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L'ultima versione biblica della WT, la TNM 2017, è peggiorata

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2021 18:59
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01/01/2018 23:36
 
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Pericope dell'adultera Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

 La Pericope dell'adultera (popolarmente detta episodio di Gesù e l'adultera) è un passo del Vangelo secondo Giovanni (8,1-11) in cui una donna colta in adulterio è portata dinanzi a Gesù da scribi e Farisei per conoscere il suo parere circa la sua condanna a lapidazione. Si tratta dell'episodio da cui ha origine il detto «Chi è senza peccato, scagli la prima pietra». Il brano non compare nei manoscritti più antichi e affidabili del Vangelo secondo Giovanni e questo ha portato la quasi unanimità della critica moderna a non riconoscerlo come facente parte del testo originale di Giovanni.[1][2] La pericope « non presenta infatti il caratteristico stile giovanneo e rompe i discorsi tenuti da Gesù durante la festa delle capanne.
Lo stile e la sensibilità che presenta la farebbero avvicinare a Luca (in alcuni codici importanti viene infatti inserita subito dopo Luca 21,28, anche se non sembra sia sua (Becker). » (Giuseppe Segalla, Introduzione al Vangelo di Giovanni, in La Bibbia. nuovissima versione dai testi originali, Edizioni San Paolo, 1991, p. 641.) Lo stesso Segalla afferma che "sulla storicità la risposta è in genere positiva: l'episodio corrisponde perfettamente alla persona di Gesù come la conosciamo dai sinottici; infatti questo racconto ha i caratteri della tradizione sinottica" (p. 642). Indice [nascondi] 1 Critica testuale 1.1 Testimonianze manoscritte 2 Note 3 Bibliografia 4 Voci correlate 5 Altri progetti Critica testuale[modifica | modifica wikitesto] Questa pericope non è presente nel suo posto canonico in nessuno dei più antichi manoscritti evangelici in greco conservatisi; né nei due papiri del III secolo che contengono il Vangelo secondo Giovanni ( {\displaystyle {\mathfrak {P}}} {\displaystyle {\mathfrak {P}}}66 e {\displaystyle {\mathfrak {P}}} {\displaystyle {\mathfrak {P}}}75), né nei due codici risalenti al IV secolo, il Codex Sinaiticus e il Codex Vaticanus. Il manoscritto greco più antico che contiene questo brano è il Codex Bezae, un testo in greco e latino del V secolo. Papia di Ierapoli riferisce, intorno al 125, di una storia di Gesù e di una donna "accusata di molti peccati" contenuta nel Vangelo degli Ebrei, forse un riferimento a questo brano. Un riferimento più certo alla pericope è invece contenuta nella Didascalia apostolorum, un'opera in lingua siriaca del III secolo, che però non indica se il brano proveniva da un vangelo ed eventualmente da quale.
In un'opera ritrovata nel 1941 e composta da Didimo il Cieco (seconda metà del IV secolo), si fa riferimento alla pericope adulterae, affermando che si trova in "molti vangeli".
Oggi si ritiene che il brano fosse presente in un numero ristretto di manoscritti greci del IV secolo copiati ad Alessandria d'Egitto: a favore di questa ricostruzione è anche la presenza di un segno alla fine del capitolo 7 del Vangelo secondo Giovanni del Codex Vaticanus, copiato in Egitto, che indica che una versione alternativa in quel punto era nota allo scriba. Girolamo racconta che la pericope era presente in molti manoscritti greci e latini, alla fine del IV secolo; le sue parole sono confermate da Ambrogio e Agostino, il quale riferisce che il brano sarebbe stato rimosso volontariamente da alcune copie per evitare l'impressione che Gesù avesse giustificato l'adulterio.[3]

Testimonianze manoscritte
Vangelo secondo Giovanni 7,52-8,12 nel Codex Sinaiticus, in cui la pericope manca Sia il Novum Testamentum Graece (NA27) che lo United Bible Societies (UBS4) forniscono un apparato critico per la pericope, ma la segnano tra doppie parentesi quadre, ad indicare che si tratta di un'aggiunta posteriore al testo.[4] L'USB4 giudica la propria ricostruzione delle parole della pericope come 'A', in quanto gli autori sono virtualmente certi che queste parole sono quelle originali dell'aggiunta. Testimonianze che escludono la pericope: Papiri 66 (200 circa), 75 (inizio III secolo) e 45 (250 circa); Codices Sinaiticus e Vaticanus (IV secolo), apparentemente anche Alexandrinus e Ephraemi (V secolo), Codices Washingtonianus e Borgianus (V secolo), Regius (VIII secolo), Athous Lavrensis (800 circa), Petropolitanus Purpureus, Macedoniensis, Sangallensis e Koridethi (IX secolo) e Monacensis (X secolo); Onciali 0141 e 0211; Minuscoli 3, 12, 15, 21, 22, 32, 33, 39, 63, 96, 124, 134, 151, 157, 169, 209, 228, 297, 388, 391, 401, 416, 445, 488, 496, 499, 501, 565, 578, 584, 703, 723, 730, 731, 741, 742, 768, 770, 772, 776, 777, 788, 799, 800, 827, 828, 843, 896, 1100, 1178, 1230, 1241, 1242, 1253, 1333, 2193 e 2768; la maggior parte dei lezionari; alcuni manoscritti della Vetus Latina, la maggior parte delle versioni siriache, sahidiche, gotiche, armene e georgiane; Diatessaron (II secolo); apparentemente Clemente Alessandrino (morto nel 215), Tertulliano (morto nel 220), Origene di Alessandria (morto nel 254), Cipriano (morto nel 258), Nonno di Panopoli (morto nel 431), Cirillo di Alessandria (morto nel 444) e Cosma Indicopleuste (morto nel 550). Testimonianze che escludono la seconda parte (solo 7,53-8,2, non 8,3-11) Minuscolo 795 Testimonianze che escludono la prima parte (solo 8,3-11) ℓ 4, ℓ 67, ℓ 69, ℓ 70, ℓ 71, ℓ 75, ℓ 81, ℓ 89, ℓ 90, ℓ 98, ℓ 101, ℓ 107, ℓ 125, ℓ 126, ℓ 139, ℓ 146, ℓ 185, ℓ 211, ℓ 217, ℓ 229, ℓ 267, ℓ 280, ℓ 282, ℓ 376, ℓ 381, ℓ 386, ℓ 390, ℓ 396, ℓ 398, ℓ 402, ℓ 405, ℓ 409, ℓ 417, ℓ 422, ℓ 430, ℓ 431, ℓ 435 (8,2-11), ℓ 462, ℓ 464, ℓ 465, ℓ 520 (8,2-11) Testimonianze che includono la pericope, Codex Bezae (V secolo), Codices Boreelianus, Seidelianus I, Seidelianus II, Cyprius, Campianus e Nanianus (IX secolo), Tischendorfianus IV (X secolo); Minuscolo 28, 318, 700, 892, 1009, 1010, 1071, 1079, 1195, 1216, 1344, 1365, 1546, 1646, 2148, 2174; il tipo testuale bizantino; ℓ 79, ℓ 100 (8,1-11), ℓ 118, ℓ 130 (8,1-11), ℓ 221, ℓ 274, ℓ 281, ℓ 411, ℓ 421, ℓ 429 (8,1-11), ℓ 442 (8,1-11), ℓ 445 (8,1-11), ℓ 459; la maggior parte dei manoscritti della Vetus Latina, la Vulgata (Codex Fuldensis), alcune versioni siriache, bohariche, armene ed etiopiche; Didascalia apostolorum (III secolo), Didimo il Cieco (IV secolo), Ambrosiaster (IV secolo), Ambrogio di Milano (morto nel 397), Giovanni Crisostomo (morto nel 407), Girolamo (morto nel 420), Agostino d'Ippona (morto nel 430). Testimonianze che mettono in dubbio la pericope segnandola con un asterisco o un obelo: Codex Vaticanus 354 (S) e i Minuscoli 4, 8, 35, 83, 161, 164, 165, 166, 167, 168, 200, 202, 285, 338, 348, 363, 367, 376, 386, 407, 443, 478, 479, 532, 547, 553, 656, 662, 685, 757, 758, 769, 781, 797, 801, 824, 825, 829, 844, 845, 873, 897, 922, 1073, 1077, 1092, 1099, 1187, 1189, 1443 e 1445 includono tutta la pericope da 7,53; il martirologio del Lezionario 185 include 8,1 e seguenti; Codex Basilensis (E) include 8,2 e seguenti; Codex Tischendorfianus III (Λ) e Petropolitanus (П) oltre ai martirologi dei Lezionari ℓ 86, ℓ 211, ℓ 1579 e ℓ 1761 includono 8,3 e seguenti. Minuscolo 807 è un manoscritto con una catena, ma solo in Giovanni 7,53-8,11 è senza catena. Si tratta di una caratteristica dei manoscritti tardo-bizantini simili alla Famiglia Kr, che segnano questa pericope con obeli; secondo Maurice Robinson questi segni servono a ricordare ai lettore che questi versetti devono essere omessi dalla lettura del vangelo per Pentecoste, non per mettere in discussione l'autenticità del passaggio. Testimonianze che collocano la pericope altrove: la Famiglia 1, i minuscoli 20, 37, 135, 207, 301, 347, e quasi tutte le versioni armene pongono la pericope dopo Giovanni 21,25; la Famiglia 13 la colloca dopo Luca 24,53. Un correttore di Minuscolo 1333 aggiunse i versetti 8,3-11 dopo Luca 24,53; Minuscolo 129, 259, 470, 564, 831, e 1356 collocano i versetti 8,3-11 dopo Giovanni 21,25; Minuscolo 826 colloca la pericope dopo Luca 21,38. Testimonianze con aggiunte successive: nel Codex Ebnerianus e nei minuscoli 284, 431, 461, 470 e 2174 una mano successiva aggiunse la pericope alla fine di Giovanni o a margine. Note[modifica | modifica wikitesto] ^ Petersen, p. 192; Bruce Metzeger, A Textual Commentary on the Greek New Testament, (London: United Bible Societies, 1971), p. 220; Paul Copan, William Lane Craig, Contending with Christianity's Critics: Anwering New Atheists and Other Objectors, B&H Publishing Group, 2009, ISBN 0-8054-4936-1, pp. 154-155. ^ "Pericope adulterae", in FL Cross (ed.), The Oxford Dictionary of the Christian Church, (New York: Oxford University Press, 2005). ^ Agostino, De adulterinis conjugiis, ii.6–7. Citato in Wieland Willker, A Textual Commentary on the Greek Gospels, Vol. 4b, p. 10. ^ Riguardo all'uso delle doppie parentesi quadre, UBS4 scrive che queste «racchiudono passaggi che sono considerati aggiunte posteriori al testo, ma che sono di chiara antichità e importanza». Bibliografia[modifica | modifica wikitesto] Jurgen Becker, Das Evengelium nach Johannes, Würzburg, Gerd Mohn, 1979 e 1981 (due volumi). William Lawrence Petersen, "John 8:11, the Protoevangelium Iacobi, and the History of the Pericope Adulterae", in Tjitze Baarda, William Lawrence Petersen, J. S. Vos, H. J. de Jonge, Sayings of Jesus: canonical and non-canonical : essays in honour of Tjitze Baarda, Brill, 1997, ISBN 90-04-10380-5 Alberto Maggi, "Versetti pericolosi. Gesù e lo scandalo della misericordia", 2011

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Alcuni studiosi, dopo aver effettuato un attento esame linguistico del brano, lo attribuiscono a Luca, con cui ha in comune molti particolari filologici. Vediamoli.

In Gv 8:1 si menziona il “monte degli Ulivi”; questa espressione appare quattro volte in Lc,
ma mai in Gv se non in questo brano controverso.
In Gv 8:2 si dice che Yeshùa “si presentò di nuovo al tempio”; quel “si presentò” è in greco
παρεγένετο (pareghèneto); questo verbo si riscontra solo una volta in Gv: “La gente veniva
8
[greco παρεγίνοντο (pareghìnonto)] a farsi battezzare” (Gv 3:23); ma si trova ben 25 volte
in Lc.
Sempre in Gv 8:2 si legge “tutto il popolo”, greco πᾶς ὁ λαὸς (pàs o laòs); questa
espressione si trova 7 volte in Lc, mai in Gv nel senso qui usato.
In Gv 8:3 si ha l’espressione “posta in mezzo”, che nel greco è letteralmente “ponenti lei
in mezzo” (στήσαντες αὐτὴν ἐν μέσῳ, stèsantes autèn en mèso); questo stèsantes
(“ponenti”) con il dativo (meso; “mezzo”) non è giovanneo; Giovanni avrebbe usato
l’accusativo senza l’ἐν en, “in”), come in Gv 19:18: “Gesù nel mezzo [greco μέσον (mèson),
al caso accusativo]” e come in Gv 20: “Si presentò in mezzo [greco μέσον (mèson), al caso
accusativo] a loro” (v.19), “Si presentò in mezzo [greco μέσον (mèson), al caso accusativo]
a loro”. – V. 26.
In Gv 8:10 Yeshùa dice all’adultera: “Nessuno ti ha condannata?”, e il verbo “ha
condannata” è nel greco κατέκρινεν (katèkrinen); Giovanni, anziché il verbo composto
κατακρίνω (katakrìno, “giudicare” o “condannare”) usa invece il semplice κρίνω (krìno),
come in Gv 3:17: “Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare [greco κρίνῃ
(krìne)] il mondo”.
In Gv 8:11 c’è l’espressione “da ora in poi” (greco ἀπὸ τοῦ νῦν, apò tù sýn) che si trova
solo presso Lc.
 Questa ipotesi che il brano sia di Luca e non di Giovanni è confermata dalla tradizione manoscritta della cosiddetta “Famiglia 13”, così chiamata perché è costituita da tredici codici chiamati anche “Gruppo di Ferrar”, che – pur provenendo dall’Italia meridionale – rappresentano l’antico testo usato in Siria (anteriore alla stessa recensione di Origène).
Ebbene, questi codici hanno la pericope dell’adultera dopo Lc 21:38.
Si può quindi concludere che il brano non è sicuramente di Giovanni, ma proviene da Luca che amava presentare la misericordia di Yeshùa verso le donne peccatrici.
Ma com’è finito dallo scritto di Luca a quello di Giovanni?

La risposta ci viene da ciò che è stato svelato da recenti e approfonditi studi. Questi studi hanno indagato le affinità tra Lc e Gv. Per citare esempi pratici, ecco alcune affinità:
Lc Gv

LUCA 22:3 “Satana entrò in Giuda”  GIOVANNI 13:27 “Dopo il boccone, Satana entrò in lui”.
Satana principale responsabile.
LUCA 22:53 “Questa è la potenza delle tenebre” GIOVANNI 1:5 “La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno sopraffatta”.(Opposizione satanica a Yeshùa come tenebre.)
LUCA 22:66“Appena fu giorno, gli anziani del popolo, i capi dei sacerdoti e
gli scribi si riunirono, e lo condussero nel loro sinedrio”. GIOVANNI18:28 “Da Caiafa, condussero Gesù nel pretorio.  (Era mattina”.Seduta del sinedrio di mattina.)
Il capitolo 21 di Lc e la pericope dell’adultera recano i caratteri dello stile lucano.
Non è azzardato ipotizzare che Luca abbia preso parte attiva nella redazione del Vangelo di Giovanni e che egli ne abbia rimaneggiato alcuni racconti. In questo modo si
spiegherebbe bene come mai il greco del Vangelo giovanneo è buono mentre quello dell’Apocalisse è un greco pessimo.
Questo nulla toglie alla storicità e all’ispirazione della pericope dell’adultera, anche se la sua origine è lucana.


[Modificato da Credente 09/06/2018 11:20]
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Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una TORRE, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un NOME...Gen 11,4
 
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