresso, vediamo di affrontare un tema molto dibattuto della risurrezione di Gesù. Si tratta dellacorporeità del Risorto, dopo l’esperienza della pasqua, così come ci viene presentata dalle tradizioni del Nuovo Testamento.
Intanto è opportuno precisare che tali testimonianze non si soffermano molto nella considerazione della natura del corpo glorioso di Cristo.
E’ negli scritti di Luca e Giovanni che troviamo dei riferimenti al corpo di Gesù risorto. Accenni che, in realtà, sono ispirati più da motivi apologetici che da un’intenzione primaria degli agiografi. Alle comunità cristiane di provenienza ellenistica, e quindi alquanto scettiche sull’idea della risurrezione corporea, Luca intende dimostrare che proprio ciò che sembra impossibile a loro è avvenuto in Gesù di Nazareth. Inoltre egli vuole dimostrare la continuità storica tra il Crocifisso ed il Risorto:
“Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro”(Lc 24,38-43).
Anche Giovanni, che con Luca ha molti punti in comune, s’interessa particolarmente della dimensione corporea del risorto, se è vero che Gesù invita l’incredulo Tommaso ad affondare le sue mani nella ferita del costato, e le dita nelle stigmate delle mani e dei piedi. Anche lui, quindi, intende dimostrare l’identità del Risorto con il Crocifisso di alcuni giorni prima, visto che anche lui si rivolge, come Luca, a comunità extra palestinesi, e quindi di matrice ellenistica, abituate, quindi, ad un’idea che nega il carattere corporeo della risurrezione.
Tuttavia, da nessuna parte dei vangeli è scritto che i discepoli arrivano al punto di toccare il corpo del Signore risorto, per giungere alla fede. Solo in alcuni scritti tardivi dell’era apostolica, come la Lettera degli Apostoli e la Lettera agli Smirnesi, di Ignazio d’Antiochia, troviamo alcuni accenni.
In realtà, come si puoi capire dai dati evangelici, il Risorto viene riconosciuto non perché è toccato dai suoi discepoli, fatto questo non indicato nei testi di Luca e Giovanni, ma perché, innanzitutto, è lui stesso che ha preso l’iniziativa di farsi riconoscere. E poi, perché Egli apre gli occhi dei discepoli alla conoscenza delle Scritture.
Ciò che pongono in evidenza sia Luca che Giovanni è che dopo la sua risurrezione sembra non essere fisicamente riconosciuto il Risorto. I discepoli di Emmaus lo riconoscono solo allo spezzare del pane(Lc 24,30-31). Sul lago di Tiberiade viene riconosciuto solo dopo la pesca abbondante (Gv 21,4-7).
Contrariamente ai principi che regolano lo spostamento dei corpi, il risorto si sottrae alle leggi fisiche. Egli entra a porte chiuse nel luogo dove si trovavano chiusi i discepoli (Gv 20,19). Appare e scompare, in linea con le teofanie dell’Antico Testamento (Cfr. Genesi 18; Giosuè 5, 13, etc.). Appare chiaro, quindi, che la risurrezione di Gesù non va confusa con quella del suo amico Lazzaro di Betania, il quale morirà nuovamente. Quella di Gesù, invece, è una risurrezione definitiva, un Evento che trascende e supera la Storia umana.
Ma dobbiamo all’apostolo Paolo una maggiore precisazione in riguardo alla corporeità del Risorto. Proprio scrivendo ai cristiani di Corinto, Paolo si sofferma in modo abbastanza prolungato, sulla corporeità del Risorto e sulla nostra partecipazione alla sua risurrezione, considerando particolarmente le prerogative dei corpi risorti:
“Ma qualcuno dirà: «Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?». Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore; e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco, di grano per esempio o di altro genere. E Dio gli dá un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il proprio corpo. Non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne di uomini e altra quella di animali; altra quella di uccelli e altra quella di pesci.
Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri. Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle: ogni stella infatti differisce da un'altra nello splendore. Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale. Se c'è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale, poiché sta scritto che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita.
Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo. Quale è l'uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti. E come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste.
Questo vi dico, o fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità. Ecco io vi annunzio un mistero: non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati. E` necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità.
Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge. Siano rese grazie a Dio che ci dá la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.”(1Cor 15,35-58).
Il problema che ci poniamo ora è sapere che cosa sia un corpo spirituale, o incorruttibile, secondo la terminologia Paolina. Insomma, qual è la natura di questo Corpo Risorto?
Ebbene, dobbiamo riconoscere, agli evangelisti, un’estrema discrezione in riguardo alla corporeità del Risorto. A parte quello che è stato detto, è evidente che ad essi, e quindi tanto più a noi, sfugge qualcosa di molto importante in riguardo alla natura di questa corporeità. E questa loro discrezione potrebbe essere anche interpretata come un segno di credibilità delle apparizioni di Gesù dopo la Pasqua. Se essi avessero volutamente creato questi racconti, li avrebbero presentati con maggiori dettagli. Mentre invece noi vediamo che, solo in seguito alla tradizione kerygmatica, e quindi nel pieno di quella narrativa, possiamo attingere a determinate notizie in riguardo a questa corporeità.
Certamente, come abbiamo visto a proposito dello spostamento del corpo di Gesù, considerando sia l’analisi di don Persili che le apparizioni a porte vuote, non si può non pensare che quello di Gesù sia un tipo di Corpo che appartenga alle normali categorie umane. Pur riconoscendo che, già nella sua vita terrena Gesù aveva avuto delle prerogative straordinarie – come quella di camminare sull’acqua del lago – egli era, in un certo senso, limitato dalla materia del suo corpo. Per cui come uomo aveva sentito il bisogno di mangiare, di bere, di riposarsi, di pregare.
Ora, però, qualcosa di molto importante è avvenuto nel sepolcro, se è vero che Gesù ha attraversato il lenzuolo, il sudario e le bende che lo avvolgevano, ed è entrato a porte chiuse nel Cenacolo.
Non si può più parlare di corpo fisico, ma di un tipo di corpo che trascende e supera ormai la materia e le categorie umane. Lo stesso Paolo, nella lettera ai Corinti, parla di corpo spirituale, ma non va oltre questa definizione, soffermandosi più sulla differenza tra il corpo animale e quello spirituale.
E’ vero che Gesù si è mostrato alla Maddalena, ai discepoli di Emmaus. E’ verso che si è fatto toccare da Tommaso. E’ vero che sul lago di Tiberiade, secondo la tradizione del quarto Vangelo, si è fermato a mangiare con i suoi amici ed a Pietro ha conferito il primato sul nuovo Popolo di Dio. Ma è stato riconosciuto solo quando lui stesso si è personalmente rivelato. Altrimenti, non l’avrebbero riconosciuto: né la Maddalena, né i discepoli di Emmaus, né i discepoli sul lago di Tiberiade.
C’è, quindi, una continuità tra il Gesù del venerdì santo con quello della risurrezione. C’è un’identità di sentimenti e di personale tra il Gesù morto e quello risorto. Ma non sembra esserci un’identità fisica. Altrimenti, sarebbe stato riconosciuto. Ed anche questo, del riconoscimento del Risorto, avvenuto solo dietro sua personale rivelazione, può essere un segno underground, cioè un segno in filigrana del fatto che l’evento degli Eventi della risurrezione non è avvenuto per un’idea che si son fatta gli apostoli, cosa che pensano alcuni Studiosi, ma che, invece, tutto è avvenuto per l’iniziativa di Gesù.
Forse nelle stesse parole del Maestro, anche se appartengono alla tradizione del Gesù terreno, troveremo un’ulteriore luce sulla corporeità del Risorto.
Tre termini interessano la nostra ricerca in riguardo a ciò che Gesù dice della sua risurrezione. Il primo è risorgerà. Il secondo è risurrezione. Il terzo è risorto.
Partiamo dal primo in quanto si tratta del termine che dei tre è il meno citato.
Il termine risorgerà, in greco “™gerq»setai”, significa svegliare, far sorgere. E’ citato due volte nei vangeli. E precisamente nel vangelo secondo Matteo “e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà»(Mt 17,23). E nel vangelo secondo Luca, dove però il termine greco “¢nast»setai” significa fare sorgere su, innalzare su, innalzare dall'essere sdraiato, risuscitare dai morti: “e, dopo averlo flagellato, lo uccideranno e il terzo giorno risorgerà”(cap. 18,33).
Anche se i verbi sono diversi, sostanzialmente si equivalgono. Nella parola di Gesù tramandataci dai Vangeli, almeno per ora rileviamo solo questa profezia, fatta dal Maestro, in riguardo al suo svegliarsi, al suo risorgere dalla morte.
Veniamo al secondo termine italiano: risorto, riscontrato cinque volte nei Vangeli, anche se sulle labbra di Gesù è nominato una sola volta, e cioè nel momento successivo alla scena della trasfigurazione, quando Gesù ordina ai suoi tre discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni di Zebedeo: “Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti”(Mt 17,9). Qui Matteo continua ad usare il verbo ™gerqÍ.
Ma il termine non assume alcun rilievo in riguardo al nostro discorso sulla natura del risorto.
Per trovare qualcosa del genere dobbiamo puntare all’altro termine nominato prima:risurrezione. Manco a farlo apposta, la parola è citata ben 15 volte nei Vangeli.
E allora, nel testo del Vangelo di Matteo, confermato seppur con qualche piccola discordanza, da Marco e Luca, vediamo che il partito dei Sadducei interpella Gesù sulla risurrezione, con lo scopo di metterlo in difficoltà, perché essi negano la realtà della risurrezione:
“In quello stesso giorno vennero a lui dei sadducei, i quali affermano che non c'è risurrezione, e lo interrogarono: «Maestro, Mosè ha detto: Se qualcuno muore senza figli, il fratello ne sposerà la vedova e così susciterà una discendenza al suo fratello. Ora, c'erano tra noi sette fratelli; il primo appena sposato morì e, non avendo discendenza, lasciò la moglie a suo fratello. Così anche il secondo, e il terzo, fino al settimo. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, di quale dei sette essa sarà moglie? Poiché tutti l'hanno avuta». E Gesù rispose loro: «Voi vi ingannate, non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio. Alla risurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo. Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto quello che vi è stato detto da Dio: [32]Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe? Ora, non è Dio dei morti, ma dei vivi»”(Mt 22,23-32 Mc 12,18 ss. Lc 20,27-38).
“Alla risurrezione – dice Gesù – non si prende né moglie né marito ma si è come angeli nel cielo. Una risposta che taglia corto circa l’idea di una risurrezione prettamente corporale, ma che apre, invece, alla dimensione dello spirito. E poiché Gesù utilizza, come parametro di riferimento, le figure angeliche, che sfuggono, peraltro, alla nostra percezione sensoriale, risulta evidente che la risurrezione è un evento metastorico, che oltrepassa i confini della materia, che supera le dimensioni della fisicità per configurare, il risorto, ad una dimensione simile a quella degli angeli, che, come sappiamo, si possono intendere come Esseri personali e spirituali, oltre ché esseri perfetti(Cfr. Giampiero Bof, Angeli, in Nuovo Dizionario di Teologia, Ed. Paoline, VI Edizione 1991, 8.).
Ma ascoltiamo un passo di Marco attestato, peraltro, anche da Matteo:
”Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, poiché sta scritto: Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse. Ma, dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea»”(Mc 14,27-28; Mt 26,32).
Ma se Gesù lascia intravedere la realtà della risurrezione come una realtà prettamente spirituale, perché, poi, nello stesso vangelo di Matteo, usa il termine “vi precederò in Galilea”? Precedere significa “andare innanzi”. Fino a che punto, allora, un essere letteralmente spirituale, può precedere, andare innanzi, rispetto agli altri, se la dimensione dello spirito esula dai confini della materia e dello spazio?
Gesù avrebbe potuto dire: “Ci incontreremo in Galilea”. Invece dice “Vi precederò in Galilea”. Il termine precederò, in greco pro£xw, significa: condurre avanti, qualcuno da un luogo in cui era nascosto, come da una prigione. Ma significa anche andare davanti, precedere, essere anteriore nel tempo, essere precedente, procedere, andare in avanti. Certamente l'espressione di Gesù può dare adito a varie interpretazioni, ma bisognerebbe vedere la terminologia aramaica corrispondente al verbo greco. E qui mi fermo, aspettando qualche contributo.
Nel Vangelo di Luca abbiamo un’altra citazione della risurrezione posta sulle labbra di Gesù: “…Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti»”(Lc 14,13-14). Ma qui, al di fuori della ricompensa che Gesù promette a chi si mostra misericordioso e fa del bene ai poveri, storpi, zoppi, ciechi, non c’è alcun accenno alla natura del corpo risorto.
E’ evidente che l’unico accenno alla natura del corpo risorto, è quello che Gesù fa replicando ai Sadducei che negano la risurrezione.