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LA PREGHIERA DELL'"AVE MARIA"

Ultimo Aggiornamento: 26/04/2019 11:19
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26/04/2019 11:08
 
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Fonte: http://www.roccopoliti.it/?p=18056


Alle fonti dell’Ave Maria

L’ Ave Maria prende forma nel medioevo. Essa nasce poco a poco, come una meditazione gioiosa sul mistero, come una preghiera che abita il cuore e si mormora con le labbra. San Bernardo, una delle grandi figure di questo periodo, ha alcune parole su Maria, cesellate come un poema:

seguendola non si smarrisce la via; pregandola non si dispera; pensando a lei non ci si inganna. Se ti tiene per mano non cadrai; se ti guida non conoscerai la fatica; se è con te sei sicuro di giungere a buon fine».

L’Ave Maria è una preghiera semplicissima. Nessun’altra, probabilmente, se si eccettua il Padre Nostro, è così conosciuta e diffusa. Si dice spesso che è la preghiera dei poveri ed è probabilmente vero.

La si chiama, talvolta, il “saluto angelico”, perché inizia con le parole rivolte dall’angelo a Maria.

L’origine dell’Ave Maria

Nelle prime parole dell’Ave Maria, noi ripetiamo le prime parole del saluto dell’angelo Gabriele a Maria: «Ave, piena di grazia, il Signore è con te»

(Lc 1,28), intrecciate a quelle di Elisabetta in occasione della Visitazione:

«Tu sei benedetta fra tutte le donne e benedetto il frutto del tuo seno»

(Lc 1,42). I due saluti sono stati riuniti in una stessa preghiera nel IV o V secolo, in particolare nelle liturgie greche dette di san Giacomo, di san Basilio e di san Marco che, dopo la parola «Ave», inseriscono il nome di Maria.

Le Chiese d’Oriente aggiungono assai presto a questo primo saluto: «perché hai generato il Salvatore delle nostre anime». Questa preghiera contempla Maria e medita il mistero dell’accoglienza della parola, del dono inaudito di Dio che la sceglie perché ha creduto.

La prima parte dell’ Ave Maria entra nella liturgia latina nel VI secolo, nell’antifona offertoriale di una Messa d’Avvento attribuita a Gregorio Magno. Diventa una preghiera più personale nel VII secolo, ma il suo uso al di fuori della liturgia resta raro fino al 1198.

A quest’epoca il vescovo di Parigi Oddone di Seliac prescrive ai preti in cura d’anime di esortare i fedeli alla sua recita insieme con il Padre Nostro e il Credo. E a partire dal XIII secolo, l’uso si diffonde largamente: in Francia,

in Spagna, in Inghilterra, in Germania. Anche gli ordini religiosi, come i Cistercensi, i Certosini, i Domenicani e molti altri la prescrivono.

Ma in quest’epoca l’ Ave Maria termina con le parole di Elisabetta a Maria:

«E benedetto il frutto del tuo seno»; spesso si recita accompagnata da un inchino o da una genuflessione, o viene ripetuta più e più volte come gesto di penitenza. Papa Sisto IV (+ 1484) concederà un’indulgenza di 30 giorni a coloro che concluderanno questa preghiera aggiungendo le parole:

«Gesù Cristo. Amen».

Un po’ alla volta nasce, dunque, il bisogno di completare questo saluto con una supplica o una preghiera. E molti lo fanno, liberamente, spontaneamente. Così san Bernardino da Siena, prima del 1440, in un sermone che conclude con l’Ave, scrive: «E io non posso impedirmi di aggiungere: Sancta Maria ora pro nobis peccatoribus, Santa Maria prega per noi peccatori!».

Già un breviario certosino del XIII secolo aggiungeva: «Sancta Maria, ora pro nobis, Santa Maria prega per noi». Verso il 1500, infine, molti breviari in differenti luoghi d’Europa (Francia, Italia…) aggiungono: «Ora e nell’ora della morte. Amen!». E nel 1568, il papa Pio V prescrisse ai sacerdoti di iniziare la recita del breviario con il Pater e l’ Ave nella forma che utilizziamo oggi. All’inizio del XVII secolo, l’ Ave Maria, così come la conosciamo, è ormai in uso in tutta la Chiesa.


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26/04/2019 11:09
 
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“Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te”


Il Vangelo di Luca si apre con le parola dell’angelo di Dio a Zaccaria, marito di Elisabetta, sacerdote del tempio di Gerusalemme, per annunciargli che sua moglie – la sterile! – concepirà e darà alla luce un figlio. E subito dopo «L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse:


Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,26-28).


Anche a Maria – giovane donna di una borgata lontana da Gerusalemme, l’angelo annuncia una cosa inaudita: l’incarnazione del Figlio di Dio nel suo seno. Attraverso di lei, umile, Dio viene ad “abitare” in mezzo a noi.


Rallegrati…


“Ave Maria piena di grazia il Signore è con te”
«Ave…» dice l’angelo nella traduzione latina del Vangelo che è entrata nella nostra preghiera. Cioè «Ti saluto…». O meglio, secondo le parole che il Vangelo di Luca trasmette in greco, «Rallegrati».

Per Luca, la gioia è sinonimo di salvezza; è il tratto distintivo di Dio quando interviene a favore dell’uomo. La gioia percorre, da parte a parte, tutto il suo Vangelo: da Maria ai pastori di Betlemme, fino al pubblicano Zaccheo. Quando Dio interviene è un momento di gioia straordinaria.


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26/04/2019 11:10
 
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…piena di grazia


Maria è colmata di grazia… E la parola impiegata da Luca per dire «piena di grazia» è assai rara. La si ritrova solo un’altra volta in tutto il Nuovo Testamento, nella Lettera di Paolo agli Efesini.


Là, contemplando il dono straordinario che ci è fatto, Paolo assicura che


«Dio ci ha destinati a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto» (Ef 1,5-6).


Così l’espressione “piena di grazia” designa la pienezza dell’amore di Dio quando esso tocca l’uomo. E quando Gesù aprirà la sua predicazione nella sinagoga di Nazaret tutti, dice Luca, «gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca» (Lc 4,22).


La grazia rappresenta il mistero di Dio che sfiora, con delicatezza, l’umanità per inserirla nel suo mistero di salvezza.


… il Signore è con te!


Si può, forse, rivolgere un saluto più bello di questo ad un uomo o ad una donna? «Il Signore – dice l’angelo a Maria – è con te»: Dio si è fatto prossimo, vicino, ti ha raggiunta sulla tua strada, ti ha scelto…


L’espressione viene da lontano. Già nell’Antico Testamento, quando l’angelo del Signore chiama un uomo perché realizzi il progetto di Dio, gli assicura la sua presenza con questa formula benaugurante. Il saluto dell’angelo,


in questi casi, esprime la realtà dell’impegno di Dio e della sua presenza accanto all’uomo. Quando chiama qualcuno a portare il suo progetto nel cuore della storia, Dio si impegna accanto all’uomo, in modo totale. …


Un esempio?


Un giorno, l’angelo del Signore parlò così a Gedeone, mentre batteva il grano nel tino per sottrarlo ai Madianiti. L’angelo del Signore si rivolse allora a Gedeone con le stesse parole che risuoneranno a Nazaret:


«Il Signore è con te!».


E gli affidò il compito di diventare, nel nome di JHWH, giudice e liberatore del suo popolo (Gdc 6,12).


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26/04/2019 11:14
 
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Benedetta tu
Un immenso progetto di Dio

Le parole dell’angelo risuonano, all’interno della grande tradizione biblica, come l’apertura insieme familiare e solenne di un racconto di vocazione.

Si capisce che qui Dio apre un momento inedito della storia di salvezza.

L’angelo chiama Maria, da parte di Dio, per un progetto che la supera immensamente, un progetto di benevolenza per l’umanità tutta intera:

«Maria, il Signore è con te…»

Rileggendo queste parole del Vangelo, ciascuno di noi vi sente l’eco di altre pagine bibliche, come il canto straordinario di Sofonia: «Gioisci, figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!»

(Sof 3,14-17). È questo canto che noi condividiamo con meraviglia quando preghiamo umilmente l’Ave Maria!

“Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno”

Con le parole del saluto angelico riprese integralmente all’inizio dell’Ave Maria, la preghiera intreccia le parole di Elisabetta a sua cugina:

«Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!» (Lc 1,42). Come se queste parole continuassero senza interruzione le parole dell’angelo.

Luca insiste, qui, sul posto centrale occupato dallo Spirito Santo.

È lui che realizza in Maria la parola annunciata dall’angelo.

È Lui che si manifesta in Elisabetta quando il bambino trasalisce di gioia nel suo seno. È lui che interviene ancora per ispirare le parole di Elisabetta che si uniscono con grazia, nel soffio della stessa fede, a quelle dell’angelo: «Benedetta tu fra le donne». Parole che vengono direttamente dal cuore di Dio.

Un incontro indicibile

L’incontro tra le due donne, carico di tenerezza e di grazia infinita, ha ispirato una grande varietà di dipinti e di icone di ogni epoca. Maria è giovane e porta in sé la vita del Figlio che Dio dona all’umanità.

L’anziana Elisabetta, considerata sterile, ora conosce la giovinezza

infinita di una gravidanza ritenuta impossibile.

L’incontro delle due donne è di straordinaria intensità, perché entrambe si sentono toccate da Dio e dai suoi progetti.

L’una e l’altra sono benedette e colmate della vita che viene da Dio.

Il trasalimento di Giovanni nel ventre di Elisabetta professa già la fede del profeta: Giovanni Battista riconosce e annuncia il Figlio di Dio.

La sua testimonianza profetica che, ai confini del deserto di Giuda, sarà rude ed impietosa, in questi primi istanti si esprime come un immenso giubilo. L’esultanza di Giovanni Battista nel grembo della madre altro non è che il segno della venuta del Messia. Fin dal grembo materno – lascia intendere l’evangelista – Giovanni è il precursore.

Anche Elisabetta è invasa dallo spirito profetico e si meraviglia:

«A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?».

“Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno Gesù”
Benedetta tu…
Le parole di Elisabetta nel suo incontro con Maria ispireranno tutte le parole della Chiesa su Maria. Luca – come anche Matteo nel suo racconto centrato su Giuseppe e tuttavia così delicato verso Maria (Mt 1-2) – le ha ricevute da una comunità credente che aveva contemplato Maria e le ha scolpite per sempre nel suo Vangelo.

«Benedetta sei tu tra tutte le donne», esclama Elisabetta. Nella tradizione biblica, “benedire” non è tanto una parola ma un gesto con il quale colui che benedice trasmette la vita, dono di Dio. Così Giacobbe benedice i suoi figli quando sente che i suoi giorni sono compiuti. E in essi sono benedette le dodici tribù d’Israele (Gen 49). E poiché Dio è, per eccellenza, colui che benedice, la proclamazione di Elisabetta assicura che Dio stesso offre a Maria il dono eccezionale della vita che germoglia in lei.

…tra le donne

Proclamare che Maria è benedetta significa sottolineare la sua condizione con un superlativo. Anche qui Luca ha di certo in mente le Scritture quando scrive queste parole. Forse pensa al libro di Giuditta. Lo ricordate?

In questo antico racconto epico che esprime il Credo d’Israele nel Dio che salva, il popolo eletto è spinto sull’orlo del baratro da Nabucodonosor e dal suo esercito. Giuditta utilizza la sua bellezza, ma soprattutto la sua fede, per affrontare Oloferne, il capo dell’esercito nemico, e ucciderlo riportando al suo popolo la testa del tiranno. Questa storia assicura che Dio salva il suo popolo.

Davanti a Giuditta, il popolo salvato loda il Signore con grande allegria. E le sue parole ci mostrano cosa vuol dire che una persona è benedetta tra le donne: «Tutto il popolo era oltremodo fuori di sé e tutti si chinarono ad adorare Dio, esclamando in coro: “Benedetto sei tu, nostro Dio, che hai annientato in questo giorno i nemici del tuo popolo”.

Ozia a sua volta disse a Giuditta: “Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra e benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo e la terra è ti ha guidato…

Davvero il coraggio che hai avuto non cadrà dal cuore degli uomini, che ricorderanno sempre la potenza di Dio”.

E tutto il popolo esclamò: “Amen! – Amen!» (Gdt 13,14.17-20).

Sì, «benedetta tra le donne»! Anche Maria si rende disponibile al progetto di Dio per entrare in una storia di salvezza. Per questo il bambino che nascerà da lei si chiamerà “Gesù” che significa «Il Signore salva… egli – infatti – salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21).

Dire che Maria è benedetta tra le donne significa benedire il Signore, l’Altissimo, che ha creato il cielo e la terra e che la sostiene.

E riconoscere che l’uomo vive del progetto di Dio e della sua bontà infinita.

Elisabetta, dunque, con il suo «benedetta tra le donne», riconosce l’immensità del dono di Dio che scende ad altezza d’uomo.


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26/04/2019 11:15
 
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… benedetto il frutto del tuo seno


«Benedetto il frutto del tuo grembo!» dice Elisabetta. Come se Maria fosse la sola a dare la vita a Gesù. Come se fosse suo figlio, e lo è veramente!


Ma tutto il racconto sottolinea (e Matteo lo dice forse, ancora più chiaramente) che Gesù è figlio di Dio, concepito dallo Spirito Santo


(Mt 1,18-25; Lc 1,35). Proprio quello che Elisabetta proclama con una sola parola: «Benedetto il frutto del tuo seno»!


Così Gesù nasce pienamente uomo – il frutto del tuo seno -, ma anche pienamente Dio («A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?»). Gesù, figlio di Maria, è benedetto.


Ma questo figlio viene da Dio, è di Dio, è Dio. La devozione della Chiesa e la teologia approfondiranno all’infinito queste affermazioni evangeliche, discrete e illuminanti, che conducono nel cuore della fede.


…Gesù


L’abbiamo già ricordato: l’Ave Maria è apparsa progressivamente nella fede e nella preghiera della Chiesa. Alle parole dell’Angelo e di Elisabetta, che la fede ha velocemente intrecciato, è stato aggiunto successivamente il nome di Gesù.


Pronunciare questo nome nella preghiera significa ridire, qui ancora come si fa nel Credo, che Gesù è al centro della fede. In lui siamo salvati.


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26/04/2019 11:17
 
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“Santa Maria, Madre di Dio”


La seconda parte dell’Ave esprime la preghiera della Chiesa e si apre con una professione di fede: «Santa Maria madre di Dio». Maria è entrata nella fede cristiana grazie all’incarnazione del Verbo. Ma per forgiare le parole della fede in Cristo, la Chiesa ha impiegato quasi cinque secoli e diversi «concili cristologici» che hanno permesso di comprendere progressivamente l’identità di Gesù, tra tensioni e tentazioni che conosciamo anche oggi.


Così, nel 325, al concilio di Nicea, la Chiesa affermò con forza che Gesù è nello stesso tempo vero uomo e vero Dio. In seguito, nel concilio di Efeso del 431, venne proclamata la divina maternità di Maria. Maria è “madre di Dio” (theotokos) non perché il Verbo di Dio ha preso da essa la sua natura divina, ma perché è da lei che Egli ha preso il corpo per cui «nacque secondo la carne».


Con questo grido della fede, maturata attraverso i secoli dalle comunità cristiane d’Oriente e d’Occidente, inizia la seconda parte dell’Ave Maria: «Santa Maria madre di Dio…».


Santa Maria, madre di Dio…


La Chiesa ama dire che Maria è «santa». E ama ripetere continuamente nella sua preghiera, Santa Maria…


Afferma così che Maria è segnata da Dio in modo straordinario.


E che questa traccia di Dio la abita; che tutto, in lei, è disponibilità all’Altissimo. Per questo nel suo grembo, il Verbo si fa carne. E la santità, pur supponendo il consenso dell’uomo, è esclusivamente l’opera di Dio in noi.


Così, quando preghiamo: «Santa Maria, madre di Dio», noi ridiciamo le parole attraverso le quali la Chiesa esprime l’appartenenza totale di Maria a Dio. Ed è questo mistero dell’infinita vicinanza di Maria con il Cristo che noi scrutiamo in queste poche parole che aprono le umili domande della seconda parte dell’Ave Maria.


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26/04/2019 11:18
 
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… prega per noi peccatori


Le due espressioni che chiudono l’Ave Maria sono apparse, come abbiamo visto, progressivamente. In effetti, dopo aver adottato in modo abituale, nella sua preghiera, la prima parte dell’Ave Maria, la Chiesa l’ha un poco prolungata supplicando Maria di intercedere e pregare per noi peccatori.


Perché anche noi siamo sfiorati da questa luce immacolata che sola può penetrare la nostra vita carica di oscurità e di corruzione.


Forse questa insistenza sulla povertà dell’uomo che si riconosce peccatore viene da un tempo in cui, più di oggi, si insisteva sul peccato. E tuttavia, ancora una volta, noi siamo al centro della fede. Infatti il kerygma, il nucleo della fede apostolica, il cuore del Vangelo, è la proclamazione di Paolo: «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato».


Cristo ci ha salvati dal peccato, dalla morte… Si va all’essenziale: chiedendo a Maria di pregare per noi, non le chiediamo la salvezza – noi siamo salvati solo dalla morte di Cristo e trascinati da lui verso la risurrezione! – ma la sua vicinanza materna, la sua intercessione. Come poveri e bisognosi, imbocchiamo il cammino della preghiera a Maria, riconoscendo quanto ci siamo allontanati dal Figlio suo.


Ciò che diciamo, lo si capisce, si inscrive nella grande corrente della tradizione cattolica.


I “protestanti” non farebbero queste stesse affermazioni: solo il Cristo può salvarci; solo a lui possiamo gridare come il cieco sulla strada: «Salvaci»!


La tradizione cattolica, tuttavia, non ha mai rifiutato l’intercessione di Maria.


A lei, madre di Gesù e dell’umanità, noi affidiamo la nostra debolezza.


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26/04/2019 11:19
 
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…adesso e nell’ora della morte


L’ultima supplica dell’Ave Maria è ancora più umile e più fiduciosa.


Essa tocca il punto che vorremmo talvolta passare sotto silenzio, quella realtà conclusiva della nostra vita che ci trova totalmente impotenti.


Così preghiamo Maria per l’oggi, che conosciamo, e per l’ora della nostra morte che non conosciamo affatto e che, forse, ci piacerebbe dimenticare.


La preghiera è verità e qui confessiamo la nostra estrema fragilità.


Molti uomini e donne hanno sperimentato la bontà e la protezione di Maria nei momenti ultimi. Maria, madre di Dio e madre degli uomini, nell’ultimo istante, conduce l’umanità sulle strade illuminate dal suo Figlio.


Si è spesso affermato che l’Ave Maria è la preghiera del povero:


una preghiera semplice amata da tanta gente, dai piccoli, dai malati, da noi stessi…


Tante persone hanno in mano un rosario quando si mettono in preghiera rivolgendosi verso il cielo. Esse sanno bene che si rivolgono a Dio, ma sono anche consapevoli della vicinanza materna della Madonna.


A Lourdes e in tanti altri santuari mariani, la preghiera dell’Ave Maria spinge ad una forte disponibilità interiore e alla fiducia.


Amen
Con l’Amen finale noi diamo piena adesione all’insieme di questa breve preghiera che riunisce la terra e il cielo nella fiduciosa supplica alla madre del Salvatore.


L’Ave Maria offre le parole alla preghiera interiore di ciascuno, ripetendo il mormorio evangelico dell’angelo dell’annunciazione e di Elisabetta.

E con pochi cenni presenta a Dio, per mezzo di Maria, tutte le pagine della nostra vita di poveri peccatori. Maria, madre di Dio e madre degli uomini, ci conduca sul cammino che conduce al suo Figlio.


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L'ANIMA MIA MAGNIFICA IL SIGNORE (Luca 1,48)
 
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