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COME FARE LA COMUNIONE SPIRITUALE

Ultimo Aggiornamento: 03/04/2020 12:22
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03/04/2020 12:20
 
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E se per il testo di Tommaso suggerisco sempre la musica “contemporanea” di Domenico Bartolucci, non posso fare a meno di ricordare la perla mozartiana che ha consegnato all’eternità l’anonima antifona del IX secolo “Ave Verum Corpus”, espressione delle dispute eucaristiche sorte durante la rinascita carolingia:



Ave, vero corpo
nato da Maria Vergine;
[corpo che] veramente ha patito,
[ed è stato] immolato sulla croce per l’uomo;

[corpo] dal cui fianco trafitto
scorsero acqua e sangue.
Fa’ che ti abbiamo pregustato,
quando moriremo e saremo giudicati.

Schema e contenuto del testo papale

Divini davvero – me ne persuado ogni volta che ascolto queste cose – sono i misteri che tante incredibili bellezze hanno potuto suggerire ad anime umane. In quest’antica antifona, peraltro, l’orizzonte della “consumazione sacramentale” appare più sfumato che in quella tommasiana, e questa mi sembra una ragione in più per consigliarla in sede di “comunione spirituale”. Invece il Papa ha proposto un altro testo, riesumandolo dalla polvere di frusti testi d’annata. Perché?

Forse l’analisi della composizione di quella preghiera può darci qualche dritta:

  • anzitutto c’è una prostrazione interiore, che include un atto penitenziale (sa di spiritualità domenicana l’abbinamento del nulla creaturale alla presenza divina);
  • segue un atto di adorazione, che implica ma trascende una mera confessione dottrinale: anche il demonio crede che Cristo è presente nell’Eucaristia, ed evidentemente questo non gli basta a salvarsi;
  • l’accostamento tra “povera dimora” e “cuore” rimanda insieme al passo evangelico del servo del centurione e alla formula liturgica “Domine non sum dignus”, e ha il pregio di far porre “spiritualmente” al fedele non fisicamente presente un atto personale inerente alla celebrazione che si svolge;
  • la distinzione tra comunione sacramentale e spirituale è indicata nei termini di un’eccellenza della prima, più che di un suo surrogato nella seconda;
  • in “che io venga da Te” anche il Papa ha citato l’Anima Christi iube me venire ad te»), dischiudendo l’atto immanente sul panorama escatologico;
  • donde lo sguardo ricade sulla prospettiva della vita e della morte, e si conclude con un atto di fede, di speranza e di amore.

C’è di che riflettere lungamente su questa preghiera, che il Vescovo di Roma ha inteso (ri-)proporre all’attenzione di tutte le Chiese che egli presiede nella carità. Non abbiamo bisogno di stilare classifiche (vera casa delle Muse, la Chiesa ha sempre incoraggiato e prodotto letteratura, ma non si è mai ridotta a un concorso di poesia): se però in questo periodo di digiuno eucaristico coatto cerchiamo strumenti per mettere a frutto il desiderio di Gesù, da oggi ne abbiamo ritrovato uno nella panoplia.


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