Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Errori ed inganni riguardo alla Trinità

Ultimo Aggiornamento: 15/06/2018 11:51
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
11/04/2016 16:00
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Nel corso dei secoli vi sono state diverse discussioni riguardanti la  Persona e la divinità di Cristo e la Persona e la divinità dello Spirito Santo.
Proprio per dirimere le varie questioni sorte e per fugare i dubbi, vi sono stati dei Concilii, che con l'assistenza dello Spirito hanno fatto chiarezza.
Ma purtroppo chi vuole far prevalere la propria opinione, incurante del mezzo di cui Dio stesso ha dotato la sua Chiesa per offrire la necessaria correttezza dottrinale e morale, continua a tirar fuori vecchie dottrine già dichiarate erronee per riproporle nuovamente agli ignari cristiani che abboccano ai loro ingannevoli ed errati intendimenti, come risulta nella esposizione che segue.
[Modificato da Credente 11/04/2016 16:02]
OFFLINE
11/04/2016 16:03
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota


LA TRINITA'



Prima parte: 

Differenza tra trinità e modalismo:
 

Studiando le pubblicazioni dei tdg e conversando con loro, si nota una grande confusione riguardo quella che essi credono che sia la dottrina della trinità. 
Ecco cosa c'è scritto su alcune pubblicazioni ufficiali edite dalla Watch Tower a proposito di questa dottrina: 

W 1/6/1988 pag 10: 

“2 Da questi racconti anche un bambino capirebbe che fra l’Iddio Onnipotente e Gesù Cristo intercorre la stessa relazione esistente fra un padre e il suo diletto figlio: si tratta di due individui diversi. Eppure, questa semplice verità biblica viene negata dalle religioni della cristianità, le quali sostengono ostinatamente che Gesù Cristo sia lo stesso Dio Onnipotente, la seconda persona di una Trinità in cui la terza sarebbe lo spirito santo. 
… 
10 In queste narrazioni Dio stava forse dicendo di essere figlio di se stesso e di aver inviato e approvato se stesso? No, Dio il Padre, il Creatore, stava dicendo di aver inviato suo Figlio Gesù, un essere distinto da lui, a compiere l’opera di Dio. Per questo in tutte le Scritture Greche l’espressione “Figlio di Dio” viene riferita a Gesù. Neppure una volta, però, troviamo l’espressione “Dio il Figlio”, in quanto Gesù non era l’Iddio Onnipotente. Era il Figlio di Dio. Si tratta di due persone diverse, e non c’è “mistero” teologico che possa cambiare questa verità. 

15 Quando stava per morire, Gesù mostrò la propria sottomissione a suo Padre pregando: “Padre, se lo desideri, rimuovi da me questo calice. Tuttavia si compia non la mia volontà, ma la tua”. (Luca 22:42) Gesù chi stava pregando? Se stesso? No, stava pregando il suo Padre celeste. Lo si capisce bene dalle parole: “Si compia non la mia volontà, ma la tua”. In punto di morte, inoltre, Gesù gridò: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Marco 15:34) A chi era rivolto il grido di Gesù? A se stesso? No, a suo Padre che era in cielo.”
 


In questa pubblicazione viene evidenziata la prima falsa credenza, secondo i tdg, I trinitari crederebbero che il padre e il figlio siano la stessa persona, questo è falso! Dopo esamineremo che coloro che credevano (e credono) in questa dottrina, si chiamano modalisti.
Mentre la retta fede afferma che il Figlio, pur essendo distinto dal Padre, è della sua stessa natura divina.
Gv 1,18 afferma che Gesù è L'UNIGENITO DIO, vale a dire che è l'UNICO FIGLIO GENERATO, IL QUALE E' DIO e cioè della stessa natura di Chi lo ha veramente GENERATO.


W 15/5/2002 pag 6: 

“Quindi, secondo le Scritture, Geova è l’Iddio Onnipotente e Gesù è suo Figlio. I due non erano coeguali prima che Gesù venisse sulla terra e neppure durante la sua vita terrena; né Gesù divenne uguale al Padre dopo essere stato risuscitato alla vita celeste. (1 Corinti 11:3; 15:28) Come abbiamo visto, la cosiddetta terza persona della Trinità, lo spirito santo, non è una persona. È la forza che Dio impiega per fare qualsiasi cosa desideri. Quindi l’insegnamento della Trinità non è scritturale. “Geova nostro Dio è un solo Geova”, dice la Bibbia. — Deuteronomio 6:4.” 


Secondo i tdg “coeguali” significa che il padre e il figlio sono la stessa persona; anche questo è falso, perchè la coeguaglianza riguarda la natura delle tre persone, non la loro individualità. 


G 22/4/2005 pag 6: 

“La superiorità del Padre rispetto al Figlio, come pure il fatto che il Padre è una persona distinta, è evidenziata anche dalle preghiere di Gesù, come quella che pronunciò poco prima di essere ucciso: “Padre, se lo desideri, rimuovi da me questo calice [cioè, una morte ignominiosa]. Tuttavia si compia non la mia volontà, ma la tua”. (Luca 22:42) Se Dio e Gesù sono “uno nell’essenza”, come afferma la dottrina della Trinità, come poteva Gesù avere una volontà diversa da quella del Padre? — Ebrei 5:7, 8; 9:24. 
Inoltre, se Geova e Gesù fossero uguali, come poteva uno di loro non sapere cose che l’altro sapeva? Per esempio, parlando del tempo del giudizio del mondo, Gesù disse: “In quanto a quel giorno o a quell’ora nessuno sa, né gli angeli del cielo né il Figlio, ma solo il Padre”. — Marco 13:32.”
 


Stessi concetti ribaditi prima, come vedremo tra poco, con grande sorpresa dei tdg, i trinitari credono che il padre il figlio e lo Spirito santo sono tre persone distinte, questo è uno dei fondamenti della dottrina trinitaria. 


W 15/1/1992 pag 21: 

Che Gesù non fosse in parte uno spirito quand’era sulla terra è confermato dalla dichiarazione di Pietro secondo cui Cristo ‘fu messo a morte nella carne, ma fu reso vivente nello spirito’. (1 Pietro 3:18) Solo perché era interamente umano Gesù poté provare ciò che provano gli uomini imperfetti e divenire così un sommo sacerdote compassionevole. Paolo scrisse: “Poiché non abbiamo come sommo sacerdote uno che non possa compatire le nostre debolezze, ma uno che è stato provato sotto ogni aspetto come noi, ma senza peccato”. — Ebrei 4:15.” 

Secondo questa pubblicazione i trinitari crederebbero che Gesù era in parte uno spirito e che non fosse interamente umano, questa credenza si chiama modalismo adozionista e non ha nulla a che vedere con la trinità, per i trinitari Gesù quando era sulla terra era veramente uomo, esattamente come noi “tranne il peccato”. 

w 15/5 1998 pag 21-23 

"Per esempio, trattando la dottrina della Trinità potreste dire allo studente: ‘Quando Gesù si battezzò, si udì una voce dal cielo dire: “Tu sei mio Figlio, il diletto”. Se in quel momento Dio era veramente sulla terra e si stava battezzando, fece forse in modo che la sua voce andasse in cielo e tornasse indietro affinché fosse udita sulla terra? Non sarebbe stato un inganno? Dio, “che non può mentire”, avrebbe fatto una cosa del genere?’ — Luca 3:21, 22; Tito 1:1, 2. " 

Di nuovo il CD non capisce o fa finta di non capire, che il padre e il figlio per i trinitari sono due persone distinte e gioca con gli equivoci, fu la persona del figlio a battezzarsi nella sua natura umana, non certo il padre! Continuiamo con lo stesso articolo: 

"Prendete ad esempio una donna che chiameremo Barbara. Per tutta la vita aveva creduto che Gesù fosse Dio e che facesse parte di una trinità insieme allo spirito santo. Poi un testimone di Geova le spiegò che Dio e Gesù sono due persone diverse e le mostrò dei passi biblici a conferma di quanto diceva. Barbara non poteva contraddire la Bibbia. Al tempo stesso si sentiva frustrata, perché era molto attaccata alla dottrina della Trinità. 
Il Testimone ragionò pazientemente con Barbara. “Se tu volessi farmi capire che due persone sono uguali”, le chiese, “che rapporto di parentela useresti per illustrarlo?” Lei ci pensò su e poi rispose: “Farei l’esempio di due fratelli”. “Esattamente”, rispose il Testimone. “Magari due gemelli identici. Ma insegnandoci a considerare Dio come Padre e lui come Figlio, che idea trasmetteva Gesù?” “Capisco”, rispose Barbara, spalancando gli occhi. “Ci presenta uno dei due come più grande e con maggiore autorità”. 
“Sì”, rispose il Testimone, “e specialmente l’uditorio di Gesù, formato da ebrei che vivevano in una società patriarcale, sarebbe giunto a questa conclusione”. Arrivando al punto, il Testimone aggiunse: “Se a noi è venuto in mente un esempio così calzante per insegnare l’idea di uguaglianza — quello di fratelli o gemelli identici — sicuramente Gesù, il grande Insegnante, avrebbe potuto fare altrettanto. Invece per descrivere la sua relazione con Dio usò i termini ‘padre’ e ‘figlio’”. 
 

La wts, per screditare la trinità si mette a confutare il modalismo, e per fare questo usa proprio l'insegnamento ufficiale trinitario il quale sostiene la differenza tra la persona del padre e quella del figlio e la superiorità fontale del padre in quanto generante, nei confronti del figlio generato. 
W 1/1/1970 pag 6: 

"Verso il quarto secolo alcuni ecclesiastici, compreso il giovane arcidiacono Atanasio, sostenevano che Gesù e Dio fossero una sola e medesima persona. D’altra parte, uomini come il presbitero Ario si attenevano all’atteggiamento biblico che Gesù fu creato da Dio ed era subordinato al Padre suo. "
 

Questa frase: "sostenevano che Gesù e Dio fossero una sola e medesima persona" non ha senso per un trinitario come Atanasio, nè si sognò mai di scriverla, egli credeva che Gesù fosse Dio come lo era suo padre, non che Dio era una sola persona con Gesù!!! 


Vediamo ora cosa dice il libro “ragioniamo facendo uso delle scritture”, il manuale che usano i tdg quando vanno in predicazione, a pagina 403 al titolo “trinità”: 

“Definizione: Dottrina fondamentale delle religioni della cristianità. Secondo il Simbolo Atanasiano, ci sono tre Persone divine (il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo), ciascuna delle quali sarebbe eterna e onnipotente, né maggiore né minore delle altre; ciascuna d’esse sarebbe Dio, e tuttavia non formerebbero che un solo Dio. Altre formulazioni del dogma sottolineano che queste tre “Persone” non sono entità separate e distinte, bensì tre manifestazioni dell’essenza divina. Perciò alcuni sostenitori della Trinità dicono di credere che Gesù Cristo sia Dio, o che Gesù e lo Spirito Santo siano Geova. Insegnamento non biblico.” 


Mentre la prima parte dice una cosa vera, la seconda parte parla del modalismo (lo esamineremo in seguito) e non come asserisce il libro "altre formulazioni del dogma" perchè si sta parlando del dogma trinitario e non di quello modalista. 

Opuscolo trinità pag. 18: 

"Le stesse preghiere di Gesù sono un chiaro esempio della sua posizione inferiore. Quando stava per essere ucciso, mostrò chi era superiore chiedendo in preghiera: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”. (Luca 22:42, CEI) A chi rivolse quella preghiera? A una parte di se stesso? No, la rivolse a qualcuno che era nettamente distinto da lui, il Padre suo, Dio, la cui volontà era superiore e poteva non coincidere con la sua. Dio era il Solo che avrebbe potuto ‘allontanare quel calice’. 
Poi, in punto di morte, Gesù gridò: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Marco 15:34, CEI) A chi si stava rivolgendo Gesù? A se stesso o a una parte di se stesso? Quel grido, “Dio mio”, non poteva certo essere pronunciato da qualcuno che pensava di essere Dio. E se Gesù era Dio, da chi era stato abbandonato? Da se stesso? Non ha senso. Gesù disse pure: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”. (Luca 23:46) Se Gesù era Dio, perché mai avrebbe dovuto affidare il suo spirito al Padre?"
 

I tdg giocano con i termini facendo credere che i trinitari non sappiano che nella maggioranza dei casi quando si parla di "Dio" nel nuovo testamento, ci si riferisce al padre e non ad "una parte di se stesso", avrebbero ragione se i trinitari credessero che Gesù fosse "un modo di rivelarsi del padre", se egli fosse "la stessa persona del padre", ma così non è, per i trinitari il padre e il figlio sono due persone distinte ed in più, guardando Gesù di Nazaret dal punto di vista umano, vi è anche inferiorità di natura rispetto al padre, come ogni creatura è inferiore rispetto al suo creatore. 

Spieghiamo ora cosa insegna realmente la trinità: 

Dal credo Niceno-costantinopolitano del 381 D.C.: 

“Credo in un solo Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra e di tutte le cose visibili e invisibili. 
E in un solo Signore Gesù Cristo, l’unigenito Figlio di Dio, generato dal Padre prima di tutti i secoli: luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, consustanziale al Padre, per mezzo del quale ogni cosa fu fatta. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dai cieli e si incarnò dallo Spirito Santo e da Maria Vergine, e si fece uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, patì e fu sepolto, e risuscitò il terzo giorno, secondo le Scritture. È asceso ai cieli e siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti; il suo regno non avrà fine. 
E nello Spirito santo, il Signore, vivificante, che procede dal Padre, che con il Padre e il Figlio è insieme adorato e glorificato, che parlò per mezzo dei profeti. E nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per la remissione dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del secolo futuro. Amen”
 

Iniziamo dicendo che in ambito trinitario la dottrina della trinità viene chiamata con il termine di “trinitarismo ortodosso”, tutte le chiese cristiane oggi esistenti (tranne un esigua minoranza tra cui proprio i tdg) credono in esso, userò questo termine quando mi riferirò a tale dottrina. 

Come abbiamo visto nel credo, per un trinitario il padre è distinto dal figlio, ma entrambi sono lo stesso Dio, hanno cioè la stessa natura divina in comune, proprio perché Cristo è figlio, si dice che è generato dal padre e non creato, infatti un figlio si genera non si crea, un figlio ha la stessa natura di chi lo genera e Dio genera Dio, come l’uomo genera l’uomo. 
Andiamo avanti esaminando cosa dice l' XI Sinodo di Toledo (675) il quale chiarisce il ruolo principale del padre rispetto alle altre persone trinitarie (ruolo particolarmente caro alla chiesa ortodossa): 

« Professiamo e crediamo che la santa ed ineffabile Trinità, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, secondo la sua natura è un solo Dio di una sola sostanza, di una sola natura, anche di una sola maestà e forza. E professiamo che il Padre non è generato, non creato, ma ingenerato. Egli infatti non prende origine da nessuno, egli dal quale ebbe sia il Figlio la nascita, come lo Spirito Santo il procedere. Egli è dunque la fonte e l'origine dell'intera divinità.» 

In ambito teologico trinitario viene fatta una distinzione fra la Trinità da un punto di vista "ontologico" (ciò che Dio è) e da un punto di vista "economico" (ciò che Dio fa). Secondo il primo punto di vista le persone della Trinità sono uguali (hanno cioè la medesima natura , hanno in comune quindi l’ onniscienza, l’onnisapienza, l’onnipotenza), mentre non lo sono dall'altro punto di vista, cioè hanno ruoli e funzioni differenti. 
L'affermazione "figlio di", "Padre di" e anche "spirito di" implica una dipendenza, cioè una subordinazione delle persone. 
Il trinitarismo ortodosso rifiuta il "subordinazionismo ontologico" (inferiorità o differenza di sostanza) 
Ma accetta quello economico o razionale o logico: 
Essendo il Padre, la fonte di tutto (come evidenziato dal sinodo di Toledo), ha una relazione monarchica con il Figlio e lo Spirito i quali accettano la supremazia del padre razionalmente, senza per questo essere inferiori o differenti nella loro identica natura divina. 

Cosa credono i modalisti: 

Monarchianismo (dal greco μoνoς - mone, unico e αρχεω - arché, principio) era un movimento teologico fiorito nel II e III secolo. Alla sua base stava l'unità del concetto di Dio che, di conseguenza, comportava la negazione della Trinità e della natura divina di Cristo. 
La parola "Monarchiani" fu usata per la prima volta da Tertulliano come nomignolo per i Patripassiani (vedi al sottotitolo modalismo) ma veniva usata solo raramente dagli antichi. In tempi moderni il significato del termine è stato esteso ed ora comprende: i Monarchiani modalisti, anche detti Patripassiani o Sabelliani, e i Monarchiani dinamici o Adozionisti. 

1. Monarchianismo dinamico o adozionista: 

Il loro antico nome era teodoziani poiché il fondatore della setta fu un conciatore di pelli di Bisanzio chiamato Teodoto. Questi giunse a Roma sotto papa Vittore I (circa 190-200). 
Egli insegnava (Philosophumena, VII, XXXV) che Gesù era semplicemente un uomo (psilos anthropos) nato da una vergine, che visse come gli altri uomini, e che era molto pio tanto che, al suo battesimo nel Giordano, il Cristo entrò in lui sotto forma di colomba. Da quel momento fu "adottato" come figlio di Dio. Per questo motivo Gesù non poté fare miracoli (dynameis) finché lo Spirito (che Teodoto chiamò Cristo) non discese su di lui. Essi non ammettevano che questo avvenimento facesse di lui Dio, ma alcuni di loro sostenevano che divenne Dio dopo la sua risurrezione. Si narra che Teodoto fosse stato catturato, insieme ad altri, a Bisanzio perché Cristiano e che avesse negato Cristo, mentre i suoi compagni erano stati martirizzati. Dopo questi avvenimenti scappò a Roma, dove inventò l'eresia per giustificare la sua caduta e dove diceva che era solo un uomo e non Dio colui che aveva negato. 
Papa Vittore lo scomunicò, ed egli radunò una sua setta. 


2. Monarchianismo modale o modalismo 

I Monarchiani propriamente detti (modalisti) esasperavano l'unicità del Padre e del Figlio così da farne una sola Persona; in questo modo, le Persone della Trinità erano semplici energie o modi di apparire della Divinità: 
Dio Padre apparve sulla terra come Figlio; per questa ragione, ai loro oppositori, sembrava che i monarchiani facessero patire e soffrire il Padre. Ad occidente furono chiamati Patripassiani, mentre ad oriente Sabelliani. Il primo di loro a visitare Roma, probabilmente, fu Prassea, che poco prima del 206-208 era attivo a Cartagine; tuttavia, questi non era, apparentemente, un eresiarca perché gli argomenti confutati, in seguito, da Tertulliano nell'Adversos Praxean erano, indubbiamente, propri dei monarchiani romani. 
La dottrina modalista fu, probabilmente, elaborata da Noeto (da cui Noeziani), vescovo di Smirne (Epifanio, per un errore, sosteneva provenisse da Efeso). Secondo alcuni autori, tuttavia, il fondatore di questa setta fu Prassea, che fu oggetto di una feroce campagna denigratoria architettata da Tertulliano in quanto antimontanista. In ogni caso, Noeto scelse per sé il nome di Mosè e per suo fratello quello di Aronne. Quando venne accusato di insegnare che il Padre patì sulla croce, egli negò, ma, dopo che ebbe trovato alcuni discepoli, fu nuovamente interrogato, ed espulso dalla Chiesa (Assemblea di Smirne del 200). 
Morì poco dopo senza ricevere sepoltura cristiana. Ippolito lo sbeffeggiava sostenendo che fosse un seguace di Eraclito poiché, in ossequio alla teoria dell'unione degli opposti, sosteneva che Dio è sia visibile che invisibile. 
Sabellio divenne presto il leader dei monarchiani di Roma, forse anche prima della morte di Zefirino (circa 218). Epifanio affermava che Sabellio avesse sviluppato le sue idee leggendo il Vangelo greco degli Egiziani; i frammenti di quell'apocrifo suffragano l'ipotesi. Ippolito sperava di convertire Sabellio alle sue idee, ma fallì e attribuì il suo fallimento all'influenza di Callisto. Comunque, il papa scomunica Sabellio intorno al 220 ("temendomi", affermava Ippolito). Ippolito accusava ora Callisto di inventare una nuova eresia combinando le idee di Teodoto con quelle di Sabellio. Sabellio, probabilmente, era ancora a Roma quando Ippolito scrisse il Philosophumena (tra il 230 ed il 235). Nonostante le sue idee fossero condannate da un Sinodo tenutosi a Roma nel 262, il Sabellianismo sopravvisse fino al IV secolo. Marcello d'Ancyra sviluppò un proprio monarchianismo, che fu ulteriormente sviluppato dal suo discepolo Fotino. 
Già San Giustino sapeva di Cristiani che insegnavano l'identità del Padre con il Figlio (Apol., I, 63; Dial., CXXVIII). In Hermas, come in Teodoto, il Figlio e lo Spirito Santo si confondevano. Ma furono Noeto e la sua scuola a negare categoricamente che l'unità della Divinità era compatibile con la distinzione in Persone. Consideravano il Logos un mero nome, o facoltà, o attributo, e fecero del Figlio e dello Spirito Santo semplici aspetti o modi di manifestarsi del Padre, identificando così Cristo con l'unico Dio. 
Di Sabellio si sa solo che sosteneva che il Figlio era il Padre (così riferivano Novaziano, "De. Trin." 12, e Papa Dionisio). Sant'Atanasio di Alessandria narrava come sostenesse che il Padre è il Figlio ed il Figlio è il Padre, una hypostasis e due nomi. Ad ogni buon conto, egli sosteneva che le tre forme della Divinità corrispondevano ai vari modi in cui si manifestava nelle varie parti del racconto biblico: 
• il Padre che crea il mondo nell'Antico Testamento; 
• il Figlio che si incarna come descritto nei Vangeli; 
• lo Spirito Santo che nella Pentecoste illumina gli Apostoli. 

Questa coesistenza di tre nomi in un'unica persona veniva spiegata da Sabellio con l'esempio del sole: esso è composto di luce, calore e influsso astrologico, tre attributi non separabili perché parte di una unica entità. Come conseguenza di questo ragionamento, anche Sabellio traeva conclusioni patripassiane: il Padre, in realtà, si era incarnato, aveva vissuto e patito la Passione. 

(spiegazioni prese da wikipedia alle rispettive voci: [url]http://it.wikipedia.org/wiki/Monarchianismo) 

L’eresia modalista era considerata molto più grave di quella ariana e lo dimostra il VII canone del concilio di Costantinopoli: 

“VII. Come bisogna accogliere coloro che si avvicinano all'ortodossia. 
Coloro che dall'eresia passano alla retta fede nel novero dei salvati, devono essere ammessi come segue: gli Ariani, i Macedoniani, i Sabaziani, i Novaziani, quelli che si definiscono i Puri (Catari), i Sinistri, i Quattuordecimani o Tetraditi e gli Apollinaristi, con l'abiura scritta di ogni eresia, che non s'accorda con la santa chiesa di Dio, cattolica e apostolica. Essi siano segnati, ossia unti, col sacro crisma, sulla fronte, sugli occhi, sulle narici, sulla bocca, sulle orecchie e segnandoli, diciamo: Segno del dono dello Spirito Santo. Gli Eunomiani, battezzati con una sola immersione, i Montanisti, qui detti Frigi, i Sabelliani, che insegnano l'identità del Padre col Figlio e fanno altre cose gravi, e tutti gli altri eretici (qui ve ne sono molti, specie quelli che vengono dalle parti dei Galati); tutti quelli, dunque, che dall'eresia vogliono passare alla ortodossia, li riceviamo come dei gentili. E il primo giorno li facciamo cristiani, il secondo, catecumeni; poi il terzo, li esorcizziamo, soffiando per tre volte ad essi sul volto e nelle orecchie. E così li istruiamo, e facciamo che passino il loro tempo nella chiesa, e che ascoltino le Scritture; e allora li battezziamo.”
 

Quindi gli ariani (simili ai tdg attuali) potevano rientrare nella grande chiesa solo abiurando la loro credenza e ricevendo la cresima, mentre i sabelliani dovevano addirittura ribattezzarsi, come se non fossero mai stati cristiani. 
[Modificato da Credente 15/06/2018 11:51]
OFFLINE
11/04/2016 16:04
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

seconda parte: Differenza tra natura e persona, generazione e creazione, mutabilità e immutabilità 

Bisogna accettare il semplice fatto che essere della natura del Padre o avere la stessa sostanza del Padre, pone Cristo molto al di sopra del rango di semplice creatura, occorre quindi avere chiaro in mente la distinzione tra creato e generato: 

Il Figlio, in quanto tale, essendo il primo e l'unico Figlio di Dio (primogenito e unigenito sono termini biblici), non poteva che essere generato dal Padre, quindi era Dio come lui, avendo entrambi natura divina. 
Un Figlio non si crea, si genera, ed è esattamente della natura di chi lo genera... 
I testimoni di Geova ogni volta che leggono la parola "Dio" pensano a Geova o Yahweh (come lo si voglia chiamare) ossia al Padre, ma questa non è una cosa da dare per scontata. 
"Dio" non indica solo un nome comune dell'entità divina, ma richiama la natura di colui al quale questo titolo è applicato. Avviene lo stesso per la parola "uomo” che indica sia l’ “essere umano” in generale come specie, sia la natura di ciascun individuo appartenente a questa specie: ognuno di noi è “uomo”. E il figlio naturale di un uomo è uomo anch’esso, ossia condivide la medesima natura di chi lo ha generato; la stessa cosa avviene per Dio Padre: 
che Cristo sia "Il Figlio di Dio" lo dice tutto il Nuovo Testamento, egli non è un figlio di Dio, egli è IL, l'unico Figlio, il Padre stesso si scomodò per attestarlo davanti a molti testimoni, per ben due volte durante la vita terrena di Cristo: 


Al battesimo: 
LND Matteo 3:17 "ed ecco una voce dal cielo. che disse: "Questi è il mio amato Figlio, nel quale mi sono compiaciuto"." 

Alla trasfigurazione: 
LND Matteo 17:5 Mentre egli parlava ancora, ecco una nuvola luminosa li adombrò, e si udì una voce dalla nuvola che diceva: "Questi è il mio amato Figlio, in cui mi sono compiaciuto: ascoltatelo!". 

Anche l'autore di Ebrei lo sottolinea all'inizio della sua opera: 

IEP Ebrei 1:1 "Dio, che nel tempo antico aveva parlato ai Padri nei profeti, in una successione e varietà di modi, 2 in questa fine dei tempi ha parlato a noi nel Figlio, che egli costituì sovrano padrone di tutte le cose e per mezzo del quale creò l'universo." 

Esamineremo la lettera di Ebrei in seguito, perchè il primo capitolo è di fondmentale importanza per capire la differenza che vi è tra il figlio di Dio e gli angeli. 
Vediamo altri passi: 

II Giovanni 1:3 “grazia, misericordia e pace saranno con noi da parte di Dio Padre e di Gesú Cristo, il Figlio del Padre, nella verità e nell'amore. “ 

Da queste scritture e da molte altre viene rimarcata una cosa importantissima: 
Gesù è il Figlio unico di Dio Padre: 

Giovanni 1:14 "14 E la Parola si è fatta carne ed ha abitato fra di noi, e noi abbiamo contemplato la sua gloria, come gloria dell'unigenito proceduto dal Padre, piena di grazia e di verità. " 

Giovanni 3:16 "16 Dio infatti ha tanto amato il mondo, che ha dato il Figlio suo Unigenito affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna." 

Giovanni 3:18 "18 Chi crede in lui non viene condannato; chi non crede in lui è già condannato, perché non ha creduto nel nome del Figlio Unigenito di Dio. " 

1 Giovanni 4:9 9" L'amore di Dio si è manifestato tra noi in questo: Dio ha inviato il suo Figlio unigenito nel mondo, affinché noi avessimo la vita per mezzo di lui" 

Già il nome di "unigenito"(monogenês) ci indica che egli è l’unico generato (o l’unico del suo genere), ma qual è la natura di questo unigenito Figlio? 

Giovanni 1:18 "18 Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è colui che lo ha fatto conoscere. " 

Questa scrittura risponde alla nostra domanda egli è Dio unico generato, Dio come lo è il Padre, dal quale procede per generazione appunto. 

Quando dopo la resurrezione egli scrisse "io salgo al Padre mio e Padre vostro" egli fece una distinzione importante tra la relazione che aveva lui col Padre e quella che avevano i suoi discepoli, i quali erano figli per adozione, se egli non avesse voluto sottolineare nulla, non avrebbe fatto questa importante distinzione, ma si sarebbe limitato a dire "salgo al Padre nostro". 
Soffermatevi un attimo nel digerire questi concetti di natura e persona, perché ci saranno utili in seguito. 
Bisogna capire inoltre che le scritture veterotestamentarie portate avanti dagli antitrinitari (e dai testimoni di Geova) per sostenere che "generato" e "creato" siano sinonimi, che poeticamente parlano della creazione come di generazione o parto (ad es. Salmo 90:2 o Giobbe 38:28), vanno prese per quello che sono:semplici allegorie poetiche, e non possono essere usate per descrivere termini in un’altra lingua di centinaia di anni dopo (mi riferisco ovviamente agli scritti sopra riportati in ebraico, in contrapposizione al Nuovo Testamento greco, iniziato a scrivere molto dopo dei libri sopra menzionati) del resto in quale stile letterario furono scritti i salmi e in gran parte Giobbe? 
Non si usano forse stili poetici e metaforici? 
O vogliamo credere che l’Iddio Onnipotente partorisca montagne? 
Purtroppo i testimoni di Geova non tengono conto dei secoli che passano dalla stesura di un libro ad un altro e con disinvoltura per sostenere le loro tesi, usano scritture createsi in un contesto particolare come quello sopra riportato (del Antico Testamento), in un contesto lontano mille anni, in una cultura diversa e soprattutto con persone che avevano una teologia diversa (quelle del Nuovo Testamento appunto). 
Però a questo punto ci si trova nella difficoltà, di far coesistere due dèi, uno il Padre e un altro il Figlio, come conciliare questa cosa col monoteismo? 
Prima di affrontare come hanno risolto il problema i trinitari, esaminiamo come rispondono i testimoni di Geova: 


Dalla monolatria al monoteismo: 

Per scusare l'esistenza di due dèi, i testimoni prendono spunto da quella che era la teologia primordiale mono-latrica ebraica (credenza in più dèi, ma adorazione di uno solo) leggendo in wikipedia il significato di enoteismo e monolatria si scopre quanto segue: 

"L'Enoteismo (dal greco antico εἷς θεός, "un solo dio") o Monolatria (dal greco μόνος, "unico", e λατρεία, "culto") è una forma di culto intermedia tra politeismo e monoteismo in cui viene venerata in particolar modo una singola divinità senza tuttavia negare l'esistenza di altri dèi accanto ad essa: non viene quindi negata l'esistenza di altre divinità, ma ne viene sottolineata l'inferiorità. I due termini differiscono nel fatto che nell'enoteismo, a differenza della monolatria, non è escluso che gli altri dei, per quanto inferiori, siano oggetto di forme di culto. 
Si può intendere un'ulteriore divisione tra i due termini sul piano temporale: accade dunque che nell'enoteismo il culto di un unico dio, all'interno di un più vasto pantheon, sia un sistema momentaneo per avere favori nell'immediato, da quella determinata forza divina; nella monolatria questo schierarsi dalla parte di un'unica divinità risulta essere più longevo nel tempo, vera passerella per il monoteismo. 
Si tratta, per questo motivo, di un concetto profondamente diverso da monoteismo, nel quale esiste un solo e unico dio. 
... 
La monolatria si può anche considerare, ma non sempre, una fase iniziale del processo di una religione verso il monoteismo, come lo è stato per il culto di JHWH professato dall'ebraismo
." 

Infatti ci sono scritture dell'Antico Testamento che chiamano "dèi"(elohim) sia gli angeli che uomini potenti (i giudici), ma qualcosa non torna... 
Ad esempio la scrittura chiave di Isaia 43:10 tanto cara ai testimoni di Geova e Isaia 44:6 dicono: 

43:10 (NRV) " I miei testimoni siete voi, dice il SIGNORE, voi, e il mio servo che io ho scelto, affinché voi lo sappiate, mi crediate, e riconosciate che io sono. Prima di me nessun Dio fu formato, e dopo di me, non ve ne sarà nessuno. " 

ancora: 

Isaia 44:6 "Così parla il SIGNORE, re d'Israele e suo salvatore, il SIGNORE degli eserciti: Io sono il primo e sono l'ultimo, e fuori di me non c'è Dio." 

È interessante come suona Isaia 43:10 nella LXX, alla lettera dica: 

"Siate miei testimoni ed io testimone, dice il signore Dio, e il servo che io ho scelto, affinché conosciate e crediate e comprendiate che Io Sono. Prima di me non vi fu alcun Dio e dopo di me non ve ne sarà [alcuno]. Io sono Dio e non vi è Salvatore all'infuori di me". 

Queste scritture sono inequivocabili: poteva esistere un altro chiamato "Dio" o "salvatore" accanto o fuori a Yahweh? No! 
Alcuni definiscono i TdG politeisti ed essi cercano di scusare questa teologia in vari modi dicendo che Cristo è "Dio" nel senso di potente, o nel senso di rappresentante, ma quelle scritture sono chiare e smentiscono questa presa di posizione. 
Dal momento che esistono entrambi i punti di vista in antitesi tra loro nell'Antico Testamento, l'unica soluzione è proprio quella che gli ebrei ebbero dei cambiamenti di vedute nella loro storia e gli scritti lo dimostrano chiaramente, si è passati dal "Dio degli dèi" (visione mono-latra) di Deuteronomio 10:17 al "solo ed unico Dio" (versione mono-teista) del deutero Isaia e questo in centinaia di anni di evoluzione teologica, i TdG invece si sono fermati allo stadio arcaico della monolatria ebraica (evidentemente gli fa comodo per sostenere e mantenere le loro bizzarre tesi antitrinitarie), senza cogliere l'evoluzione che gli ebrei (e i loro scritti), hanno avuto nel tempo: questo non è monoteismo ma monolatria! 
Nel Grande Lessico del Nuovo Testamento (da ora GLNT) a cura del Kittel, (vol. IV pag. 404, una delle massime opere dell’erudizione tedesca), è scritto: 
“Era impossibile per il pensiero rabbinico, che fossero figli di Dio”, ed è anche il motivo per cui la LXX spesso scolorisce il testo ebraico originale in cui invece era attestata la fase monolatrica con degli elohim disseminati ovunque, “In Ex. 4,16 Dio dice a Mosè “Egli è per te bocca e tu sei per lui Dio”. 
I LXX indeboliscono il senso, σὺ δὲ αὐτῷ ἔσῃ τὰ πρὸς τὸν θεόν” (Tu (=Mosè) sarai per lui (= Aronne) gli affari relativi a Dio/la parola di Dio” N.d.R.)”. 

Il testo del GLNT continua: 
“Talvolta anche certi esseri celesti sono chiamati nell’AT elohim. 
In tali casi, però, i LXX preferiscono deviare e parlare di angheloi (angeli)... per evitare ogni apparenza di politeismo. Questa è solo una piccola parte della violenta lotta contro il politeismo e l' idolatria, che dai tempo del Deuteroisaia è vigorosamente condotta nella letteratura apostolica, ellenistica e rabbinica.” (op. cit. pag 405). 

Come si vede dèi fuori da YHWH, esplicitamente negati dal Deutero-Isaia, sono in odore di politeismo e dunque vengono evitati in modo progressivo. 
Il GLNT sostiene anche che “Nella letteratura rabbinica è rarissimo che ci si riferisca a Sal 2,7; e il messia -indipendentemente dal testo vetero-testamentario- non è mai detto Figlio di Dio(…) A questi pochi riferimenti alla parola del Salmo si contrappone tutta una serie di espressioni polemiche dei rabbini, i quali accennano all’unicità di Dio e respingono chiaramente l’idea ch’egli possa avere un Figlio”. (Lemma hyios del GLNT, pag. 178). 


Vediamo ora cosa hanno fatto i traduttori della LXX (diciamo a partire dal IV secolo a.C.) quando hanno incontrato passi che definivano gli angeli come "figli di Dio", in Genesi 6:2,4; Giobbe 1:6; 2:1; 38:7. 
Per non creare problemi ai lettori ebrei di lingua greca, essi non tradussero questi passi nell'equivalente greco "hyioi tou theou" (figli di Dio) ma interpretarono con "angheloi" (angeli); perché fare questo se non ci fosse stata un evoluzione nell'uso del termine "Dio" o "Figlio di Dio"? 
Se con il termine "Dio" e "Figlio di Dio" si indicava solo un rappresentante di YHWH o un essere creato da lui, che bisogno avevano i traduttori della LXX di interpretare quei passi? 
Tornando alla parola "Dio" usata per "angeli" vediamo come si sono comportati in salmo 8:5. 

LND (La Nuova Diodati, che si appoggia al testo ebraico masoretico): 
" Eppure tu lo hai fatto di poco inferiore a DIO [lett. "agli dèi"], e lo hai coronato di gloria e di onore." 
Lascio immaginare a voi come hanno tradotto quelli della LXX... 
Ebbene si! lo vediamo anche nel parallelo di ebrei 2:7 (come sappiamo gli scrittori del NT leggevano il Antico Testamento quasi sempre dalla LXX): "Tu lo hai fatto di poco inferiore agli angeli; lo hai coronato di gloria e d'onore". 


I giudei contemporanei di Cristo: 

A parte la LXX (lontana comunque diversi secoli dalla stesura del testo ebraico originale) è interessante notare quale era il pensiero dei giudei contemporanei di Cristo riguardo le parole "Dio" e "figlio di Dio", perchè ci dovrebbe interessare quale era la loro teologia in merito? 
Cristo nacque proprio in quel periodo storico e i suoi discepoli avevano quel tipo di teologia, ecco perchè conoscere come loro interpretavano certi termini, ci sarà d'aiuto per comprendere cosa capivano i discepoli di Gesù quando egli stesso faceva suoi determinati termini: 
Come interpretavano il fatto, ad esempio, che egli stesso si autodefiniva "IL figlio di Dio"? 

1) Giovanni 5:16-18: 
"16 Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva queste cose di sabato. 17 Ma Gesù rispose loro: «Mio Padre è all'opera fino ad ora ed anch'io sono all'opera». 18 Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non solo violava il sabato, ma diceva che Dio era suo Padre, facendo se stesso uguale a Dio. " 

2) Giovanni 19:7-8: 
"7 Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una legge e secondo la legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio». 8 Quando sentì questo discorso, Pilato fu preso ancor più dalla paura." 

3) Giovanni 10:30-33 
"30 Io e il Padre siamo uno». 31 I Giudei raccolsero di nuovo delle pietre per lapidarlo. 32 Gesù rispose loro: «Vi ho mostrato molte opere buone da parte del Padre. Per quale di queste opere mi lapidate?». 33 Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per una bestemmia: perché tu che sei uomo, ti fai Dio». 34 Rispose loro Gesù: «Non è scritto nella vostra legge: Io ho detto: siete dèi? 35 Se ha detto dèi coloro cui fu rivolta la parola di Dio, e la Scrittura non si può abolire, 36 a colui che il Padre ha santificato e ha mandato nel mondo voi dite: "Tu bestemmi", perché ho detto: "Io sono Figlio di Dio"? 

Come abbiamo notato chiamare Dio suo padre o definirsi "figlio di Dio" equivaleva per loro a "farsi uguale a Dio", essi comprendevano molto bene cosa era insito nella parola "figlio" e cosa voleva sottintendere Gesù, con quel termine, Di fatto, usare i termini "Dio" o "figlio di Dio" nel senso di rappresentate o essere potente, non apparteneva più agli ebrei, essi ascoltando quelle parole, giunsero all'ovvia conclusione che se Dio era suo padre ed egli era figlio di Dio, allora anche lui era "Dio" (nel senso che possedeva per natura la divinità, non che fosse il padre!) proprio come suo padre, questa era l'interpretazione dei giudei contemporanei di Gesù e questo smentisce le ipotesi che gli ebrei contemporanei di Cristo non conoscessero le implicazioni ontologiche dei termini "Dio" e "Figlio di Dio". 

(L'ontologia, una delle branche fondamentali della filosofia, è lo studio dell'essere in quanto tale, nonché delle sue categorie fondamentali. Il termine deriva dal greco ὄντος, (òntos genitivo singolare del participio presente ὤν di εἶναι, èinai, il verbo essere) più λόγος, (lògos), letteralmente "discorso sull'essere") 

Concetto di natura, eternità, creatura e creatore: 


Bisogna comprendere come "l'essere per natura Dio" debba significare che Cristo abbia le stesse caratteristiche o peculiarità del padre, come l'essere umano ha delle caratteristiche che lo contraddistinguono in quanto uomo; ed è per questo che bisogna concentrarsi sul concetto dell'eternità di Dio
Dio è eterno e quindi è un'altra cosa rispetto a ciò che è temporale, colossesi 1:16, parlando di Cristo dice: 

"...TUTTO è venuto all'esistenza per mezzo di lui e per lui", 

"Tutto" traduce il greco "Ta panta" che alla lettera significa appunto "il tutto" ovvero tutta la creazione, nulla escluso. 

Quindi egli è al di fuori del "tutto" ciò che è stato creato, tempo e spazio inclusi. 
I testimoni di Geova obiettano dicendo che quel "tutto" è relativo, perché per assurdo quel "tutto" avrebbe dovuto includere ad esempio il padre, cosa di per se assurda... 
Fanno di tutto per sminuire questo fatto ed arrivano ad inserire tra parentesi quadre quello che nel testo greco non esiste

"16 perché per mezzo di lui tutte le [altre] cose furono create nei cieli e sulla terra, le cose visibili e le cose invisibili, siano essi troni o signorie o governi o autorità. Tutte le [altre] cose sono state create per mezzo di lui e per lui." 

Inserendo arbitrariamente questo termine si fa credere al lettore che Cristo stesso sia una creazione, ma i tdg dimenticano che la parola "altre" esiste in greco anzi ne esistono tre! E sono allos, loipas, ed eteros, ad esempio nella famosa scrittura di giovanni 10:16 che i tdg conoscono a memoria è scritto: 

"Ed ho altre pecore..." dal greco "kai allos probata", 

oppure: 

LND 2 Corinti 12:13 "In che cosa infatti siete stati da meno delle altre chiese" (dal greco loipas eckklesias" 

NRV 1 corinti 11:34: "Quanto alle altre (loipas) cose, le regolerò quando verrò." 

oppure: 

NRV Efesini 3:5 Nelle altre epoche (greco ho eterais genetais) 

Loro asseriscono che spessissimo “altre” è assente dalla scrittura e ci sono traduzioni che lo inseriscono in base al contesto e fanno degli esempi al riguardo, però se si esaminano bene quegli esempi si scopre che la presenza della parola o la sua assenza non altera il testo, mentre in tutti i casi che ho citato il testo viene alterato a partire proprio da colossesi citata sopra. 
Se io scrivo: 
"I testimoni e i gatti sono delle creature" 
è profondamente diverso dallo scrivere: 
"i testimoni e gli altri gatti sono delle creature" 
Perchè nel primo caso i testimoni si distinguono dai gatti, anche se entrambi sono creature, nel secondo caso invece dico che anche i testimoni sono gatti! 
Spero che con questo esempio abbia chiarito meglio cosa implica inserire altre in colossesi. 

Se tale termine era così importante da stravolgere il senso del passo in questione, credete che Paolo non lo avrebbe inserito? 

Comunque questa obiezione si può smontare in due maniere: 

1) Dicendo "per mezzo" o "tramite" è escluso il padre, quindi l'obiezione non ha senso, inoltre sono sottintese "le cose", si sta parlando di TUTTA la creazionenon della sola creazione fatta tramite Cristo, come se ce ne fosse stata altra. 

2) Giovanni 1:3: 

"Tutto per mezzo di lui fu fatto e senza di lui non fu fatto nulla di ciò che è stato fatto. " 

Con questa scrittura Giovanni chiarisce il punto: 

"Ogni cosa fatta... 

(dal greco ginomai = ciò che viene all'essere, chi viene all'esistenza (si usa per persone (romani 1:3); per cose (Matteo 21:19); per eventi che iniziano (marco 4:37); ma soprattutto per cose create (questi stessi versetti che stiamo esaminando)) 

... è venuta ad esistere tramite Cristo", quindi per logica Cristo non può essere una cosa creata! 
Il passo non dice: "non fu fatto nulla di ciò che è stato fatto da lui"; ma rimane generico: 
nulla di ciò che è creato (o ha avuto un inizio), è venuto ad esistere senza Cristo
Quale paradosso si crea ipotizzando che il logos sia creatura e non creatore? 
Se nulla fu fatto di quello che è creato senza il Logos, anche il Logos se è creatura deve essere fatto dal Logos! 

Trovo importante ripeterlo perché questa scrittura è un po’ la chiave di volta per capire chi e cosa è Cristo. 
Il credo Niceno a proposito del figlio dice: 

"...nato dal Padre prima di tutti i secoli" 


Con sorpresa dei tdg, questa espressione è stata ricavata dalla scrittura stessa: 

NRV 1 Corinti 2:6-8 "6 Tuttavia, a quelli tra di voi che sono maturi esponiamo una sapienza, però non una sapienza di questo mondo né dei dominatori di questo mondo, i quali stanno per essere annientati; 7 ma esponiamo la sapienza di Dio misteriosa e nascosta, che Dio aveva prima dei secoli[gr. pro ton aionon] predestinata a nostra gloria 8 e che nessuno dei dominatori di questo mondo ha conosciuta; perché, se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.." 

IEP 2:7 "annunziamo una sapienza divina, avvolta nel mistero, che fu a lungo nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei tempi per la nostra gloria." 

L'espressione "prima di tutti i secoli" traduce il greco "pro ton aionon", per i niceni corrispondeva a "dall'eternità", infatti "prima dei secoli" poteva essere tradotto anche con "prima dei tempi" e prima dei tempi, il tempo non esiste, vi è appunto l'eternità: 

Credo che chi fosse questa "sapienza divina" che Dio (padre) aveva prima dei tempi, questo "sacro mistero", è cosa scontata non è vero? Il “Signore della gloria crocifisso” è ovviamente il figlio: 

IEP 1 Corinti 1:24 ma per i chiamati, sia Giudei sia Greci, è Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio. 

Colossesi 1:26-27 26 "il mistero che, nascosto ai secoli eterni e alle generazioni passate, ora è svelato ai suoi santi. 27 A questi Dio volle far conoscere quale fosse la splendida ricchezza di questo mistero tra i gentili: Cristo in noi, la speranza della gloria. " 

Spazio, tempo, eternità, immutabilità: 

Riassumendo: se il logos in principio già esisteva e nulla senza di lui è stato fatto (riguardo alla creazione), questo vuol dire che egli è altro rispetto ad essa, ed è anteriore al tempo da lui stesso creato. 

Ma se uno si trova prima del tempo, allora dove si pone

In una dimensione dove il tempo non esiste, ovvero nella stessa dimensione di Dio padre, ovvero nell'eternità, una dimensione dove non esiste ne lo spazio ne il tempo, ecco perché di Gesù è detto che "è generato dall'eternità", che è coeterno al padre e allo Spirito Santo. 
I tdg confondono la natura angelica con quella di Dio, ma questo non è possibile, se usassero un po’ di logica, capirebbero che essendo gli angeli parte di quel "tutto ciò che è nei cieli" che è stato creato per mezzo del figlio, ovviamente essi non possono essere della stessa natura di chi li crea, proprio questa differenza è fondamentale: 
Cio che si genera riceve un passaggio di natura; ciò che si crea, si porta all'esistenza dal nulla
Tutto Ebrei capitolo uno è stato scritto per smentire chi voleva far appartenere Cristo al genere angelico, basta leggerlo senza preconcetti, ma ci torneremo in seguito. 
Torniamo ora al discorso temporale: 

Salmo 102:25-28: 
"25 Io dico: «Mio Dio, non mi rapire alla metà dei miei giorni. I tuoi anni si protraggono per generazione e generazione. 26 All' inizio tu fondasti la terra e opera delle tue mani furono i cieli. 27 Essi periranno, ma tu rimarrai; tutti loro si logoreranno come una veste, come un abito tu li muterai ed essi saranno mutati. 28 Ma tu sei sempre lo stesso e i tuoi anni non verranno mai meno. 

Malachia 3:6 
"Poiché io, il SIGNORE, non cambio

Giacomo 1:17 
"ogni cosa buona e ogni dono perfetto vengono dall'alto e discendono dal Padre degli astri luminosi presso il quale non c'è variazione né ombra di mutamento

Quindi non è possibile che ci sia stato un tempo in cui il padre sia mutato generando il figlio o un tempo in cui non fosse stato padre, o non possedesse metaforicamente la sua parola o la sua sapienza (personificate nel figlio), anche perché del figlio è detto: 

"Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno" (ebrei 13:8) 

ancora: 

"come un mantello li avvolgerai e saranno cambiati; ma tu non cambi, e i tuoi anni non avranno mai fine" (ebrei 1:12) 

Notate l'interscambiabilità tra Yahweh e Cristo a proposito di queste scritture... 
Come abbiamo visto sia il padre che il figlio sono immutabili, quindi non potevano trasmettere parte della propria natura in nessun tempo. 
Prendendo in prestito le parole di un mio amico: 

"La "mutabilità" implica la presenza del tempo, perché per essere prima qualcosa e poi qualcos'altro, deve per l'appunto essere trascorso del tempo. Ma giungiamo così all'assurdo di dover affermare che Dio ha qualcosa che lo sovrasta, cioè il tempo, di cui è prigioniero, qualcosa che non avrebbe creato, e che è sopra di lui. Al contrario, come è noto a chiunque abbia frequentato un liceo e conosca la relatività generale, il tempo non è un concetto astratto, con buona pace di Leopardi che pensava non esistesse, bensì è qualcosa indissolubilmente legato allo spazio, e non si dà uno senza l'altro. Se Dio ha creato lo spazio, deve aver creato anche il tempo. 
Ma, se Dio ha creato il tempo, ne è fuori, e, se ne è fuori, non muta." 

Quindi Cristo non può essere stato generato dal padre nel tempo o con il tempo, altrimenti il padre sarebbe mutato generando il figlio, avrebbe perso parte della sua natura o comunque ci sarebbe stata una mutabilità da parte del padre, contraddicendo la scrittura, l'unica spiegazione ragionevole è esposta nella dottrina trinitaria: 
"Cristo è generato dall'eternità" (ci arrivarono per primi Clemente e Origene...), ossia da sempre e per sempre, la natura porta con se delle peculiarità proprie, la natura divina è eterna, ovvero è al di fuori del tempo e dallo spazio, Dio "è" in una dimensione eterna, il suo stesso nome lo indica: "Colui che è" questo gli ebrei lo hanno capito da secoli, chiedeteglielo pure e rimarrete sorpresi della loro risposta, quindi anche Cristo insieme al padre, essendo della medesima natura, è al di fuori del tempo e dello spazio (che lui stesso creò nel principio). 

Clemente (II sec D.C. ovvero pochi anni dopo che è morto l'ultimo apostolo) nella sua opera gli Stromati dice: " Il Presbiterio spiegò il signíficato di "dal principio", dicendo che il principio della generazione non è separato dal principio del Creatore, perché quando egli dice "quel che fu dal principio" egli intende parlare della generazione senza principio del Figlio, il quale è coesistente col Padre ". 

Origene pochi anni dopo aggiunse: "Noi non diciamo, come ritengono gli eretici.. che il figlio è creato dal nulla dal Padre, in modo che ci fu un tempo in cui Egli non era, ma escludendo dall'invisibile e dall'immateriale ogni rappresentazione sensibile, noi diciamo che il Verbo, la Sapienza, è generato senza alcuna reazione corporale, precisamente come la volontà procede dall'intelletto... Come la luce non potrebbe esistere senza lo splendore, similmente non si può concepire il Figlio senza il Padre, poiché egli è la figura espressa dalla sua sostanza, il suo Verbo, la sua sapienza. Come si può dunque dire che ci fu un tempo in cui il Figlio non era? Equivale a dire che ci fu un tempo in cui non era la verità, in cui non era la sapienza, in cui non era la vita perché queste perfezioni appartengono all'essenza di Dio e non sono inseparabili dalla sua sostanza ".(cf DePrincipiis, libro IV, 28.) 

Ma qualcuno potrebbe obiettare che essendo gli angeli stati creati prima dell'universo materiale e quindi dello spazio-tempo, anche essi debbano considerarsi eterni. 
Questo non è possibile perchè gli angeli hanno avuto un principio; ovvero dal "non essere" sono passati "all'essere", quindi hanno un loro tempo, sono mutevoli già per il fatto che hanno avuto un inizio e soprattutto non sono stati generati da Dio, ma creati: 
Ricordiamoci che "tutte le cose nei cieli... le cose invisibili... autorità e potenze" sono state create da Cristo, è questa infatti la chiave di volta che separa le creature dal creatore, ed essi sono parte delle "cose nei cieli" create da Cristo stesso “al principio”. 

I tdg sono rimasti invece ad una visione alquanto infantile (o se preferiscono "antropomorfa") di Dio, per loro egli è una persona spirituale che risiede in un luogo specifico al di la del nostro universo fisico: 
Svegliatevi 8/03/2005 pag 20: 

"Dio è una persona: 
Gesù parlò del luogo di dimora di Geova quando disse ai discepoli: “Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore. . . . Vado a prepararvi un luogo”. (Giovanni 14:2) Dove andò Gesù? A tempo debito ‘entrò nel cielo stesso, per comparire dinanzi alla persona di Dio per noi’. (Ebrei 9:24) Questo brano ci insegna due cose importanti riguardo a Geova Dio. Primo, che ha un luogo di dimora specifico e, secondo, che è una persona, non semplicemente una forza indefinibile che risiede in ogni luogo. 
Per questo Gesù insegnò ai suoi seguaci a pregare: “Padre nostro che sei nei cieli”, e a rivolgere così le loro preghiere a una persona, Geova, che si trova in un luogo, i cieli spirituali. (Matteo 6:9; 12:50) Questo insegnamento era in armonia con il modo in cui il popolo di Dio pregava da oltre 1.500 anni. I più antichi scritti ispirati contenevano la seguente preghiera: “Dalla tua santa dimora, dai cieli, sì, guarda e benedici il tuo popolo”. — Deuteronomio 26:15."
 

Questo invece credevano nel 1981 (W 15/8/1981 pag 6): 

"Insegnando che Dio è onnipresente la cristianità ha creato confusione e ha reso più difficile per i suoi adoratori accettare Dio come una realtà. Com’è possibile che Dio sia presente in ogni luogo nello stesso tempo? Dio è una Persona spirituale, il che significa che non ha un corpo materiale, ma spirituale. Uno spirito ha un corpo? Sì, infatti leggiamo: “Se vi è un corpo fisico, ve n’è anche uno spirituale”. (I Cor. 15:44; Giov. 4:24) Essendo un individuo, una Persona con un corpo spirituale, Dio risiede in un luogo, per cui non potrebbe essere contemporaneamente in nessun altro luogo. In I Re 8:43 leggiamo che i cieli sono lo “stabilito luogo di dimora” di Dio. In Ebrei 9:24 ci è detto inoltre che “Cristo entrò . . . nel cielo stesso, per apparire ora dinanzi alla persona di Dio per noi”. 

Dai tempi di Russell e Rutherford sono migliorati, loro credevano che Dio risiedesse nelle Pleiadi, nel nostro universo fisico e questo fino al 1953

«...per questo motivo pensiamo che le Pleiadi possono rappresentare la residenza di Geova, il posto dal quale egli governa l'universo» (La Torre di Guardia del 15/6/1915). 
«Per queste ed altre ragioni gli Studenti Biblici [i TdG] hanno ottime ragioni per ritenere che il trono di Geova Dio, il centro dell'universo spirituale, si trovi nella regione delle Pleiadi» (The Golden Age, 10/9/1924, pp. 793, 794). 
«Si pensa con fondati motivi che ... una delle stelle della costellazione delle Pleiadi sia il luogo di dimora di Geova. Le Pleiadi sono il luogo dell'eterno trono di Dio» (Riconciliazione, p.14; 1928). 
«La Bibbia sembra dimostrare che il trono di Dio nei cieli si trovi in una regione a Nord, vicino ad un gruppo di stelle chiamate Pleiadi» (The Golden Age, 16/5/1928, pag. 540). 
«Il gruppo di stelle meglio conosciuto con il nome di "costellazione delle Pleiadi", situato a Nord, sembra essere indicato dalla Bibbia come il centro dell'Universo celeste, il luogo del trono di Geova dal quale esercita la sua suprema autorità» (Annuari del 1928 e 1929).
 

Essi non hanno ancora capito cosa significa il fatto che Dio sia eterno, ossia al di "fuori" del tempo e dello spazio, pregherei i tdg di rivedere seriamente questo concetto che non gli fa certo una buona pubblicità... 

Affrontiamo un momento il concetto che hanno i testimoni di Geova del Figlio di Dio, una volta che è scomparso dai cieli per essere trasferito nel grembo di Maria. 
Loro insegnano che Cristo uomo fosse Michele arcangelo fatto uomo, in più credono che nei tre giorni in cui era morto, semplicemente non esistette proprio! 
Ma come possono conciliare le scritture che abbiamo citato sopra con questa teoria? 
Rivediamole: 

NRV Ebrei 1:3 Egli, che è splendore della sua gloria e impronta della sua essenza, e che sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza, dopo aver fatto la purificazione dei peccati, si è seduto alla destra della Maestà nei luoghi altissimi. 

NRV Colossesi 1:17 Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui

Cosa accadde a tutte le cose create quando lui era uomo o quando mori? 

IEP Ebrei 13:8 Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e nei secoli. 

Come potè "essere lo stesso" se non esistette più in cielo e quando morì? 

ebrei 1:12 "come un mantello li avvolgerai e saranno cambiati; ma tu non cambi, e i tuoi anni non avranno mai fine

Se Cristo non cambia e non muta e i suoi anni non avranno mai fine, come potè scomparire dal cielo e non esistere per tre giorni? 

IEP 1 Giovanni 1:1 Colui che era fin dal principio, colui che noi abbiamo sentito, colui che abbiamo veduto con i nostri occhi, colui che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato, cioè il Verbo della vita -- 2 poiché la vita si è manifestata e noi l'abbiamo veduta e ne diamo testimonianza e vi annunziamo questa vita eterna che era presso il Padre e che si è manifestata a noi --, 

poteva "la vita eterna" non esistere più per tre giorni? Cosa significa eterna

La dottrina della trinità tiene conto di questi aspetti, infatti fu solo l'uomo Gesù a morire, fu la natura umana del figlio di Dio a subire la morte, Dio il figlio, colui che non può mutare, la vita eterna, colui nel quale ogni cosa sussiste, in quanto Dio, rimase immutabile nella sua condizione divina, insieme al padre e allo Spirito santo. 
OFFLINE
11/04/2016 16:06
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota


Filippesi 2:6-11


"Forma di Dio" e uguaglianza con Dio: 

Filippesi 2:6 in greco suona più o meno così: 

"Che in forma di Dio esistente non rapina reputò l’ essere uguale a Dio" 

Una delle parole chiavi è harpagmos che può assumere due significati: 

Alcuni interpretano ἁρπαγμός come res retinenda, cioè come tesoro da trattenere gelosamente, mentre altri traducono ἁρπαγμός come res rapienda, cioè come bottino o preda da afferrare con violenza. 

Esaminiamo cinque versioni che fanno da base a centinaia di traduzioni parallele che si appoggiano ad esse: 

1) (La Bibbia di Gerusalemme, testo CEI del ‘74) "Il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;" 

(La Bibbia di Gerusalemme, testo CEI 2008) "Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio" 

nota degli editori: 

2,6-8 Gesù Cristo, in forza della sua originaria uguaglianza con Dio, avrebbe potuto rivendicare un’esistenza umana gloriosa. Ha scelto, invece, di condividere la condizione umana restando, nella umiliazione della morte, fedele a Dio. 

I traduttori della Bibbia di Gerusalemme hanno interpretato "essere nella morphê di Dio" come l'avere la natura\essere nella condizione di Dio, a tal proposito ci sono diverse teorie che invito a leggere, basta fare una seria ricerca sulla parola morphê e sui suoi significati in epoca neotestamentaria, alcuni esempi: 

[Friberg lexicon] morfè,, h/j, h` (1) form, external appearance; generally, as can be discerned through the natural senses (MK 16.12); (2) of the nature of something, used of Christ's contrasting modes of being in his preexistent and human states form, nature (PH 2.6, 7) 

[UBS] morfè,, h/j f nature, form 

Comunque in base a tale versione, Cristo per natura Dio, non ritenne come un tesoro geloso questa sua uguaglianza col Padre. 

Personalmente accetto meglio la traduzione "di natura divina" rispetto alla letterale "essere nella forma di Dio" perché sembrerebbe che mentre Gesù si faceva Uomo, sia rimasto un qualche suo abito/forma dismesso dalle parti di Dio Padre... 

Gesù assunse la forma di uomo, ma lasciò la forma di Dio? 
NO, e infatti non c’è scritto, ecco perché lo scrittore usa “manifestare”. Dio è là dov’ è (cioè “è” e basta, perché non ha un luogo o uno spazio) e invece nello spazio/tempo Dio “si manifesta”, cioè diventa agli occhi dell'uomo visibile, o meglio, percepibile. 
A proposito di morphê un mio dotto amico scrisse: 
"Io non capisco proprio come si possa anche solo pensare che morphê in quel contesto sia la forma esteriore, anche perché c'è subito dopo una contrapposizione tra l'essere "in forma di Dio" e l'assumere la condizione di servo. E poi, che forma esteriore potrebbe mai avere Dio? Come gli si può attribuire una forma che lo circoscriva o un aspetto? Non ha confini, non ha un esterno che lo delimiti e che gli dia una “forma” nel senso moderno del termine.
Morphê in greco ellenistico e nelle discussioni di natura filosofico-teologica è sinonimo di eidos, cioè indica la struttura interna di qualcosa. Il riferimento ovvio è ad Aristotele. Chiunque abbia dei ricordi anche solo liceali di storia del pensiero ellenistico sa benissimo che cosa si intenda con questo termine dopo Aristotele. Ovviamente qui non si tratta di cadere nella trappola “filosofia e anti-filosofia”, come se volessimo affermare che Paolo sia stato aristotelico, ma di dire che nel lessico usato per le questioni di teologia, a causa dell’influsso della scuola aristotelica, in greco ellenistico la morphê di qualcosa è l’eidos di qualcosa, la struttura organizzatrice interna che si riflette ANCHE all’esterno." 
A proposito di questo commento, il grande biblista R. Bultmann scrive: 

<img border='0' class='cimgffz' src=" border="0" /> 


Di parere simile è il Anche il Gillièron (LTB, 92) il quale dice: 
«Nell’inno di Fil 2,6-11, uno dei più antichi testi cristiani conosciuti, Cristo viene presentato come 
spogliatosi della forma di Dio che era la sua, per assumere la forma di servo (Fil 2,6s); il significato 
della parola forma dipende dall’interpretazione che si dà dell’inno; se si vede il destino del Cristo 
preesistente poi incarnato, la parola indica l’essere, l’essenza, la natura di Cristo = il Cristo era di 
natura divina, ed ha assunto la natura umana; se si vede, più probabilmente, la rinuncia fatta da 
Gesù, nel corso del suo ministero, ad ogni trionfalismo messianico, la parola allora indica il suo 
modo di esistenza, la sua condizione = pur potendo pretendere di essere uguale a Dio, Cristo ha 
deciso di comportarsi come un servo che ha ubbidito fino alla morte» 
Questa impostazione contribuisce notevolmente anche alla comprensione, o meglio al tentativo di comprensione, della Trinità: Dio è uno, nella sua natura in quanto è fuori dello spazio-tempo, ma le tre ipostasi che lo compongono sono evidenti nelle loro manifestazioni nello spazio/tempo nelle quali vengono rivelate le personalità di ognuna delle singole persone divine (in questo contesto quella del figlio). 

La Sacra Bibbia di mons. Garofalo in 3 volumi aggiunge al riguardo: 
«Il senso, in sostanza, è che Cristo non tenne o non aspirò alle prerogative divine (uguaglianza con Dio) alle quali aveva pure diritto in forza della sua natura. Naturalmente si tratta di rinuncia a manifestarle all’esterno» 

Don Giancarlo Apostoli approfondisce il senso esposto da Garofalo in questo modo: 
"Si può parafrasare così il senso del testo greco: 
«Benché (una volta incarnato) egli continuasse ad essere Dio come il Padre, non volle affatto far valere (durante la sua vita in terra) questa sua pari deità col Padre a proprio vantaggio, quantunque si trattasse di cosa legittimamente sua, ma vi rinunzio spontaneamente. Anzi, ciò che egli era, lo lasciò nascosto, scegliendo di essere servo» 

2)(LND) filippesi 2:6 "il quale, essendo in forma di Dio, non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l'essere uguale a Dio" 

Gesù possedeva di suo l'uguaglianza con Dio, ma questo non gli impedì di lasciare questa posizione per farsi uomo, non rimase legato al suo diritto naturale di essere Dio, ma rinunciò a questa unica prerogativa divenendo anche uomo. 

3)(Di) “Il quale, essendo in forma di Dio, non reputò rapina l’essere uguale a Dio”. 

l'essere uguale a Dio, non era per Gesù una rapina (quindi era una cosa normale per lui). 

4)(Con) “il quale, pur essendo in forma di Dio, non ritenne come cosa da far propria avidamente l’essere uguale a Dio”. 

In questo caso "essere uguale a Dio" ricopre il ruolo proprio del padre, da non raggiungere avidamente, ma comunque da poter raggiungere umilmente, come mostrato in seguito divenendo egli "il Signore di tutti". 

5)(Tnm) "il quale, benché esistesse nella forma di Dio, non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio". 

A parte le numerosi ed evidenti aggiunte di parole rispetto al testo greco (in rosso) atte ad avvicinare il più possibile questa scrittura alla teologia dei tdg, anche in questa versione (unica in quanto non ne ho trovate di uguali) Cristo avrebbe potuto rapinare il diventare uguale a Dio, ovvero rapinare il ruolo proprio del padre, l'ingenito e la causa prima del figlio e dello Spirito santo, quindi la possibilità di poter eguagliare il padre esisteva, ed una creatura, anche la più eccelsa e prima, non avrebbe potuto ambire a tanto se non fosse stata la sua natura uguale a quella del padre, gli sarebbe stato impossibile per la sua costituzione, per una creatura questo sarebbe stato irraggiungibile e inimmaginabile, come se un animale potesse "rapinare" l'uguaglianza con l'uomo o l'uomo rapinare l'uguaglianza con un angelo, sarebbe impossibile, mentre sarebbe possibile per un figlio di un re, usurpare il trono del re suo padre, perchè parliamo di due esseri identici in natura (due esseri umani). 

Giancarlo apostoli commenta questo pensiero con le seguenti parole: 
“Di fatto, il punto di vista anti-trinitario tipico dei TdG loda Cristo perché rimase solo entro i limiti di un essere creato. A ben guardare però non sembra esserci molto da lodare in una creatura (umana o angelica) che rinunci ad un colpo di mano per spodestare Dio e per prenderne il posto. Se Cristo si fosse limitato a non tentar di divenire uguale a Dio, non saremmo di fronte ad un caso di umiltà ma ad un semplice esempio di onestà intellettuale, di equilibrio mentale e di senso della misura. Vero esempio di umiltà (giustamente lodato da Paolo) è dato dal fatto che realmente Cristo, pur essendo Dio, si sia spogliato delle proprie prerogative divine per assumere forma di servo e natura umana, il tutto ....al solo fine di salvarci.” 

A proposito di questa interpretazione è utile leggere quanto scritto dal professor Dennis Ray Burk, Jr: 

http://www.bible.org/page.asp?page_id=1792 

"Propongo che se l'autore avesse inteso mettere sullo stesso piano le due frasi avrebbe potuto semplicemente dichiarare "benche' egli esistesse nella forma di Dio, egli non riguardo' essere nella forma di Dio come una cosa da essere afferrata". Tuttavia, il solo fatto che l'autore scelga di usare una fraseologia differente indica che egli desidera denotare realta' differenti, non quelle sinonime (o equivalenti). La questione si presenta allora in quanto a come questa frase possa essere teologicamente intellegibile; come puo' questa interpretazione avere senso dato che (morfè theou) si riferisce alla essenza preesistente di Cristo come divinita'? Non dovrebbe l'uguaglianza di Cristo con Dio (ton einai isa theon) essere considerata solo un'altro modo di riferirsi alla sua essenza preesistente come divinita'? La risposta all'ultima questione e' "NO" se noi consideriamo la possibilita' che "forma di Dio" si riferisce all'essenza, mentre "essere uguale a Dio" si riferisce alla funzione. Se questo e' il significato del testo, allora le due frasi non sono sinonime: benche' il Cristo fosse una vera divinita', egli non usurpo' il ruolo del Padre. Se HARPAGMOS sia capito stando all'analisi di cui sopra, allora Cristo si dice non aver rapito(rubato) o afferrato l'uguaglianza con Dio. 
Benche' egli stesso fosse una vera divinita' eistente nella forma di Dio, non tento' di afferrare quest'altro aspetto che lui stesso non possedeva - cioe' l'uguaglianza con Dio (il padre). 
Al contrario, Cristo svuoto' se' stesso. Questo svuotamento consistette nel prendere la forma di un umile servo e nel farsi a somiglianza di uomo. Percio' il contrasto tra i versi 6 e 7 si fa molto chiaro. Cristo, la seconda persona della trinita', non tento' di rapire/rubare il ruolo proprio della prima persona della Trinita', al contrario, Cristo abbraccio' quei doveri che erano stabiliti per la seconda persona, prendere la forma di un servo e rendersi a somiglianza di uomo... 
Credo che questa interpretazione apra per noi la strada per vedere una ortodossa subordinazione del figlio nei confronti di DIO Padre. Benché il Padre e il Figlio siano uno nella loro essenza (che e' esistere entrambi nella forma di Dio), essi sono distinti nelle loro persone. In accordo al piano predeterminato del Padre, egli invia il Figlio nel mondo come un uomo e come un servo. Il Figlio non prova ad abdicare il suo ruolo afferrando uguaglianza funzionale con il Padre. Al contrario, il Figlio ubbidisce al Padre ed entra nella storia umana. In questa sequenza di eventi,vediamo che il Figlio non solo obbedisce al Padre nella sua incarnazione ma anche che egli obbedisce al Padre da tutta l'eternità'. Per questo motivo, se il Figlio non fosse obbediente al Padre e se non fosse distinto dal Padre nella sua persona (e perciò nel suo ruolo e funzione), allora la redenzione sarebbe stata impossibile, il Figlio mai avrebbe obbedito al Padre e non ci sarebbe mai stata una incarnazione... 
Proprio come il Padre e il Figlio sono uno in essenza (ossia, sono entrambi divinità) ma distinti nelle loro Persone, così c'e' una realtà corrispondente nelle relazioni terrene fra uomini e donne. Per esempio, sebbene si ordini alle mogli di mantenere un ruolo di obbedienza ai loro mariti (1 Pietro 3:1), mariti e mogli redenti sono uno nella loro posizione davanti a Dio; sono eredi simili della grazia di vita (1 Pietro 3:7). Non c'e' qui ineguaglianza essenziale, ma solo una funzionale. In questa comprensione'uomo non e' superiore in valore o significato su sua moglie, più che il Padre lo sia su Cristo. Al contrario, il mantenimento dei ruoli stabiliti da Dio e'in fin dei conti una cosa molto gloriosa (Filippesi 2:11)" 


Quindi tenendo bene in mente il concetto dei ruoli delle persone trinitarie, fermo restando che non è certo messa in dubbio la deità del figlio chiarita poco prima: "in forma di Dio esisteva": 

"essendo per natura Dio" IBE, NVP, NIV 
benché fosse chiaramente Dio BLM 
benché lui era Dio GL, LB 
sussistendo in natura di Dio RI 
era come Dio TILC 
essendo di natura divina CEI, GCC, BG 
di condizione divina TOB 

l'uguaglianza che egli non ambì a rapinare era il ruolo proprio del padre, unica fonte del figlio e dello Spirito Santo. 

Ricapitolando harpagmos può essere interpretato nelle seguenti maniere: 

1) Senso attivo, «non reputò un furto, una usurpazione, una rapina» il suo essere come Dio, 
appunto perché ne era in legittimo possesso; così i padri latini; 

2) Senso passivo in diverse sfumature: 

a) cosa rubata – quindi da custodire gelosamente, da non cedere; 

b) cosa da rubarsi – con idea di violenza e di usurpazione, come avvenne da parte di Adamo; 

c) cosa da conservarsi (senza nessuna idea di ingiusto possesso), nel senso lato di “prendere per se, usufruire, usare a proprio vantaggio”. 

I testimoni obiettano che avendolo il Padre "sovranamente innalzato" cosa poteva dargli più di quello che aveva prima di incarnarsi, se egli era già Dio come lui? 
A questa domanda lascio rispondere Robertson nel suo commentario: 
«Qui soltanto nel N.T. a causa dell'umiliazione volontaria del Cristo, Dio lo ha innalzato al di sopra o oltre la condizione di gloria che ha goduto prima dell'incarnazione. Che gloria Cristo ha dopo l'Ascensione che non ha avuto prima in cielo? Cosa ha ripreso in cielo che lui non abbia portato? Chiaramente la sua umanità. È "ritornato al cielo" il Figlio dell'Uomo come pure il Figlio di Dio» - Robertson's Word Pictures of the New T. (link:[URL]http://www.biblestudytools.com/Commentaries/RobertsonsWordPictures/rwp.cgi?book=php&chapter=002&verse=009&next=010&prev=008) 

Un'altra obiezione che fanno i TdG riguarda l'esempio di umiltà menzionato da Paolo prima dell'inno e ci chiedono che umiltà manifestò Cristo se egli era già uguale a Dio? 
La risposta è già stata data, egli avrebbe potuto rimanere nella sua condizione di vero Dio, ma scelse di svuotarsi di questa unica posizione per farsi anche uomo e in questo stato decise di non avvalersi del suo essere anche Dio per proprio tornaconto personale, non è questa umiltà? 
Se egli fosse stato invece una creatura, cosa ci sarebbe stato di così eccezionale nel “non voler rapinare il farsi uguale a Dio”? 
Avrebbe potuto mai una creatura diventare "uguale a Dio"? Uguale al suo creatore?
OFFLINE
11/04/2016 16:07
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Romani 9:5 e duplice natura del figlio 

Duplice natura del figlio:
 


Nel IV secolo i cristiani si posero delle domande su come doveva essere fatto il salvatore, per poter realizzare la salvezza: 

1) Se il male è nella carne come asserivano gli gnostici, la salvezza doveva riguardare la liberazione dalla carne, quindi il salvatore doveva essere fatto di spirito e di anima. 

2) Se la salvezza è della carne, come asserivano gli ortodossi, il peccato riguardava cioè la defettibilità e la scelta del male, allora il salvatore doveva essere di spirito, anima e corpo. 

Tra queste due posizioni vi erano quelle di: 

1) Apollinare di Laodicea il quale credeva che Cristo era composto dallo spirito divino e dalla carne 
2) Cirillo Alessandrino il quale credeva che il Cristo era composto di spirito o logos unito ipostaticamente e fisicamente alla carne 
3) Nestorio il quale credeva che il logos fosse congiunto moralmente con l’umanità assunta, egli era infatti convinto che esistessero due persone separate nel Cristo incarnato, l'uno Divino e l'altro umano, cioè le due nature erano solo congiunte, mentre negò che ci fosse una unione ipostatica fra le due nature, come affermato dalla scuola alessandrina. 
4) Eutiche il quale negava l'attribuzione a Cristo della natura umana, sostenendo che egli avesse solo quella divina: secondo la sua dottrina prima dell'incarnazione il Figlio aveva due nature, con l'incarnazione invece la natura umana di Gesù fu assorbita da quella divina. 

Insomma bisognava far chiarezza e a questo scopo si tenne il concilio di Calcedonia. 

Sappiamo bene che con il concilio di Calcedonia (451 D.C.) venne a definirsi la duplice natura del figlio, ovvero mentre egli era sulla terra come uomo, "Dio il figlio" non perse la sua immutabilità come Dio: 

"Seguendo, quindi, i santi Padri, all'unanimità noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio: il signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo, [composto] di anima razionale e del corpo, consostanziale al Padre per la divinità, e consostanziale a noi per l'umanità, simile in tutto a noi, fuorché nel peccato, generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e in questi ultimi tempi per noi e per la nostra salvezza da Maria vergine e madre di Dio, secondo l'umanità, uno e medesimo Cristo signore unigenito; da riconoscersi in due nature, senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili, non essendo venuta meno la differenza delle nature a causa della loro unione, ma essendo stata, anzi, salvaguardata la proprietà di ciascuna natura, e concorrendo a formare una sola persona e ipostasi; Egli non è diviso o separato in due persone, ma è un unico e medesimo Figlio, unigenito, Dio, verbo e signore Gesù Cristo, come prima i profeti e poi lo stesso Gesù Cristo ci hanno insegnato di lui, e come ci ha trasmesso il simbolo dei padri." 


Abbiamo quindi letto che la natura divina del figlio partecipava in quella umana, senza per questo mescolarsi con essa, ma rimangono intatte le rispettive qualità delle due nature. 
Ricordiamo però i limiti che la natura umana del Cristo, "identica alla nostra fuorché nel peccato", aveva per essere appunto circoscritta allo spazio e al tempo come noi, in "incarnazione e umanità di Dio" il Dott. Mazza afferma: 

"In questo senso, durante la vita terrena del Cristo, accade che alcune proprietà divine non sono accessibili alla natura umana: non vengono rimosse, non vengono disattivate temporaneamente, ma sono semplicemente inaccessibili. Esiste dunque una sorta di asimmetria di accesso alle facoltà divino-umane: mentre la natura divina ha pieno accesso alle facoltà umane, la natura umana non lo ha in rapporto a quelle divine. Sostanzialmente la natura divina non subisce alcuna restrizione, è solo la natura umana ad averne, costitutivamente". 

Per questo motivo Giovanni poté dire: 

Giovanni 1:14 " E il Verbo si fece carne e dimorò fra noi e abbiamo visto la sua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre" 

Non si dice "fu fatto carne" come se il padre solo avesse questa prerogativa, ma disse "si fece carne" quindi fu il figlio eterno ad assumere anche tale natura, rimanendo intatta e immutabile la sua natura divina celeste, cercherò di essere più chiaro: dicendo che si fece carne, significa che doveva rimanere intatto quel che era, altrimenti non avrebbe potuto farsi carne, non so se riuscite a comprendere dove voglio arrivare. 
Se egli come pensano alcuni, smise di essere quello che era, (l'arcangelo Michele in cielo) non poteva certo assumere l'umanità, in quanto come arcangelo non esisteva più, ed avrebbe avuto bisogno di qualcuno che lo facesse divenire uomo, mentre questa e altre scritture (che elencherò tra poco) mostrano che fu il figlio stesso a divenire uomo

Tornando al versetto 14, ritorna qui il soggetto espresso al v. 1, il Verbo. 
Le affermazioni dei vv. 1 e 14 sono parallele e contrapposte: - carne: definisce l'uomo nella sua condizione di debolezza e di destino mortale; ciò che non avrebbe detto, in termini biblici, la parola « uomo «. 
È quindi intenzionalmente evidenziato il contrasto tra il Logos del versetto 1 (nella sua condizione divina) e la carne del verso 14 (nella sua condizione umana). - "si fece": traduzione migliore rispetto a « divenne », perché non avvenne una trasformazione, ma, rimanendo il Logos che era, cominciò a vivere nella sua nuova condizione debole e temporale. 
"e dimorò fra noi": il verbo greco eschenosen che arieggia il verbo ebraico skn (= abitare), può significare sia «dimorare» che « porre la propria tenda », allusione alla dimora di Dio in mezzo al suo popolo, collegata con l'arca santa e la gloria. La gloria in particolare è anche qui subito riferita all'abitazione del Verbo. Va ricordato che anche della sapienza viene detto che prende dimora in mezzo agli uomini (Sir '4,8) e come sappiamo per Filone il logos era proprio questa gloria di Dio. 

Giovanni 1:18 "Dio nessuno l'ha visto mai. L'Unigenito Dio, che è nel seno del Padre, egli lo ha rivelato" 

L'unico Dio generato, il solo ad avere la stessa natura del padre, mentre era sulla terra come uomo, esisteva in cielo come Dio, accanto a Dio padre, infatti si usa il presente: "che è nel seno del padre" non si usa ne il passato "che era" ne il futuro "che sarà". 
Dio si è rivelato (nota l'aoristo storico) nella persona del Verbo Incarnato ovvero l'unigenito Dio "che lo ha rivelato". 

1 Giovanni 3:5; " 5 Voi sapete che egli si è manifestato per togliere i peccati, e in lui non vi è peccato." 

Giovanni 3:13 " Nessuno è salito al cielo se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo, che è in cielo." 

(Ricordo che l'ultima parte "che è in cielo" manca in autorevoli manoscritti di matrice alessandrina, ma è presente in quelli occidentali e bizantini) 

IEP 1 Giovanni 1:2 poiché la vita si è manifestata e noi l'abbiamo veduta e ne diamo testimonianza e vi annunziamo questa vita eterna che era presso il Padre e che si è manifestata a noi" 

Anche queste scritture dicono chiaramente che fu il figlio a scendere dal cielo, a manifestarsi, dice inoltre (secondo la maggioranza dei manoscritti autorevoli) che benché fosse "sceso dal cielo" continuava comunque ad essere "nel cielo". 

Romani 9:5 

IEP Romani 9:5 "da loro proviene Cristo secondo la sua natura umana, egli che domina tutto, è Dio, benedetto nei secoli, amen! " 

Ecco quanto è chiaro: uomo e Dio insieme, la stragrande maggioranza delle traduzioni ha interpretato il passo in questa maniera e i Padri della chiesa lo confermano, tra i molti intendono “Dio” come attributo di Cristo: 
Ippolito, Tertulliano, Cipriano, Atanasio, Noviano, Ieromo, Basilio, Agostino, Novaziano, Didimo, Gregorio di Nissa, Giovanni Damasceno, Epifanio di Salamina, Teodoro, Eulogo, Teofilo, Teodoreto, Cassiano, Fulgenzio. 
È interessante notare inoltre come suonava questa scrittura all'uditorio greco: "... ho on epi pantôn Theos euloghêtos" che tradotto alla lettera vuol dire "l'essente [colui che è] sopra tutto Dio benedetto" 

Avete letto bene, nelle traduzioni italiane si perde il senso e la forma, ma chi conosce la LXX sa benissimo che l' "Ho on" è il nome di Dio ovvero "colui che è", e qui è usato nei riguardi del Figlio, specificando che è appunto il "Dio benedetto". 
La TNM e poche altre (anche autorevoli) hanno messo un punto prima di "Dio benedetto", facendo perdere il senso proprio del versetto e facendo apparire "Dio benedetto nei secoli" un inno al Padre; ma in questo modo si spezza il contesto, si sta parlando di Cristo e fermare il versetto per inneggiare improvvisamente il Padre non è logico, il rasoio di Ockham ("la soluzione più semplice è la più probabile") ci fa propendere per la soluzione più semplice che è la prima, quella adottata anche dai Padri della chiesa sopramenzionati, i quali, spesso madrelingua, conoscevano il greco meglio di qualunque traduttore moderno o che si improvvisa tale. 
Ma esiste una prova ancora più schiacciante che quelle parole venissero attribuite al Figlio e non al Padre, ed è l'opinione degli ariani stessi. Agostino nel "De Trinitate" (scritto appunto contro la loro eresia) libro II, 13:23 scrive: 

"...Ora se non solamente il Padre è Dio, come lo riconoscono anche tutti gli eretici, se è Dio anche il Figlio, come essi debbono ammettere, sia pur contro voglia, in forza delle parole dell’Apostolo: Egli è al di sopra di tutte le cose, Dio benedetto nei secoli". 
Se ci fosse stata la possibilità che quel passo potesse essere interrotto applicando il titolo "Dio benedetto" al solo Padre, credete che gli ariani non ne avrebbero approfittato? 

Vorrei ricordare infine ai TdG che il testo base di Westcott-Hort sul quale dovrebbero aver basato la loro traduzione (e con esso tutti i testi autorevoli che ho consultato tra cui il Nestle/Aland), ha semplicemente una virgola dopo la parola carne e questo è evidente nella loro interlineare, ben diverso dai due punti che hanno usato nella traduzione a lato e quindi nella TNM! 
Lo stesso Westcott in "Notes in select readings" nel Nuovo Testamento in questione a pag 110 scrive che "la chiusura tra i due periodi sembra fare un cambiamento di soggetto improbabile". 
(Per ulteriori approfondimenti leggere il "A textual commentary on greek New Testament " del grande Bruce Metzger che il nostro amico Enrico ha messo qui: 

http://digilander.libero.it/domingo7/ROMANS9.htm 

Per una trattazione scientifica del passo si veda anche: 

http://www.forananswer.org/Romans/Rom9_5.htm 

Il Dizionario di Paolo e delle sue lettere, ed. San Paolo, pp. 368-369 dice: 

«Questo versetto introduce la discussione di Paolo sui privilegi di Israele; ma pone un problema esegetico per la punteggiatura. F. C. Burkitt ha detto una volta, con una certa esagerazione, che la punteggiatura di Rm 9,5 è stata probabilmente più discussa di quella di ogni altra frase nella letteratura. Dal momento che nei primi manoscritti greci manca o quasi la punteggiatura, deve supplire il lettore o l’esegeta. Nel caso di Rm 9,5 ne è risultato che il testo è stato letto in vari modi (cfr. Metzger). Si discute se Rm 9,5 debba essere letto «il Messia, che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli» (Messiah, who is over all, God blessed forever, NRSV), o «il Messia, che è Dio sopra ogni cosa, benedetto nei secoli» (Messiah, who is God over all, blessed forever, NRSV in nota), o «il Messia. Possa Dio Altissimo sopra ogni cosa essere benedetto per sempre» (Messiah. May God supreme over all be blessed for ever, NEB). Nell’ultimo caso, 5b diventa una frase separate da 5a, o almeno una clausola separata. Altre versioni sostengono la lettura « che è sopra ogni cosa, dio benedetto per sempre» (per esempio CEI, NV), come qualificazione di Cristo. Sembra che contesto e grammatica favoriscano la lettura delle NRSV o delle note della NRSV. 
Rm 9,5a ha l’espressione ho Christos to kata sarka. Come fa notare Metzger, nell’esempio di Rm 1,3-4 e altrove è normale aspettarsi un contrasto quando arriviamo alla frase kata sarka («secondo la carne»). Così in Rm 1,3-4 il contrasto è kata sarka («secondo la carne») e kata pneuma («secondo lo spirito»). Kata sarka in Rm 9,5a è innaturale se chi parla non continua il discorso, dicendo che Cristo è secondo a qualcosa, oltre che «secondo la carne». 
In secondo luogo, la frase «egli che è» (ho on) di solito introduce una relativa, e 2Cor 11,31 («lui che è benedetto nei secoli», ho on eulogetos eis tous aionas) fornisce un buon parallelo a Rm 9,5. Come spiega N. Turner (15): «il testo della NEB semplicemente conclude la frase con “Messia” e ricomincia con l’esclamazione “Possa Dio, Altissimo sopra ogni cosa, essere benedetto per sempre!”. Evita così di attribuire la qualità della divinità a Gesù Cristo, ma introduce un asindeto e non c’è una ragione grammaticale per cui un participio che si accorda con “Messia” dovrebbe prima di tutto esserne separato e poi vedersi attribuita la forza di un desiderio, ricevendo come soggetto una persona diversa. Non sarebbe naturale, infatti, separarlo da quanto lo precede». 
Metzger nota anche che altrove le dossologie paoline sono sempre unite a qualcosa che le precede; non sono asindetiche (cioè, senza congiunzione). Inoltre, è un modello quasi universale per le dossologie in ebraico e nella LXX «benedetto sia Dio» e non «Dio benedetto», come avremmo qui se si seguisse quella traduzione. Allora è probabile che «Dio benedetto» non esprima un desiderio che Dio sia benedetto nei secoli, ma voglia dire che il Messia, che è Dio, è per natura benedetto nei secoli (ma cfr. Dunn 1988, 528-529. 535-536). Anche le antiche versioni sono a favore della lettura della NRSV. Se ci si chiede perché Paolo in nessun altro luogo chiami così esplicitamente Cristo «Dio», una risposta buona è quella di Metzger: «La ragione per cui nelle lettere di Paolo ci sono così poche affermazioni in relazione alla natura essenziale di Cristo…è senza dubbio connessa con una caratteristica spesso osservata da altri, e cioè che l’apostolo, per motivi di istruzione in relazione all’educazione cristiana, di solito preferisce parlare delle relazioni funzionali, piuttosto che di quelle ontologiche di Cristo». 
Concludiamo che in Rm 9,5 Paolo chiama Cristo «Dio», dimostrando così in quale misura l’esperienza del Signore risorto gli abbia fatto modificare o trasformare il suo monoteismo giudaico (cfr. Wright 237). Ciò significa che Paolo aveva una cristologia alta anche prima di utilizzare l’inno a Cristo in Fil 2 (supponendo che Filippesi sia più recente di Romani e che Paolo non abbia già conosciuto l’inno a Cristo prima di scrivere Romani).» 


Gesù si resuscita da solo, egli è la vita! 

Giovanni 10:17,18 "17 Per questo il Padre mi ama, perché io do la mia vita per riprenderla di nuovo. 18 Nessuno me la toglie, ma io la do da me stesso. Ho il potere di darla e ho il potere di riprenderla. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». 

Giovanni 2:19 "Gesù replicò loro: «Distruggete questo santuario e in tre giorni io lo farò risorgere». 20 Dissero allora i Giudei: «In quarantasei anni fu costruito questo santuario, e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21 Egli però parlava del santuario del suo corpo. " 

Gli antitrinitari si scervellano pur di nascondere queste scritture, loro le interpretano alla luce delle altre dove si dice che "fu Dio a resuscitare Gesù"... solo la trinità armonizza entrambe le scritture accettando il fatto che la deità tutta intera (Padre, Figlio e Spirito Santo) resuscitò il Cristo uomo, senza tale armonizzazione si cade nell'eresia, si sceglie cioè la posizione che più fa comodo alla propria teologia. 

Atti 3:15 CEI "e avete ucciso l'autore della vita. Ma Dio l'ha risuscitato dai morti e di questo noi siamo testimoni." 

La TNM traduce "principale agente della vita" ma questa traduzione è errata e priva di validità scientifica, Cristo è "l'archegon della vita", aprite un dizionario greco e scoprirete che archegon è l'autore, il capo, quindi Cristo è "l'autore della vita" non certo il semplice "mezzo". 

IEP 1 Giovanni 1:2 poiché la vita si è manifestata e noi l'abbiamo veduta e ne diamo testimonianza e vi annunziamo questa vita eterna che era presso il Padre e che si è manifestata a noi" 

Ma come Gesù è la vita eterna? Ma non è stato creato? 

Giovanni 11:25 25 Le disse Gesù: «Io sono la risurrezione e la vita

Giovanni 14:6 6 Gli dice Gesù: «Io sono la via e la verità e la vita

Poteva un arcangelo o un semplice strumento, essere "l'autore della vita" o la vita stessa personificata, la vita eterna? 

Per quanto riguarda il discorso delle due nature alcuni obiettano che solo molti secoli dopo venne a concretizzarsi questa dottrina, ma è realmente così? 

Pochi anni dopo la morte dell'apostolo Giovanni, il vescovo di Sardi Melitone (era un fautore accanito della pasqua celebrata il quattordici Nisan proprio come i testimoni di Geova) scrisse: 

"Ucciso e sepolto in quanto uomo, risorse dai morti in quanto Dio, essendo per natura (physei) Dio e uomo...Il Signore pur essendo Dio, si fece uomo e soffrì per chi soffre, fu prigioniero per il prigioniero, condannato per il colpevole e, sepolto per chi è sepolto, risuscitò dai morti. " (in: "peri pascha" 8) 

Per lui Cristo era il creatore e l'alfa e l'omega: 
vedi: 

http://tinylink.com/?TQLMR3z12R 

Ci troviamo nella metà del secondo secolo dopo Cristo, due secoli prima di Nicea e tre secoli prima di Calcedonia, eppure gia si parlava delle due nature di Cristo ad opera di un vescovo importante che morì martire nel 190 D.C.
OFFLINE
11/04/2016 16:09
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

L'Hypostasis non è una parola inventata dai trinitari! 
Ebrei 1:1-6: 



"3 Egli, che è irradiazione della sua gloria e impronta (o sigillo)della sua essenza, e che sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza". 

"Impronta della sua essenza" traduce il greco "charaktêr tês hypostaseôs" ossia "l'impronta di ciò che sta sotto" 
(da hypo, «sotto», e stasis, stessa radice di «stare», ovvero il “sostegno”, ”appoggio”, “base”, "fondamento") la natura sub-stanziale di Dio insomma, l'essenza reale di Dio, in poche parole Gesù è parte della sostanza intima della deità, ne è la rappresentazione reale; per capire certi termini bisogna studiare in che contesto si usano. Questa è l'unica volta in cui si usa "hypostasis" nel Nuovo Testamento, e per comprendere cosa avesse avuto in mente l'autore, bisogna esaminare il contesto in cui questa parola veniva usata, studiare quindi come veniva compresa in quel periodo. 

Ci troviamo in ambiente medioplatonico (per chi ha ribrezzo della filosofia greca, gli ricordo che era in quell'ambiente che questa parola veniva usata, ed insieme ad essa anche il termine Logos, quindi prendetevela pure con l'autore di Ebrei che la prese in prestito proprio da questa filosofia). Hypostasis è "la generazione gerarchica delle diverse dimensioni della realtà appartenenti alla stessa sostanza divina, la quale crea ogni cosa per emanazione" (Dizionario filosofico in rete : 
[url]http://www.riflessioni.it/dizionario_filosofico/ipostasi.htm). 

L'hypostasis è "quel che sta sotto" rispetto a ciò che semplicemente appare, è il "fondamento" nascosto di una realtà evidente. 
Secondo Plotino le tre ipostasi (l'Uno, l'intelletto e l'Anima) stanno infatti a fondamento di tutto l'universo, egli, infatti, considera l’ipostasi un particolare modo d’essere della sostanza e, precisamente, la sostanza nel momento in cui tramite l’irradiazione (altra parola usata guarda caso in questo versetto nei riguardi del Figlio) dà vita al processo produttivo e dunque, diviene “altro” rispetto al principio da cui deriva... 

La seconda ipostasi è quella dell’Intelletto, (inteso platonicamente come l’insieme dei modelli eterni delle idee di Dio) generato non creato — per emanazione. L'emanazione avviene per una sorta di auto-contemplazione dell'Uno: nel contemplarsi, l'Uno si sdoppia in un soggetto contemplante e un oggetto contemplato (tutto il mondo platonico delle idee). Stiamo parlando proprio di quello che sarà chiamato nella tradizione Logos, e che vedrà in questo l’emanazione di Dio il suo intelletto, una delle ipostasi di cui era costituito. 

Come potete osservare non è certamente un caso che l'autore di Ebrei usò questo termine particolare, l'uditorio greco non aveva dubbi: Cristo era la personificazione dell'emanazione di Dio, la sua ipostasi, appunto, il suo Logos, il suo intelletto, identica sostanza o natura del Padre, ma da lui distinto, in modo paragonabile, sebbene non identico, a quello che sarà l'Intelletto rispetto all'Uno per il successivo Plotino. 
Questo discorso è chiarito ad esempio dalla nota che la Sacra Bibbia in 3 volumi di mons. Garofalo (1964) espone in questo punto: 

" 3.Il Figlio è eternamente l’immagine perfetta di Dio, del quale ha tutti gli attributi… Fulgore ha senso attivo, ma il termine greco corrispondente potrebbe intendersi al passivo: riflesso o impronta luminosa… Impronta della sostanza suggerisce l’idea dell’uguaglianza perfetta in forza dell’unità di natura. Impronta è, nell’etimologia del termine greco, la riproduzione fedele di un oggetto in materia atta a riceverne l’impressione. Sostanza (nel gr. hypòstasis, cfr. ancora 3,14; 11, I note) assumeva significati assai diversi nella filosofia, nella scienza, nella medicina o nel linguaggio comune. 
Qui significa: ciò che sta al fondo dell’essere, ossia l’essenza. Dell’essenza divina il Figlio riproduce in sé l’immagine (in questo caso equivalente di realtà) perfetta. È la dottrina della consustanzialità. Le due espressioni fulgore della gloria e impronta della sostanza si completano a vicenda. Tutt’e due dicono perfetta uguaglianza tra il Padre e il Figlio. La quasi immaterialità della prima immagine inculca l’idea della pura spiritualità dell’essere divino e dell’eterna coesistenza del Figlio col Padre (il raggio è inseparabile dalla sorgente luminosa); mentre la seconda insinua piuttosto la distinzione delle persone: la figura impressa si distingue dal sigillo, che essa ritrae, tuttavia, perfettamente" 

A proposito del fatto che Cristo è "l'immagine dell'invisibile Iddio (col 1:15)" Origene nel "de principiis" IV, 4,1 ebbe a dire: 
"Se è immagine del Dio invisibile è immagine invisibile. E io oserei aggiungere che in quanto somiglianza del padre, non c'è stato tempo in cui non esisteva...Quando mai non esistette l'immagine della sostanza ineffabile e inesprimibile del padre?" 

Tertulliano in Contro Prassea, XIII, 8-10 disse: 

"Perciò io non dirò in nessun caso né “dèi” né “signori” (1 Corinzi 8,5), ma seguirò l’apostolo: se il Padre e il Figlio devono essere invocati insieme, io chiamerò il Padre “Dio” e Gesù Cristo “Signore”. Ma Il Cristo da solo lo potrò chiamare Dio, come fa lo stesso apostolo che dice: “Dai quali (padri) viene il Cristo, che è Dio su tutto, benedetto per sempre”(Romani 9,5). 
Anche il raggio di sole quando è solo, lo chiamerò “sole”; ma quando dovrò nominare il sole, cui raggio appartiene, non chiamerò più “sole” il raggio. Perché in questo modo farei anche due soli. Tuttavia il sole ed il raggio li conterò come due oggetti e due forme di una sostanza sola e indivisa, allo stesso modo come Dio e la sua Parola, come il Padre e il Figlio. " 
Vediamo il testo in questione nel suo contesto: 

<img border='0' class='cimgffz' src=" border="0" /> 

Cerchiamo di chiarire meglio il concetto di ipostasi con un esempio: 
Il nostro corpo siamo noi e il nostro pensiero siamo noi, la somma del nostro corpo e del nostro pensiero siamo noi, ma allo stesso tempo corpo e pensiero non sono la stessa cosa. 

La differenza sostanziale però tra noi e Dio è che noi siamo formati da 'parti' (corpo, mente, anima, ecc...) Dio invece è fondamentalmente semplice, quindi le Ipostasi NON sono parti di Dio, ma sono Dio stesso. 
Per questo il termine corretto è 'Ipostasi' (= ciò che sta sotto) e non 'Persona', poiché persona deriva dalla parola "phersu " che significa 'maschera' e, anche se questo magari facilita un po’ la comprensione della Trinità è comunque una visione errata di essa perché può condurre ad una idea modalista di Dio (Dio si manifesta a seconda delle epoche con una “maschera” particolare di padre, o di figlio, o di Spirito Santo). 

L’autore di Ebrei che ricordiamo non era Paolo ma una persona vissuta nel II secolo, stava citando il libro di Sapienza contenuto nella LXX, traduzione che come sappiamo, usavano tutti i discepoli di Cristo, faceva quindi parte della loro “bibbia”, il fatto che non entrò nel canone ebraico non vuol dire che non venisse considerata ispirata dai cristiani (per gli ebrei nessuno scritto cristiano era ad esempio ispirato) ed infatti entrò a far parte del canone insieme agli altri libri dal IV secolo in poi. 

Il canone muratoriano del 150 DC dice a proposito di questo libro: 

“Inoltre la lettera di Giuda e due che portano il nome di Giovanni sono usate nella chiesa universale- e (il libro della) Sapienza scritto dagli amici di Salomone in suo onore.” 

Quindi la “chiesa universale” nel 150 DC credeva che il libro si sapienza fosse ispirato. 

Il testo del libro della Sapienza è contenuto in quattro grandi manoscritti: B (vaticano, IV secolo), S (sinaitico, IV secolo), A (alessandrino, V secolo) e C (il codice di sant’Efrem, V secolo) e in numerosi manoscritti secondari. E fu scritto nella metà del I secolo AC, quindi è molto utile per esaminare quale era il retroterra culturale degli ebrei di lingua greca del periodo che stiamo prendendo in considerazione. 

Fatto questo preambolo necessario, cosa dice questo libro a proposito della sapienza di Dio personificata dai cristiani nel figlio di Dio? 

È un'emanazione (ατμις = vapore) della potenza di Dio, un effluvio genuino (απορροια) della gloria dell'Onnipotente, per questo nulla di contaminato in essa s'infiltra. È irradiazione (apaugasma)della luce eterna (Wis 7:26 IEP), uno specchio (εσοπτον) senza macchia dell'attività di Dio e un'immagine (εικων = icona) della sua bontà” [Sapienza 7,25-26] 

Come si può notare è indubbio che l’autore di Ebrei citasse proprio questo libro ed è evidente che i giudei ellenizzati di lingua greca avevano già visto la sapienza di Dio come una sua emanazione. 

Anche il Siracide libro considerato deuterocanonico dai cattolici ma apocrifo dai protestanti, ma che è sempre contenuto nella LXX, parla della sapienza in questo modo: 
“Io sono uscita dalla bocca dell'Altissimo e ho ricoperto come nube la terra. Ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi.” [Siracide 24,3-4] 

Ma continuiamo con Ebrei: 

"4 Così è diventato [in greco si può anche rendere con: “poiché è”] di tanto superiore agli angeli, di quanto il nome che ha ereditato è più eccellente del loro. 5 Infatti, a quale degli angeli ha mai detto: «Tu sei mio Figlio, oggi io t'ho generato»? e anche: «Io gli sarò Padre ed egli mi sarà Figlio»? 6 Di nuovo, quando introduce il primogenito nel mondo, dice: «Tutti gli angeli di Dio lo adorino!» 7 E mentre degli angeli dice: «Dei suoi angeli egli fa dei venti, e dei suoi ministri fiamme di fuoco», 8 parlando del Figlio dice: «Il tuo trono, o Dio, dura di secolo in secolo, e lo scettro del tuo regno è uno scettro di giustizia." 

Insomma chi si ostina ad inserire Gesù nella natura angelica creata, non ha proprio capito nulla di quello che lo scrittore di Ebrei scrisse, è evidente infatti la distinzione tra Figlio di Dio e angelo di Dio: il Figlio crea gli angeli e questi lo adorano, egli è Dio, loro sono sue creature. 

Questo versetto è inoltre una rivisitazione di un'altra scrittura inserita nel canone pochi secoli dopo ma redatta nel I secolo a.C., ovvero un passo di Sapienza 7:24-26: 

"24 La sapienza è più mobile di ogni moto e per la sua purezza pervade e penetra in ogni cosa. 25 È esalazione della potenza di Dio, effluvio puro della gloria dell'Onnipotente; per questo nulla d'impuro cade su di essa. 26 È irradiazione della luce eterna, specchio tersissimo dell'energia di Dio e immagine della sua bontà." 

Chi conosceva queste Scritture (ed a questo punto l'accostamento è più che evidente) non poteva fare altro che accostare Cristo alla sapienza di Dio menzionata nel libro in questione, sapienza già ipostatizzata dallo scrittore di Sapienza e da quello di Proverbi. 
La prima parte parla di Cristo come di "irraggiamento della sua gloria" o "splendore della sua gloria", e a questo proposito mi vengono in mente le scritture di Isaia: 

"Io sono l’Eterno; tale è il mio nome; e io non darò la mia gloria ad un altro, né la lode che m’appartiene, agli idoli" (Is. 42:8). 

Gesù, prima di essere arrestato, nella preghiera che fece al Padre suo disse: 

"Ed ora, o Padre, glorificami tu presso te stesso della gloria che avevo presso di te avanti che il mondo fosse" (Giov. 17:5); questo lo disse perché egli voleva che il Padre gli restituisse quella gloria di cui Lui, quale Figlio di Dio coeterno col Padre, si era privato per un breve tempo con la kenôsis (svuotamento), lasciando la condizione dell’unica e perfetta natura divina. Ricordiamoci che in quanto Dio è immutabile, egli con la kenôsis non mutò, ma acquisì anche la natura umana aggiungendola a quella divina eterna, di cui si parla in Filippesi: "assumendo la forma di un servo e divenendo simile agli uomini per morire sulla croce annoverato tra i malfattori". 
Ecco dunque perché, basandoci su Isaia, dobbiamo affermare d che Cristo non poteva essere "altro" rispetto a YHWH, egli è Dio proprio come lo è suo Padre, "la gloria di Dio rifulge dal volto di Cristo" dice la scrittura. 


I TdG usano la scrittura che definisce Cristo "l'esatta immagine di Dio" per far comprendere che una cosa è Dio e un'altra l'immagine... ma non si rendono conto che "l'esatta immagine di Dio" può essere fatta solo da Dio stesso. 
Qualunque creatura non potrebbe mai "rappresentare Dio perfettamente", Gesù lo rappresentò perfettamente perché Egli è veramente Dio. 
Lo scrittore di Ebrei continua al versetto 10 applicando quello che era proprio di Yahweh nel salmo 102:25 a Cristo stesso: "E ancora: Tu, o Signore, alle origini hai fondato la terra e i cieli sono opere delle tue mani." 
Praticamente c'è una identificazione tra Yahweh e Cristo, nel creare l'universo e qui non è solo il mezzo, ma il creatore stesso. 
Inoltre il Figlio è talmente potente da tenere nell'essere l'universo stesso, come è scritto anche in Colossesi 1:17: 
"Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui." 
Una creatura non può certo tenere in esistenza l'universo e tutto ciò che esso contiene, inoltre la scrittura dice che egli è prima non "la prima" di ogni cosa... la differenza dovrebbe saltare agli occhi. 

Mi sono sempre chiesto perché si usasse il termine "in lui" parlando della creazione, in che senso "tutto è stato creato in lui"? 
Per comprenderlo bisogna tornare al concetto di idea di Dio nel platonismo, che indirettamente fa sentire i suoi echi in tutti gli scrittori di questo periodo: essendo Cristo il Logos o l'ipostasi del pensiero di Dio, nel momento in cui Dio pensa di creare, automaticamente la creazione si viene a trovare nel Figlio, il quale incarna appunto il suo pensiero. Se Egli è il pensiero di Dio (il Logos appunto), allora nel momento in cui Dio pensa di creare, ecco che la creazione si viene a trovare "in Cristo", come scritto in Colossesi, il Padre è il pensante, il Figlio il pensato, e il Figlio possiede in sé tutte le forme archetipe della creazione.

Un'altra prova che portano i TdG per far vedere che Cristo non è Dio, sono le scritture che parlano di Cristo come del mezzo che Dio usava per creare tutte le cose. Ho già risposto con Ebrei 1:10 dove si parla di Cristo non come mezzo ma come creatore, oltre a questo i testimoni dimenticano che anche di Dio padre si parla non solo come creatore ma anche come mezzo: 

Ebrei 2:9-10 NRV: 

"10 Infatti, per condurre molti figli alla gloria, era giusto che colui, a causa del quale e per mezzo del quale [gr:dia] sono tutte le cose, rendesse perfetto, per via di sofferenze, l'autore della loro salvezza." 

oltre a quella scrittura c'è quella di Romani 11:33-36: 

"Oh, profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto inscrutabili sono i suoi giudizi e ininvestigabili le sue vie! Infatti,«chi ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo, sì da riceverne il contraccambio?» Perché da lui ( da Dio) per mezzo di lui (mediante Dio) e per lui (per Dio) sono tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno" 

Sia di Dio padre che di Dio figlio si dice che tutte le cose sono create tramite loro, vediamo dunque Dio presente in queste tre realtà. 

Rifletto: 
Se in Rom 11,36 le cose furono create per mezzo di Dio e per Dio, ed in Col 1,17 vediamo che le cose furono create per mezzo di Gesù, e per Gesù, non è logico pensare che anche Gesù sia Dio? 

Colosessi 1,16 
"Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e per lui" 

È assurdo pensare che le cose create, fossero create per una creatura! Sarebbe contraddittorio. In verità secondo questa scrittura, le cose furono create per volontà di Dio Padre, tramite Dio figlio, per Dio Figlio. 
OFFLINE
11/04/2016 16:10
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota


Colossesi 2:9


theotetos = deità, non "qualità divina"! 

Colossesi 2:9: 

" 9 poiché è in lui che dimora corporalmente tutta la pienezza della deità, 10 e voi siete stati riempiti in lui, che è il capo di ogni principio e potenza; " 

In greco suona così: 
"Oti [poiché] en [in] autô [lui] katoikei [dimora o abita o vive] pan [tutta, ogni] to plêrôma [la pienezza, la totalità] tês theotêtos [della deità, composto da theos] sômatikôs [corporalmente, forma corporea]" 

Nella sua unica persona, e dunque anche nella sua corporalità, dimora tanto il suo essere uomo, quanto il suo essere DIo, nella sua pienezza e totalità. Personalmente mi era sempre apparsa ostica questa scrittura perché non capivo cosa c'entrasse quel "corporalmente" con la deità, solo pensando alle due nature di Cristo il versetto ha un senso: Cristo ha la totalità della deità in sé costitutivamente. 
"Deità" traduce il greco theotês che deriva da Theos (Dio) e ne è l'esatto calco etimologico, è più importante ed incisivo di theiotês che deriva da theios (divino) e che alla lettera si traduce “divinità”; non è un caso che l'autore scelga proprio questo termine e non l'altro. Tradurre come fa la TNM "qualità divina", nel senso che la WTS vuole dare a questa perifrasi, è un'assurdità, una falsificazione vera e propria. 
Vorrei poi vorrei chiedere al sostenitore di questa traduzione: se io sono "qualitativamente uomo" cosa significa? Se Cristo è "qualitativamente Dio" cosa significa? Avere la qualità dell'uomo non significa forse essere un uomo? Avere la qualità di Dio cosa significa se non che Cristo è Dio? 
Se aprite un qualsiasi dizionario scoprirete che la qualità "è ciò che caratterizza una cosa o una entità, è la proprietà di quell'entità" se Cristo ha la proprietà e la caratteristica di essere Dio, cosa significa se non che egli lo è realmente? Non è giocando sui termini che i testimoni riescono a togliere il semplice fatto che Cristo è Dio. 

Gianfranco Apostoli ebbe a dire a tal proposito: 

"Si potrebbe dire, semplificando, che, mentre Theiotes indica la qualità / natura / essenza di chi abbia 
attributi o proprietà divine, Theotes indica la qualità / natura / essenza di chi sia un dio, a 
prescindere da qualunque attributo o proprietà egli abbia. La divinità in Theiotes si spiega in base 
alle caratteristiche divine di colui che merita tale nome: come a dire che chi è provvisto di 
Theiotes, lo riconosciamo come dio dai suoi attributi divini; mentre la divinità in Theotes si 
basa fondamentalmente sul fatto che colui di cui si parla è un dio, a prescindere dalle sue altre 
caratteristiche: come a dire che chi è provvisto di Theotes è un dio perché lo è (è il caso di 
Gesù Cristo), non perché abbia caratteri divini riconoscibili. La questione si complica qualora si voglia distinguere il significato dei termini nell'ambito politeistico e in quello monoteistico: la Theotes, in ambito monoteistico, è la qualità / natura / 
essenza non di chi sia "un dio", ma del dio, la cui unicità è attributo peculiare, da considerare 
caratterizzante anche della sua Theiotes." 

Vediamo cosa dice il Thayer lexicon: 

[Thayer] theotes, theotetos, (deitas, Tertullian, Augustine (de 104: Dei 7, 1)), deity i. e. the state of being God, Godhead: Col. 2:9. (Lucian, Icar. 9; Plutarch, de defect. orac. 10, p. 415 c.)* (Synonyms: theotes: deity differs from theiotes divinity, as essence differs from quality or attribute; cf. Trench, sec. ii.; Lightfoot or Meyer on Colossians, the passage cited; Fritzsche on Rom. 1:20.) [traduzione mia: theotes deità, lo stato di essere Dio, sinonimi theotes Deità differente da theiotes divinità, come l'essenza differisce dalla qualità o attributo

Il DENT I 1620: 
«theotes divinità, (l’)essere dio… Nel N.T. il sost. astratto theotes, derivato da theos, si 
trova soltanto in Col 2,9… theotes significa (diversamente da theiotes «divinità») deità ” 

Il Commentario Teologico del Nuovo Testamento. Lettere a Colossesi e Filemone, testo greco traduzione e commento 
di Eduard Lobse, 193: 
"theotes deve essere distinto da theiotes. Se theiotes esprime le proprietà del divino, la divinità 
(Rom. 1,20), theotes esprime l’essere divino stesso." 

Vine, An Expository Dictionary of New Testament Words, 329: 
«Theotes indicates the Divine essence of Godhood, the personality of God: Theiotes the attributes of 
God, His Divine nature and properties» [theotes indica l'essenza divina della deità, la personalità di Dio: theiotes l'attributo di Dio, la sua divina natura e proprietà] 

Il Trench ad esempio fa notare questa differenza affermando che theiotes indica la divinità nei vari 
modi in cui è riflessa; quindi, in Rm 1,20 Paolo dice che la gloria della natura proclama la maestà a 
la potenza di Dio; ma certamente non direbbe che la natura rivela Dio in quanto persona, così come 
Egli è rivelato in Cristo. Qui invece (Col 2,9) egli non vuole affermare semplicemente che le qualità 
divine sono rivelate in Cristo, ma piuttosto vuole precisare che in Cristo dimora l’essenza vera e 
propria di Dio; quindi, per comunicare il concetto della Deità sostanziale, adopera il vocabolo 
theotes (Cfr. Trench, Synonymis of the New Testament, 8) 

Settimio Cipriani, Le lettere…, 522: 
"E’ particolarmente ricco di contenuto dogmatico il v. 9… Qui però si specifica meglio di quale 
“pienezza” si parla: la “pienezza” “della divinità” (tes theotetos), cioè della “natura” divina con 
tutti i suoi attributi. (theiotes invece [Rom 1,20], a differenza di theotes, sta ad indicare piuttosto le 
“perfezioni” della natura divina). L’avverbio corporalmente (somatikos) designa il modo con cui è 
avvenuta questa permanente dimora della “divinità” in Cristo, e cioè la divinità si è incarnata in 
Cristo assumendo un “corpo” umano. Abbiamo dunque l’equivalente dell’espressione di San 
Giovanni: “E il Verbo si fece carne ed abitò fra noi” (Giov. 1,14). Per altri invece l’avverbio 
“corporalmente” vorrebbe dire: “in maniera reale” e non simbolica, e simili" 

Giuseppe Ricciotti, Le lettere di San Paolo…, 387: 
"«Pienezza, nuovamente “Plèroma” come in 1,19, ma qui ben determinato dall’aggiunta della Deità 
(qeÒthtoj, che dice qualcosa di più che qeiÒthtoj, Divinità; cfr. Romani, 1,20): la frase significa la 
totalità delle perfezioni e degli attributi propri della natura stessa di Dio (Deità). Questa totalità 
abita nel Cristo corporalmente (swmatikîj), ossia in maniera entitativa e reale, non già figurativa… 
ma può anche darsi che corporalmente qui alluda alla Deità che ha preso corpo 
materialmente nell’incarnazione" 

Introduzione alla Bibbia V/2, Marietti, Torino 1964, 67: 
"In lui, infatti, come Figlio di Dio fatto uomo, abita, cioè dimora abitualmente, la pienezza della 
divinità. Corporalmente (swmatikîj) sottolinea in maniera realistica, quasi cruda, l’unione della 
natura divina con l’umana" 

Jamieson-Fausset-Brown Bible Commentary 
9. For-"Because." Their "philosophy" (Col 2:8) is not "after Christ," as all true philosophy is, everything which comes not from, and tends not to, Him, being a delusion; "For in Him (alone) dwelleth" as in a temple, &c. 

the fulness-(Col 1:19; Joh 14:10). 

of the Godhead-The Greek (theotes) means the ESSENCE and NATURE of the Godhead, not merely the divine perfections and attributes of Divinity (Greek, "theiotes"). He, as man, was not merely God-like, but in the fullest sense, God. 

bodily-not merely as before His incarnation, but now "bodily in Him" as the incarnate word (Joh 1:14, 18). Believers, by union with Him, partake of His fulness of the divine nature (Joh 1:16; 2Pe 1:4; see on [2415]Eph 3:19). 
[traduzione mia: della deità il greco theotes significa essenza e natura della deità non semplicemente le perfezioni divine e gli attributi della divinità (greco theiotes) Egli come uomo, era non semplicemente come Dio, ma nel pieno senso, Dio. ] 



Nota in calce della NAB: 
NAB Notes (Col 2:9) 
<1> Fullness of the deity: the divine nature, not just attributes; [traduzione mia: Pienezza della deità: La natura divina, non solo attributi] 

traduzioni: 
CJB Colossians 2:9 For in him, bodily, lives the fullness of all that God is. (Col 2:9 CJB In lui, corporalmente, vive la pienezza di tutto quello che Dio è) 
GWN Colossians 2:9 All of God lives in Christ's body, (Col 2:9 GWN Tutto di Dio vive nel corpo di Cristo) 
MIT Colossians 2:9 For in his physical being resides all the fullness of the divine being. (Col 2:9 MIT Nel suo essere fisico risiede tuta la pienezza dell'essenza divina) 
NIRV Colossians 2:9 God's whole nature is living in Christ in human form. (Col 2:9 NIRV L'intera natura di Dio vive in Cristo nella forma umana) 
"Car c'est en lui, c'est dans son corps, qu'habite toute la plénitude de ce qui est en Dieu." (Perché è 
in lui, è nel suo corpo che abita tutta la pienezza di ciò che è in Dio - la Bible du Semeur) 

Finalmente l'unicità di Dio è mantenuta: il Padre è Dio, il Figlio è Dio, ma non ci sono due dèi bensì un solo Dio [o una sola deità, una unica natura divina], finalmente questa frase ha acquistato di significato, la deità è una, le persone sono tre, il Padre è il generante, il Figlio è generato, lo Spirito Santo è colui che “procede dal Padre”. 
Fino ad ora non abbiamo parlato della terza persona divina, è giunto il momento di farlo ora: 
OFFLINE
11/04/2016 16:22
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota


Giovanni 1:1 Il Logos



Il logos in Giovanni: 

Prima di affrontare cosa scrisse Giovanni è utile fare una panoramica storica su cosa fosse il logos nell'ambiente in cui Giovanni visse: 

Iniziamo dicendo che il vangelo che porta il suo nome fu scritto alla fine del I secolo, ne sono prova i ritrovamenti archeologici che risalgono a pochi decenni dopo, diciamo che in linea generale i critici non credono che a scrivere il vangelo fosse Giovanni, ma noi facciamo finta di essere tutti d'accordo che fu lui a scriverlo. 
Giovanni visse in ambiente ellenistico e ne è prova tutta la tradizione che lo vede come il vescovo di Efeso. 
Si suppone che egli si sia recato in questa città molto presto, se come si pensa egli si trasferì dopo il concilio di Gerusalemme, egli poté conoscere la cultura ellenistica per più di 50 anni. 
Il fatto che usò il termine logos ci deve portare a capire cosa questo termine significasse nell'ambiente in cui egli visse, perchè è in quell'ambiente che egli scrisse le sue lettere, ed erano di cultura greca coloro ai quali quelle lettere furono composte 
Gli stoici erano coloro che usavano questo termine, essi credevano che l'universo fosse retto da una ragione (Λόγος) universale. Essa può essere intesa come un movimento incausato, eterno, inarrestabile, che attribuisce alle cose la forma di essere, dal più semplice ed infimo fino al più grande e complesso, vivente e non vivente. Dalla sua azione scaturiscono due principi in cui il mondo risulta suddiviso: uno attivo, chiamato in vari modi (appunto logos, o Zeus, soffio, natura), ed uno passivo, che è la materialità delle cose. Gli stoici individuano un ordine necessario al suo interno, il logos è il principio che regge e organizza il mondo. 
Cosa poteva dedurre un ebreo che fosse vissuto in un contesto culturale del genere? 
L'esempio migliore fu proprio quello di Filone d'Alessandria ebreo studioso dello stoicismo vissuto poco prima del periodo che stiamo prendendo in esame (30 AC 50 DC), egli vede nel logos la potenza divina che procede dal primo principio (Dio) e che contiene i pensieri divini, al Logos Filone attribuisce attributi personali di giustizia e misericordia. Probabilmente sia il Logos di Filone sia quello di Giovanni si riferiscono indipendentemente uno dall'altro alla personificazione della Sapienza degli ultimi scritti sapienziali 
di sapienza e proverbi. 
Egli prese da Platone la trascendenza divina e la svalutazione della materia e anticipò Plotino che vide il Logos come ipostasi divina distinta dall'Uno. 
Per filone il logos si pone: in Dio (in quanto identico a Dio come volevano gli stoici) in se (come ipostasi es. la sapienza divina) nel mondo (immanente nel cosmo) 
A questo proposito si veda lo studio di Roberto Radice in Platonismo e creazionismo in Filone di Alessandria: 

[url]http://tinylink.com/?NAe0Ps8lP3 


Anche Eusebio di Cesarea fu un grande estimatore di Filone visto il modo in cui riesce ad addossare a quest'ultimo la prima predicazione evangelica: 

"24. Ed è chiaro a tutti che Filone ha inteso descrivere i primi araldi dell'insegnamento evangelico e le usanze trasmesse fin dall'inizio dagli apostoli."Cfr. [Storia ecclesiastica] 2:17.24 

vedi: [url]http://www.ccel.org/ccel/schaff/npnf201.iii.vii.xviii.html 

Veniamo al testo: 

In Giovanni 1:1 si specifica chiaramente che "nel principio il Logos era" dal greco "ên" derivante da eimi = essere, esistere, il Logos non ebbe un principio, ma esisteva nel principio, Il verbo “era” (ên) essendo un imperfetto con valore di predicato, ha qui il senso forte e pieno di esistere, indica l’eternità dell’esistenza. 
Con questo verbo Giovanni vuole affermare che non vi fu mai un tempo in cui il Logos "non era", egli dichiara di una realtà anteriore al principio di Gn 1:1, prima della creazione esisteva una parola divina che doveva creare e organizzare l’intera creazione. 
A riprova di quanto affermato sopra, esaminiamo queste altre scritture: 
1 Giovanni 1:1,2: “Colui che era fin dal principio, colui che noi abbiamo sentito, colui che abbiamo veduto con i nostri occhi, colui che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato, cioè il Verbo della vita -- 2 poiché la vita si è manifestata e noi l'abbiamo veduta e ne diamo testimonianza e vi annunziamo questa vita eterna che era presso il Padre e che si è manifestata a noi --,” 
1 Giovanni 2:13,14: ” Scrivo a voi, o padri, che avete conosciuto colui che è dal principio... Padri, vi ho scritto perché avete conosciuto colui che è fin dal principio.” 
Colossesi 1:18 18 Egli è il capo del corpo, cioè della chiesa; è lui il principio, il primogenito dai morti, affinché in ogni cosa abbia il primato. 
Apocalisse 22:12-16 12 «Ecco, sto per venire e con me avrò la ricompensa da dare a ciascuno secondo le sue opere. 13 Io sono l'alfa e l'omega, il primo e l'ultimo, il principio e la fine. 14 Beati quelli che lavano le loro vesti per aver diritto all'albero della vita e per entrare per le porte della città! 15 Fuori i cani, gli stregoni, i fornicatori, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna. 16 Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per attestarvi queste cose in seno alle chiese. Io sono la radice e la discendenza di Davide, la lucente stella del mattino». 
Ebrei 1:10-12 10 E ancora: «Tu, Signore, nel principio hai fondato la terra e i cieli sono opera delle tue mani. 11 Essi periranno, ma tu rimani; invecchieranno tutti come un vestito, 12 e come un mantello li avvolgerai e saranno cambiati; ma tu rimani lo stesso, e i tuoi anni non avranno mai fine». 
Come si è potuto notare egli nel principio gia era, esisteva, poteva “la vita eterna che era presso il padre” avere un principio? E che vita eterna sarebbe? 
No di certo, perché è lui il principio stesso , colui che ha dato il principio ad ogni cosa: 

“ Diversamente dalla sapienza, quindi, egli ( il Logos) non era il principio di ciò che è comparso nel mondo, come un primo anello tra Dio e il mondo, o il primo di una serie temporale: Egli è al principio in modo assoluto. Non può quindi essere catalogato fra le creature”.( X.Leon-Dufour, Lettura dell’evangelo secondo Giovanni, Cinisello Balsamo 1990, Pag.108) 

Tornando alla scrittura in questione, notiamo che l’imperfetto "era" ricorre tre volte nel versetto, ma assume tre significati diversi: 
la prima volta significa esistere e indica l’esistenza eterna, 
la seconda volta esprime una modalità dell’esistenza (era presso Dio)cioè abitare o dimorare presso Dio; 
la terza volta, designa l’essenza stessa del Logos definito nella sua divinità (il Logos era Dio). 

Egli era dunque presso (pros=verso) il Padre (Dio - ho theos) ed era Dio come il Padre, nessuna confusione, nessun politeismo o monolatria ("un dio" ecc...). Quando in greco due nomi sono congiunti dal verbo "essere" e quando ambedue hanno l'articolo determinativo, si intende che l'uno sia identificato pienamente con l'altro; ma quando uno di loro è senza l'articolo (come nel caso in questione), quello senza articolo è il predicato riferito a quello articolato. Semplificando per intendesi, diventa più un aggettivo che un nome, e descrive piuttosto la natura o la sfera di appartenenza; perciò possiamo dire che il Logos appartiene alla stessa sfera di Dio, ha la sua natura, pur senza essere identificato con “Il Dio” della seconda riga, presso cui il Logos era (il Padre appunto). 
D'altra parte va osservato anche che il Verbo non è detto «divino» (theios), ma «Dio» (theos); viene quindi attribuita a lui la deità, l’esser Dio. 

A questa confessione iniziale della deità di Cristo corrisponde la solenne professione di fede di Tommaso alla fine del vangelo di Giovanni: " Signore mio e Dio mio ! " (20,28). 
I testimoni di Geova nella loro traduzione del nuovo mondo hanno tradotto Giovanni 1:1c con “la parola era un dio” specificando che hanno fatto questo per il fatto che theos (Dio appunto) in questa frase non ha l’articolo davanti in modo da renderlo determinato. 
Quello che essi non capiscono è che se Giovanni avesse messo l’articolo davanti a theos in questo contesto, ci sarebbe stata un identificazione tra l’ho theos (il padre) presso il quale la parola “era” o esisteva e la parola stessa, ma così facendo si sarebbe arrivati alla conclusione assurda che il padre e il figlio fossero la stessa persona, dando così il via all’eresia modalista. 
Dovrebbero spiegarci invece in che modo inserendo l’articolo indeterminativo, il nome acquista valenza qualitativa, invece di cadere nel politeismo. 
A questo proposito si scomodò addirittura il grande biblista Metzger il quale a proposito della scrittura in questione scrisse: 
“"In the New World Translation the opening verse of the Gospel according to John 
is mistranslated as follows: `Originally the Word was, and the Word was with 
God, and the Word was a god.' A footnote which is added to the first word, 
`Originally,' reads, `Literally, `In (At) a beginning.' ` By using here the 
indefinite article `a' the translators have overlooked the well-known fact that 
in Greek grammar nouns may be definite for various reasons, whether or not the 
Greek definite article is present. A prepositional phrase, for example, where 
the definite article is not expressed, can be quite definite in Greek,' as in 
fact it is in John 1:1. The customary translation, `In the beginning was the 
Word,' is therefore to be preferred to either alternative suggested by the New 
World translators. Far more pernicious in this same verse is the rendering, `... 
and the Word was a god,' with the following footnote: `'A god.' In contrast with 
`the God.' It must be stated quite frankly that, if the Jehovah's Witnesses take 
this translation seriously, they are polytheists ... As a matter of solid fact, 
however, such a rendering is a frightful mistranslation. It overlooks entirely 
an established rule of Greek grammar which necessitates the rendering, `... and 
the Word was God.' " 

Some years ago Ernest Cadman Colwell of the University of Chicago pointed out in 
a study of the Greek definite article that, "A definite predicate nominative has 
the article when it follows the verb...The opening verse of John's Gospel 
contains one of the many passages where this rule suggests the translation of a 
predicate as a definite noun. The absence of the article [before theos] does not 
make the predicate indefinite or qualitative when it precedes the verb; it is 
indefinite in this position only when the context demands it..." The context 
makes no such demand in the Gospel of John, for this statement cannot be 
regarded as strange in the prologue of the gospel which reaches its climax in 
the confession of Thomas [John 20: 28, 'My Lord and my God']." 
(B. Metzger, The Jehovah's Witnesses and Jesus Christ. A Biblical and Theological Appraisal, in Theology Today, 1953)” 

Insomma Metzger dopo aver asserito che la traduzione dei tdg è sbagliata e perniciosa: 
“una tale resa è una traduzione decisamente errata. Essa ignora completamente una regola di grammatica greca comunemente accettata che rende necessaria la resa "e la Parola era Dio" “ 
cita la regola di Colwell la quale ci insegna che “L'assenza dell'articolo [prima di theos] non rende il predicato indeterminato quando precede il verbo. E' indeterminato in questa posizione solo quando il contesto lo richiede.” 
E il contesto in questo caso non lo richiede affatto. 
I testimoni di Geova continuano la loro argomentazione asserendo che ho theos è sempre il padre, mentre Cristo è chiamato solo theos senza articolo… 
A questa risposta vorrei chiedergli come mai in queste scritture il padre è chiamato theos senza articolo e come mai la TNM non ha messo “un” davanti a theos: 
Luca 20:38 Or egli non è il Dio dei morti[theos de ouk estin=Dio non è] ma dei viventi, poiché tutti vivono per lui". 

Giovanni 8:54 “Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. È il Padre mio che mi glorifica, quello di cui voi dite: "È il nostro Dio"[oti theos emon estin=che Dio nostro è].” 

LND Romani 8:33 Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio[theos] è colui che li giustifica. 

IEP 2 Corinti 1:3,21 Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre delle misericordie e Dio [theos] di ogni conforto, 21 Or colui che con voi ci fortifica in Cristo e che ci ha unti, è Dio [emas theos]; 


Vorrei sapere inoltre come mai Gesù è chiamato “ho theos” qui: 
Giovanni 20:28 Rispose Tommaso e gli disse: «Signore mio e Dio mio! [ho theos moi]». 

Ebrei 1:8,9 del Figlio invece: Il tuo trono, o Dio [ho theos], è per i secoli dei secoli e lo scettro dell'equità è scettro del tuo regno. Hai amato la giustizia e hai odiato l'iniquità, perciò, o Dio [ho theos], il tuo Dio ti ha unto con olio di esultanza a preferenza dei tuoi compagni. 

Giovanni prende in prestito questa parola (logos) dall'ellenismo creando una teologia specificamente nuova, il Logos quale principio che governa il creato e come legge razionale per ogni esistenza, è il Figlio di Dio che si fa uomo, che viene ad abitare tra noi, egli è l'Emmanuele, il Dio-con-noi, il Dio trascendente diviene egli stesso anche creatura, per provare personalmente cosa significa essere creatura e poterci comprendere tangibilmente. 
Giovanni (e con lui tutto il NT) affronta la questione della divinità di Gesù, raramente per mezzo del titolo "Dio" (lungo infatti è il percorso che ha portato gli apostoli a chiarire a sé stessi la divinità del Figlio e come s’accordasse col fatto che vi fosse “un solo Dio”). Ciononostante, quant’anche sia parco l’uso del titolo “theos” riferito al Figlio nel Nuovo Testamento, questo corpus di libri espressione della fede della Chiesa apostolica descrive la Sua divinità alla stessa maniera in cui descriveva le attività del Padre: 

Giovanni 5:17-23;10:28,29;13:3;15:23;17:10: 

"17 Ma Gesù rispose loro: «Mio Padre è all'opera fino ad ora ed anch' io sono all'opera». 18 Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non solo violava il sabato, ma diceva che Dio era suo Padre, facendo se stesso uguale a Dio. 19 Gesù rispose e diceva loro: «In verità, in verità vi dico: il Figlio non può fare nulla da se stesso se non ciò che vede il Padre fare. Ciò infatti che fa lui, lo fa ugualmente il Figlio. 20 Il Padre infatti ama il Figlio e gli mostra tutto ciò che egli fa, ed opere più grandi di queste gli mostrerà, in modo che voi ne rimaniate stupiti. 21 Come infatti il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a coloro che vuole. 22 Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato tutto il giudizio al Figlio, 
23 affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio non onora il Padre che lo ha mandato. 24 In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. 25 In verità, in verità vi dico: l'ora viene, anzi è già venuta, che i morti udranno la voce del Figlio di Dio; e quelli che l'avranno udita, vivranno.” 

"10:28 Io do loro la vita eterna e non periranno mai; e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29 Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno le può strappare dalla mano del Padre. " 

13:3 "sapendo che il Padre aveva messo tutto nelle sue mani e che da Dio era uscito e a Dio ritornava." 

15:23 "Chi mi odia, odia anche il Padre mio. 24 Se in mezzo a loro non avessi fatto le opere, che nessun altro ha fatto, non avrebbero peccato. Ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio." 

17:10 "Tutto ciò che è mio è tuo e quello che è tuo è mio, e io sono stato glorificato in loro(notare che TUTTO quello che è del Padre è anche di Cristo)." 

Uguaglianza di poteri e di azioni, sottintendevano uguaglianza di genere, di natura. Solo Dio poteva fare determinate cose, eppure anche Cristo le poteva fare, quella che secondo i TdG è una mera creatura fatta uscire dal nulla, un arcangelo, che non avrebbe mai potuto fare le stesse cose del suo creatore. Gli sarebbe stato costituzionalmente impossibile… Solo uno del suo genere, uno che avesse la sua stessa natura come un Figlio, avrebbe potuto fare tutto quello che faceva il Padre. 
OFFLINE
11/04/2016 16:25
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

1 Corinti 8:5-6: 

"5 Anche se infatti vi sono delle pretese divinità nel cielo e sulla terra, come di fatto vi sono molti dèi e molti signori, 6 per noi c' è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene, e noi siamo per lui; e un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale sono tutte le cose e noi siamo per mezzo di lui. " 


I testimoni dicono: "lo vedete che qui si dice che solo il padre è Dio? come possono esserlo anche il figlio e lo spirito santo?". 
Quello su cui non hanno ancora riflettuto è la continuazione del versetto, ovvero il fatto che anche Cristo è chiamato "solo Signore" ma sappiamo che anche suo padre è Signore (il VT dice "solo Signore") ed anche lo Spirito Santo è Signore come abbiamo visto sopra. 
Quindi questa scrittura usa fare un "parallelismo paradossale" i titoli sono usati in senso assoluto, ma ogni titolo è applicato altrove anche alle altre persone trinitarie. 
Il credo trinitario recita: 
"il padre è Dio, il figlio è Dio e lo spirito santo è Dio ma non vi sono tre dèi bensì un unico Dio"; 
"il padre è Signore, il figlio è Signore e lo Spirito Santo è Signore, eppure non vi sono tre Signori ma un unico Signore". 

Solo questa dottrina non fa contraddire quanto scritto da Paolo, i testimoni di Geova invece, commettono eresia (scelgono) quando interpretano la prima parte (solo il padre è Dio) in senso assoluto, mentre interpretano la seconda parte "solo Cristo è Signore" in senso relativo, vi sembra una cosa onesta? 
Questa scrittura invece di distruggere la trinità non fa altro che rafforzarla, basta esaminarla in base al contesto neotestamentario. 

Non sottovalutate come i padri della chiesa che succedettero agli apostoli, interpretavano i passi trinitari che la WT ha artefatto ad hoc svilendone il profondo significato, infatti testi chiave come Giovanni 1:1; tito 2:13; romani 9:5; giovanni 20:28; 1 giovanni 5:19,20; ecc... sono presi assolutamente in senso trinitario da loro e attribuiti al figlio e non al padre, e se lo facevano loro che parlavano la stessa lingua in cui è scritto il NT, un motivo ci sarà stato... 
Accettare la traduzione di Giovanni 1:1 con "e la parola era divina" o "di natura divina era la parola" vuol dire accettare che la natura del figlio è quella del padre, ma se uno ha la natura divina, come viene chiamato se non "Dio"? 
Le traduzioni che i testimoni citano a sostegno delle loro interpretazioni non fanno altro che avallare la dottrina trinitaria, ma il bello è che non se ne rendono conto. 


Giovanni 20:28: 

Se Cristo viene chiamato da Tommaso "il suo Signore e il suo Dio", che cosa è se non una dichiarazione di fede esplicita di Tommaso verso Gesù? Dicendo che colui che aveva davanti non era solo il suo maestro, ma il suo Signore e il suo Dio? 

Un perifrasi simile per rivolgersi a Dio è usata dalla LXX (che come ripetiamo è la versione maggiormente usata dagli autori del Nuovo Testamento per citare l’Antico Testamento). Nella versione greca del Salmo 34 versetto 23 nella versione troviamo scritto: 
" ἐξεγέρθητι, κύριε, καὶ πρόσχες τῇ κρίσει μου, ὁ θεός μου καὶ ὁ κύριός μου, εἰς τὴν δίκην μου " 
Il parallelo con l'espressione di Tommaso è chiara..."ho kurios mou kai ho theos mou". 
Nel giudaismo dunque si riferiva a YHWH con quest'espressione che è stata diretta anche a Gesù: "O mio Signore e mio Dio"; continuare ad asserire che in Giovanni gli articoli sono obbligati dal sostrato semitico della lingua di Giovanni è ridicolo, anche perché egli scrisse per comunità grecofone dell’Asia Minore e dunque doveva tener conto di cosa avrebbero inteso dei madrelingua greci, e non solo degli ebrei. Per di più, la scrittura dice chiaramente che quelle erano parole che Tommaso diresse a Gesù (è scritto "gli disse") non era un esclamazione diretta al Padre né altro. Il contesto che segue, (ovvero quello dove Gesù è chiamato il Figlio di Dio) va letto alla luce di questa esclamazione di fede e non fa altro che confermare quanto scritto fino ad ora: in che senso Gesù era "il Figlio di Dio"? 
Nel senso che egli era Signore e Dio proprio come suo Padre, condividendone la stessa deità. 
Rileggiamo il verso nel suo contesto: 
Giovanni 20:26-31 “26 Otto giorni dopo i suoi discepoli erano di nuovo in casa e Tommaso stava con loro. Viene Gesù a porte chiuse, stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 
27 Poi disse a Tommaso: «Metti il tuo dito qui e guarda le mie mani, porgi la tua mano e mettila nel mio fianco, e non essere più incredulo, ma credente». 
28 Rispose Tommaso e gli disse: «Signore mio e Dio mio!». 29 Gli disse Gesù: «Perché mi hai visto hai creduto? Beati coloro che hanno creduto senza vedere!». 30 Gesù in presenza dei discepoli fece ancora molti altri segni, che non sono scritti in questo libro. 31 Questi sono stati scritti affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e, credendo, abbiate la vita nel suo nome. “ 

C'è un botta e risposta tra Cristo e Tommaso, nessuna esclamazione a qualcun altro può avere un senso in questa conversazione, perchè Tommaso era Gesù che vedeva e a Gesù rispondeva, ancora una volta Gesù non riprese Tommaso per bestemmia, ma gli disse "perchè mi hai visto hai creduto?" cosa ha creduto Tommaso se non che colui che aveva davanti era il suo Signore e il suo Dio? 
Dirottare le parole di Tommaso al padre, come sostengono i tdg, vuol dire avere un pregiudizio teologico, non c'è scampo! 

Un obiezione che alcuni testimoni di Geova fanno riguarda il fatto che Il secondo "ho theos" con quella costruzione grammaticale (due nomi con l'articolo separati da un kai) potrebbero essere riferiti a due persone differenti, quindi a Cristo Tommaso disse solo “mio Signore” e poi si rivolse al padre esclamando “mio Dio”. 

Come si può sostenere che in Gv 20,28 a metà frase cambi la persona di riferimento? Come dovrebbe fare ad accorgersene l'uditore o il lettore di questo cambiamento brusco a metà frase? Sarebbe la ripetizione dell'articolo? Ma dove sta scritto che la ripetizione di un'articolo deve implicare un cambio di soggetto? E' una cosa del tutto inventata. La presenza dei due articoli vuole semplicemente segnalare che per Tommaso Gesù non è "un signore" e "un dio" tra gli altri, ma "Il" Signore e "Il" Dio di lui. 

Un’altra obiezione riguarda una presunta regola grammaticale in base alla quale l'articolo sarebbe comunque usato per via della sintassi, data la presenza di un pronome possessivo, e non ha dunque valenza semantica. 

Questa regola non esiste e lo proverò con la scrittura stessa: 
GNT Luca 8:21 ὁ δὲ ἀποκριθεὶς εἶπεν πρὸς αὐτούς, Μήτηρ μου καὶ ἀδελφοί μου οὗτοί εἰσιν οἱ τὸν λόγον τοῦ θεοῦ ἀκούοντες καὶ ποιοῦντες. 
"madre mia e fratelli miei sono". 
Costrutto simile al passo in riferimento e non sono presenti articoli. 

GNT Giovanni 15:14 ὑμεῖς φίλοι μού ἐστε ἐὰν ποιῆτε ἃ ἐγὼ ἐντέλλομαι ὑμῖν. 
"voi siete miei amici" 

Giovanni 8:54: 
ὃν ὑμεῖς λέγετε ὅτι θεὸς ἡμῶν ἐστιν 
"quello che voi dite essere vostro Dio." 

Come si può notare i nomi sono preceduti o seguono il pronome possessivo e non sono presenti articoli

L’ultima obiezione riguarda il fatto che l'articolo "ho" non è usato come nominativo ma come vocativo semitico, una costruzione particolare che si trova nelle scritture in cui si usa il nominativo per il vocativo. 
Quello che rende improbabile che si sia dinnanzi ad un simile costrutto è che l’articolo viene reiterato e per giunta dopo un kaì, sicché se fosse un “oh” di invocazione la frase suonerebbe: “Oh Signore di me e oh Dio di me”. Ora, chiunque si rende conto che reiterare la particella vocativa dopo il kai, crea un pleonasmo inutile e sintatticamente sconcertante. 
inoltre per il vocativo è più comune usare la omega: 

GNT Romani 11:33 Ὦ βάθος πλούτου καὶ σοφίας καὶ γνώσεως θεοῦ• ὡς ἀνεξεραύνητα τὰ κρίματα αὐτοῦ καὶ ἀνεξιχνίαστοι αἱ ὁδοὶ αὐτοῦ. 

"Oh, profondità della ricchezza e della sapienza e della scienza di Dio!" 

Inoltre, quale sopravvivenza dell'ebraico in Giovanni? Questo Vangelo non è stato scritto in lingua semitica e poi tradotto, ma è stato scritto in greco per i greci, Giovanni scriveva infatti per le chiese dell’ Asia minore. 


Come spiegare i passi che mostrano Cristo sottomesso al padre 


Le altre scritture che indicano come il figlio sia sottomesso al padre vengono spiegate da due angolazioni diverse: 

1) Per la prima, ci viene in aiuto l’ XI Sinodo di Toledo (675) dove venne elaborata un'altra "confessione" attribuita in passato ad Eusebio di Vercelli, di cui si riporta solo l'inizio: 

« Professiamo e crediamo che la santa ed ineffabile Trinità, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, secondo la sua natura è un solo Dio di una sola sostanza, di una sola natura, anche di una sola maestà e forza. E professiamo che il Padre non (è) generato, non creato, ma ingenerato. Egli infatti non prende origine da nessuno, egli dal quale ebbe sia il Figlio la nascita, come lo Spirito Santo il procedere. Egli è dunque la fonte e l'origine dell'intera divinità. » 

Quindi essendo il padre la fonte del figlio per generazione e dello Spirito Santo per emanazione, ha il primate logico su di essi anche nella dimensione divina. 
Il grande Basilio nella sua omelia 24:4 tanto cara ai padri orientali disse: 
«Il Padre è la radice e la fonte del Figlio e dello Spirito Santo». 

In ambito trinitario la distinzione delle persone è di fondamentale importanza. 

Ignazio Sanna in "Il riscontro della Trinità nella vita del credente" scrive: 

"Le tre persone formano una unità che esiste solo in Dio, l’unità di un unico essere, essere identico in Dio, che appartiene al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Ma l’unità di essere con pluralità di persone è una verità che si riverbera ed illumina le condizioni dell’unione nelle comunità umane. Infatti, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, pur avendo un solo essere divino comune ai tre, sono persone totalmente diverse l’una dalle altre. Non ci sono persone più originali delle persone della Trinità, più precisamente nella loro realtà personale. 
Il Padre è totalmente Padre, e come tale è completamente diverso 
dal Figlio e dallo Spirito Santo; nella sua persona, tutto è paterno, con il significato più ampio di una paternità che è anche, secondo il nostro modo di pensare, una maternità, perché la distinzione di sesso non esiste in Dio. Per parte sua, 
il Figlio è totalmente Figlio: in lui tutto è filiale. Dai testi evengelici si costata che la personalità di Gesù è una personalità fondamentalmente filiale, rivolta verso il Padre. 
Sappiamo che la personalità dello Spirito Santo procede dall’unione del Padre e del Figlio, distinguendosi totalmente dalle due prime persone divine. La diversità delle persone non si oppone alla loro unione; permette per esse una unità di essere assoluta. 
Possiamo dedurne, perciò, la verità che le differenze fra le persone 
non sono destinate ad essere un ostacolo alla loro unione. Padre, Figlio e Spirito Santo formano un solo Dio, in una unione ideale, perfetta. Allora, anche nelle comunità umane, quasi per una sorta di analogia esistenziale, dobbiamo riconoscere che le differenze fra le persone non costituiscono un ostacolo insuperabile all’unione. Nell’umanità come nella Trinità il singolare della persona e il plurale della comunione e della relazione non si oppongono. Nell’infinito plurale dell’umanità, ogni uomo e ogni donna sono assolutamente unici e necessariamente relazionali. 
... 
Come non si può parlare di Dio solo in maniera indifferenziata, così non si dovrebbe neppure parlare a Dio in maniera indifferenziata. Propriamente, non si prega la natura divina. Si pregano o si dovrebbero pregare le tre persone della Trinità. Proclamare che Gesù è l’“unigenito Figlio di Dio”, per esempio, non è lo stesso che proclamare che Gesù è Figlio della Trinità. Quando si professa che Gesù “siede alla destra di Dio Padre onnipotente”, non si professa che Gesù siede alla destra di un Dio in generale. Occorre, quindi, 
che il cristiano, nel rispetto della tradizione del Nuovo Testamento, in cui il nome di Dio è prima di tutto il nome proprio della persona del Padre, si educhi a non pregare Dio in generale, ma a pregarlo nella sua realtà trinitaria. Il nome di Dio, proprio del Padre, è dato al Figlio solo perché egli è uno con il Padre, “della stessa sostanza del Padre”, “consustanziale al Padre”. 
Al cristiano viene impresso il sigillo trinitario, perché è battezzato non in nome di Dio semplicemente, ma precisamente nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo. 
In definitiva, si può affermare che l’originalità cristiana non consista tanto nel pregare la Trinità, quanto nel pregare trinitariamente, ossia nel pregare secondo il dinamismo della Trinità, rivolgendosi, cioè, al Padre per mezzo del Figlio e nello Spirito. L’autentica preghiera cristiana è sempre la stessa preghiera di Gesù, ma nel senso specifico della preghiera fatta a Dio Padre con Lui, grazie al suo Spirito, per mezzo di Lui ed in Lui." 

Lo ripeto: la distinzione delle persone trinitarie fa la differenza tra l'eresia modalista e la trinità ortodossa. 

2) Il secondo aspetto riguarda la kenosi o lo svuotamento, filippesi ci insegna che il figlio con l’incarnazione si svuotò della sua unica e perfetta condizione divina, assumendo anche la natura creaturale, visto da questo punto di vista quindi (uomo-creatura) il Cristo è sia inferiore a suo padre che è il suo creatore, che sottomesso, 

Quindi tutte le scritture che portano avanti gli antitrinitari, devono essere viste alla luce di questi due importanti punti. 

Esempi: 

Giovanni 14:28: 



Avete udito che vi ho detto: "Io me ne vado, e torno da voi"; se voi mi amaste, vi rallegrereste che io vada al Padre, perché il Padre è maggiore di me." 

Qui l'agiografo mette in bocca a Cristo queste parole, in base al secondo punto menzionato sopra, tutto è ovvio, egli in quanto uomo e creatura è minore del padre. 

Marco 13:32: 

" Quanto a quel giorno o all'ora, però, nessuno ne sa niente, neppure gli angeli del cielo e neppure il Figlio, se non il Padre." 

Nella prima parte del mio post avevo affrontato questo punto quando ho parlato del fatto che Cristo per i trinitari è vero uomo. 
Come potrebbe egli essere tale se avesse l'onniscienza? 
Per logica dal punto di vista creaturale deve essere limitato, ricordiamoci che a Calcedonia si stabilì che le due nature non sono mischiate, "la natura divina del figlio partecipava in quella umana senza per questo mescolarsi con essa, ma rimanendo intatte le rispettive qualità delle due nature", ricordando però i limiti che la natura umana del Cristo, identica alla nostra fuorché nel peccato, aveva per essere appunto circoscritta allo spazio e al tempo come noi, in "incarnazione e umanità di Dio" il Dott. Mazza afferma: 

"In questo senso, durante la vita terrena del Cristo, accade che alcune proprietà divine non sono accessibili alla natura umana: non vengono rimosse, non vengono disattivate temporaneamente, ma sono semplicemente inaccessibili. Esiste dunque una sorta di asimmetria di accesso alle facoltà divino-umane: mentre la natura divina ha pieno accesso alle facoltà umane, la natura umana non lo ha in rapporto a quelle divine. Sostanzialmente la natura divina non subisce alcuna restrizione, è solo la natura umana ad averne, costitutivamente". 

Il discorso in realtà è un po' più complesso, perché nell'incarnazione Gesù non smette di essere Dio, dunque questa informazione la possedeva,semplicemente non vi attinse. Questo è il meraviglioso problema dell'unione ipostatica delle due nature e del loro scambio di "informazioni", cioè come sia possibile dire che Gesù umano ignori qualcosa se Gesù Dio la conosce, e tutto questo tenendo insieme i due aspetti di Gesù in una sola persona, un solo "io", la risposta risiede appunto nel fatto che in quanto uomo è limitato e non è onnisciente, non sa tutto "simultaneamente" come avviene nella sua dimensione atemporale, potenzialmente può conoscere ogni cosa, ma in quanto uomo la conoscenza è selettiva. 

Ricordatevi cari tdg che coloro che misero insieme le parole usate per formulare la dottrina trinitaria, soppesarono ogni contro-argomentazione, io ci ho sbattuto la testa per primo, tutto è stato calcolato alla perfezione. 

1 Corinti 11:3: 

"Ma voglio che sappiate che il capo di ogni uomo è Cristo, che il capo della donna è l'uomo, e che il capo di Cristo è Dio." 

Questo è il cavallo di battaglia dei tdg, essi pensano che dal momento che Paolo scrisse quanto sopra una volta che Cristo era già risorto, i trinitari non possono dire che si parla del Cristo uomo... 
Per i Testimoni di Geova infatti quando Cristo risorse, il suo corpo sparì nel nulla ed egli riprese il suo stato precedente all'incarnazione (o meglio loro parlano di "venuta sulla terra") Invece le cose stanno diversamente... 
Come scritto nel primo post quando Cristo "si fece carne" assunse non solo un corpo, ma anche un'anima umana esattamente come uno di noi, egli non sarebbe stato un vero uomo se non fosse stato esattamente come noi, quindi un insieme di anima spirituale e corpo carnale. 
Una volta risorto, non sparì un bel nulla, ma semplicemente egli fu il primo essere umano a risorgere come corpo spirituale o corpo glorioso, stesso corpo che avranno a sua immagine i suoi fedeli discepoli una volta morti e risorti, il suo precedente corpo carnale venne quindi mutato in corpo spirituale o glorioso e tale stato egli manterrà per sempre. 
Quindi la persona del figlio di Dio una volta risorto è composto dalla sua natura divina immutabile, che in quanto tale è rimasta intatta e condivisa dal padre e dallo Spirito Santo, e dalla sua natura umana composta dall'anima e come dice Paolo dal “corpo spiritualizzato” (soma pneumatikos). 
Tenendo in mente questo particolare analizziamo la scrittura in questione. 
Quando l'apostolo scrive che il capo della donna è l'uomo, intendeva forse che la donna è inferiore di natura a suo marito? 
E' forse meno umana di lui? 
Oppure l'apostolo intendeva che la donna accetta di essere sottomessa a suo marito, o al suo fratello spirituale in quanto egli è colui che dirige la famiglia o la chiesa? 
Se evidentemente i testimoni pensano questa seconda ipotesi ecco spiegato in che senso il capo del Cristo è Dio. 
Paolo quando usa il termine “Dio”, pensa quasi sempre al padre, ecco quindi che Cristo è sottomesso a lui sia in quanto figlio eterno divino, che soprattutto in quanto vero uomo. 

Come si può notare le sfumature che si aggiunsero nella formulazione del dogma trinitario nei primi secoli, previdero proprio tutto! 

Apocalisse 3:2,12 

"2 Sii vigilante e dà vigore a quanto resta, che altrimenti finirebbe per morire; infatti non trovo perfetta la tua condotta al cospetto del mio Dio. 
12 Il vittorioso, lo porrò come colonna nel tempio del mio Dio e giammai ne uscirà; vi scriverò il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, la nuova Gerusalemme che discende dal cielo da presso il mio Dio, e inoltre il mio nome nuovo. " 

1 Pietro 1:3: NRV “Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha fatti rinascere a una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti,” 

Efesini 1:17: “affinché il Dio del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione perché possiate conoscerlo pienamente;” 

II Corinti 1:3: “Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione,”. 


Quando i tdg menzionano queste scritture pensano che i trinitari non possano obiettare molto, infatti se Cristo stesso chiama suo padre "il mio Dio" vuol dire che egli non poteva esserlo... 
Immagino che in base a quanto spiegato sopra abbiate già ora risposto a questa obiezione vero? 
In quanto "vero uomo" egli come ognuno di noi, sia che siamo in carne qui sulla terra o con il corpo glorioso in cielo, abbiamo il nostro Dio, non smetteremmo mai di averlo, in quanto è eterno ed immutabile. 
Cristo non sarebbe "vero uomo" se in questo stato creaturale non avesse il suo Dio, in quanto creatura egli ha un Dio esattamente come ognuno di noi, ecco perché solo del figlio è detto che egli ha un Dio, perché è l’unico ad essere anche pienamente uomo, ne il padre ne lo Spirito Santo hanno la natura umana, ecco perché nessuno di loro può dire di avere un Dio, in ambito trinitario quando si pensa alla relazione che vi è tra la natura divina del figlio e la sua natura umana, si parla di "legame razionale" o logico, non vi è nessuna fusione o confusione o altro. 

1 Corinti 15:27,28: 

" 27 Ma quando dice: «ogni cosa è sottoposta», è chiaro che si eccettua Colui che ha sottomesso a lui ogni cosa. 28 E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch'egli, il Figlio, farà atto di sottomissione a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, affinché Dio sia tutto in tutti. " 

Quando il figlio di Dio decise di compiere la missione che suo padre gli aveva "disegnato", “il sacro mistero ideato prima della fondazione del mondo”, ovvero che tramite il suo regno tutte le nazioni sarebbero state benedette e gli uomini avrebbero riottenuto la grazia e la vita eterna, egli assunse la funzione di intermediario tra Dio e l'uomo. 
Assumendo questo ruolo, egli assunse la natura umana ed in tale stato egli divenne il re messianico profetizzato dalle scritture, in questo ruolo egli è sottomesso al padre fino a quando tutto sarà compiuto, a quel punto la sua missione sarà conclusa e "Dio sarà tutto in tutti". 
Rileggendo il discorso dei ruoli affrontato nel primo post riguardo filippesi le cose saranno ancora più chiare. 
Ricordiamoci il detto "distinti nei ruoli, ma uniti nella sostanza" nel momento in cui il figlio di Dio scelse di assumere il ruolo di re messianico, scelse anche di essere sottomesso a chi lo ha costituito tale (il padre). 

Colossesi 1:15 

“Egli è l'immagine del Dio invisibile, Primogenito di tutta la creazione” 


I testimoni spiegano che essendo Cristo il "primogenito della creazione", deve per forza essee parte della creazione o meglio essere il primo creato e questa scrittura è una delle tre (le altre le esamineremo in seguito) che lo dimostrerebbe. 

Iniziamo dicendo che "Primogenito" in ambiente semitico indicava oltre all'essere il primo figlio di una serie, anche preminenza, il diletto o il prescelto: 

Esodo 4:22 

“E tu dirai al Faraone: "Così dice l'Eterno: Israele è il mio figlio, il mio primogenito". 


Salmi 89:21-28: 

"21 Ho trovato Davide, mio servo, l'ho consacrato con il mio sacro olio. 22 Sì, ferma sarà la mia mano con lui e il mio braccio lo rafforzerà... " 

"28 E io lo porrò come primogenito, il più alto fra i re della terra. " 

Geremia 31:9: 

"9 Nel pianto partirono, nella consolazione li riconduco: li riporto presso torrenti d'acqua su una via piana; non inciamperanno in essa perché io sono per Israele come un padre ed Efraim è il mio primogenito. " 

infatti la CJB ha tradotto di conseguenza: 

CJB Colossians 1:15 "He is the visible image of the invisible God. He is supreme over all creation" 

Inoltre il contesto di colossesi dimostra che il Figlio non poteva essere creatura se "tutto è stato creato tramite lui", il greco ha “ta panta” che significa “il Tutto” intendendo proprio tutto il creato, esattamente come già ho spiegato per giovanni 1:3, “nulla di ciò che esiste è esistito senza Cristo” 

i tdg mettendo [altre] hanno alterato il testo e reso contraddittorio il passo." 

Inoltre primogenito va armonizzato con unigenito: 

Se primogenito indicasse il primo di una serie, allora non ci sarebbe stato bisogno di usare il termine unigenito, questo secondo termine è usato in maniera molto maggiore nel NT indicando il fatto che egli è l'unico generato dal padre, distinguere generare da creare è di fondamentale importanza per venire a capo di questa discussione, non a caso il primo concilio di Nicea si occupò proprio di questo fatto, se si riesce a capire che Dio può generare solo Dio, come l'uomo ad esempio genera solo l'uomo, allora il fatto che Gesù è Dio come lo è suo padre è consequenziale. 
Se Dio genera Dio, la creazione è altro come spiegato nei versi successivi, se TUTTO è stato creato da Cristo allora egli ne è fuori, quindi non può essere a sua volta creatura, Infatti egli "è prima della creazione", non c'è scritto "egli è la prima creazione" del resto è logico e non può essere altrimenti se "nulla di ciò che è creato esiste senza Cristo" (gv 1:3). 
Se i testimoni di Geova se ne escono con i salmi e i proverbi portandoci passi poetici dove si dice che Dio genera le gocce di rugiada o le montagne, le rispedisco al mittente, ricordandogli che quì siamo tra gente seria e non prendiamo alla lettera le poesie o vogliamo credere che Dio partorisca veramente le montagne? 
Ma per favore! 

Gli editori della CEI '74 hanno interpretato prototokos come "generato prima" risolvendo il problema: 
"generato prima di ogni creatura" certo la resa è più dinamica che letterale ma indica un'altra possibile traduzione. 

Alcune traduzioni inseriscono "sopra" indicando che il soggetto non fa parte della creazione: 

NIV Colossians 1:15 He is the image of the invisible God, the firstborn over all creation. (Col 1:15 NIV) 

NKJ Colossians 1:15 He is the image of the invisible God, the firstborn over all creation. (Col 1:15 NKJ) 

Questa aggiunta è dovuta alla sintassi del passo come indica la nota a margine della NET: 

"The genitive construction paseos ktiseoos is a genitive of subordination and is therefore translated as "over all creation." See ExSyn 103–4. " 
Riportando "primogenito sopra tutta la creazione" Cristo non può far parte di essa essendone sopra o a capo di essae la sintassi grammaticale lo permette come abbiamo visto. 
La traduzione dinamica NLT incorpora entrambe le traduzioni rendendo il passo in questa maniera: 

NLT Colossians 1:15 "Christ is the visible image of the invisible God. He existed before anything was created and is supreme over all creation" (Col 1:15 NLT) 

Se l'autore dell'inno (che ricordo non c'entra nulla con Paolo ma è a lui preesistente come ha dimostrato lo studio filologico del passo in questione) avesse voluto intendere "primo creato" avrebbe usato il termine più appropriato protoktistos non lasciando alcun spazio ad interpretazioni alternative, per chi dice che tale parola non esisteva ai suoi giorni, gli rispondo che non ci voleva una mente eccelsa per unire due semplici parole come "primo" e "creato", il NT è infatti pieno di neologismi, al limite l'autore avrebbe potuto scrivere queste parole separate non lasciando spazio a ulteriori dubbi. 

Esiste un’altra interpretazione comune a Ireneo, Tertulliano ed Origene che lega il fatto che Cristo oltre ad essere il “primogenito della creazione” è anche (come dice il verso stesso preso in esame) “l’immagine del Dio invisibile”. 
In base alle interpretazioni che vedremo possiamo applicare al termine “primogenito” il significato di prototipo
Un prototipo o istanza prototipica combina gli attributi più rappresentativi di una categoria. È il miglior esemplare tra i membri di una categoria e serve come punto di riferimento cognitivo rispetto al quale gli altri membri più "poveri" vengono categorizzati. 
Cristo dal punto di vista del suo essere uomo (quindi creatura) è il “prototipo della creazione di Dio” in quanto egli è la creatura perfetta per antonomasia, Ireneo a tal proposito ebbe a dire: 

“Egli fece l’uomo a immagine di Dio (ge 1:27), l’’immagine di Dio è il figlio (col 1:15) a immagine del quale fu fatto l’uomo. Ed ecco perché negli ultimi tempi si manifestò per far comprendere che l’immagine era somigliante a se.” (Epideixis 22) 

L'Immagine di Dio è il Cristo verbo incarnato; essendo l’uomo creato a immagine di Dio, fu creato secondo il modello (prototipo) del verbo incarnato. 
Tertulliano a tal proposito ebbe a dire: 

“In tutto ciò che nel fango si veniva esprimendo era a Cristo che si pensava, a colui che doveva farsi uomo, cioè fango, al verbo che doveva farsi carne, ciò che allora era ancora terra. Così infatti il padre si rivolge al figlio: “facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” E Dio fece l’uomo evidentemente ciò che aveva effigiato lo fece a immagine di Dio cioè di Cristo. Anche il verbo indfatti è Dio egli che esistendo in forma di Dio non stimò una rapina essere paragonato a Dio” (de res. mort. 6,3-4) 

Capendo che la generazione del verbo è eterna, Origene conclude con la frase che gia abbiamo letto a proposito dell’ipostasi: 
"Se è immagine del Dio invisibile è immagine invisibile. E io oserei aggiungere che in quanto somiglianza del padre, non c'è stato tempo in cui non esisteva... Quando mai non esistette l'immagine della sostanza ineffabile e inesprimibile del padre?" 

Gli autori citati sopra, si occuparono di rispondere chi (quis) è l'immagine di Dio, gli alessandrini invece si impegnarono nel capire che cosa (quid) in Cristo è immagine di Dio, per Atanasio la salvezza dell'uomo consiste soprattutto nel fatto che l'immagine naturale di Dio padre (Cristo-logos, avente la stessa sostanza del padre) scende tra gli uomini, per conferire loro di nuovo l'essere a immagine di Dio, la famosa deificazione dell'uomo, contemplando il prototipo o l'immagine di Dio padre (Gesù Cristo) si arriva all'archetipo ovvero il padre. 
Per Atanasio solo l'Immagine per natura poteva rinnovare in noi l'essere immagine per grazia; se l'immagine di Dio non fosse essa stessa Dio per essenza, non avrebbe potuto divinizzare noi, cioè renderci a immagine di Dio.(de incarn. 13). 
Prima di lui, Alessandro d'Alessandria in risposta agli ariani aggiunse "se l'immagine di Dio [Cristo-logos] non è da sempre, è chiaro che anche colui di cui è l'immagine [il padre] non è da sempre" (ep. ad alex. 27 quadre mie). 
Basilio confermò il pensiero di Atanasio dicendo "come l'immagine implica l'assenza di differenze, così il generato deve essere consostanziale al padre" (hom. 24.4) . 

Nel suo "de spiritu sancto" Basilio vede in questa deificazione la trinità intera all'opera, prendendo spunto da questa scrittura: 

NRV 2 Corinti 3:18 "E noi tutti, a viso scoperto, contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione del Signore, che è lo Spirito." 

Ebbe a dire: 

"Purificarsi delle macchie contratte con i vizi, tornare alla propria bellezza naturale, restituire all'immagine regale la sua primitiva forma mediante purificazione. 
In tal modo ci si accosta al paraclito, il quale a guisa di Sole, impadronendosi dell'occhio divenuto purissimo, ti mostrerà in te stesso l'immagine dell'invisibile [Cristo]; allora nella beata contemplazione dell'immagine, tu vedrai l'ineffabile bellezza dell'archetipo [il padre]" (de S.S. 9.23 quadre mie) 

Possiamo riassumere questo studio utilizzando altre due scritture chiarificatrici: 

IEP Romani 8:29 "Poiché coloro che da sempre egli ha fatto oggetto delle sue premure, li ha anche predeterminati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito tra molti fratelli." 

IEP 1 Corinti 15:49 "E come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di polvere, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste. " 

In questo modo si viene a creare un cerchio: 

Il Logos (l'immagine di Dio col 1:15)---> L'uomo (creato a immagine di Dio GN 1:27 ovvero del logos che è immagine di Dio)---> Cristo risorto (l'uomo celeste 1 co 15:49 del quale porteremo l'immagine)---> uomo deificato (l'uomo sarà immagine dell'uomo celeste rm 8:29) 


Concludendo: 

Essendo la creazione venuta ad esistere “per mezzo di Cristo e per Cristo (o in vista di Cristo)” possiamo affermare con tranquillità che è Lui stesso il prototipo in base al quale tutto è stato creato, possiamo cioè dire che ogni cosa è stata formata sul modello del Figlio, cioè del Cristo stesso, egli è l'immagine di Dio che si manifestò fra le creature, grazie alla sua incarnazione coloro che si conformano alla sua immagine potranno accedere al destino ultimo dell'uomo ovvero la sua deificazione: 

LND 2 Pietro 1:4 "attraverso le quali ci sono donate le preziose e grandissime promesse, affinché per mezzo di esse diventiate 
partecipi della natura divina, dopo essere fuggiti dalla corruzione che è nel mondo a motivo della concupiscenza. " 

Apocalisse 3:14 

“All'angelo della chiesa di Laodicea scrivi: Così parla l'Amen, il Testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio” 

Per quanto riguarda archè o principio anche il padre è "il principio e la fine", allora cosa vogliamo dire che anche lui ha avuto un inizio? Egli ha dato il principio ad ogni cosa esattamente come suo figlio: 
archè indica il capo, l'originatore, colui che da il principio, l'autorità: 

luca 20:20: "per poi consegnarlo al potere e all'autorità [archè] del governatore.." 

atti 16:19 autorità [archon] 

efesini 6:12 principati [archas] 

il GLNT alla fine della sua disamina su archè a pag. 1287 " …nell’Apocalisse, colui che siede sul trono, il Cristo, sarebbe colui che è prima del tempo e che ad esso sopravvive, colui al quale la categoria tempo non si applica


inoltre c'è giobbe 40:19 dove beemot (l'ippopotamo se non sbaglio) è "il principio della creazione di Dio" come mostra la LXX greca, ma sappiamo che non è vero, non fu certo l'ippopotamo la prima creatura, egli è caso mai la più potente, la più forte, il capo delle creature esattamente come Cristo è capo della creazione, ne è l’originatore, la causa prima appunto, ricordiamoci che egli è l’archon della vita, “l’autore della vita”. 

In base a queste spiegazioni qualcuno potrebbe obiettare che con questa storia delle due nature si giustifica tutto... 
Ma non sta a noi rispondere a questa affermazione... è chi non crede alla trinità che deve provare che essa sia in contrasto con la scrittura o che la contraddica. 
Sappiamo bene che la sua formulazione è posteriore alla stesura dei libri del NT, questa non è una novità per nessuno, quello che i detrattori dovrebbero dimostrare è che la loro cristologia sia migliore e che non sia contraddetta dalla scrittura, i testimoni di Geova e gli antitrinitari possono affermare onestamente questo quando leggono le scritture menzionate in questi due post? 
Che dire ad esempio di questa? 
OFFLINE
11/04/2016 16:26
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota



1 Giovanni 5:20: 

"20 Sappiamo anche che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza per conoscere Colui che è il Vero. E noi siamo in Colui che è il Vero, nel Figlio suo Gesù Cristo: Questi è il vero Dio e la vita eterna. 21 Figli, guardatevi dagli idoli." 

Esaminiamo l'intero contesto: 

1 Giovanni 5:1-21 Chi crede che Gesù è il Cristo è nato da Dio; e chi ama colui che ha generato ama anche chi è stato generato da lui. 2 Da questo noi conosciamo che amiamo i figli di Dio: se amiamo Dio e compiamo i suoi comandamenti. 3 Questo è l'amore di Dio: osservare i suoi comandamenti; i suoi comandamenti non sono pesanti, 4 poiché chi è nato da Dio vince il mondo e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. 5 Ma chi è colui che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? 6 Questi è colui che è venuto con acqua e con sangue: Gesù Cristo; non soltanto con l'acqua, ma con l'acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che ne dà testimonianza, poiché lo Spirito è la verità. 7 Poiché sono tre quelli che danno testimonianza: 8 lo Spirito, l'acqua e il sangue, e questi tre sono concordi. 9 Se noi riceviamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è più grande. Questa infatti è la testimonianza di Dio: egli ha reso testimonianza a suo Figlio. 10 Chi crede nel Figlio di Dio, ha questa testimonianza in sé. Chi non crede in Dio, fa di lui un mentitore, perché non crede alla testimonianza che Dio ha dato al Figlio suo. 11 E questa è la testimonianza: Dio ci ha dato la vita eterna e questa vita è nel Figlio suo. 12 Chi ha il Figlio, ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita. 13 Io vi ho scritto queste cose affinché sappiate che voi avete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio. 14 Questa è la sicurezza che noi abbiamo in lui: se noi chiediamo qualcosa secondo la sua volontà, egli ci ascolta. 15 E se noi sappiamo che egli ci ascolta qualora gli chiediamo qualcosa, sappiamo già di avere da lui tutto ciò che gli abbiamo chiesto. 16 Se uno vede il suo fratello commettere un peccato che non conduce alla morte, preghi e Dio gli darà la vita (come) a coloro che commettono un peccato che non conduce alla morte. Ma vi sono peccati che conducono alla morte; per questi dico di non pregare. 17 Ogni iniquità è peccato; ma vi è peccato che non conduce alla morte. 18 Noi sappiamo che chiunque è generato da Dio non pecca; ma il generato da Dio lo custodisce, così che il maligno non lo tocca. 19 Sappiamo che noi siamo da Dio mentre il mondo giace tutto in potere del maligno. 20 Sappiamo anche che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza per conoscere Colui che è il Vero. E noi siamo in Colui che è il Vero, nel Figlio suo Gesù Cristo: Egli è il vero Dio e la vita eterna. 21 Figli, guardatevi dagli idoli. " 

Ricordiamoci anche come Giovanni chiamò Cristo "la vita eterna" al versetto 11 e al primo capitolo: 

IEP 1 Giovanni 1:2 "Poiché la vita si è manifestata e noi l'abbiamo veduta e ne diamo testimonianza e vi annunziamo questa vita eterna che era presso il Padre e che si è manifestata a noi " 

Inoltre il solo titolo "vero" è attribuito anche a Cristo in Apocalisse 3,7: "Queste cose dice il Santo, il Vero ( ho alêthinos), colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre." 

Alla luce di questi paralleli, dove Gesù è stato definito sia “il vero” sia “la vita eterna”,torniamo a rileggere il versetto 20 di 1Giovanni 5: “Sappiamo anche che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza per conoscere Colui che è il Vero. E noi siamo in Colui che è il Vero, nel Figlio suo Gesù Cristo: Egli è il vero Dio e la vita eterna.” 

Se noi traducessimo "en" con "nel" Figlio suo, come fanno la maggioranza delle traduzioni rispettando il significato base di en, allora "il vero" sarebbe Gesù Cristo e non il Padre (in questo contesto ovviamente). Se fosse così allora sarebbe molto improbabile che outos (egli) si possa applicare al Padre, perché dovremmo andare addirittura al v. 18 per trovarlo come soggetto! 
Se invece traducessimo en con "per mezzo" come fa la TNM allora il vero è il Padre e il soggetto si avvicina: 

TNM: "e noi siamo in colui che è il vero per mezzo del Figlio suo Gesù Cristo". 

Bisogna dire che il greco koinê attribuisce ad "en" i più svariati significati, e talvolta lo usa nel senso che ne hanno dato i TdG, tuttavia, non v’è alcun motivo, se non il pregiudizio teologico, per usare un significato secondario anziché quello basilare. 
Studiando Metzger ho imparato a tener conto delle varianti nel testo e qui ce ne sono proprio riguardo a ciò che precede en: 

-Il Codice Vaticano riporta "e siamo nel vero" (maschile) 
-Il Codice Alessandrino riporta "e siamo nel vero Dio" 
-Il Sinaitico riporta "e siamo nel vero" (neutro) 

Ora il vaticano e il sinaitico precedono l'alessandrino di quasi un secolo e di solito sono considerati più autorevoli, questo fatto unito alla regola della filologia in base alla quale la forma più difficile (lectio difficilior) è generalmente quella autentica, mi porta a considerare che la frase senza "dio" sia quello che Giovanni scrisse. Se egli avesse scritto "il vero Dio", ai copisti degli altri manoscritti non sarebbe mai venuto il pensiero di cancellare "Dio" nel testo, mentre è più probabile che lo abbiano aggiunto per rendere più comprensibile il testo. Proprio per questo si accetta la versione più difficile come autentica, giacché è più probabile che si correggano testi autentici ma non chiari, rispetto al guastare testi già comprensibili. Se così fosse allora "en" non avrebbe bisogno di essere tradotto con "per mezzo", e il soggetto del v. 20 sarebbe sicuramente Cristo. 
La nuova CEI anche se ha mantenuto la tradizione alessandrina e della Vulgata ha corretto il tiro: 

"E noi siamo nel vero Dio, nel Figlio suo Gesù Cristo: egli è il vero Dio e la vita eterna." 
In questo modo il Figlio viene chiamato "vero Dio" per ben due volte. 

Come hanno considerato il passo i più autorevoli testi critici del Nuovo Testamento? 
il GNT, il WHO, il NA, STE, TIS e tutti quelli che ho consultato hanno tutti "il vero" al maschile e senza "Dio", i loro studi li hanno spinti ad accettare la versione più difficile come autentica, nessuno ha dubbi al riguardo! 
La TNM nella sua versione interlineare che ha il WHO come testo critico base è costretta a tradurre senza "Dio" e rende "en" con "nel" proprio come fanno la maggioranza delle traduzioni, ma poi i traduttori rendono il passo nel testo a fronte come sappiamo. 


Proverbi 8:22 

IEP Proverbi 8:22 Il Signore mi ha creato all'inizio del suo operare, prima delle sue opere più antiche. 

NRV Proverbi 8:22 Il SIGNORE mi ebbe con sé al principio dei suoi atti, prima di fare alcuna delle sue opere più antiche. 

LND Proverbi 8:22 L'Eterno mi possedette al principio della sua via, prima delle sue opere più antiche. 

JPS (Jewish pubblication society) Proverbi 8:22 Il Signore mi fece come il principio delle sue vie ... 

Come potete notare le quattro versioni utilizzano quattro verbi differenti, a cosa è dovuta questa scelta? 
Il termine ebraico che è alla base delle traduzioni è qanah che significa: 

TWOT - 2039: 
Meaning: 1) to get, acquire, create, buy, possess [prendere, acquistare, creare, comprare, possedere, N.d.A. ] 1a) (Qal) 1a1) to get, acquire, obtain 1a1a) of God originating, creating, redeeming His people 1a1a1) possessor 1a1b) of Eve acquiring 1a1c) of acquiring knowledge, wisdom 1a2) to buy 1b) (Niphal) to be bought 1c) (Hiphil) to cause to possess 

Uso: AV - Buy 46, get 15, purchased 5, buyer 3, possessor 3, possessed 2, owner 1, recover 1, redeemed 1, misc 7; 

È interessante che l'American Translation (AV) non rende mai qanah con creare, ma utilizza per lo più (46 volte) il verbo comprare è questo infatti il significato basilare di qanah. 
Sappiamo che sebbene "creare" può essere una traduzione di qanah, il termine che nella scrittura ebraica è usato in tal senso è barà (v. Genesi 1). Se lo scrittore avesse voluto significare senza possibilità di fraintendimento che la Sapienza fu creata, sicuramente avrebbe usato barà e non qanah. 
I traduttori della TNM rifacendosi al testo masoretico hanno tradotto qanah con produrre: 

22 “Geova stesso mi produsse come il principio della sua via, la prima delle sue imprese di molto tempo fa." 

Anche di un Figlio si usa il termine prodotto, ma non si usa certo il termine creato. 
Però quando vogliono sostenere che la Sapienza di Proverbi è creata, non utilizzano la loro traduzione ma la CEI! 
Come mai se il verbo ebraico significa per lo più possedere o produrre la CEI e altre hanno scelto "creare"? 
La risposta deriva da come la LXX ha reso il passo in questione in greco: ha utilizzato ktizô che significa fondare, fare, costruire, fabbricare, edificare e creare. 
Ricordiamo comunque che in Genesi 1 la LXX traduce barà con poieô (fare, creare) e non con ktizô. 
Ricordiamoci anche che sebbene la LXX sia una traduzione autorevole, è pur sempre una traduzione. Essa ha scelto un solo termine per rendere qanah e il risultato elimina le diverse sfumature che il verbo ebraico sottostante permetteva. 
Altre autorevoli traduzioni greche come Aquila, Simmaco, Teodozione hanno invece scelto "mi ha acquistato" (ektesato) o "mi possedette". Girolamo seguì questa traduzione rendendo il passo nella Vulgata con “possedit me”. 
Utilizzare proverbi come prova che Cristo sia creato lo trovo molto debole per diversi motivi: 
1) il contesto: 

NRV Proverbi 8:22-31 "22 Il SIGNORE mi ebbe con sé al principio dei suoi atti, prima di fare alcuna delle sue opere più antiche. 23 Fui stabilita fin dall'eternità, dal principio, prima che la terra fosse. 24 Fui generata quando non c'erano ancora abissi, quando ancora non c'erano sorgenti rigurgitanti d'acqua. 25 Fui generata prima che i monti fossero fondati, prima che esistessero le colline, 26 quand'egli ancora non aveva fatto né la terra né i campi né le prime zolle della terra coltivabile. 27 Quand'egli disponeva i cieli io ero là; quando tracciava un circolo sulla superficie dell'abisso, 28 quando condensava le nuvole in alto, quando rafforzava le fonti dell'abisso, 29 quando assegnava al mare il suo limite perché le acque non oltrepassassero il loro confine, quando poneva le fondamenta della terra, 30 io ero presso di lui come un artefice; ero sempre esuberante di gioia giorno dopo giorno, mi rallegravo in ogni tempo in sua presenza; 31 mi rallegravo nella parte abitabile della sua terra, trovavo la mia gioia tra i figli degli uomini. " 

La Sapienza è generata e precede la creazione, nel versetto 23 si dice che la Sapienza è stata costituita dall’ETERNITÀ. Sant'Agostino scrive: " Se la Parola fosse stata creata, per mezzo di quale altra Parola sarebbe stata creata? L'evangelista dice: "In principio era la Parola". Se era vuol dire che non è stata creata." (Commento al Vangelo di Giovanni, I discorso, n. 11. 12.) 

Inoltre: 

2) il testo è scritto in stile poetico, da non prendere alla lettera come fosse un trattato di teologia. 

3) si parla della Sapienza di Dio, pensare che essa ebbe un inizio significherebbe che prima di quell'inizio Dio non l'aveva, cosa di per sé assurda. 

4) Nel Nuovo Testamento infine Paolo stesso dichiara che il Figlio prima della sua venuta sulla terra fu tenuto nascosto, era un mistero. È quindi inutile cercare di spiegare le origini di Cristo con il Antico Testamento, altrimenti sarebbe come tentare di dare del bugiardo all’Apostolo: 

Efesini 3:3-5 "3 come per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, di cui più sopra vi ho scritto in poche parole; 4 leggendole, potrete capire la conoscenza che io ho del mistero di Cristo. 5 Nelle altre epoche non fu concesso ai figli degli uomini di conoscere questo mistero, così come ora, per mezzo dello Spirito, è stato rivelato ai santi apostoli e profeti di lui; " 

Giovanni 14:14: 

NRV " Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò." 

LND TNM "Se chiedete qualche cosa nel nome mio, io la farò". 

Come si può notare la nuova riveduta e con lei la maggioranza delle traduzioni, inserisce il “mi” nel testo, in questo modo anche Cristo può essere pregato, mentre invece la nuova diodati e la tnm non lo inseriscono. 
A cosa è dovuta questa mancanza? 
La nuova diodati insieme alla sua antenata la diodati del 1600, deriva dal textus receptus di erasmo, un testo in greco del NT non molto accurato, era stato scritto usando i manoscritti dell’epoca distanti molti secoli dagli originali, da esso vennero tradotte la king jame’s version dalla quale derivano molte traduzioni in lingua inglese. 
Tutti i testi del nuovo testamento più autorevoli come il Nestle Aland, il GNT, il Westcott e Hort ecc… contengono il “mi” perché esso è presente nei manoscritti più autorevoli che sono stati scoperti negli ultimi due secoli e sono: 
P66 o Papiro II Bodmer (125DC), nel Codice Sinaitico (א del IV secolo), nel Codice Vaticano (B del IV secolo), nella Vulgata latina (IV secolo), nella Pescitta siriaca (V secolo), nella Versione siriaca filosseniana-harclense (VI secolo), nel Codice di Washinghton o di Freer (W del V secolo), nel Codice Sangallensis (Δ del IX secolo), nel Codice Korideth (Θ del IX secolo) ed in alcuni manoscritti minori (28, 33, 700, …); 
Mente è assente in: 
Codice Alessandrino (A del V secolo), nel Codice Beza (D del V secolo), nella Vetus latina (II secolo), nel Codice Cyprius (K del IX secolo), nel Codice Regius (L del VIII secolo), nel Codice Athous Laurae (Ψ del VIII secolo), nel Codice Petropolitanus (П del IX secolo) e nel Textus Receptus (XVI secolo). 
Il problema principale della TNM invece non è tanto quello di aver accettato il textus receptus o l'alessandrino al di sopra degli altri manoscritti più autorevoli, ma è l'aver disonestamente ignorato il Westcott e Hort sul quale in prefazione dice di basarsi, lo dimostrerò inserendo l'interlineare come mostrato in figura qui sotto, fate molta attenzione al testo greco e alla traduzione al lato: 

<img border='0' class='cimgffz' src=" border="0" /> 

Come potete notare nel testo greco compare il "me" tradotto subito sotto con "mi", per poi sparire nella traduzione al lato. 
Nell'introduzione della tnm è scritto che essa si basa nel testo greco su Westcott e hort, ma a volte (quando non gli fa comodo) si è servita anche di altri testi critici e ne elenca alcuni e sono: 
Bover, Merk, UBS, Nestle-Aland. 
Ebbene in tutti questi testi critici il “me” è presente! Viene naturale chiedersi quindi di quale testo essa si sia servita per la traduzione di questo passo. 
Insomma quando la propria teologia è in contrasto con il testo greco sottostante, seppur ritenuto autorevole, il preconcetto teologico ha la meglio. 
I manoscritti che non contengono il "mi" oltre all'alessandrino sono il codice di beza e la vetus latina, che sono uno peggio dell'altro, ecco cosa Metzger (uno tra i più grandi studiosi del NT che siano mai esistiti, si usano i suoi testi come si usa la bibbia, questo per far capire la sua importanza a chi non lo conosce) dice a proposito del codice di Beza: 
"Nessun manoscritto conosciuto si discosta tanto spesso e in misura così notevole da quello che è usualmente considerato il testo normale del NT. La caratteristica principale del codice di Beza è la libera aggiunta (e la sporadica omissione) di parole, frasi e persino episodi". (da il testo del NT pag 55) 

Per la vetus latina accade una cosa simile Il papa Damaso commissionò infatti una nuova traduzione della Bibbia a San Gerolamo proprio per la scarsa affidabilità della Vetus Latina: lo stesso Girolamo, nella prefazione alla sua traduzione dei quattro Vangeli, osservava come ci fossero quasi tante versioni quanti manoscritti (tot enim sunt exemplaria paene quot codices). 

L'unico manoscritto con una certa autorità rimane l'Alessandrino del V secolo, ma a proposito dell'alessandrino sempre Metzger scrive: 
"La qualità del testo conservato nel codex alexandrinus varia con le diverse parti del nuovo testamento. Nei vangeli rappresenta l'esempio più antico del tipo bizantino, generalmente considerato una forma inferiore di testo. Nel resto del NT (che il copista può aver trascritto da un esemplare differente rispetto a quello adoperato per i vangeli) si schiera insieme al vaticano e al sinaitico."(ibidem pag 52 parentesi sue) 
Quindi per i vangeli l'alessandrino è poco affidabile, ma per il resto no, dal momento che si basa sugli stessi manoscritti del sinaitico e del vaticano ovvero i due pilastri da cui tutti i moderni redattori del NT si attengono. 
La critica testuale afferma che 
“una lezione più difficile è da preferirsi a una più facile” (infatti il copista è propenso a facilitare un testo difficile, piuttosto che a rendere difficile un testo più facile) 
inoltre: 
“Una lezione difforme da un passo parallelo è da preferirsi a una conforme” 
Alla luce di quanto sopra e all’autorevolezza dei più importanti manoscritti non vi sono dubbi che sia il testo con il “mi” ad essere quello che l’autore scrisse in origine, quindi Gesù Cristo può e deve essere pregato! 

Un’altra prova che si deve pregare Gesù, la troviamo in Atti ascoltando le parole del protomartire Stefano pronunciate prima di morire: 

IEP Atti 7:55-60 55 Ma egli, pieno di Spirito Santo, guardando fisso verso il cielo vide la gloria di Dio e Gesù che stava in piedi alla destra di Dio, 56 e disse: «Ecco, vedo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo che sta in piedi alla destra di Dio». 57 Allora gridando a gran voce si turarono le orecchie e si scagliarono tutti insieme contro di lui, e trattolo fuori della città lo lapidavano. 58 I testimoni deposero le loro vesti ai piedi di un giovane chiamato Saulo. 59 E lapidavano Stefano che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». 60 Messosi in ginocchio, gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». E detto questo si addormentò. 

Notiamo come ha tradotto la TNM: 

“55 Ma egli, essendo pieno di spirito santo, guardò fisso in cielo e scorse la gloria di Dio e Gesù in piedi alla destra di Dio, 56 e disse: “Ecco, vedo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo in piedi alla destra di Dio”. 57 Allora gridarono a gran voce e con le mani si coprirono gli orecchi e si scagliarono contro di lui di comune accordo. 58 E, dopo averlo cacciato fuori della città, gli tiravano pietre. E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane chiamato Saulo. 59 E tiravano pietre a Stefano mentre faceva appello e diceva: “Signore Gesù, ricevi il mio spirito”. 60 Quindi, piegando le ginocchia, gridò a gran voce: “Geova, non imputare loro questo peccato”. E dopo aver detto questo si addormentò [nella morte].” 

Il “pregava e diceva” è stato trasformato in un generico “fare appello” e il secondo "Signore", lo hanno fatto diventare “Geova”. 
Come scusa per la traduzione di epikaleo con “fare appello” indicano una delle possibili traduzioni di questo termine, ma ci si chiede come fosse possibile che in punto di morte Stefano si mette ad appellarsi a Cristo invece di pregarlo, inoltre nella seconda parte, dal momento che “Signore” non è seguito da “Gesù” come nel primo caso e Stefano si mette in ginocchio, allora "Signore" lo trasformano miracolosamente in “Geova”, ma il contesto non permette una differenziazione del soggetto, in greco è riportato entrambe le volte Kirie come potete vedere dall’interlineare: 

<img border='0' class='cimgffz' src=" border="0" /> 

Come si evince in nota, i traduttori riportano gli altri significati di epikaleo, ovvero pregare e invocare, si nota inoltre nel testo greco, il doppio kirie (Signore) rivolto a Cristo, ricordo che in nessun manoscritto degli oltre 5000 ritrovati, appare mai il tetragramma, solo alcune edizioni ebraiche, per lo più sconosciute, lo hanno inserito, come si vede in nota all’interlineare, in questo caso solo 4 su ben 28! 

Inoltre la preghiera di Stefano di “ricevere lo Spirito” e di “non imputar loro questo peccato” ricalcano quelle del Cristo morente verso il padre: 

Luca 23:34 “Gesù diceva: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno». 
Luca 23:46 “ E Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito». 

Come Gesù si rivolse al suo Padre celeste prima di morire pregandolo, così ora il discepolo Stefano prima di morire, si rivolge al suo ‘Signore’ glorificato. 

IEP 2 Corinti 12:8-10 8 Tre volte ho pregato il Signore che lo allontanasse da me. 9 Mi rispose: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza si esprime nella debolezza». Mi vanterò quindi volentieri delle mie debolezze, perché si stenda su di me la potenza di Cristo. 10 Mi compiaccio quindi delle infermità, degli oltraggi, delle necessità, delle persecuzioni, delle angustie, a motivo di Cristo; perché quando sono debole, allora sono forte. 

TNM “8 A questo riguardo supplicai tre volte il Signore affinché essa si allontanasse da me; 9 eppure realmente mi disse: “Ti basta la mia immeritata benignità; poiché la [mia] potenza è resa perfetta nella debolezza”. Lietissimamente, perciò, mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza del Cristo rimanga come una tenda su di me. 10 Perciò prendo piacere nelle debolezze, negli insulti, nei casi di bisogno, nelle persecuzioni e nelle difficoltà, per Cristo. Poiché quando sono debole, allora sono potente.” 

In questo caso “pregato” diventa “supplicai” ci si chiede chi stesse pregando o supplicando (ricordiamoci che la supplica è una forma di preghiera) Paolo per essere sollevato dal suo problema, dal contesto è chiaro che si stesse rivolgendo a Cristo, “la potenza” in questo caso è detta sua . 

IEP Apocalisse 5:11-14 11 Quindi nella visione udii il clamore di una moltitudine di angeli che circondavano il trono con i Viventi e i Seniori, in numero di miriadi di miriadi e di migliaia di migliaia, i quali dicevano a gran voce: 12 «Degno è l'Agnello immolato di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e lode!». 13 Ed ogni creatura, in cielo, in terra, sotto terra e nel mare, e tutte le cose in essi contenute, udii esclamare: «A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode e onore, gloria e impero nei secoli dei secoli!». 14 I quattro Viventi dissero: «Amen!». E i ventiquattro Seniori si prostrarono in adorazione. 

Anche in questo caso la preghiera e l’adorazione sono rivolti a colui che siede sul trono e all’agnello glorificato. 

IEP Apocalisse 22:20 20 Colui che attesta queste cose dice: «Sì, vengo presto!». Amen. Vieni, o Signore Gesù! 
Anche in questo caso Giovanni conclude il suo libro con una preghiera rivolta a Cristo. 

Un'altra scrittura poco conosciuta dove si evince che si debba pregare Gesù è la seguente che prenderò in esame nel suo contesto: 

1 Giovanni 5:11-15 IEP: 

"11 E questa è la testimonianza: Dio ci ha dato la vita eterna e questa vita è nel Figlio suo. 
12 Chi ha il Figlio, ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita. 
13 Io vi ho scritto queste cose affinché sappiate che voi avete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio. 
14 Questa è la sicurezza che noi abbiamo in lui: se noi chiediamo qualcosa secondo la sua volontà, egli ci ascolta
15 E se noi sappiamo che egli ci ascolta qualora gli chiediamo qualcosa, sappiamo già di avere da lui tutto ciò che gli abbiamo chiesto ["Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste. ( NRV)]." 

E' evidente che il figlio di Dio ascolta le nostre preghiere e le esaudisce. 

Atti 20:28 

Ci sono tre varianti che si possono trovare nelle traduzioni bibliche del mondo: 

CEI 2008 "Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio." 

LND “ Badate dunque a voi stessi e a tutto il gregge in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio, che egli ha acquistata col proprio sangue” 

ASV “ … la chiesa del Signore che egli acquisto con il suo proprio sangue.” 

I copisti nel corso dei secoli hanno cercato di armonizzare questa scrittura in base alla propria teologia, nel primo caso hanno aggiunto “proprio figlio” interpretando il fatto che non poteva essere Dio padre a morire in croce e si è pensato che la parola “figlio” fosse stata omessa per dimenticanza vista la somiglianza che essa ha in greco con “proprio” (idiou con uiou), il secondo caso è il più attestato e probabile, il terzo caso è una evidente armonizzazione del passo: inserendo “Signore” al posto di “Dio” si risolve il problema, perché anche Cristo è il Signore. 
L’analisi critica del testo ha portato alla conclusione che il passo originale fosse il secondo (la chiesa di Dio che egli acquistò con il proprio sangue) perché è appunto la lezione più difficile, le altre sono spiegate proprio per risolvere i problemi teologici derivanti da questa. 

Qui la divinità di Gesù è sostenuta incidentalmente ma, paradossalmente, in modo più forte che altrove. La soprastante espressione, infatti, ha senso solo se fra Gesù e il Padre c’è una vera identità di natura, perché è evidente che "il sangue" per acquistare la chiesa non lo ha versato direttamente il Padre, ma il Figlio, che perciò viene considerato come avente "lo stesso sangue" del Padre: cosa si potrebbe dire di più per affermare una identità di natura fra Padre e Figlio? 
OFFLINE
11/04/2016 16:28
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Scritture modificate affinché non si confonda Geova con Gesù nel NT dal punto di vista dei tdg: 

I testimoni di Geova credono che il nome di “Geova” (forma ibrida che usa le consonanti (YHWH) giuste ma le vocali di adonay) sia il nome del solo padre, ed in quanto tale, non può appartenere ad altri che a lui solo, ecco quindi che ogni volta che nel NT vi è un identificazione tra YHWH e Gesù quando si citano testi dell'AT, cercano in tutti i modi di rendere i passi in maniera diversa da come compaiono nel testo greco originale. 
Per chi asserisce che confondendo Geova con Gesù stiamo sostenendo il modalismo, gli rispondiamo che non è vero! 
Noi non confondiamo il padre con il figlio, ma stiamo asserendo semplicemente che il Signore Dio (YHWH elohim) dell'AT è lo stesso Dio che è anche Cristo Gesù e che il nome di YHWH è lo stesso nome per tutte e tre le persone divine e non è il nome del solo padre, YHWH infatti indica l'eterno presente dell'intera deità (egli è) precisiamo comunque che l'unico YHWH che gli ebrei conoscevano (e conoscono) è il solo padre. 
Vediamo ora alcuni passi modificati: 

1 Pietro 2:2-5 “2 come bambini neonati anelate al latte spirituale e genuino, affinché per mezzo di esso cresciate in vista della salvezza: 3 dato che avete gustato quanto è amabile il Signore. 4 Avvicinandovi a lui, la pietra vivente scartata dagli uomini ma scelta da Dio e di valore, 5 siete costruiti anche voi come pietre viventi in edificio spirituale per formare un organismo sacerdotale santo, che offra sacrifici spirituali bene accetti a Dio per mezzo di Gesù Cristo.” 

Ecco la citazione del salmo: 
Salmo 34:8[9] “9 Gustate e vedete che buono è il Signore(YHWH): beato l'uomo che in lui si rifugia.” 

Che "Pietro" stesse citando il salmo è evidentissimo ed infatti neanche i traduttori della tnm lo negano nella nota in calce: 
“nel Salmo [34:8], come in molti altri casi, ὁ κύριος sta per Geova, poiché i LXX inseriscono e omettono l’articolo con κύριος apparentemente senza un criterio preciso. D’altra parte il versetto seguente mostra che S. Pietro usò ὁ κύριος per Cristo nel significato più comune, benché non universale, che esso ha nel N.T. Sarebbe comunque affrettato concludere che egli intendesse identificare Geova con Cristo. Nel N.T. non si può fare nessuna chiara identificazione del genere” 
E’ realmente così? 

Per lo scrittore è evidente che Il Signore del salmo (nel testo masoretico c'è YHWH) è Cristo, ma questo non è possibile per i tdg, ed ecco che improvvisamente la loro regola di inserire "Geova" dove è citato il VT non vale più, quando invece lo inseriscono, ma il contesto li può portare ad una identificazione con Gesù, allora stravolgono il testo facendo credere che si stia parlando di due soggetti diversi, questo è avvenuto per romani 10:13 ecco l'intero contesto nella nuova riveduta: 
Romani 10:9-17 “9 perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; 10 infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati. 11 Difatti la Scrittura dice: «Chiunque crede in lui, non sarà deluso». 12 Poiché non c'è distinzione tra Giudeo e Greco, essendo egli lo stesso Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. 13 Infatti chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato. 14 Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c'è chi lo annunzi? 15 E come annunzieranno se non sono mandati? Com'è scritto: «Quanto sono belli i piedi di quelli che annunziano buone notizie!» 16 Ma non tutti hanno ubbidito alla buona notizia; Isaia infatti dice: «Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione?» 17 Così la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo. " 

Come si vede il soggetto è sempre e solo uno ovvero il Signore Gesù, ecco invece come rende la TNM gli stessi versi: 

"9 Poiché se pubblicamente dichiari quella ‘parola della tua bocca’, che Gesù è Signore, ed eserciti fede nel tuo cuore che Dio lo ha destato dai morti, sarai salvato. 10 Poiché col cuore si esercita fede per la giustizia, ma con la bocca si fa pubblica dichiarazione per la salvezza. 
11 Poiché la Scrittura dice: “Chiunque ripone fede in lui non sarà deluso”. 12 Poiché non c’è distinzione fra giudeo e greco, poiché sopra tutti è lo stesso Signore, che è ricco verso tutti quelli che lo invocano. 13 Poiché “chiunque invoca il nome di Geova sarà salvato”. 14 Comunque, come invocheranno colui nel quale non hanno riposto fede? Come, a loro volta, riporranno fede in colui del quale non hanno udito parlare? Come, a loro volta, udranno senza qualcuno che predichi? 15 Come, a loro volta, predicheranno se non sono stati mandati? Come è scritto: “Come sono piacevoli i piedi di quelli che dichiarano la buona notizia di cose buone!” 
16 Tuttavia, non tutti hanno ubbidito alla buona notizia. Poiché Isaia dice: “Geova, chi ha riposto fede in ciò che ha udito da noi?” 17 Quindi la fede segue ciò che si ode. A sua volta ciò che si ode viene dalla parola intorno a Cristo" 

Notate che per Paolo "invocare il nome di YHWH" (così come scritto in gioele 2:32) era equivalente ad "invocare il nome del Signore [Gesù]" il verso 9 infatti parla di "invocare il Signore Gesù"; 
la tnm ha reso il testo che alla lettera recita: "poiché se confessi con la bocca tua Signore Gesù" con: 
"Poiché se pubblicamente dichiari quella ‘parola della tua bocca’, che Gesù è Signore" 
parafrasando il testo in maniera assurda e inserendo le parole che ho evidenziato in grassetto (vedere la kit per rendersene conto)non presenti nel testo base. 
Il verso 12 conferma che Gesù “è lo Stesso Signore di tutti"; nella tnm questo passo diventa: "poichè sopra tutti è lo stesso Signore" dove nel testo greco "sopra" non appare assolutamente ma vi è outos "lui stesso". 

Continuando il contesto recita: 
"Comunque, come invocheranno colui nel quale non hanno riposto fede? Come, a loro volta, riporranno fede in colui del quale non hanno udito parlare" 
è chiaro che si stesse parlando di invocare il nome del Signore Gesù, perché Paolo parlava agli ebrei e loro di certo conoscevano il nome di YHWH, avevano fede in lui e soprattutto avevano sentito parlare di lui, ma non conoscevano il nome di Gesù, non avevano fede in lui e non avevano sentito parlare di lui, questa identificazione è mascherata dalla tnm facendo credere che in questo contesto si stesse parlando di due persone diverse (Geova e Gesù) e lo dimostrano anche alla fine traducendo ciò che nel testo greco compare come "rematos kristou" alla lettera "la parola di Cristo" (chiara allusione alla "parola di Dio") con "la parola intorno a Cristo" ovvero la parola di Dio che riguardava il Cristo! 
Se questo non è pregiudizio! 

NRV 1 Corinti 10:1-4 “Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola, passarono tutti attraverso il mare, 2 furono tutti battezzati nella nuvola e nel mare, per essere di Mosè; 3 mangiarono tutti lo stesso cibo spirituale, 4 bevvero tutti la stessa bevanda spirituale, perché bevevano alla roccia spirituale che li seguiva; e questa roccia era Cristo.” 
Per Paolo è evidente che la nuvola, il cibo spirituale la bevanda e la roccia erano il Cristo, più avanti nello stesso capitolo infatti Paolo parla della carne e del sangue di Cristo come vediamo nello stesso contesto: 
1 Corinti 10:16-17 16 Il calice della benedizione, che noi benediciamo, non è forse la comunione con il sangue di Cristo? Il pane che noi rompiamo, non è forse la comunione con il corpo di Cristo? 17 Siccome vi è un unico pane, noi, che siamo molti, siamo un corpo unico, perché partecipiamo tutti a quell'unico pane.” 
Cosa dicono le scritture citate da Paolo a proposito di questi soggetti? 
Vediamo: 
Esodo 13:21,22: “E il Signore (YHWH) andava davanti a loro di giorno, in una colonna di nuvola per guidarli per il loro cammino; e di notte, in una colonna di fuoco per illuminarli, onde potessero camminare giorno e notte. La colonna di nuvola non si ritirava mai davanti al popolo di giorno, nè la colonna di fuoco di notte” 
Esodo 17:5-6 “Allora il SIGNORE (YHWH) disse a Mosè: «Mettiti di fronte al popolo e prendi con te alcuni degli anziani d'Israele; prendi anche in mano il bastone col quale hai percosso il Fiume e va'. 6 Ecco io starò là davanti a te, sulla roccia che è in Oreb; tu colpirai la roccia: ne scaturirà dell'acqua e il popolo berrà». Mosè fece così in presenza degli anziani d'Israele.” 
1.Samuele.2:2 Non v'è alcuno che sia santo come ilSignore (YHWH), poiché non v'è altro Dio fuori di te; nè v'è roccia pari all'Iddio nostro. Non vi spaventate, non temete! Non te l'ho io annunziato e dichiarato da tempo? Voi me ne siete testimoni. V'ha egli un Dio fuori di me? Non v'è altra Roccia; io non ne conosco alcuna. 
Ora confrontiamo gli stessi passi di 1 corinti con la tnm: 
“1 Ora non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri antenati furono tutti sotto la nube e tutti passarono attraverso il mare 2 e tutti furono battezzati in Mosè mediante la nube e il mare; 3 e tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale 4 e tutti bevvero la stessa bevanda spirituale. Poiché bevevano al masso di roccia spirituale che li seguiva, e quel masso di roccia significava il Cristo.” 
Pur di sostenere il loro preconcetto teologico, traducono quello che in greco suona così: “he petra de hen ho Kristos [la pietra era il Cristo]” con la pietrasignificava il Cristo! 

Efesini 4:7-10 tnm 

"7 Ora a ciascuno di noi fu data immeritata benignità secondo come il Cristo misurò il gratuito dono. 8Perciò egli dice: “Quando ascese in alto portò via prigionieri; diede doni [negli] uomini”. 9 Ora l’espressione “ascese”, che significa se non che egli anche discese nelle regioni inferiori, cioè la terra? 10 Colui che discese è anche colui che ascese molto al di sopra di tutti i cieli, per dare pienezza a tutte le cose." 

Qui lo scrittore di Efesini, applica una scrittura a Cristo, dicendo che era colui che ascese e discese dai cieli portandosi dietro doni negli uomini. 
Quale salmo stava citando l'autore? 

Eccolo dalla versione nuovo mondo dei tdg: 
Salmo 68:17-20: 

"17 I carri da guerra di Dio sono a decine di migliaia, migliaia su migliaia. 
Geova stesso è venuto dal Sinai nel luogo santo

18 Sei asceso in alto; 
Hai portato via prigionieri; 
Hai preso doni in forma di uomini, 
Sì, anche gli ostinati, per risiedere [fra loro], o Iah Dio

19 Benedetto sia Geova, che ogni giorno porta il carico per noi, 
Il [vero] Dio della nostra salvezza. Sela. 

20 Il [vero] Dio è per noi un Dio di atti di salvezza; 
E a Geova il Sovrano Signore appartengono le vie d’uscita dalla morte" 

Non ci sono dubbi che il salmista pensasse a Geova vero? 
E' infatti scritto più volte, quindi per l'autore di Efesini il figlio di Dio è il Geova che sale e scende dal cielo portandosi con se i doni negli uomini. 


Lo Spirito Santo questo sconosciuto: 

Siamo arrivati alla terza persona della Trinità è interessante che non è mai chiamato "Dio" dal simbolo niceno-costantinopolitano, anche perché nella Scrittura non è mai chiamato in questo modo (se vogliamo escludere il parallelo di Atti 5:3,4, che riprenderemo in seguito), tranne forse che in Giovanni 8, dove è scritto "Dio è spirito". Non credo tuttavia si che l’agiografo si riferisca allo Spirito Santo ma al fatto che Dio sia spirito (la grammatica del passo va in questa direzione). 

Che Egli "procede dal Padre" è una frase presa dalla scrittura: 

Giovanni 15,26: «quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza» 

Però è scritto che è Signore e che dà la vita: 

NRV 2 Corinti 3:17 Ora, il Signore è lo Spirito; e dove c'è lo Spirito del Signore, lì c'è libertà. 

NRV 2 Corinti 3:6 Egli ci ha anche resi idonei a essere ministri di un nuovo patto, non di lettera, ma di Spirito; perché la lettera uccide, ma lo Spirito vivifica. 

NRV Giovanni 6:63 È lo Spirito che vivifica; la carne non è di alcuna utilità; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. 

"Vivifica" traduce il greco zôopoieô alla lettera "che fa vivere" del resto lo Spirito è creatore esattamente come lo sono il Padre ed il Figlio: 

LND Salmo 104:30 Tu mandi il tuo spirito, ed essi sono creati, e tu rinnovi la faccia della terra. 

LND Giobbe 26:13 Con il suo Spirito ha abbellito i cieli, la sua mano ha trafitto il serpente tortuoso. 

LND Giobbe 33:4 Lo Spirito di Dio mi ha fatto e il soffio dell'Onnipotente mi dà la vita, 

NRV Genesi 1:2 La terra era informe e vuota, le tenebre coprivano la faccia dell'abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque. 

Genesi 2:7 Dio il SIGNORE formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici lo spirito della vita e l'uomo divenne un'anima vivente. 

Come si può notare abbiamo chiarito che anche lo Spirito Santo è creatore, se è tale, anche egli è anteriore al tempo e si pone nella stessa dimensione eterna del Padre e del Figlio, quindi non può che essere Lui pure "uno" insieme al Padre e al Figlio. 

Matteo 28:18 insegna di "battezzare nel nome (singolare) del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo", se lo Spirito fosse stata solo la forza attiva di Dio, questa scrittura non avrebbe avuto senso, sarebbe stata una inutile ripetizione del Padre, lo spirito doveva essere qualcuno simile al Padre e al Figlio (stesso nome quindi stessa autorità) dal momento che il Padre ed il Figlio sono persone reali, non si vede proprio perché lo Spirito Santo non debba esserlo. 


Inoltre sono stati Cristo stesso e gli apostoli a parlare dello Spirito Santo come di una persona: 

Giovanni 15,26: «quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza» 

Nella Bibbia TNM il pronome "ekeinos" viene tradotto "quello". 
Si vuol far dire al testo che lo Spirito Santo non è una persona ma una cosa, la "forza attiva del Padre". 

Tutte le traduzioni traducono "egli", perché "ekeinos" è un maschile riferito a "Pneuma" (Spirito), che è invece di genere neutro. Perché abbinare un maschile ad un nome neutro se non per testimoniare, con questa strana discordanza, che si trattava di una persona? 
(Si potrebbe obiettare che in greco, esattamente come in italiano, il genere grammaticale (maschile, femminile, o neutro) non indica necessariamente il “sesso” del termine, la “banca” non è una donna, tanto per intenderci. Il fatto che Spirito (pneuma) sia concordato con un pronome al maschile non sarebbe dunque la prova che sia una persona, esattamente come non è la prova che sia un maschio. È vero, ma è indubbio che il genere maschile sia sentito come più attinente alle persone del neutro, e del resto far notare che il genere grammaticale non designa il sesso della persona non spiega minimante perché l’autore abbia voluto allora concordare un termine di genere neutro ad un maschile). 
La TNM traducendo "quello" inteso come "cosa" intenderebbe bene se il pronome fosse al neutro (ekeino), ma a quanto pare le regole grammaticali non li hanno messi sull’avviso del significato che si cela di questa scrittura. 

Giovanni 14:16-17 "16 Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito, affinché sia per sempre con voi, 17 lo Spirito di verità, che il mondo non può accogliere, perché non lo vede né lo conosce. Voi lo conoscete, perché dimora presso di voi e sarà in voi." 

IEP Giovanni 14:26 "Ma il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli (ekeinos) vi insegnerà tutto e vi farà ricordare tutto ciò che vi ho detto." 

LND Romani 8:26 "Nello stesso modo anche lo Spirito sovviene alle nostre debolezze, perché non sappiamo ciò che dobbiamo chiedere in preghiera, come si conviene, ma lo Spirito stesso intercede per noi con sospiri ineffabili. 27 E colui che investiga i cuori conosce quale sia la mente dello Spirito, poiché egli intercede per i santi, secondo Dio." 

Se lo Spirito Santo è solo la forza attiva del Padre, come mai colui che investiga i cuori (il Padre) conosce la mente dello Spirito se esso è la sua forza? Come può lo Spirito, se altro non è che una forza attiva del Padre, intercedere presso il Padre? Il Padre gioca forse a fare il ventriloquo? Ha disturbi di personalità? 

Insomma può una forza impersonale perorare la causa di qualcuno o addirittura avere una mente? 

Atti 13:2 2 "Mentre essi prestavano servizio cultuale al Signore e facevano digiuni, lo Spirito Santo disse: «Mettetemi da parte Barnaba e Saulo per l'opera a cui li ho destinati». 

Perché far parlare lo Spirito Santo se a farlo è il Padre o il Figlio? 
Non avrebbe potuto lo scrittore scrivere "il Signore disse"? Perché far parlare una forza attiva? 

NRV Atti 10:19 "Mentre Pietro stava ripensando alla visione, lo Spirito gli disse: «Ecco tre uomini che ti cercano". 

1 Tim. 4:1 "Ma lo Spirito dice espressamente che nei tempi a venire alcuni apostateranno dalla fede" 

"espressamente " traduce il greco "rêtôs" che alla lettera vuol dire "queste esatte parole, esplicitamente, espressamente"(Friberg Dictionary). È come se Paolo avesse voluto rimarcare che udì dallo Spirito Santo quelle esatte parole, senza ombra di dubbio. 

Ebr. 3:7-8 "Perciò, come dice lo Spirito Santo, oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori.." 

Lo Spirito Santo costituisce gli anziani nella chiesa secondo quello che disse Paolo agli anziani di Efeso: 

"Badate a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio, la quale egli ha acquistata col proprio sangue" (Atti 20:28). 

Lo scrittore agli Ebrei dice: "..Quanto più il sangue di Cristo che mediante lo Spirito eterno ha offerto se stesso puro d’ogni colpa a Dio, purificherà la vostra coscienza dalle opere morte per servire all’Iddio vivente?" (Eb. 9:14) 

Lo Spirito è quindi eterno come lo è Dio. 

Pietro, prima disse ad Anania: "Anania, perché ha Satana così riempito il cuor tuo da farti mentire allo Spirito Santo e ritener parte del prezzo del podere?" (Atti 5:3), e poi gli disse: "Tu non hai mentito agli uomini ma a Dio" (Atti 5:4). 

Mentire allo Spirito Santo quindi equivale a mentire a Dio. 

Se sono stati proprio gli apostoli a parlare dello Spirito Santo come di una persona, perché condannare chi ha seguito il loro esempio? 
OFFLINE
11/04/2016 16:30
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

I tdg affermano che in diverse occasioni lo Spirito è paragonato al soffio, al vento, riempie le persone ecc... e per questo sottolineano che è una forza perché "una persona non può riempire nessuno..." 

I TdG dimenticano che stanno parlando si di una persona, ma di una persona spirituale come lo sono il Padre e il Figlio: 

IEP Atti 17:28 In lui (Dio) infatti viviamo, ci muoviamo e siamo, come hanno detto anche alcuni dei vostri poeti: "Di lui, infatti, noi siamo anche stirpe". 

Ci muoviamo e siamo dentro una persona? 

NRV Colossesi 1:17 Egli (Gesù)è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui. 

Possono tutte le cose create sussistere dentro una persona? 

IEP Colossesi 2:10 e voi siete stati riempiti (peplêrômenoi) in lui, che è il capo di ogni principio e potenza; 

IEP Efesini 4:10 Colui che discese è il medesimo che anche salì al di sopra di tutti i cieli per riempire l'universo[dal greco ta panta = il tutto]. 

Ma non era solo la forza a riempire le persone? Anche Cristo è una forza? 

NRV Colossesi 3:11 Qui non c'è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti. 

Galati 3:27 Infatti voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. 

Ci vestiamo di una persona? 

1 Corinti 12:4-6,11 
"4 C'è poi varietà di doni, ma un solo Spirito; 
5 c'è varietà di ministeri, ma un solo Signore; 
6 c'è varietà di operazioni, ma un solo Dio, che opera tutto in tutti. 
11 Ma tutte queste cose le opera il medesimo e identico Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole." 

Anche in questo caso la Trinità è evidente e di nuovo lo Spirito ha una volontà propria. 

Insomma io posso capire che nel linguaggio biblico a volte una cosa può essere personificata, ma per quanto riguarda lo Spirito Santo si va oltre, egli è presentato nel Nuovo Testamento come una persona, negare questo significa non voler credere. 




OFFLINE
14/06/2016 08:56
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

"L'ANGELO DEL SIGNORE"

GESÙ L’ANGELO DEL SIGNORE -YHWH
DEL VECCHIO TESTAMENTO
E’ quasi impossibile spiegare la trinità ad un testimone di geova se prima
Non comprende che Jahvè del vecchio testamento non è altro che Gesù del Nuovo testamento. E come pretendere che un bambino di 4 anni faccia un tema senza conoscere ancora la differenza tra le vocali e le consonanti, magari sapranno già la differenza tra creare e generare, ma un tema non riusciranno a farlo.
Ogni giudeo sapeva che nessun uomo poteva guardare Iddio e continuare a vivere: "Tu non puoi vedere il mio volto, perché l'uomo non può vedermi e vivere". Questo concetto è ripreso dall'apostolo Giovanni: "Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l'ha fatto conoscere" Giov. 1:18.
Questo viene ribadito ed esteso anche più avanti Giov. 5 [37]E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto, Si pensa comunemente che Gesù abbia fatto conoscere Dio a cominciare dalla sua apparizione come uomo sulla terra. Ma il testo Sacro permette anche un'altra lettura, in 1Timoteo 2:5 è riportato: Infatti c'è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù , e altri passi del vangelo di Giovanni ci permettono anche un'altra lettura, che Gesù sia stato da sempre il rivelatore del Padre: ogni volta che il Padre si è rivelato agli uomini, Egli lo ha fatto tramite Gesù. Il testo stesso di Giovanni è rivelatore: Gesù è chiamato "l'unigenito Dio che è… (il tempo del verbo è al presente, ciò vuol dire che la sua naturale posizione è quella d'essere nel seno del Padre)… nel seno del Padre". Sin dal prologo del suo evangelo Giovanni definisce Gesù Cristo Dio; se questa parola, "Dio", l'avesse usata per dire qualcosa da meno di quel che realmente significa, l'evangelista avrebbe scandalizzato immediatamente i suoi lettori perché, parlando del "principio", egli lo descriverebbe come abitato da più di un Dio: un Dio con accanto un "altro" dio. Quale ebreo o cristiano avrebbe mai potuto accettare una cosa simile? Al versetto 18, poi, l'"altro" dio avrebbe dimora stabile addirittura nel seno del Padre!
Ma, è sempre Giovanni che chiarisce il senso della rivelazione di Dio: "Nessuno ha visto il Padre" -Giov. 6:46. Come nessuno ne ha udito la sua voce – Giov 5:37 .
, continuando due versetti più avanti sempre nel capitolo di Giov 5 :39 Gesù afferma : "Voi [Giudei] investigate le Scritture [che all'epoca erano i 39 libri del Tanak/Antico Testamento].... Esse son quelle che rendono testimonianza di me". Già , quest'affermazione dovrebbe già chiudere la questione.Ancora più noto è il momento in cui Gesù riprese Cleopa, insieme ad un altro discepolo non nominato, mentre camminavano sulla strada per Emmaus in quella prima domenica pasquale, dicendo, "«O insensati e lenti di cuore a credere a tutte le cose che i profeti hanno dette! Non doveva il Cristo soffrire tutto ciò ed entrare nella sua gloria?» E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, [Gesù] spiegò loro in tutte le Scritture [ossia l'Antico Testamento] le cose che lo riguardavano" (Luca 24:25-27).
Ora sulla Base di quanto scritto in 1Timoteo 2:5 ed in base a quanto è affermato da Cristo stesso, nel Vangelo di Giovanni - 1:18 / 5 :37 / Giov. 6:46
In che modo i testimoni di geove giustificano l’apparizione dell "l'Angelo del SIGNORE"nell'Antico Testamento, davanti alla serva di Sarai, Agar che riportiamo
Genesi - Capitolo 16 versetto 7 La trovò l'angelo del Signore presso una sorgente d'acqua nel deserto, la sorgente sulla strada di Sur, [9]Le disse l'angelo del Signore: «Ritorna dalla tua padrona e restale sottomessa». [10]Le disse ancora l'angelo del Signore: «Moltiplicherò la tua discendenza e non si potrà contarla per la sua moltitudine». [11]Soggiunse poi l'angelo del Signore……….
Sappiamo bene che Il nome degli angeli non è un nome di natura, ma di funzione: in ebraico mal’ak, in greco ànghelos, significa "messaggero". Ma in questo contesto rappresenta sovente Dio in quanto in prima persona concede una benedizione: Moltiplicherò …….
Più avanti al versetto [13]Agar chiamò il Signore, che le aveva parlato: «Tu sei il Dio della visione», perché diceva: «Qui dunque sono riuscita ancora a vedere, dopo la mia visione?».
Chi è dunque quest’Angelo che concede una beatitudine che Agar lo chiama Dio e ne ebbe visione, se nel vangelo di Giovanni a più riprese Gesù stesso disse che mai nessuno ha visto e udito il Padre Ed in (Esodo 33,20) nessuno può vederlo e continuare a vivere (Esodo 33,20)

Continuando nella lettura del vecchio testamento in Genesi 22:11 e 17, appare l'Angelo di Yahweh che parlò dai cieli ad Abramo [11]Ma l'angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». [12]L'angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio». [13]Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l'ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. [14]Abramo chiamò quel luogo: «Il Signore provvede», perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore provvede». [15]Poi l'angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta [16]e disse: «Giuro per me stesso,oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, [17]io ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici.

Anche in questo contesto notiamo che L’angelo del signore giura per se stesso ( Ebrei 6:13 che Paolo lo identifica con Dio ) e lo benedice sempre in prima persona promettendo una discendenza molto numerosa, in quanto non gli ha rifiutato ( a lui non al Signore ed è sempre l’angelo che promette senza bisogno di chiedere il permesso) il suo unico figlio.
Sempre nel libro della genesi troviamo un altro passo in cui i tdg portano in contraddizione, ciò che è riportato da Gesù nel vangelo di Giovanni .
E’ la storia di Giacobbe narrata in Genesi - Capitolo 32
[25]Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell'aurora.[26]Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all'articolazione del femore e l'articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui. [27]Quegli disse: «Lasciami andare, perché è spuntata l'aurora». Giacobbe rispose: «Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!».[28]Gli domandò: «Come ti chiami?». Rispose: «Giacobbe». [29]Riprese: «Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!». [30]Giacobbe allora gli chiese: «Dimmi il tuo nome». Gli rispose: «Perché mi chiedi il nome?». E qui lo benedisse.[31]Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuel «Perché - disse - ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva». [32]Spuntava il sole, quando Giacobbe passò Penuel e zoppicava all'anca. [33]Per questo gli Israeliti, fino ad oggi, non mangiano il nervo sciatico, che è sopra l'articolazione del femore, perché quegli aveva colpito l'articolazione del femore di Giacobbe nel nervo sciatico.
Interessante è il riferimento che troviamo in Osea Capitolo 12- [4]Egli nel grembo materno soppiantò il fratello e da adulto lottò con Dio,[5]lottò con l'angelo e vinse, pianse e domandò grazia. Ritrovò Dio in Betel e là gli parlò.
In particolar modo se lo confrontiamo con ciò che è riportato In Genesi Capitolo 31
[11]L'angelo di Dio mi disse in sogno: Giacobbe! Risposi: Eccomi. [12]Riprese: Alza gli occhi e guarda: tutti i capri che montano le bestie sono striati, punteggiati e chiazzati, perché ho visto quanto Làbano ti fa. [13]Io sono il Dio di Betel, dove tu hai unto una stele e dove mi hai fatto un voto. Ora alzati, parti da questo paese e torna nella tua patria!».

E quanto riportato pure nel Capitolo 48
[14]Ma Israele stese la mano destra e la pose sul capo di Efraim, che pure era il più giovane, e la sua sinistra sul capo di Manasse, incrociando le braccia, benché Manasse fosse il primogenito. [15]E così benedisse Giuseppe: «Il Dio, davanti al quale hanno camminato i miei padri Abramo e Isacco, il Dio che è stato il mio pastore da quando esisto fino ad oggi, [16]l'angelo che mi ha liberato da ogni male, benedica questi giovinetti!
Anche in questo caso L’angelo stesso è chiamato Dio.

Così come si presenta pure a Mosè nella fiamma di fuoco in Esodo 3:2-6
2]L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. [3]Mosè pensò: “Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?”. [4]Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: “Mosè, Mosè!”. Rispose: “Eccomi!”. [5]Riprese: “Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!”. [6]E disse: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”. Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio.
In questo contesto i testimoni di geova sostengono, senza nessuna logica, che è vero che appare L’angelo del Signore, ma poi a parlare è Dio Padre ,
facendosi cogliere dalla smania , di confutare piuttosto di ragionare
su ciò che leggono, è chiaro che a parlare è L’Angelo del Signore
e lo si nota al versetto 6 dove Mosè si velò il viso per paura di guardare verso il roveto in cui vi è L’Angelo e lo chiama Dio.
Un ulteriore conferma ci viene data dagli atti degli apostoli al capitolo 17
Infatti Nel discorso di Stefano emerge che l’ Angelo apparso nel roveto ardente (Atti 7,30-38) è l'Angelo di Jahvé ed è chiaramente distinto da Dio Padre Raimondo Di stesso (Atti 7,35).
[30]Passati quarant'anni, gli apparve nel deserto del monte Sinai un angelo, in mezzo alla fiamma di un roveto ardente. [31]Mosè rimase stupito di questa visione; e mentre si avvicinava per veder meglio, si udì la voce del Signore:[32]Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Esterrefatto, Mosè non osava guardare. [33]Allora il Signore gli disse: Togliti dai piedi i calzari, perché il luogo in cui stai è terra santa. [34]Ho visto l'afflizione del mio popolo in Egitto, ho udito il loro gemito e sono sceso a liberarli; ed ora vieni, che ti mando in Egitto. [35]Questo Mosè che avevano rinnegato dicendo: Chi ti ha nominato capo e giudice?, proprio lui Dio aveva mandato per esser capo e liberatore, parlando per mezzo dell'angelo che gli era apparso nel roveto. [36]Egli li fece uscire, compiendo miracoli e prodigi nella terra d'Egitto, nel Mare Rosso, e nel deserto per quarant'anni. [37]Egli è quel Mosè che disse ai figli d'Israele: Dio vi farà sorgere un profeta tra i vostri fratelli, al pari di me.[38]Egli è colui che, mentre erano radunati nel deserto, fu mediatore tra l'angelo che gli parlava sul monte Sinai e i nostri padri; egli ricevette parole di vita da trasmettere a noi.
inoltre è interessante confrontare anche Giosuè - Capitolo 5 [13]Mentre Giosuè era presso Gerico, alzò gli occhi ed ecco, vide un uomo in piedi davanti a sé che aveva in mano una spada sguainata. Giosuè si diresse verso di lui e gli chiese: «Tu sei per noi o per i nostri avversari?».[14]Rispose: «No, io sono il capo dell'esercito del Signore. Giungo proprio ora». Allora Giosuè cadde con la faccia a terra, si prostrò e gli disse: «Che dice il mio signore al suo servo?». [15]Rispose il capo dell'esercito del Signore a Giosuè: «Togliti i sandali dai tuoi piedi, perché il luogo sul quale tu stai è santo». Giosuè così fece.
Anche in questo caso questo Capo degli Eserciti allo stesso modo dell’Angelo di YHWH dice di togliersi i sandali, è Giosuè gli prostrò
In ginocchio con la faccia a terra senza porsi il problema di un’eventuale atto di adorazione, ne tantomeno viene ripreso per questo, a conferma che la figura che gli sta di fronte è di natura divina . Giosuè teneva bene in mente Il decalogo
Esodo - Capitolo 20

«Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: 3 non avrai altri dèi di fronte a me. 4 Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è ….quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. 5 Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai.
Nel libro de Giudici capitolo 2 : [1]Ora l'angelo del Signore salì da Gàlgala a Bochim e disse: «Io vi ho fatti uscire dall'Egitto e vi ho condotti nel paese, che avevo giurato ai vostri padri di darvi. Avevo anche detto: Non romperò mai la mia alleanza con voi;
L’angelo del signore anche in questo caso non finge da messaggero ma è colui che li ha tratti fuori dall’Egitto
Che ha suggellato il patto dell’alleanza.
Inoltre possiamo citare anche l’episodio Manoah e sua moglie, genitori di Sansone che riportiamo da
Giudici 13: [20]mentre la fiamma saliva dall'altare al cielo, l'angelo del Signore salì con la fiamma dell'altare. Manoach e la moglie, che stavano guardando, si gettarono allora con la faccia a terra [21]e l'angelo del Signore non apparve più né a Manoach né alla moglie. Allora Manoach comprese che quello era l'angelo del Signore. [22]Manoach disse alla moglie: «Noi moriremo certamente, perché abbiamo visto Dio».
Nello stesso libro di Giudici al capitolo 6 dal v. 8 leggiamo: "…Io vi feci salire dall'Egitto e vi feci uscire dalla casa di schiavitù; vi liberai dalla mano degli egiziani e dalla mano di tutti quelli che vi opprimevano; li scacciai davanti a voi, vi diedi il loro paese e vi dissi: Io sono il Signore, il vostro Dio (…) ma voi non avete ascoltato la mia voce". Come sono simili le parole di Dio a quelle dell' angelo di Dio! Esiste una"chiave" per chiarire questo? Ebbene sì. Leggiamo nell'epistola di Giuda al v. 5:
"Ora voglio ricordare a voi che avete da tempo conosciuto tutto questo, che il Signore, dopo aver tratto in salvo il popolo dal paese d'Egitto, fece in seguito perire quelli che non credettero".
Chi è il Signore a cui fa riferimento Giuda? Lo ha appena detto al versetto precedente: Gesù Cristo! Ma se vi fossero ancora dei dubbi, informiamo che il Codice Alessandrino e il Manoscritto Vaticano, nonché la Vulgata, al posto di "Signore" riportano "Gesù". Questa lettura (cioè, "… Gesù, dopo aver tratto in salvo il popolo dal paese d'Egitto, …"), essendo la più "difficile" è anche la più probabile, non solo, ma chiarisce tanti testi dell'Antico Testamento che altrimenti resterebbero misteriosi. Come questi:
"… essi guarderanno a me, a colui che essi hanno trafitto" -Zaccaria 12:10.
"ma uno dei soldati gli forò il costato con una lancia (…) affinché si adempisse la Scrittura … Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto" -Giovanni 19:34-37.
"Il Signore mi disse: "Gettalo per il vasaio, questo magnifico prezzo con cui MI hanno valutato" Zaccaria 11:13. (confr. Con Mat. 26:15).
"Io, yhwh, investigo i cuori e metto alla prova i reni" -Geremia 17:10.
"Io (Gesù) sono colui che scruta le reni e i cuori" -Apocalisse 2:23.
"Santificate il Signore (…) Egli sarà (…) una pietra d'intoppo, un sasso d'iciampo …" -Isaia 8:13,14.
"Ma per gli increduli la pietra che i costruttori hanno rigettata (cioè Gesù) è diventata la pietra angolare, pietra d'inciampo e sasso d'ostacolo" -1 Pietro 2:7.

Il profeta Malachia, addirittura lo identifica col Signore stesso nel capitolo 3 : [1]Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore, che voi cercate; l'angelo dell'alleanza, che voi sospirate, ecco viene, dice il Signore degli eserciti.
I passi su menzionati non permettono a qualche frettoloso di dire che queste apparizioni sono di un angelo che parla da parte del Signore In nessuno di questi può essere confuso con un semplice ambasciatore di Dio in quanto non può usare un linguaggio simile senza generare equivoci, e senza contraddire le parole stesse di Cristo nel vangelo di Giovanni come abbiamo riportato. Un altro passo del vecchio testamento in cui i testimoni di geova hanno le idee confuse è il passo di Daniele - Capitolo 10 in cui si legge: [5]alzai gli occhi e guardai ed ecco un uomo vestito di lino, con ai fianchi una cintura d'oro di Ufàz; [6]il suo corpo somigliava a topazio, la sua faccia aveva l'aspetto della folgore, i suoi occhi erano come fiamme di fuoco, le sue braccia e le gambe somigliavano a bronzo lucente e il suono delle sue parole pareva il clamore di una moltitudine. Più avanti notiamo che gli agiografi sapevano che qualcuno poteva confondersi è hanno fatto bene a specificare che questa figura non è l’arcangelo Michele infatti più avanti viene precisato : [13]Ma il principe del regno di Persia mi si è opposto per ventun giorni: però Michele, uno dei primi prìncipi, mi è venuto in aiuto e io l'ho lasciato là …….. Ma per togliere qualsiasi dubbio su questa figura dalle sembianza umane
Confrontiamo ciò che è riportato in Apocalisse ( Rivelazione) Capitolo 1 nella visione di Giovanni [12]Ora, come mi voltai per vedere chi fosse colui che mi parlava, vidi sette candelabri d'oro [13]e in mezzo ai candelabri c'era uno simile a figlio di uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d'oro. [14]I capelli della testa erano candidi, simili a lana candida, come neve. Aveva gli occhi fiammeggianti come fuoco, [15]i piedi avevano l'aspetto del bronzo splendente purificato nel crogiuolo. La voce era simile al fragore di grandi acque. [16]Nella destra teneva sette stelle, dalla bocca gli usciva una spada affilata a doppio taglio e il suo volto somigliava al sole quando splende in tutta la sua forza. [17]Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la destra, mi disse: Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo [18]e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi.
Di fatto, alcuni Padri della Chiesa in base a ciò che è riportato nel vangelo di Giovanni, furono convinti che nessuno avesse visto Dio Padre ma che l’Angelo di Jahvé, manifestatosi ai patriarchi ed ai profeti, altro non fosse che il Figlio di Dio, cioè la Parola di Dio. A tal proposito vedansi, ad esempio:

• Giustino, Dialogo con Trifone; LVI-LX;
• Ireneo, Contro le Eresie, IV, 20, 7;
• Tertulliano, Contro Prassea, XV-XVI;
• Teofilo, Ad Autolico, II, 22;
• Novaziano, La Trinità, XVIII-XX;
• Ilario, La Trinità, IV, 23-31.

Secondo Giustino Dio ha generato da se stesso una potenza razionale che lo Spirito Santo chiama ora Gloria del Signore, ora Figlio, ora Sapienza, ora Angelo, ora Dio, ora Signore e che definì se stessa come Capo dell’esercito del Signore, quando apparve in forma umana a Giosué (Giustino Martire, Dialogo con Trifone, 61, 1). Sempre secondo Giustino è stato più volte dimostrato……. che il Cristo, che era Signore e Dio Figlio di Dio e che già prima si era manifestato in potenza come uomo e come angelo, è apparso anche nello splendore del fuoco, come, ad esempio, nel roveto e in occasione del giudizio su Sodoma….questa potenza è indivisibile ed inseparabile dal Padre, così come la luce del sole sulla terra è indivisibile ed inseparabile dal sole che è in cielo…si tratta di una potenza generata dal Padre con la sua forza e volontà ma non per amputazione, come se l’essenza del Padre si fosse suddivisa, come succede per tutte le altre cose che, una volta divise e tagliate, non sono più le stesse di prima ….un esempio è quello del fuoco che vediamo appiccare altri fuochi: dal primo se ne possono accendere numerosi altri senza che esso risulti sminuito, ma rimanendo sempre lo stesso (Giustino Martire, Dialogo con Trifone, 128, 1-4)

Tertulliano fa risalire a Ebion (fondatore della setta giudaico cristiana degli ebioniti) la teoria secondo la quale Gesù sarebbe stato solo un uomo, forse abitato da un angelo come Michele o Gabriele. Egli esclude però che l’Angelo del Gran Consiglio di cui parla la versione dei LXX (Isaia 9,6) fosse un angelo per natura. Anche il padrone della vigna, infatti, mandò il figlio dai vignaioli per richiedere la sua parte di raccolto, così come prima aveva mandato i servitori. Il Figlio, tuttavia, non può esser certo considerato come uno dei servitori, per aver svolto, dopo di essi, la stessa funzione (Tertulliano, La Carne di Cristo, XIV).

Nello studio delle teofanie, Ilario di Poitiers riconosce le apparizioni del Logos in forma di Angelo ma osserva come il messaggero che era apparso ad Agar (Genesi 16), ad Abramo (Genesi 17) e a Mosé (Esodo3) parlasse con troppa autorità per poter essere considerato solo un rappresentante di Dio. Sempre secondo Ilario, Cristo sarebbe angelo per missione ma non per natura e la missione, pur distinguendo il mandante dall’inviato, non altererebbe la natura divina del Figlio (Ilario, La Trinità, IV, 23-31).

Anche secondo Novaziano, l'Angelo di Jahvé apparso ai patriarchi e ai profeti sarebbe il Logos di Dio, cioé Gesù Cristo in forma preumana. Una interpretazione molto rigida di Deuteronomio 6,4 porterebbe comunque gli eretici ad elaborare due letture devianti diametralmente opposte: da un lato i giudaizzanti tenderebbero a fere del Figlio di Dio soltanto un uomo, mentre dall'altro i modalisti (Prassea, Noeto e Sabellio) tenderebbero ad identificare il Figlio con il Padre. Nostro Signore finirebbe così crocifisso tra due ladri, dimenticando che il Figlio Unigenito e Primogenito fu da sempre presso il Padre, venne realmente generato prima di tutti i secoli, è chiamato Dio, Signore e Angelo del Gran Consiglio e possiede comunque la stessa natur divina del Padre (Novaziano, La Trinità, XXX-XXXI)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una TORRE, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un NOME...Gen 11,4
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 07:05. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com