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Detti dei Padri del deserto

Ultimo Aggiornamento: 26/11/2019 19:22
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24/02/2016 17:48
 
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"Il peccato che conduce alla morte"

Diceva il padre Teodoro:
"Se hai un amico che ti confida di essere caduto nel peccato contro la castità, stagli vicino e aiutalo come meglio puoi a riprendersi.
Ma se, per sua disgrazia cade nel peccato di eresia e vi persiste tenacemente, allora allontanati da lui, per non essere trascinato nell'abisso insieme a lui".


*** I peccati commessi per fragilità, come possono essere quelli contro la virtù della castità, in genere umiliano e prostrano colui che li commette e che possiede una certa delicatezza di coscienza, specialmente se è impegnato in un cammino di perfezione.

A costui fa bene trovare una persona amica, oltre il confessore, che lo incoraggi a non demordere ma a riprendere il suo faticoso cammino, con ancora maggiore slancio e buona volontà, senza scoraggiarsi.

Ma il peccato di eresia non è frutto di debolezza umana, bensì denota un atto di superbia molto pericoloso per chi lo compie, e rischioso anche per chi, stando in sua compagnia, potrebbe esserne contagiato.

L'eresia scaturisce dal vizio capitale della superbia, perchè consiste, sostanzialmente, nell'anteporre la propria valutazione e opinione personale all'autorità incontestabile delle Sacre Scritture le quali, in quanto contengono la Parola di Dio, vanno accettate con umiltà e sottomissione assoluta.

L'eresia nasce quasi sempre dall'inquinamento prodotto dalle interferenze indebite di principi sedicenti "razionali", con le affermazioni chiare e limpide della Scrittura, letta nella sua totalità e integrità, col supporto anzitutto della propria coscienza, che sinceramente cerca Dio, e poi anche con l'autorevole opinione (in greco "dogma") della comunità che ci ha generati alla fede e alla vita nuova mediante il battesimo.

Per meglio comprendere ciò che si è detto, basti pensare che una delle eresie più in voga al tempo dei padri era l'arianesimo, che non accettava la divinità di Gesù Cristo, vero Dio e Figlio di Dio.

Se la comunità ecclesiale, guidata dal magistero, sosteneva il contrario, lo faceva per difendere una verità alquanto evidente nella Sacra Scrittura, a patto, ben inteso, di leggerla e ascoltarla con occhi e cuore di bimbo (Luca 10,21), ossia con quella rettitudine, rispetto, semplicità e sincerità che caratterizzano un animo umile e consapevole che in quel Libro è contenuta la divina Parola.

In quale maniera più evidente le Scritture avrebbero potuto affermare che Gesù era veramente Dio uguale al Padre se non dicendo chiaramente che Egli, il Verbo di Dio, era, prima della creazione "presso Dio", anzi che "era Dio"? (Giovanni 1,1).

E di simili affermazioni il Nuovo Testamento è pieno, anche se non sempre dice "Gesù è Dio" ma usa espressioni chiaramente equivalenti (ad es. Giovanni 5,18: "chiamava Dio suo Padre facendosi uguale a Dio!").

Chi, ancora oggi dubita di questa verità fondamentale per la fede cristiana, denota o enorme ignoranza oppure è in mala fede.
Ma si tratta solo di alcune "sette", perchè nessuna delle chiese cristiane non cattoliche nega tale evidenza.

L'eresia possiede un alto potenziale di contagiosità, ed è per questo che l'abate Teodoro raccomanda al discepolo di non indugiare troppo al fianco dell'amico eretico, ma di allontanarlo da sè, per preservare la sua anima dall'abisso della perdizione.

Nè c'è da meravigliarsi della severa ammonizione dell'anziano, visto che, secondo un'interpretrazione tradizionale di alcuni passi biblici, il diavolo e i suoi colleghi, decaddero dal Paradiso all'inferno, proprio per il peccato di superbia, che non è mai da sottovalutare, anche se spesso ci si convive con molta incoscienza e con grande leggerezza, ritenendolo cosa da nulla.

Invece cosa da nulla non lo è affatto.

Riguardo alla pericolosità dell'eresia c'è da dire anche, per concludere, che il misterioso "peccato che conduce alla morte" (dell'anima), per il quale l'apostolo dell'Amore, Giovanni, dice di non pregare, (cfr.1Lettera di Giovanni 5,16-17), sia esattamente il peccato di eresia, che già ai suoi tempi attaccava gravemente la fede nella divinità di Gesù.

Ed è proprio per questo motivo che Giovanni, apostolo dell'Amore, ordina: "Se qualcuno viene a voi e non porta questo insegnamento (si riferisce alla divinità di Cristo), non ricevetelo in casa e non salutatelo, perchè chi lo saluta, partecipa alle sue opere perverse"
(2Giovanni 1,10-11).

Non è esattamente, quasi alla lettera, quello che Teodoro raccomanda al suo discepolo?

Bisognerebbe ricordarlo a tanti cristiani cattolici, che pensano di essere gentili e cortesi accogliendo in casa chi vuole convincerli che Gesù è solo un uomo o un super-uomo, e perdono con quella gente il loro prezioso tempo, rubandolo alla preghiera e alla meditazione.

Naturalmente tutte le verità dottrinali sono vere, ma non tutte hanno la medesima importanza, perchè esiste una gerarchia delle verità di fede, e su tutte si innalzano di gran lunga le due verità principali che, come insegnava il catechismo, quando lo si faceva sul serio, sono: Unità e Trinità di Dio, e Incarnazione, Passione e Morte, del Nostro Signore Gesù Cristo.

Esistono anche altre verità pur vere, ma meno essenziali e più marginali, che, al massimo, mandano al Purgatorio, indulgenze permettendolo, ma non all'inferno.

Nel caso del nostro racconto doveva trattarsi sicuramente di verità fondamentali per la fede biblico-cristiana.
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POTRESTE AVERE DIECIMILA MAESTRI IN CRISTO, MA NON CERTO MOLTI PADRI, PERCHE' SONO IO CHE VI HO GENERATO IN CRISTO GESU', MEDIANTE IL VANGELO. (1Cor. 4,15 .
 
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