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ALBERT EINSTEIN ERA CREDENTE?

Ultimo Aggiornamento: 15/06/2023 19:06
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27/07/2018 10:41
 
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SECONDA FASE: EINSTEIN TRA SPINOZA E DOSTOEVSKIJ (1920-1933)


Il pensiero del celebre fisico tedesco, come già detto, è segnato dalla genuina curiosità scientifica verso il mistero del cosmo e dall’incredibile comprensibilità di esso.



Lui stesso scrive: «È certo che alla base di ogni lavoro scientifico un po’ delicato si trova la convinzione, analoga al sentimento religioso, che il mondo è fondato sulla ragione e può essere compreso. Questa convinzione legata al sentimento profondo dell’esistenza di una mente superiore che si manifesta nel mondo dell’esperienza, costituisce per me l’idea di Dio; in linguaggio corrente si può chiamarla panteismo (Spinoza)» (A. Einstein, Come io vedo il mondo, Newton 1984, p. 35).



Egli parla di una “mente superiore”, di “Dio”, ma anche di “Spinoza”. Siamo nella prima metà degli anni ‘30 e sul suo comodino c’è L’Etica di Baruch Spinoza, dove non vi è spazio per il Dio personale ebraico-cristiano, il Padre che ha rivelato al mondo una legge morale. Si definisce “religioso”, spiegandone il significato nel 1934: «L’impressione del misterioso, sia pure mista a timore, ha suscitato, tra l’altro, la religione. Sapere che esiste qualcosa di impenetrabile, conoscere le manifestazioni dell’intelletto più profondo e della bellezza più luminosa, che sono accessibili alla nostra ragione solo nelle forme più primitive, questa conoscenza e questo sentimento, ecco, in ciò consiste la vera devozione. In questo senso, e soltanto in questo senso, io sono fra gli uomini più profondamente religiosi. Non posso immaginarmi un Dio che ricompensa e che punisce l’oggetto della sua creazione, un Dio che soprattutto esercita la sua volontà nello stesso modo in cui noi stessi la esercitiamo. i basta sentire il mistero dell’eternità della vita, avere la coscienza e l’intuizione di ciò che è, lottare attivamente per afferrare una particella, anche piccolissima, dell’intelligenza che si manifesta nella natura. Non è senza ragione che un autore contemporaneo ha detto che nella nostra epoca, votata in generale al materialismo, gli scienziati sono i soli uomini profondamente religiosi» (A. Einstein, Come io vedo il mondo, Newton 1984, pp. 22, 30).


Eppure, vi sono ampie contraddizioni tra Einstein e Spinoza, come riconosce il teologo Thomas F. Torrance, tra i principali studiosi del pensiero religioso del fisico tedesco:«Sebbene vi fosse molto nella filosofia di Spinoza che Einstein non potesse accettare, ciò che lo attraeva era il rifiuto spinoziano del dualismo cartesiano, così come di altre forme di dualismo, nonché la sua concezione unitaria dell’universo con la sua inerente armonia razionale». Tuttavia, «vi sono dei problemi nel riferirsi in modo troppo semplicistico all’appello di Einstein al Dio di Spinoza. Come Spinoza, Einstein aveva ragione nel rifiutare una stretta biforcazione della natura tra mente e corpo, soggetto e oggetto, ma cosa possiamo dire a proposito della concezione spinoziana, rigidamente logica e causalistica, di Dio e dell’universo?». Ed, infatti, ecco alcune differenze: «La filosofia di Spinoza era, a suo modo, una forma giudaica della vecchia idea dello stoicismo latino del Deus sive natura, in quanto essa contemplava un’unica e sola sostanza autoconsacrata, Dio oppure la Natura, che Spinoza identificava con l’universo stesso, concepito come un tutto infinito e necessario, che poteva essere compreso soltanto in un quadro logico-causale. Per lui Dio non era assolutamente qualcosa che trascendesse l’universo. Al contrario, la formulazione di Einstein del principio che “Dio non mette in piazza le sue cose” comporta un più profondo senso della meravigliosa intelligibilità (Verständlichkeit) dell’universo e del suo incomprensibile e trascendente fondamento in Dio. Lo scienziato è avviato nella sua ricerca dalla meraviglia e dal timore sperimentato di fronte alla misteriosa comprensibilità dell’universo, che in ultima analisi resta sempre qualcosa di inafferrabile. Nella sua essenza più profonda esso resta qualcosa di inaccessibile all’uomo. Questo il motivo per cui, per Einstein, la scienza senza la religione è zoppa».


Un altro grande punto di incompatibilità tra il “Dio” di Einstein e quello di Spinoza è -sempre secondo Torrance- l’intenzione del fisico tedesco di «introdurre nuovamente la domanda circa il perché nelle strutture intime delle scienze fisiche e naturali», ciò «equivaleva di fatto ad un chiaro rifiuto del razionalismo dualistico dell’Illuminismo tra il come e il perché, al quale devono essere ricondotte le dannose fratture verificatesi poi nella cultura occidentale, ma puntava al contempo verso la nozione di Dio come fondamento ultimo di tutto l’ordine razionale e ragione trascendente di tutte le leggi di natura. Quale luce sorprendente viene dunque recata da ciò che Einstein intendeva realmente col termine “Dio”. È solo partendo dalla nozione di Dio che noi possiamo comprendere il perché, ovvero lo scopo ultimo e fondamentale dell’universo creato».


Bisogna anche sottolineare che, da diversi anni, Einstein si appassionò anche del romanziere russo Fëdor Michajlovič Dostoevskij e del suo romanzo più religioso: I Fratelli Karamazov. Tale opera è incentrata sulla necessità dell’esistenza di un Dio misericordioso ma legislatore, per non rendere inutile e assurda la vita morale. Nel 1919, il fisico scrive ad un collega che tale romanzo è il «più meraviglioso che abbia mai avuto tra le mani», mentre nel 1930 afferma che Dostoevskij è un «grande scrittore religioso» capace di presentare un quadro «del mistero dell’esistenza spirituale… chiaramente e senza commento» (A. Vucinich, Einstein and Soviet Ideology, Stanford University Press 2001, p. 181).


Dostoevskij e Spinoza, dunque. Non è un’ennesima contraddizione? Il saggista Francesco Agnoli ha spiegato: «Bisogna tener presente che il pensiero di Spinoza, complesso e talvolta volutamente ambiguo, è conosciuto da Einstein solo marginalmente: in più occasioni gli viene chiesto di scrivere commenti o prefazioni alle opere, ripubblicate, del filosofo ebreo, ed Einstein rifiuta sempre, dichiarando la propria inadeguatezza; in secondo luogo occorre evitare di considerare il grande scienziato un filosofo sistematico, sempre coerente, con una visione dell’esistenza statica nel corso degli anni (Spinoza verrà elogiato e nello stesso tempo contraddetto, implicitamente o esplicitamente, più volte). La domanda religiosa attraversa tutta la vita di Einstein, e la risposta non è sempre identica, né è sempre nitida e precisamente delineata» (F. Agnoli, Filosofia, religione e politica in Albert Einstein, ESD 2015, pp. 39, 40). E’ acclarato, inoltre, che il pensiero scientifico di Einstein è opposto al credo di Spinoza, come chiarisce ancora una volta il teologo Thomas F. Torrance: «Einstein fece notare che non “si può concludere che “l’inizio dell’espansione” [dell’universo] debba corrispondere a una singolarità in senso matematico. Si deve solo ricordare che le equazioni non possono essere estese a queste regioni. Questa considerazione, tuttavia, non altera il fatto che “l’origine del mondo” costituisce realmente un inizio” (A. Einstein, Il significato della Relatività, Roma 1997, p. 120). Tale inizio, quasi una creatio ex nihilo, era ovviamente un’idea esclusa dalla nozione di Spinoza “Deus sive Natura”, come una infinita, eterna sostanza autocreantesi, e cui corrisponde una concezione dell’universo come qualcosa di non contingente, completamente necessario nella sua identificazione con Dio».


Un «credente nella trascendenza», lo definisce il suo amico e collega Freeman Dyson, suo successore all’Institute for Advanced Study di Princeton (F. Dyson, Lo scienziato come ribelle, Longanesi 2009, p. 30). Lo scienziato ateo Christof Koch lo definisce “deista”: «Che le galassie, le automobili, le palle da biliardo e le particelle subatomiche si comportino in maniera regolare descrivibile dalla matematica, e che dunque può essere prevista, è a dir poco stupefacente. In effetti alcuni fisici – il più celebre dei quali era Albert Einstein – credevano in un simile creatore (una sorta di Architetto Divino) proprio in virtù di questo stato di cose “miracoloso”. Non è difficile immaginare un universo complesso al punto da essere incomprensibile. Ma il Dio del deista ha creato un universo che non solo è ospitale per la vita: è anche così prevedibile che la sua regolarità può essere colta dalla mente umana» (C. Koch, Una coscienza, Le Scienze 2014, p. 209).



E’ verso la fine di questa seconda fase che compare una riflessione inedita sul cristianesimo e sulla figura di Cristo. In un’intervista del 1929, infatti, Einstein critica lo scrittore ebreo-tedesco Emil Ludwig, autore di una denigratoria biografia di Gesù Cristo, in cui ne viene negata la divinità e la resurrezione. L’intervistatore, George S. Viereck, pone ad Einstein tale domanda: «Fino a che punto è influenzato dalla cristianità?». Risposta: «Da bambino ho ricevuto un’istruzione sia sul Talmud che sulla Bibbia. Sono un ebreo, ma sono affascinato dalla figura luminosa del Nazareno». Domanda di Viereck: «Ha mai letto il libro di Emil Ludwig su Gesù?». Risposta: «Il libro di Ludwig è superficiale. Gesù è una figura troppo imponente per la penna di un fraseggiatore, per quanto capace. Nessun uomo può disporre della cristianità con un bon mot». «Accetta il Gesù storico?», domanda ancora il giornalista. «Senza il minimo dubbio!», risponde Einstein. «Nessuno può leggere i Vangeli senza sentire la presenza attuale di Gesù. La sua personalità pulsa ad ogni parola. Nessun mito può mai essere riempito di una tale vita» (G. Viereck, What Life means to Einstein, in The Saturday Evening Post, 26/10/1929; citato anche in W. Isaacson, Einstein. La sua vita, il suo universo, Mondadori 2008, p. 373).



 


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