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COMMENTO DELLA LETTERA AGLI EFESINI

Ultimo Aggiornamento: 03/11/2018 10:51
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03/11/2018 10:50
 
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Il nemico è invisibile. Il nostro nemico è invisibile, perché satana, che è il nostro nemico è invisibile. Per Paolo l’uomo non ha a che fare con un altro uomo. Se un uomo si trovasse di fronte ad un altro uomo, con le sue energie umane potrebbe anche vincerlo, superarlo, rimanendo nella sua verità e nella sua carità. Invece il nostro nemico è invisibile, il vero nemico dell’uomo è satana, il diavolo. Caratteristica del diavolo è una sola: l’invidia che lo corrode contro l’uomo, che non gli dona pace, né tregua finché non vede l’uomo, ancora possibile di salvezza, nell’inferno da vivo come lui. Le passioni dell’uomo possono alla fine anche cessare; l’invidia di satana mai cessa, mai viene meno, mai finisce, mai si dona per vinta. Lui vuole la morte eterna degli amici di Cristo Gesù e con furore diabolico li tenta perché abbandonino la via della verità ed entrino in quella della falsità, dell’egoismo, della sopraffazione, di ogni vizio, di ogni peccato, della negazione di Dio, fino a farsi loro stessi dei, farsi cioè legge a se stessi, legge di peccato e di morte, non certamente legge di vita e di verità. Poiché il nostro nemico è invisibile solo il nostro amico anch’esso invisibile potrà batterlo, vincerlo, superarlo: Gesù Cristo nostro Signore. Di Cristo si deve rivestire il cristiano se vuole sconfiggere satana. Se non riveste Cristo è già uno sconfitto, è sconfitto perché non ha rivestito Cristo Signore. Quando un uomo si è lasciato vincere da satana, costui diviene lo strumento visibile di satana per la rovina di quanti credono in Cristo Gesù. Diviene uno strumento veramente cattivo, cattivo come satana. Dinanzi alla cattiveria satanica di un uomo, solo la grazia di Cristo ci può, ma anche solo la tenda di luce di Cristo ci può salvare. Chi non ha Cristo è perduto; chi non ha Cristo è già vinto, sconfitto. È sconfitto perché anche lui ormai fa parte del regno di questo mondo. Satana è riuscito a portarlo nel suo regno attraverso i suoi strumenti umani. Anche su questo campo c’è molto da dire. Oggi c’è una pastorale che non considera più il peccato, non sa neanche dell’esistenza di questo nemico invisibile, ignora che deve lottare un male la cui origine non è nel cuore dell’uomo, ma nel cuore di satana. Questa pastorale pensa che le buone intenzioni degli uomini siano sufficienti a cambiare il peccato in grazia, la falsità in verità, l’egoismo in carità, le tenebre in luce, l’invidia in sentimento di bontà e di misericordia. Questa pastorale ignora che il campo avversario è governato da satana e satana uno solo lo può vincere, perché uno solo lo ha vinto: Cristo Signore. Lo vince Cristo Signore e quanti formano con Lui un solo corpo nella santità e nella verità, nella giustizia e nella saggezza dello Spirito Santo. Questa pastorale che esclude Cristo e fonda la sua riuscita sulle buone intenzioni degli uomini è una pastorale cieca, non cristiana, neanche pagana. È una pastorale di chi non conosce satana e neanche le sue insidie.


Qual è il giorno malvagio? I giorni sono malvagi, perché la storia è sotto il governo di satana e gli uomini sono sotto il suo impero di male. Dove c’è il governo di satana, i giorni sono malvagi. I giorni sono chiamati anche loro a redenzione e salvezza. Si salvano e si redimono nel cuore di chi cerca il Signore, di chi lo ama, di chi supera la tentazione e inizia un vero cammino di perfezione nella verità e nella carità che sono in Cristo Gesù. Il giorno malvagio è il giorno del malvagio; il giorno santo è il giorno del santo. Il cristiano, che è chiamato alla santità, deve operare a portare santità nei giorni dell’uomo e ve la porta strappando uomini al regno del malvagio per consegnarli al regno dell’unico e solo Giusto: Gesù Cristo Signore nostro. Il giorno malvagio pertanto non è un giorno cronologico, ma è un giorno spirituale: è il modo di essere dell’uomo che è malvagio, perché senza Dio.


Ben fermi. Chi vuole iniziare il buon combattimento della fede, della verità, della giustizia, del Vangelo, chi vuole camminare dietro Cristo, deve avere una sola certezza nel cuore: solo Cristo è la via, la verità, la vita; solo Lui ha parole di vita eterna; solo Lui è la vita eterna per ogni uomo; solo in Lui l’uomo trova se stesso; solo conformandosi a Lui raggiunge la sua piena maturità. La fermezza del cristiano deve essere nella fede. Se non è fermo nella verità, nella fede, nella giustizia che discendono da Dio, tutto alla fine diventerà per lui vacillante. Oggi il cristiano non combatte più perché ha vacillato nella fede, non crede più nella verità e nell’unicità della Parola di Cristo Gesù. Anzi neanche più crede nella necessità di appartenere a Cristo. Tutto è divenuto vacillante nel cristiano senza più fermezza nella fede. Se non si porterà la fermezza della fede nel cuore, niente si potrà più fare per riportare il cristiano nella sana moralità, nella carità, nella speranza. Tutto inizia dalla fede al Vangelo, come unica Parola di salvezza; tutto comincia dalla fermezza del cuore, della mente, dell’intelligenza, dei pensieri che si radicano nel Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo, senza distaccarsi da esso neanche di una particella infinitesimale. Se questo non avviene, inutile sperare in qualcosa di buono nel cristiano. Questi è già consegnato al male e ci si consegna sempre al male, nel momento in cui ci si consegna alla falsità; si è sempre dell’altro regno, quando non si è fermi, radicati, stabilizzati nella verità della Parola di Cristo Gesù.


Verità e giustizia. La fermezza del cristiano sono per lui la verità e la giustizia di Dio. Verità e giustizia discendono dal cielo, gli sono date per rivelazione. Verità e giustizia non sono lasciate alla libera ricerca dell’uomo, neanche alla sua intelligenza, o buona volontà. Niente deve introdurre l’uomo nella verità e nella giustizia, niente deve togliere. Se toglie e se aggiunge si pone fuori della verità e della giustizia che vengono da Dio. Fuori della verità e della giustizia, che sono la manifestazione della volontà di Dio, volontà perfetta, puntuale, attuale, non c’è costruzione del regno di Dio. Questo deve essere affermato con chiarezza, con precisione di linguaggi, con libertà della mente e del cuore da tutto ciò che l’uomo pensa siano giustizia e verità, mentre altro non sono che arrangiamenti di giustizia e di verità, quindi parvenza di esse. Nella parvenza, nell’arrangiamento non c’è regno di Dio; c’è solo la falsità e la stoltezza di un uomo che pensa potersi sostituire a Dio e in suo nome stabilire la legge e la regola che governa il suo regno di verità e di giustizia sulla nostra terra.


Lo zelo per il Vangelo. Chi vuole essere vero discepolo del regno, deve essere anche vero soldato di Cristo, impegnato assiduamente, quotidianamente nella diffusione della sua Parola, nella proclamazione del suo Vangelo. Se manca l’impegno attivo per la diffusione del Vangelo, se il cuore è privo di questo fuoco di carità verso Cristo che lo spinge ad annunziare Cristo ad ogni uomo, l’appartenenza del cristiano a Cristo è ben misera cosa, è inesistente, nulla. La verità del cristiano è nella sua forza di dare Cristo ai fratelli, al mondo intero. Questo è lo zelo per propagare il Vangelo sulla terra. Da questa forza non solo il mondo riceve nuova luce, il cristiano stesso diventa invincibile. Il Vangelo che egli dona, Cristo che porta nei cuori, a poco a poco diventano forma della sua stessa vita, essenza del suo essere. Donando il Vangelo, portando Cristo, il cristiano si trasforma in Vangelo, in uomo della Parola di Cristo, si trasforma in Cristo, si conforma interamente a Lui, assume la stessa forma ed essenza della Parola, diviene ciò che la Parola insegna e annunzia. Nessuno potrà più rapirgli il tesoro nascosto del Vangelo, dal momento che ormai lui e il tesoro formano un’unica essenza, una sola vita, un solo cuore, una sola volontà, un solo corpo, un solo tutto.


Lo scudo della fede. Nella lotta contro il nemico invisibile si deve attaccare, ma anche difendere dagli attacchi. Sappiamo che l’attacco del nostro nemico invisibile è uno solo: distruggere a poco a poco la fede nel nostro cuore, in modo che in noi non regni più alcuna certezza, alcuna verità, alcuna volontà di Dio. Il nostro nemico invisibile vuole, e per questo viene all’attacco, distruggere la verità nel nostro cuore, nella nostra mente, nella nostra volontà. Come si resiste a questo attacco? Per Paolo non c’è alcuna possibilità di resistenza se non attraverso lo scudo della fede. La fede deve essere nel cristiano l’unica sua certezza, l’unico metro per separare errore da verità, l’unica regola per sapere ciò che viene da Dio da ciò che viene dal male, o dal nemico invisibile dell’uomo. Anche in questo caso la fede deve essere non una verità fuori di noi, ma la nostra stessa vita. Il nostro spirito, la nostra mente, il nostro cuore devono essere impregnati di fede, anzi immersi e sommersi nella fede. La fede deve divenire la nostra stessa forma mentale. Tutto in noi deve traspirare di fede. Se questo non avviene, se la nostra immersione nella fede è superficiale, sarà facile per il nemico invisibile dell’uomo trasportarlo nel regno della menzogna, della falsità, dell’errore. Una volta che si è tolto lo scudo della fede, il cristiano non ha più scampo alcuno. Egli è vittima perenne del suo nemico. Questi può fare di lui ciò che vuole, lo può trascinare in ogni nefandezza, in ogni peccato, in ogni trasgressione. Senza fede, il cristiano è senza più protezione. La fede in lui deve essere però totale, integra. Un solo cedimento in una sola parte della fede è come se aprisse un foro nella fortificazione della sua torre. Tutto il male può avvolgere il cristiano da un solo errore circa la sua fede. Per questo coloro che vogliono iniziare una qualche opera pastorale nel popolo di Dio, devono iniziare nel riparare le brecce fatte dal nemico nella sua fede. Possiamo dire che oggi il cristiano, quanto alla fede, è senza scudo, senza fortificazione alcuna, è esposto ai quattro venti ad ogni insidia del male. Il cristiano di oggi per molti versi è senza fede alcuna. Senza fede, si è sempre perdenti, si è già vinti.


L’elmo della salvezza. Non basta però la sola protezione dello scudo della fede, occorre anche possedere, o indossare un buon elmo della salvezza. Cosa è quest’elmo e come lo si indossa? L’elmo è elemento protettivo della testa. La testa è l’elemento più prezioso che il combattente deve proteggersi. Proteggere la testa significa proteggere gli occhi, le orecchie, il naso, la bocca, come elementi esterni attraverso i quali l’intelligenza, la sapienza, vede, ascolta, percepisce, intuisce pericoli, sa intraprendere tutte quelle soluzioni utili per avere la vittoria sul campo di battaglia. L’elmo della salvezza che il cristiano deve indossare è quella particolare grazia che gli consente di vivere sempre da uomo redento, giustificato, salvato, da uomo che cerca nella realizzazione del suo essere ad immagine di Cristo Gesù, una sempre più grande conformazione a Lui nella vita e nella morte. L’elmo della salvezza è quella comunione di vita con Cristo per cui il cristiano vede come vede Cristo, sente come sente Cristo, ama come ama Cristo, lotta come lotta Cristo, costruisce il regno di Dio come lo costruisce Cristo Signore. L’elmo della salvezza è la salvezza, che ogni giorno diviene più grande santificazione, che si fa strumento e mezzo di difesa del cristiano. È quella crescita in grazia e in sapienza che rende il cristiano immune dalla falsità, dalla menzogna, dall’errore, da ogni insidia del male. In niente il male lo può ingannare, sedurre, perché il cristiano vede con gli occhi di Cristo, ascolta con le sue orecchie, sente e parla alla stessa maniera di Cristo Gesù. Senza crescita in grazia, in santità, in sapienza, nella salvezza, è come se perdessimo ogni difesa immunitaria del nostro spirito. È sufficiente un solo attacco del male per cadere, per precipitare rovinosamente nella falsità e nel peccato. Questa è la sorte per tutti coloro che non crescono in grazia e in verità.


La spada dello Spirito. La spada dello Spirito è la divina Parola, il santo Vangelo che il cristiano annunzia, proclama, dice, proferisce, testimonia. Quando il cristiano diventa missionario, allora la sua capacità operativa nel regno di Dio è grande. Ma questa capacità operativa non si sviluppa in lui, se manca la crescita nella grazia e nella sapienza. Un cristiano che rimane rachitico quanto alla grazia e alla sapienza, mai prenderà in mano la spada dello Spirito per propagare il Vangelo della pace nel mondo. La battaglia, il combattimento è degli uomini adulti. L’adulto può divenire soldato di Cristo Gesù, chi rimane piccolo nella grazia e nella sapienza, perché non mette nessuna buona volontà per crescere in esse, non potrà mai combattere la buona battaglia della diffusione del Vangelo, mai potrà prendere la spada dello Spirito Santo. Ha arrestato la crescita del regno dentro di lui, necessariamente l’arresterà attorno a lui; non è cresciuto lui nel regno, non potrà aiutare nessun altro a crescere nella grazia e nella sapienza. Questo ci insegna non solo quanto sia importante prendere in mano la spada dello Spirito e diffondere la divina Parola intorno a noi, ma anche come nessuno potrà mai essere in grado di fare questo, se in lui per primo il Vangelo non ha messo radici profonde e non si è sviluppato secondo tutta la forza di espansione che Dio ha posto in esso. Diffondendo la Parola attorno a noi, la stessa Parola cresce in noi; facendo crescere la Parola in noi, essa naturalmente espande le sue radici attorno a noi. Se si arresta la crescita in noi si arresterà anche fuori di noi. La causa però della crescita della Parola fuori di noi è in noi ed è la crescita nostra nella divina Parola. Quando la Parola è forte in noi, con essa costruiamo il regno di Dio attorno a noi e lo stesso regno che costruiamo diviene per noi una fortezza che ci protegge da ogni dardo infuocato del nemico.


Dono intenzionale, dono operativo della volontà. C’è nel cristiano l’intenzione e c’è l’operazione; c’è la volontà e la sua realizzazione. Ogni cosa che il cristiano pensa, deve essere conforme alla volontà di Dio, deve essere manifestazione della sua verità. Se manca la conformazione del pensiero alla verità, l’opera non può essere fatta. Nessun dono può essere offerto se non nasce dalla verità, nella verità si compie e si realizza, nella verità svolge la sua finalità. Se uno solo di questi passaggi non è nella più pura verità, il dono non può essere fatto. L’intenzione deve essere sempre retta ed è retta quando la verità è a fondamento, a principio, a coronamento, quando è anche scopo e finalità del pensiero, dell’intenzione. Se non c’è verità in quello che facciamo, non c’è neanche opera secondo Dio, non c’è carità e ogni dono che non è frutto della nostra carità, è un dono che si trasforma nell’altro in tentazione, in esplicito invito alla trasgressione dei comandamenti o al peccato. In questo il cristiano deve porre attenzione. Egli mai deve prestare la sua opera per una qualsiasi realizzazione che non conservi la verità dal pensiero alla sua finalità. Se in un solo passaggio, ciò che si vuole realizzare esce dalla verità, fosse anche per un solo istante, il cristiano deve ritirare la sua collaborazione. Ciò che lui sta per fare non entra più nei canoni della verità e senza la verità non è possibile costruire la carità. Quanto si sta facendo o è già peccato, o sicuramente ci si potrà servire di esso per il peccato. Questo il cristiano mai deve permetterlo; mai deve consentire a che una sua idea, o una sua realizzazione sia usata direttamente per il peccato. Se userà questo principio, se saprà conservare nella verità ogni suo dono all’umanità, la benedizione di Dio scenderà su di lui e lo accompagnerà per tutti i giorni della sua vita.


Pregare nello Spirito Santo. Paolo sa che tutto discende da Dio come grazia. Sa anche che Dio concede la sua grazia, se invocato dall’uomo. La preghiera apre le porte del cuore del Signore e fa riversare sulla terra tutti quegli aiuti di ordine materiale e spirituali necessari per svolgere con santità la missione che il Signore ci ha affidato. Se si tralascia la preghiera, il cielo si chiude e il cristiano è lasciato solo a se stesso. Senza Dio, c’è il vuoto, la nullità; senza Dio non c’è il trionfo della verità ma della falsità, non c’è la vittoria della carità ma dell’egoismo; non c’è la costruzione del regno di Dio ma l’asservimento al principe di questo mondo. Il male avrà anche il sopravvento sugli uomini di Dio e questi a poco a poco abbandoneranno il Vangelo e la via della salvezza per consegnarsi alla durezza del cuore e alla cattiva volontà. La preghiera però deve essere fatta nello Spirito Santo, cioè in santità, in umiltà, nella grande carità, in quell’amore che ci fa innalzare lo sguardo verso Dio per chiedergli la salvezza, la redenzione, la giustificazione non solo per noi, ma per il mondo intero. Il cristiano sa che tutto è in Dio e chiede che tutto Dio si riversi nel mondo come luce, verità, santità, carità, giustificazione, parola di salvezza, conversione del cuore, adesione al Vangelo, cammino spedito dietro Cristo fino al Golgota. Pregare secondo lo Spirito è pregare nella grazia di Dio, quindi in stato di santità, ma anche è pregare perché solo la volontà di Dio si compie e mai la nostra. Noi vogliamo solo ciò che vuole il Signore, per questo ci rivestiamo di umiltà, ci spogliamo della nostra volontà, ci affidiamo totalmente al Signore, gli chiediamo che intervenga nella nostra storia, ma per portare salvezza nei cuori, perché i cuori siano liberati da tutto ciò che li lega al peccato, oppure da tutto ciò che impedisce loro di aprirsi alla grazia. Si chiede anche che ogni cuore possa ascoltare la divina Parola e da questa sia toccato perché vi aderisca e costruisca su di essa la propria vita. La preghiera è tutto per l’uomo di Dio. La sua vita vale quanto la sua preghiera, è santa quanto la sua preghiera, è giusta quanto la sua preghiera, ma è anche vera quanto è vera la sua preghiera.


Elemosiniere di preghiere. Il cristiano non solo deve pregare per sé, pregare per gli altri; deve anche chiedere che si preghi per lui, che si preghi per gli altri, specie per i missionari del Vangelo, perché possano annunziare la divina Parola con franchezza e siano tolti tutti quegli ostacoli che impediscono la realizzazione sulla terra del regno di Dio. Il cristiano per Paolo dovrebbe essere un elemosiniere di preghiere, uno che non si vergogna di chiedere preghiere, di domandare che venga sostenuto con la preghiera. Più preghiera si innalza per lui verso il cielo, più la grazia discende con abbondanza su di lui e più egli è nella possibilità dello Spirito Santo di predicare, di annunziare, di guidare, di correggere, di formare la comunità, di camminare dinanzi ad essa facendosi suo modello, con una vita intensamente vera e santa, tutta orientata verso il possesso e l’adempimento di una giustizia sempre più grande, più vera, più solenne. Oggi si prega poco, si prega male, non si chiedono preghiere, coloro ai quali si chiedono non possono elevarle al cielo perché non sono nello Spirito Santo, non vivono una vita nella verità e nella carità; sono fuori della comunione di vita con il corpo di Cristo. Bisogna che anche su questo si dica al popolo cristiano una parola forte, chiara, inequivocabile, santa. Si deve pregare in grazia, nella volontà di camminare nella verità, nel desiderio di farsi un dono d’amore per il Signore nel servizio dei fratelli. Quando questa volontà è forte e radicata in noi, noi possiamo chiedere preghiere, anzi dobbiamo elemosinare preghiere, perché solo nella preghiera è racchiuso il nostro futuro di uomini di Dio protesi e intenti a costruire il suo regno sulla nostra terra. Che il Signore conceda ad ogni suo figlio la grazia di comprendere la necessità di divenire un elemosiniere di preghiere. Da questa condizione di povertà nasce la vera ricchezza spirituale, poiché dalla comune preghiera elevata a Dio una vita santa sorgerà in noi e una carità operosa trasformerà il nostro egoismo nel più grande dono d’amore a Dio a beneficio dei fratelli da salvare.


Missionari ambasciatori. Il cristiano deve sentirsi missionario, ma deve essere non un missionario qualsiasi, un missionario che si sente investito di una missione di salvezza e la vive a suo piacimento, a suo gusto, secondo i desideri del suo cuore, o la sensibilità del suo spirito. Il cristiano tutto questo deve dimenticarlo. Se vuole vivere bene la missione che il signore gli ha affidato, non solo deve sentirsi missionario, deve avvertire nel suo spirito di essere un missionario ambasciatore. Se il missionario può avere un qualche centimetro di libertà individuale anche nell’impostare e nel riformulare la missione che gli è stata affidata, l’ambasciatore invece nulla può fare di sua spontanea libertà. Egli deve essere costantemente in ascolto del Signore; il Signore lo ha inviato, il Signore gli comanda cosa dire, cosa non dire e anche come dirlo e a chi dirlo. Se una sola di queste modalità – “cosa, come, a chi” – viene meno, non si è più ambasciatori, si è missionari e basta. Ma l’essere solo missionari non genera di per sé salvezza; la salvezza è generata dal missionario che è anche ambasciatore. È questa oggi la più grave lacuna esistente nella missione cristiana. Non si è più ambasciatori. Il missionario si è sostituito a Dio, è missionario, ma indipendente; è missionario, ma non è più ambasciatore; non dipende più da Dio in tutto. Anche questa modalità appartiene a quella pastorale cieca che non sortisce effetti di salvezza. Ci si può riprendere da questa situazione di disastro spirituale, ad una sola condizione: che il missionario riprenda la mansione di ambasciatore e che nulla faccia che non sia obbedienza a Dio, non sia dono della verità e della grazia, non siano anche modalità secondo le quali deve annunziare e parlare, e sia anche libertà dalle persone cui annunziare il Vangelo, perché chi stabilisce dove, quando e a chi annunziare il Vangelo è il Signore della gloria. È il Signore se il missionario ambasciatore si consegna interamente al suo Dio e lo invoca nello Spirito Santo affinché gli manifesti tutte le regole che sono insite nella missione e funzione di ambasciatore per il nostro Dio, del nostro Dio.


Rapporto vero con Cristo. Rapporto vero con gli uomini. Su questo spesse volte si è intervenuti, dicendo e manifestando anche perché solo il vero Dio fa il vero uomo. Ora questo rapporto con Dio si specifica, si chiarisce in Cristo Gesù. Solo Cristo Gesù fa l’uomo vero, perché solo Lui è il vero Uomo, l’Uomo che ha consegnato tutta la sua vita a Dio per farne un sacrificio d’amore per la salvezza del mondo intero. Solo Cristo Gesù è l’immagine di Dio ad immagine della quale ci dobbiamo lasciare trasformare dallo Spirito Santo. Ora chi è Cristo Gesù? È Colui che ha sacrificato sul legno della croce la sua vita per la redenzione del mondo. Se Cristo si è fatto sacrificio di amore, olocausto di salvezza, passione di verità e di giustizia, perché noi ci facessimo in Lui verità e giustizia, può esistere un rapporto vero con i fratelli che non sia in tutto simile a quello di Gesù Signore? Il rapporto vero con i fratelli è uno solo: ad immagine e somiglianza di Gesù, inseriti nella sua verità, farsi dono di carità per la salvezza del mondo intero. Ogni altro rapporto che non sia finalizzato alla realizzazione di questo unico rapporto vero, non è un rapporto cristiano, non è quindi un rapporto vero, necessariamente non è neanche santo. Anche in questo bisogna dire che assistiamo quasi sempre ad una pastorale cieca. È cieca molta pastorale perché ha dimenticato Cristo, la trascendenza, la salvezza, la redenzione, la benedizione del mondo intero che deve instaurarsi sulla terra attraverso il cristiano che nella verità del suo essere ritrovato in Cristo, per Cristo, con Cristo, si fa olocausto, sacrificio, offerta viva e gradita al Signore. È da questo rapporto vero con Dio che si instaura il rapporto vero con gli uomini. Anche in questo dobbiamo dire che molta pastorale è cieca: è cieca perché non insegna l’olocausto come unica via di imitazione di Cristo Gesù, come unico sentiero attraverso cui nasce nel cuore una speranza nuova: farsi strumento di salvezza in Cristo a favore dell’umanità intera.


Comunione nella conoscenza. Ogni cristiano deve lasciarsi fare da Cristo un olocausto di amore per la salvezza del mondo intero. È questa la sua vocazione ed anche la sua missione tra i fratelli: divenire sacrificio di salvezza, aiutare ogni altro a lasciarsi fare vittima di espiazione per il mondo intero dallo Spirito Santo. La vita non appartiene più al cristiano; la vita del cristiano è una vita consegnata a Dio, in Cristo, nello Spirito Santo, perché ne facciamo uno strumento di verità e di carità a beneficio del mondo intero. Questo è lo statuto del cristiano in Cristo. Se il cristiano è chiamato a consegnare la sua vita per il bene spirituale e materiale dei suoi fratelli, ogni altra cosa che è nella vita, che appartiene alla vita, deve essere data ai fratelli. Un dono da dare sempre è la conoscenza, la sapienza, la saggezza nella verità e nella santità che noi abbiamo del Signore. Ogni cristiano è chiamato ad aiutare i suoi fratelli a crescere nella perfetta conoscenza di Dio e per questo occorre che vi sia una comunione nella conoscenza, attraverso la quale tutto il popolo di Dio, non solo alcuni privilegiati, tutta la Chiesa, tutta l’umanità può avvicinarsi di più a Dio perché ora lo conosce con più particolari di verità, di intelligenza, di sapienza nello Spirito Santo. La comunione nella conoscenza è una forma assai singolare di evangelizzazione. Per essa ogni conoscenza informale del Vangelo, o semplicemente da bambini, può divenire conoscenza adulta, matura, piena; può aprire la mente ad una verità sempre più grande, sempre più completa. La conoscenza poi genera il desiderio di perfezione nella verità sempre più grande. È questa l’unica via percorribile per chi vuole veramente entrare nella conoscenza di Dio secondo verità, nella giustizia vera, nella sapienza ed intelligenza dello Spirito Santo di Dio.


L’apostolo dona da parte di Dio. Il vero apostolo del Signore deve dimenticare se stesso, i suoi pensieri, i suoi doni spirituali, la sua scienza, la sua intelligenza, ogni altra capacità del suo spirito, o facoltà del suo essere. Egli deve considerarsi solo uno strumento nelle mani del Signore. Egli quanto dona ai fratelli, deve sempre donarlo da parte di Dio, proveniente da Lui. Anche una semplice parola non deve mai uscire dal suo spirito o dalla sua mente, deve venire in lui dallo Spirito del Signore e dalla mente di Dio perché sia data ai fratelli come un dono da parte dello Spirito Santo, da parte di Dio. Su questo ci sarebbe molto da dire. In molta pastorale è come se Dio non esistesse, o se esiste, esiste solo come soggetto remoto, lontano, assai distante dall’uomo. In questa pastorale l’uomo è tutto, l’uomo è il Signore, è il creatore della stessa pastorale. Urge un cambiamento di tendenza, di orientamento e questo cambiamento è uno solo: pensarsi dispensatori, amministratori dei misteri di Dio, esecutori perfetti della sua volontà, datori onesti, giusti, imparziali dei suoi doni di grazia e di verità, portatori nel mondo del Dio che vuole condurre l’uomo nel suo regno. Non è facile pensare così l’azione missionaria, o apostolica, ma questo è il vero modo santo di pensarla, non solo, ma anche di realizzarla, di attuarla. D’altronde il cristiano è tale perché ha deciso di annientarsi in Cristo, perché solo Cristo, la sua verità, la sua carità, vengano dati ad ogni uomo per mezzo di lui, nel suo sacrificio e nel suo annientamento.


Amore incorruttibile. L’amore incorruttibile è solo quello di Dio, donato tutto all’uomo in Cristo Gesù, versato nel nostro cuore per opera dello Spirito Santo. Amare Dio con amore incorruttibile significa amarlo con il suo stesso amore. Lo si ama così solo se l’amore di Cristo viene riversato interamente dallo Spirito Santo nel nostro cuore e noi attraverso un’obbedienza a Dio sempre più perfetta, completa, coinvolgente tutta la nostra esistenza, lo portiamo a maturazione allo stesso modo in cui lo ha portato a maturazione Cristo sull’albero della croce. Se manca l’obbedienza, non può esserci amore incorruttibile, perché quando non si obbedisce a Dio, l’amore di Dio versato nei nostri cuori è già morto e chi ha nel cuore l’amore di Dio morto, in nessun caso può amare il Signore. Gli manca l’amore con il quale amarlo e questo amore è l’amore incorruttibile di Cristo Gesù. Anche su questo ci sarebbe tanto da dire. Il cristiano pensa di amare ponendosi fuori della verità, fuori dell’obbedienza, fuori dell’ascolto della divina Parola. Lo si è già detto: senza verità non c’è amore e l’amore è il dono della nostra verità, di noi, che siamo diventati verità ad immagine di Cristo Gesù, al mondo intero. Anche in questo la pastorale deve mettervi un impegno non indifferente; deve spendere qualche secolo della sua attività al fine di convincere ogni uomo che non è possibile amare quando si è nella falsità, nel peccato, nella trasgressione dei comandamenti, quando ci si pone fuori delle sante beatitudini. Quando l’amore incorruttibile di Dio non viene messo da noi a frutto, noi non possiamo amare con amore incorruttibile. L’amore umano non è l’amore con il quale ci è chiesto di amare. La nostra missione di cristiani è fallita, interamente fallita. Non serviamo né per la terra, né per il cielo. Dio non sa cosa farsene di noi, neanche si può servire di noi. Non siamo più portatori del suo amore incorruttibile nel mondo.





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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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