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Palo o CROCE ? Cosa dicono la storia ed i Vangeli ?

Ultimo Aggiornamento: 20/07/2021 15:21
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20/07/2021 15:21
 
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tratto da wikipedia

Testimonianze cristiane dei primi secoli

L'apocrifa Lettera di Barnaba, datata al massimo a circa 30 anni dopo il Vangelo secondo Giovanni,[8] ma secondo alcuni forse composta nel I secolo,[9][10][11] descrive il patibolo nel quale Gesù morì come avente la forma della lettera Τ: "la croce è raffigurata nel tau che doveva comportare la grazia".[12][13] Barnaba, poi, scorge un segno profetico della croce e di chi vi sarebbe stato crocifisso in quello che fece Mosè nella battaglia contro gli Amaleciti (Libro dell'Esodo, 17,8-13), quando "postosi più in alto di tutti distese le braccia" e "rappresenta[va] la figura della croce e di chi avrebbe dovuto patire (su di essa)".[14][15][16]

 

Anche Giustino (circa 100 – circa 165), nel commentare l'episodio di Esodo 17,8-13, dove il testo biblico dice che Mosè "alzava" (ירים, ἐπῆρεν nella versione greca Septuaginta) le mani, senza specificare se le teneva sollevate direttamente sopra la testa o no, dice che Mosè "allargava" le mani su entrambi i lati, e aggiunge che, quando Mosè abbandonava "questa figura che imitava la croce" (σταυρός), il popolo veniva battuto, mentre, quando Mosè la manteneva, il popolo prevaleva "a causa della croce" (σταυρός). Attribuisce questo effetto non alla preghiera di Mosè, ma al fatto che, mentre al comando della battaglia c'era il nome di Gesù – in greco, Giosuè si chiama Ἰησοῦς, Gesù – Mosè "costituiva il segno della croce" (σταυρός).[17][18]

Nella stessa opera Giustino descrive la croce da esecuzione da lui conosciuta come composta di un pezzo di legno verticale, al quale si adatta l'altro orizzontale, mentre in centro c'è un piolo su cui si appoggiano quelli che sono crocifissi.[13][19] e interpreta l'agnello pasquale come simbolo della sofferenze della croce che il Messia doveva subire: per arrostire l'agnello, infatti, lo si fissa a due spiedi disposti a croce; il primo trafigge l'agnello dalla base alla testa, mentre all'altro, che attraversa le spalle, vengono attaccate le zampe.[20]

Ireneo di Lione (c. 130 - c. 202) dice che "la stessa struttura della croce presenta cinque estremità: due per il senso della lunghezza, due per la larghezza, e una al centro, sulla quale riposa colui che è affisso con chiodi".[21][22]

Negli Atti di Pietro, libro apocrifo della seconda metà del secondo secolo, san Pietro, mentre è crocifisso, dice: "È giusto, infatti, salire sulla croce di Cristo che è l'unica e sola parola distesa, della quale lo Spirito dice: "Che cos'è Cristo, se non la parola, l'eco di Dio?". Sicché la parola è l'asse dritto della croce, quello al quale sono crocifisso; l'eco è l'asse trasversale, cioè la natura dell'uomo; il chiodo che unisce l'asse trasversale a quello dritto è la conversione e la penitenza dell'uomo."[23][24]

Anche Tertulliano (c. 160 - c. 220), come Barnaba, paragona la croce alla lettera Τ.[25] Sulla forma a due braccia della croce ritorna anche commentando la benedizione di Mosè (Dt 33,13-17).[26]

Inoltre, secondo Tertulliano ed altri scrittori del II-III secolo, era abitudine comune dei cristiani pregare con tutto il corpo ritto e le braccia distese a croce. Tertulliano spiega: "Noi non solo eleviamo le mani ma anche le estendiamo, e nell'imitare la passione del Signore e nel pregare confessiamo Cristo".[27] Anche secondo le Odi di Salomone (un testo apocrifo perlopiù attribuito alla fine del I secolo e comunque non oltre il III) questo atteggiamento costituiva il "segno del Signore", adottato per pregare.[28] Anche Eusebio di Cesarea racconta che un giovane cristiano della Fenicia, destinato ad essere dilaniato dalle belve, si mise imperterrito davanti ad esse a pregare con le braccia aperte "a mo' di croce".[29]

I paleocristiani, quindi, interpretavano l'usanza di pregare a braccia estese come una figura della croce di Cristo.[30] Secondo Naphthali Wieder, è stato proprio perché i cristiani interpretavano la preghiera a braccia estese come riferimento alla crocifissione del Messia che i giudei abbandonarono questa postura di preghiera precedentemente tradizionale nella liturgia ebraica.[31]

Negli Atti di Paolo e Tecla, opera di finzione composta nel II secolo (dato che Tertulliano ne parla), si racconta che Tecla, messa sul rogo per essere bruciata viva ma poi salvata miracolosamente, "fece il segno della croce" (τὸν τύπον σταυροῦ ποιησαμένη), che potrebbe essere la prima menzione del gesto di fare il segno della croce. Non è chiaro il senso preciso dell'espressione τὸν τύπον σταυροῦ ποιησαμένη (τύπος, origine etimologica di termini quali "tipografia", significa "impronta", "marchio", "segno", "carattere" [di lettera dell'alfabeto], ecc.).[32][33] Significava forse tracciare una croce su se stessa con la mano o incrociando le braccia? disporre due pezzi del legno del rogo in forma di croce? fare il segno della croce, come farebbe oggi un prete, sugli astanti o sul rogo prima di salirci sopra?[34][35] L'opera, pur di carattere leggendario (l'autore confessò di averla inventata lui), è un'ulteriore testimonianza della già consolidata prassi dei cristiani del II secolo di venerare la croce con segni visibili di qualche tipo in occasione di eventi significativi.

Un segno cristiano molto antico è il piccolo segno di croce sulla fronte. Già Tertulliano racconta che i cristiani avevano l'abitudine di tracciarlo ripetutamente nel corso della giornata:“In tutti i nostri viaggi e movimenti, in tutte le nostre partenze e nei nostri arrivi, quando ci mettiamo le scarpe, quando facciamo il bagno, a tavola, quando prendiamo le nostre candele, quando andiamo a letto, quando ci sediamo, in qualsiasi dei compiti di cui ci occupiamo segniamo la nostra fronte con il segno della croce”.[36] Tertulliano collega il segno della croce sulla fronte con un brano del profeta Ezechiele[37] nel quale si parla di un contrassegno messo "sulla fronte degli uomini che sospirano e gemono per tutte le abominazioni che si commettono in mezzo alla città".[38]

Il tema di un contrassegno salvifico impresso come un sigillo sulla fronte dei "servi di Dio" compare anche nell'Apocalisse di Giovanni (7,2-4). Benché la forma del contrassegno non sia esplicitata, i commentatori interpretano il brano dell'Apocalisse come una allusione al testo veterotestamentario di Ezechiele (9,1-6),[39] dove si parla di un segno o di un tau (ultima lettera dell'alfabeto ebraico, che originariamente aveva forma di croce) posto sulla fronte dei salvati.[40][41][42] Bruce Longenecker ritiene che il brano dell'Apocalisse sia la più antica attestazione della forma della croce di Cristo[43] e Steve Shisley dice che l'Apocalisse forse si riferisce alla croce come segno di identità cristologico.[44] Qualunque fosse il segno impresso sulla fronte dei salvati di Ezechiele e dell'Apocalisse, esso costituisce un segno di appartenenza al popolo di Dio, un segno di salvezza.[45] Nella tradizione cristiana più antica al termine del rito del battesimo il vescovo tracciava sulla fronte del battezzato una croce con il sacro crisma.[46] Questo gesto era accompagnato almeno sin dal IV secolo con le parole: "Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono".[47]

Testimonianze non-cristiane

Anche scrittori non cristiani del II secolo considerano una traversa come elemento normale della struttura da esecuzione da essi denominata stauros (il termine utilizzato nei vangeli per indicare la croce di Cristo). Luciano di Samosata (125-181), nel suo Giudizio delle vocali fa proporre per la lettera Τ (Tau) la pena di morte sulla croce, perché questa sarebbe fatta secondo la forma della stessa lettera:[13] "Dicono che è stato perché ispirati dalla sua figura e imitandola che i tiranni hanno fabbricato strutture lignee di forma analoga su cui crocifiggere gli uomini; ed è da questo che tale congegno perverso ha preso il suo nome perverso. Per tutti questi crimini, quante condanne a morte voi pensate che merita la Tau? Da parte mia, ritengo che in giustizia resta per la Tau solo questa punizione: che sia giustiziata sulla sua propria forma".[48] Anche Artemidoro di Daldi dice che per fabbricare uno stauros da esecuzione si usano più pezzi di legno.[13][49]

Il termine stauros, applicato nei vangeli e dai primi cristiani alla struttura su cui è avvenuta la morte di Gesù, compare anche in testi precedenti quelli di Luciano di Samosata, di Artemidoro di Daldi e dei primi cristiani per indicare simili strumenti di morte, dei quali, però, non è indicata esplicitamente la forma. Questo è il caso, per esempio, di Filone di Alessandria (contemporaneo di Gesù: 15/10 a.C – 45/50 d.C.) nel libro da lui scritto contro il governatore romano di Egitto, Flacco,[50][51] di Flavio Giuseppe (c. 37/38 – c. 100), di Plutarco (46/48 – 125/127) e di Caritone (attivo forse a metà del I secolo), i quali, a parere di Gunnar Samuelsson, non forniscono descrizioni che permettano di chiarire se lo stauros in parola avesse o non avesse traversa.[52]

In A Greek-English Lexicon di Liddell e Scott, l'ultimo scrittore greco citato per avere chiaramente usato stauros per significare solo un palo verticale è Senofonte, morto nell'anno 354 a.C. Con la parola "croce" la stessa fonte traduce il termine stauros in un testo dello storico greco del I secolo a.C. Diodoro Siculo.[53] Samuelsson considera questa interpretazione possibile ma non certa.[54]

Gunnar Samuelsson fa notare che Hermann Fulda (18001883), il quale suggeriva che Gesù fu crocifisso in un palo senza traversa e proponeva che i termini σταυρός e crux si riferissero a un semplice palo, non ha saputo citare alcun testo antico in appoggio a tale sua tesi e che egli inoltre enfatizzava l'esistenza e l'uso del patibulum, con il quale il "semplice palo" si convertiva in uno σταυρός o "croce" nel senso moderno.[55]


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Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una TORRE, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un NOME...Gen 11,4
 
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