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ALBERT EINSTEIN ERA CREDENTE?

Ultimo Aggiornamento: 15/06/2023 19:06
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27/07/2018 10:41
 
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PRIMA FASE: LA “FISICA CLERICALE” DI EINSTEIN, NEMICO DI SOVIETICI E NAZISTI (1905-1920)


Curiosamente già durante la sua vita, Einstein si vide tirato in causa in diatribe metafisiche, certamente anche per il suo spiccato interesse verso l’ambito filosofico, verso quel «mistero che il libro della natura racchiude» (A. Einstein, L. Infeld, L’evoluzione della fisica, Bollati Boringhieri 2014, pp. 13-18). Il suo pensiero, fin da subito, è apertamente anti-materialista e per tutta la sua vita utilizzò spesso parole teologiche e metafisiche, per nulla neutrali, come “creazione”, “Dio”, “miracolo” ecc.. Per molti biografi ha inciso in lui il matrimonio con Mileva Marić, di religione serbo-ortodossa, probabilmente ha influito anche l’aver frequentato una scuola cattolica e, per alcuni anni (salvo poi allontanarsene con insofferenza), «i rigidi precetti religiosi ebraici in ogni particolare» (W. Isaacson, Einstein. La sua vita, il suo universo, Mondadori 2008, pp. 20-21). Il drammaturgo svizzero Friedrich Dürrenmatt ha infatti scritto: «Einstein parlava di Dio così spesso che mi è venuto il sospetto che fosse un teologo clandestino»(F. Dürrenmatt, I fisici, 1962).


Einstein si interessa di tutto, anche di arte: in un’intervista concessa nel 1930, accanto ad una netta condanna dell’arte moderna, che ritiene decadente, afferma: «Le idee più belle della scienza nascono da un profondo sentimento religioso, in assenza del quale resterebbero infruttuose. Io credo inoltre che questo tipo di religiosità che si avverte nella ricerca sia l’unica esperienza religiosa creativa della nostra epoca. Ben difficilmente l’arte d’oggigiorno potrebbe essere considerata come espressione di un tendere a Dio» (A. Pais, Einstein è vissuto qui, Bollati Boringhieri 1995, p. 112).



«La mia religione», sostenne il celebre fisico, «consiste in una umile ammirazione dell’illimitato e superiore Spirito che rivela se stesso negli esili dettagli che noi siamo capaci di percepire con il nostro fragile e flebile pensiero. La profonda emotiva convinzione di una Ragione superiore (a superior reasoning Power), come si rivela in un universo incomprensibile, questo forma la mia idea di Dio» (L. Barnett, The Universe and Einstein, New York 1963, p. 109).



Di questo “Spirito” superiore parlerà anche in una lettera ad un bambino, alla domanda se gli scienziati pregano: «Uno scienziato sarà difficilmente inclinato a credere che un evento possa essere influenzato dalla preghiera, per esempio da un’aspirazione rivolta a un Essere soprannaturale. Tuttavia si deve ammettere che la nostra attuale conoscenza di queste leggi è solo imperfetta e frammentaria, cosicché, realmente la credenza nell’esistenza di leggi fondamentali e onnicomprensive in natura resta, essa stessa, una sorta di fede. Ma quest’ultima è stata largamente giustificata dal successo della ricerca scientifica. Tuttavia, da un altro punto di vista, chiunque è seriamente impegnato nella ricerca scientifica si convince che vi è uno spirito che si manifesta nelle leggi dell’Universo. Uno spirito molto superiore a quello dell’uomo, uno spirito di fronte al quale con le nostre modeste possibilità, noi possiamo solo provare un senso di umiltà. In questo modo la ricerca scientifica conduce a un sentimento religioso di tipo speciale che è davvero assai differente dalla religiosità di qualcuno piuttosto ingenuo» (H. Dukas and B. Hoffmann, Albert Einstein: the Humane side, Princeton 1989, p. 32).


Già nel 1917, a circa 40 anni, Einstein presuppone un Universo spazialmente finito, misurabile, accodandosi così ai pensatori medievali (Copernico e Keplero). Inoltre, al contrario di quanto possa falsamente suggerire il nome della sua più celebre teoria, la relatività, Einstein ha sempre affermato gli assoluti e la sua fisica è la prima nemica di una visione relativistica. Uno dei suoi massimi biografi, Walter Isaacson, ha infatti scritto: «Alla base di tutte le sue teorie, e anche della relatività, c’era una ricerca di invarianti, di certezze, di assoluti. Soggiacente alle leggi dell’universo, secondo Einstein, c’era una realtà armoniosa, e lo scopo della scienza era scoprirla» (W. Isaacson, Einstein. La sua vita, il suo universo, Mondadori 2008, p. 9). Scrive infatti il fisico: «La scienza può essere creata soltanto da chi sia completamente vocato alla libertà e alla comprensione. Questa fonte emotiva, tuttavia, scaturisce dalla sfera della religione. Ad essa appartiene anche la fede nella possibilità che le regole valide per il mondo dell’esistenza siano razionali, cioè comprensibili per la ragione. Non riesco a concepire uno scienziato genuino che difetta di tale fede profonda» (A. Einstein, Pensieri, idee, opinioni, Newton 2004, p.29).


Ancora: «Non ho un aggettivo migliore di “religioso” per definire la fiducia nella natura razionale della realtà e nella sua accessibilità, in qualche misura, alla ragione umana. Quando manca questa percezione, la scienza degenera in cieco empirismo» (Lettera a Maurice Solovine, cit. in W. Isaacson, Einstein. La sua vita, il suo universo, Mondadori 2008, p. 447). La comprensibilità e l’intelligibilità del cosmo sono per Einstein il segno di uno spirito immensamente superiore. «Si potrebbe dire», aggiunge, «che “l’eterno mistero del mondo è la sua comprensibilità”. Il fatto che sia comprensibile è davvero un miracolo» (Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano 1991, vol. IV, pp. 778-779).


Per questo, gli ideologi nazisti e comunisti -che consideravano la scienza loro alleata contro la religione, obbligando a corsi scolastici di ateismo scientifico- condannarono aspramente il pensiero scientifico di Einstein, accusandolo di esercitare “fisica biblica”, “ebraica”, “giudaica” (i nazisti), “fisica clericale”, “non materialista”, “borghese”, “idealista”, “spiritualista” (i comunisti). Il concetto di valori assoluti, finitezza spaziale dell’universo e della materia, armonia del cosmo…per loro significavano, in qualche modo, tenere aperta la porta all’esistenza di Dio.



Lo stesso Einstein non lo nascondeva: «Gli atei fanatici, sono creature che – nel loro rancore contro la religione tradizionale vista come oppio dei popoli- non riescono a sentire la musica delle sfere» (W. Isaacson, Einstein. La sua vita, il suo universo, Mondadori 2008, p. 376).



Julian Huxley ha notato che la condanna sovietica -controfirmata dall’Accademia delle Scienze- comprese anche la relatività di Einstein, definita: «un tumore…il principale nemico ideologico dell’astronomia materialista» (J. Huxley, La genetica sovietica e la scienza, Longanesi 1952, pp. 179, 198). Il filosofo Grigory A. Gurev, ha denunciato: «L’Universo è finito o infinito? I clericali, si capisce, sostengono volentieri l’idea della finitezza, della limitatezza dell’universo. Ma non c’è un singolo fatto astronomico che parli in favore di questa loro concezione… poiché il riconoscimento della finitezza ha sempre un carattere metafisico, antidialettico, non conduce mai a una conoscenza scientifica, ma alle fantasticherie dei clericali. Non sorprende perciò che i teisti e i loro ausiliari secolari siano incantati dalle idee di Einstein e dalla sua cosmogonia rielaborata secondo il gusto creazionista… in contraddizione con lo spirito dialettico-materialista della vera scienza» (citato in A. Vucinich, Einstein and Soviet Ideology, Stanford University Press, 2001, p. 47).


Per tutta risposta, nel 1933, in un’intervista, Einstein dichiara: «Io sono un avversario del bolscevismo né più né meno che del fascismo. Sono contro tutte le dittature» (A. Pais, Einstein è vissuto qui, Bollati Boringhieri 1995, p. 182).


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