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RACCONTI BIBLICI PER RAGAZZI (Testo e immagini)

Ultimo Aggiornamento: 08/06/2017 15:33
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16/01/2017 21:06
 
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IL SANTO DEI SANTI 1 Re 6
La terza stanza del santuario era il luogo più sacro di tutto il tempio di Gerusalemme anzi, era il luogo più sacro di tutta la terra. Questa stanza era detta Santo dei Santi, e conteneva l'Arca dell'Al­leanza, sopra la quale era l'invisibile presenza del Signore. L'Arca del­l'Alleanza si trovava in mezzo a due giganteschi cherubini fatti di legno d'olivo ricoperto d'oro. I due cheru­bini erano alti oltre quattro metri: le loro ali, che si toccavano al centro della stanza, erano distese sopra l'Arca dell'Alleanza.








   
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LE OFFERTE PER IL SIGNORE Re 6
 Davanti al santuario del tempio di Gerusalemme, all'aperto, c'era quanto occorreva per offrire al Si­gnore i sacrifici che il re e il popolo portavano al tempio: animali senza difetto o primizie dei raccolti. Essi venivano bruciati sull'altare dei sa­crifici, un enorme cubo di pietre squadrate, con una rampa su un lato per potervi salire. Non lontano dall'altare vi era un amplissimo bacile di bronzo, sorret­to da dodici buoi pure di bronzo; era pieno d'acqua, che serviva per la purificazione dei sacerdoti.




  
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SACERDOITI E POPOLO NEL TEMPIO 1 Re 6-7
Nel grande tempio di Gerusalem­me, costruito da Salomone, i com­piti principali erano svolti dal som­mo sacerdote e dagli altri sacerdoti; i compiti meno importanti erano svolti dai leviti. I sacerdoti portavano vesti spe­ciali quando svolgevano il loro compito nel tempio. Per rispetto al luogo santo della presenza del Si­gnore, camminavano a piedi nudi. Essi ricordavano che il Signore, quando parlò a Mosè dal roveto ar­dente, là nel deserto, gli comandò di togliersi i sandali che indossava, perché il luogo dove il Signore era presente era sacro. Soltanto i sacerdoti potevano en­trare nel santuario; essi solo poteva­no offrire Sacrifici. Il popolo non po­teva neppure avvicinarsi all'altare, però gli uomini potevano assistere alle cerimonie stando dietro una transenna. Le donne potevano arri­vare fino al cortile che precedeva quello degli uomini. Gli stranieri, invece, cioè coloro che non appartenevano al popolo d'Israele, potevano entrare soltanto nel cortile più esterno del tempio; una scritta in varie lingue li avverti­va che, se fossero penetrati oltre, ri­schiavano la morte.




  
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IL SIGNORE ENTRA NEL SUO TEMPIO Re 8
Il grande tempio costruito da Salo­mone sul monte Sion, a Gerusa­lemme, era pronto: solenne, magni­fico nella sua costruzione e nei suoi arredi. Era pronto, ma mancava l'essenziale per cui era stato costrui­to: l'Arca dell'Alleanza, su cui era l'invisibile presenza di Dio. Dal tempo del re Davide, l'Arca dell'Alleanza si trovava con la sua tenda a Gerusalemme. Il re Salo­mone, quando il tempio fu termina­to, convocò gli anziani del popolo, i principi e i capi, e con grande so­lennità fece trasportare l'Arca del­l'Alleanza nel tempio. I sacerdoti e i leviti la sollevarono, e con gran tripudio generale l'Arca fu trasportata nella parte più interna del tempio, il Santo dei Santi. Ap­pena essi ne furono usciti, la gloria del Signore, sotto forma di una nube, riempì il tempio: il Signore prendeva possesso della sua dimora tra gli uomini. Il re poi si pose presso l'altare, e davanti a tutto il popolo innalzò una preghiera al Signore. Disse: «Signo­re, ascoltaci quando verremo in questo luogo a pregarti. Tu, dal cie­lo, ascolta le nostre suppliche e per­dona i nostri peccati». Poi Salomone offrì un sacrificio al Signore e benedisse il popolo.






  
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PELLEGRINI IN CAMMINO Salmo 83
 Dovunque abitassero, anche molto lontano da Gerusalemme, gli Israe­liti avevano come loro più grande desiderio di recarsi nella città santa, nel tempio del Signore dove si tro­vava l'Arca dell'Alleanza. Che cosa poteva esserci di più desiderabile? Ecco che allora tra il popolo di Israele era stato compo­sto questo canto: «Quanto sono amabili le tue dimore, Signore Dio dell'universo! L'anima mia è triste perché è lontana dal tuo tempio. Anche il passero trova la casa e la rondine il nido dove porre i suoi piccoli là, vicino al tuo altare, o Signore, mio re e mio Dio. Beato chi abita la tua casa: sempre canta le tue lodi! Beato chi trova in te la forza di compiere il santo viaggio. Lungo il cammino cresce il suo vigore finché compare davanti a te. Per me un giorno nel tuo tempio è più che mille giorni altrove.» Il viaggio di cui parla questo can­to è quello che gli Israeliti compiva­no per Pasqua e nelle altre feste principali, recandosi a Gerusalem­me, sul colle di Sion dove sorgeva il tempio del Signore.





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LA RICONOSCENZA DEI PELLEGRINI Salmi 120; 129; 123
I pellegrini che si recavano a Geru­salemme lungo il cammino usavano pregare con alcuni salmi. «Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l'aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore che ha fatto il cielo e la terra.» Così pregavano i pellegrini, per chiedere soccorso nelle difficoltà del cammino. Per presentarsi davanti al Signore bisogna essere pentiti dei propri peccati; è quello che i pellegrini chiedevano con questo salmo: «Dal profondo a te grido, Signore; Signore, ascolta la mia voce. Se consideri le nostre colpe, chi potrà stare davanti a te? Ma presso di te è il perdono! Io spero nel Signore; la mia anima lo attende più di quanto le sentinelle attendano l'aurora.» Dopo avere ottenuto il perdono, i pellegrini ringraziavano il Signore con questo salmo: «Se il Signore non fosse stato con noi, le acque ci avrebbero travolti, un torrente ci avrebbe sommersi. Noi siamo stati liberati come un uccello dal laccio dei cacciatori: il laccio si è spezzato, e noi siamo volati via!»







  
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LA PARTENZA DEI PELLEGRINI Salmi 132; 133
I pellegrini che andavano a Gerusa­lemme viaggiavano in gruppo, ed era bello ritrovarsi con chi aveva la stessa fede: era bello e gradevole come la rugiada che scende dal monte Ermon: «Ecco quanto è buono e quanto è soave, che i fratelli vivano insieme! E come rugiada dell'Ermon che scende sui monti di Sion.» L'Ermon è il monte più alto del territorio di Israele, e le sue nevi erano simbolo di refrigerio per gli abitanti di quel paese assolato. Dopo i giorni trascorsi presso il tempio, i pellegrini si preparavano alla partenza. Prima, però, chiede­vano ai sacerdoti, che avevano la fortuna di restare nel tempio di Ge­rusalemme, di continuare a pregare per loro: «Ecco, benedite il Signore, voi tutti, servi del Signore; voi che state nella casa del Signore durante le notti. Alzate le mani verso il tempio e benedite il Signore. » In risposta, i pellegrini che parti­vano riceveano dai sacerdoti un'ultima benedizione: «Da Sion ti benedica il Signore che ha fatto cielo e terra.»





 18
LE FESTE DEL POPOLO D’ISRAELE Levitico 16; 23
Nel tempio di Gerusalemme il po­polo d'Israele celebrava le sue feste. Esso era particolarmente fre­quentato di sabato, il giorno della settimana in cui nessuno lavorava e tutti avevano più tempo per lodare il Signore dei suoi benefici. La principale delle feste era la Pasqua: essa ricorreva in aprile e ri­cordava a tutti la grande impresa che il Signore aveva compiuto per il suo popolo liberandolo dalla schia­vitù dell'Egitto. Cinquanta giorni dopo la Pasqua ricorreva la festa di Pentecoste, quando si ringraziava il Signore per i doni della terra e si offrivano a lui le primizie dei raccolti. Si celebrava poi la festa dell' E­spiazione, quando si chiedeva per­dono al Signore dei peccati del po­polo. In quel giorno si sceglievano due capri. Tirando a sorte, uno dei due veniva riservato al Signore, l'al­tro al demonio. Il sommo sacerdote compiva un rito, con cui riversava tutti i peccati del popolo sul secon­do animale, che poi veniva manda­to libero nel deserto. L'altro capro, invece, veniva offerto in sacrificio nel tempio: esso rappresentava il popolo d'Israele che offriva tutto se stesso al Signore.






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LA FESTA DELLE CAPANNE Levitico 23
Una delle feste principali che il po­polo del Signore celebrava era la festa detta delle Capanne, o delle Tende, o dei Tabernacoli. Si chiamava così perché nella ri­correnza della festa per otto giorni tutti lasciavano le loro case per vi­vere sotto le tende o in capanne provvisorie. In questo modo si ri­cordavano i quarant'anni durante i quali il popolo d'Israele era vissuto nel deserto, dopo l'uscita dalla terra d'Egitto. Negli otto giorni sotto le tende nessuno lavorava; tutti pensavano ai grandi prodigi compiuti dal Si­gnore per il suo popolo: l'aveva nu­trito nel deserto e difeso dai nemici, aveva stipulato con esso un'allean­za, gli aveva dato la sua legge per­ché sapesse come comportarsi in ogni situazione della vita, e infine gli aveva dato una terra fertile in cui abitare. Ricordando quanto era stato buono il Signore, veniva spontaneo ricordare anche tutti gli altri doni che il Signore fa ai suoi amici: e tutti lo lodavano e lo ringraziavano, im­pegnandosi a contraccambiare nel­l'unico modo che il Signore gradi­va: cioè amarlo, e quindi osservare la sua legge.






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LE NAVI DI SALOMONE 1 Re 9-10
Salomone era un re molto saggio e abile. I suoi uomini commerciavano per lui, ed egli metteva tasse su tut­te le carovane di mercanti che attra­versavano il regno. Con l'aiuto del suo amico Chiram, re di Tiro, Salomone costruì anche una flotta in Elat, sulla riva del Mar Rosso: il suo dominio, in­fatti, arrivava fin là. Chiram inviò sulle navi i suoi servi, marinai che conoscevano il mare, e questi, in­sieme con i servi di Salomone an­darono nel paese di Ofir, a prende­re oro che portarono a Salomone.







 
  
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LA GRANDEZZA DI SALOMONE 1 Re 9-10
La grandezza di Salomone si esten­deva per tutto il regno di Israele. La flotta che caricava oro nel paese di Ofir portava anche prezioso legno di sandalo, con il quale il re fece co­struire ringhiere per il tempio e per la reggia, e anche cetre e arpe per i cantori. Tutti i re dei regni vicini e lontani onoravano Salomone: i visitatori che arrivavano alla sua reggia offri­vano in dono oggetti d'oro e d'ar­gento, vestiti, armi, profumi rari, ca­valli e muli. Si dice che durante il regno di Salomone a Gerusalemme l'argen­to era abbondante come i sassi! Salomone aveva radunato anche carri e cavalli, che i suoi mercanti comperavano dai re Ittiti e dai re di Aram. I carri erano millequattrocen­to e i cavalli erano dodicimila, distri­buiti tra Gerusalemme e le città del regno d'Israele. Un giorno il Signore apparve per la seconda volta a Salomone e gli disse: «Io ho ascoltato la tua pre­ghiera e la tua supplica e ho santifi­cato il tempio che tu hai costruito per me. Ma se vi allontanerete da me e andrete a servire altri dèi, io rigetterò via da me il tempio che ho consacrato a mio nome.»






 
22
UN TRONO D’ORO E D’AVORIO 1 Re 10
Salomone aveva anche abbellito il palazzo reale, che sorgeva accanto al tempio del Signore, e lo aveva arricchito con ornamenti d'oro. Dentro il palazzo Salomone ave­va fatto costruire il suo trono: era d'avorio rivestito d'oro puro, e aveva due bracci laterali ai cui fianchi si ergevano due leoni. Il trono era appoggiato sopra sei gradini, sui quali, da una parte e dall'altra, stavano altri dodici leoni. Nessun altro re della terra aveva un trono d'oro e d'avorio simile a quello del re Salomone.






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LA CAROVANA DELLA REGINA SABA Re 10
Re Salomone superava per ricchez­za e saggezza tutti i re della terra. Da ogni parte della terra si deside­rava avvicinare Salomone per ascoltare la saggezza che Dio gli aveva messo nel cuore. Attirata dalla fama di Salomone venne un giorno a fargli visita a Ge­rusalemme una regina di un regno d'Arabia, la regina di Saba. Ella partì dal suo paese con una lunga carovana di cammelli carichi di doni davvero degni di un re: oro, pietre preziose, aromi e profumi che intendeva donare a Salomone.








 
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SALOMONE E LA REGINA DI SABA Re 10
Partita dal suo regno d'Arabia, dopo un lungo viaggio la regina di Saba arrivò a Gerusalemme. Ella si presentò al re Salomone e gli offrì i suoi doni. Poi volle mettere alla prova la sua saggezza: per questo, come si usava tra i sovrani orientali, gli pose molte domande difficili, e Salomone a tutte rispose. La regina di Saba rimase molto ammirata. Poi Salomone mostrò alla regina il tem­pio del Signore che aveva costruito e la reggia che aveva abbellito; le spiegò le leggi che erano state stabi­lite nel suo regno e l'attività dei suoi ministri. Quando la regina di Saba ebbe ammirato tutta la saggezza di Salo­mone e ciò che egli aveva costruito, rimase senza fiato. Allora disse al re: «Era vero, dunque, quanto avevo sentito nel mio paese sul tuo conto e sulla tua saggezza! Io non avevo voluto credere a quanto si diceva finché non sono venuta qui e i miei occhi non hanno visto: ebbene, non me ne era stata riferita neppure la metà! Beati i tuoi ministri, che ascoltano la tua saggezza; beato il tuo popolo, governato da te; bene­detto il tuo Dio, che ti ha fatto re!» Dopo di ciò Salomone offrì an­ch'egli molti doni alla regina di Saba, ed ella tornò nel suo regno.





 
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IL REGNO DIVISO Re 11-12
Salomone regnò per quarant'anni con saggezza e gloria. Non però ne­gli ultimi anni, quando si allontanò dal Signore: le sue mogli straniere lo attirarono verso i loro dèi, e Salo­mone fece quello che è male agli occhi del Signore. Per questo il Signore gli disse: «Tu non ti sei comportato come tuo padre Davide; tu non hai osservato l'alleanza con me. Perciò dovrei to­glierti il regno che ti ho dato. Ma per amore di Davide lascerò una parte del regno ai tuoi discendenti». Quando Salomone morì, divenne re suo figlio Roboamo. Egli si com­portò da sciocco e da cattivo, e una gran parte del popolo si ribellò a lui. Così il regno si divise in due. Il terri­torio meridionale rimase con Ro­boamo; si chiamò regno di Giuda, ed ebbe come capitale Gerusalem­me. Il territorio settentrionale diven­ne il regno d'Israele, sua capitale fu la città di Samaria, e il primo re fu un ministro di Salomone di nome Geroboamo. Geroboamo voleva evitare che i suoi sudditi andassero a pregare il Signore nel tempio di Gerusalem­me; perciò innalzò due altri templi al Signore nel suo territorio, uno a Betel e l'altro a Dan.




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I PROFETI DEL SIGNORE Re 14-16; Amos 7; Geremia 1
Il regno di Saul, di Davide e di Sa­lomone si era diviso in due. A Ge­rusalemme regnavano, uno dopo l'altro, i discendenti di Davide. Essi, però, spesso si comportavano male, avevano poca fede nel Signore e spesso lo abbandonavano per se­guire falsi dèi che erano adorati dai popoli stranieri. Lo stesso facevano i re d'Israele, che regnavano a Samaria. Il popolo vedeva il cattivo esempio dei loro re, e faceva altrettanto. Il Signore vedeva il tradimento del suo popolo, e non si stancava mai di invitarlo ad abbandonare la sua cattiva condotta e a ritornare al suo amore. Lo faceva in vari modi. Per esempio, permetteva che nelle guerre vincessero i nemici, per far comprendere al suo popolo che sol­tanto se rimaneva amico del Signo­re poteva vivere sicuro e in pace. Un altro modo usato dal Signore per richiamare il suo popolo era quello di mandare uomini speciali che parlassero per lui: i profeti. Furono molti i profeti mandati dal Signore, sia nel regno di Giuda sia nel regno d'Israele; ma spesso né i re né il popolo li ascoltavano; anzi, spesso li maltrattavano, li cacciavano o addirittura li facevano morire. Il Signore sceglieva i suoi profeti tra il popolo, non importa a quale categoria appartenessero; bastava che nel loro cuore avessero tanto amore per Dio. Amos, per esempio, era un semplice pastore del regno di Giuda: il Signore lo chiamò e lo mandò nel regno d'Israele, ad an­nunciare gravi castighi per chi non si ravvedeva. Geremia era un giovane timido; quando il Signore lo chiamò, rispo­se: «Vedi: io non so parlare bene, perché sono giovane!» Ma il Signore gli rispose: «Non dire: sono gio­vane; tu devi soltanto ripetere quel­lo che io ti ordino di dire».

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