5. CAINO E ABELE. Genesi 4
Adamo e Eva ebbero due figli, di nome Caino e Abele, Caino faceva l’agricoltore e Abele il pastore. Un giorno i due fratelli offrirono un sacrificio a Dio: Caino gli offrì i migliori frutti dei campi, Abele il più bell’agnello del suo gregge. Abele presentò la sua offerta con cuore sincero: per questo il Signore gradì il suo dono, e non gradì invece quello di Caino. Quest’ultimo si adirò molto e divenne geloso di suo fratello. Dio disse a Caino: «Perché sei irritato? Perché sei scuro in volto? Domina la tua gelosia».
6. CAINO UCCIDE ABELE. Genesi 4
Caino era geloso di suo fratello Abele perché il Signore gradiva i suoi doni, che egli offriva con cuore sincero, e mostrava di non gradire quelli di Caino stesso. La gelosia e l'ira di Caino crebbero al punto che un giorno egli invitò Abele nei campi, e là lo uccise. Dio, che vede tutto, gli chiese: «Dov'è tuo fratello?» e Caino, aggiungendo anche la menzogna al suo delitto, rispose: «Che ne so io? Sono forse io il custode di mio fratello, così che debba sempre sapere dove si trova?» «La voce del sangue di tuo fratello grida verso di me» disse il Signore; «per questo tu dovrai fuggire di qui e andare ramingo per il resto della tua vita». Caino allora si impaurì. Temette che qualcuno, vedendolo fuggiasco, lo uccidesse. Ma il Signore non vuole la morte di nessuno, neppure di chi si comporta male come Caino. Per questo mise su di lui un segno di avvertimento, perché nessuno gli facesse del male. Così Caino si allontanò dal Signore, e andò ad abitare nella terra di Nod. Dopo che Caino ebbe ucciso Abele, il Signore concesse un altro figlio ad Adamo e Eva, e lo chiamarono Set.
7. TRE ABILI FRATELLI. Genesi 4-5
In quei giorni vissero tre fratelli, Iabal, Iubal e Tubalkain. Essi divennero famosi perché insegnarono il loro lavoro ad altri uomini che vennero dopo di loro. Iabal faceva l’allevatore di bestiame, Iubal era un abile suonatore di cetra e di flauto; Tubalkain era fabbro, maestro nel lavorare il rame e il ferro. I primi uomini si comportavano male, dimostrando di somigliare più a Caino , che ad Abele. Uno di loro, di nome Lamech, era tanto cattivo e violento che si vendicava di ogni piccolo torto ricevuto.
8. L’ARCA DI NOE’. Genesi 6-7
Tutti gli uomini che vivevano sulla terra erano cattivi, perché facevano quello che è male agli occhi del Signore. Tutti, tranne i componenti della famiglia di Noè. Dio si stancò di tanto male che vedeva commettere di continuo, e decise di eliminare tutti i cattivi. Per questo si presentò a Noè e gli disse: «Io manderò un diluvio, una grande alluvione che spazzerà via ogni vita sulla terra, tranne coloro che voglio salvare». E gli diede un ordine: «Costruisci un'arca, una grande nave. Deve essere a tre piani, col tetto e le finestre, lunga 150 metri, larga 25 e alta 15». Noè si mise al lavoro, insieme con i suoi tre figli Sem, Cam Iafet, mentre sua moglie e le mogli dei suoi figli raccoglievano cibo e vestiario per vivere dentro l'arca. I vicini di casa di Noè lo prendevano in giro, perché pensavano che fosse matto a costruire una nave in mezzo alla pianura, lontano dal mare. Ma Noè non si lasciava impressionare, e continuava il lavoro. Quando ebbe finito la costruzione, raccolse da tutta la regione due animali per ogni specie e li fece entrare nell'arca, dove infine si trasferì anche lui con tutta la sua famiglia.
9. DOPO IL DILUVIO. Genesi 8-9
Seguendo il comando del Signore Noè aveva costruito l'arca e vi era entrato con la sua famiglia e con una coppia di animali per ogni specie. Dopo una settimana cominciò a piovere: piovve tanto ma tanto, per quaranta giorni, da provocare un'immensa alluvione che coprì tutto, case, alberi e montagne. Solo l'arca galleggiava sulle acque, proprio come il Signore aveva annunciato. Finalmente cominciarono a soffiare i venti, e l'acqua prese a calare. Apparvero le cime dei monti, e l'arca si posò sul monte Ararat. Trascorsi quaranta giorni, Noè aprì la finestra che aveva fatto nell’arca e disse: «Voglio far uscire una colomba, per sapere se da qualche parte vi è terra asciutta». Ma la colomba tornò nell'arca, poiché non trovò dove posarsi. Noè attese altri sette giorni, poi fece uscire di nuovo la colomba; ma anche quella volta essa tornò, tenendo però nel becco un ramoscello di olivo: segno che le acque si erano ritirate. Dopo altri sette giorni Noè lasciò andare di nuovo la colomba, che questa volta non tornò più. Passarono altre quattro settimane, e Dio ordinò a Noè: «Esci dall'arca tu e tua moglie, i tuoi figli e le loro mogli, e tutti gli animali d'ogni specie che hai con te: uccelli, rettili, bestiame domestico. Falli uscire dall’arca, perché si spandano sulla terra e si moltiplichino». Obbediente al Signore che aveva voluto salvare lui e la sua famiglia, Noè uscì dall'arca con tutte le persone e gli animali che essa conteneva, e subito innalzò un altare per offrire un sacrificio di ringraziamento al Signore. Il Signore Dio gradì il sacrificio di Noè; benedisse lui e i suoi figli e disse loro: «Ecco: la vita torna sulla terra, e tutto quello che si trova sulla terra io lo do a voi».
10. IL SEGNO DELL’ARCOBALENO. Genesi 8-9
Quando Noè, salvato dal diluvio insieme con la sua famiglia e gli animali dell’arca, mise piede sulla terra asciutta, per prima cosa ringraziò il Signore che era stato così buono con lui. Allora il Signore gli disse: «Da oggi in poi, fino a quando durerà la terra, non vi sarà più un diluvio come questo; vi saranno sempre semina e mietitura, freddo e caldo, estate e inverno. Faccio questa promessa a te e ai tuoi discendenti, e come segno della promessa pongo tra le nubi l’arcobaleno».
11. LA TORRE DI BABELE. Genesi 11
Dopo i giorni del diluvio, gli uomini erano tornati a moltiplicarsi sulla terra, ed erano come una grande famiglia; tutti parlavano la stessa lingua. Abitavano nella pianura di Sennaar, e si sentivano molto importanti. «Costruiamo una città» si dissero «con una torre tanto alta che arrivi a toccare il cielo. Essa ci terrà sempre uniti, e anche in futuro tutti si ricorderanno di noi». Com'erano orgogliosi della loro idea! Ma essi stavano dimenticando Dio; non si chiesero se il loro progetto era secondo la volontà del Signore: pensavano di poter fare a meno di lui. Per questo il Signore Dio intervenne. Quando la costruzione era già molto avanzata, egli cambiò il loro linguaggio, sicché tutti quegli uomini orgogliosi non riuscivano più a intendersi tra loro e dovettero interrompere il lavoro di costruzione - della grande torre. Gli uomini che riuscivano a capirsi tra loro si unirono in gruppi: tutti si allontanarono dalla città e andarono ad abitare paesi diversi, disperdendosi su tutta la terra. La città che lasciarono interrotta, dove presero a parlare lingue diverse, fu chiamata Babele, nome che in effetti significa confusione.
12. DIO CHIAMA ABRAMO. Genesi 12
Abramo era un uomo nato a Ur, una città della Mesopotamia; insieme con suo padre e tutta la famiglia si era trasferito a Carran, una città del nord, dove si guadagnava da vivere facendo il pastore e l'allevatore di bestiame. Abramo si trovava dunque a Carran, quando gli accadde una cosa straordinaria: il Signore Dio gli rivolse la sua parola. A quel tempo tutti gli uomini avevano dimenticato il Signore, e adoravano tante divinità diverse che si erano inventati e si tramandavano di padre in figlio. Ma Abramo riconobbe la voce dell'unico vero Dio, il Signore, quando egli rivolse a lui. Gli disse: «Parti di qui, dalla tua patria, dalla casa di tuo padre, e va' nel paese che io ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò; renderò grande il tuo nome e attraverso di te darò grandi benefici agli uomini di tutta la terra». Abramo si fidò della parola del Signore, e per quanto gli dispiacesse di lasciare Carran subito si mise in cammino verso sud, verso il paese di Canaan, portando con sé sua moglie Sara, suo nipote Lot, i servi e le greggi, con i pastori incaricati di condurle al pascolo.
13. LA NUOVA PATRIA DI ABRAMO. Genesi 12
Seguendo l’invito di Dio, Abramo giunse nella terra di Caanan, quella che poi si chiamò Palestina. Qui giunto, udì di nuovo la voce del Signore che gli promise: «Io darò questa terra ai tuoi discendenti!» Allora Abramo, in segno di ringraziamento e di fiducia, eresse sul posto un altare al Signore. Si mise poi a percorrere tutto il paese che era ormai divenuto la sua nuova patria. Da Sichem dove il Signore gli parlò, si spostò a Betel, dove innalzò un altro altare, e andò infine ad accamparsi nel Neghev.