È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Regola per riconoscere la verità (secondo s.Vincenzo Da Lerino)

Ultimo Aggiornamento: 23/11/2018 17:50
Autore
Stampa | Notifica email    
18/07/2015 12:07
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Naturalmente, il fondamento del canone vincenziano è
l’infallibilità della Chiesa, la quale, per questo, non può contraddirsi.

Quindi, quando nella Chiesa sorge una novità in
contrasto con quanto Essa ha sempre insegnato, non è
buon grano, ma è la zizzania dell’errore, seminata
dall’“inimicus homo”.


In tempi di eretici, come oggi, che richiedono una maggiore attenzione, il canone vincenziano fissa
il criterio per discernere l’errore, per cui il canone possiede
una validità indiscutibile ed intramontabile.

San Vincenzo, comunque, non esclude che si possa «comprendere
più chiaramente ciò che già si credeva in maniera
molto oscura, per cui le “generazioni future” potrebbero rallegrarsi
d’aver compreso “ciò che i loro padri avevano venerato
senza capire”».

Dopo aver spiegato, nel “Commonitorio”, al N° 22, l’ammonizione
paolina: «O Timoteo, custodisci il “deposito”, richiama
che il deposito (della Fede) è ciò che ti è stato affidato,
non trovato da te! (…) non uscì da te, ma a te venne;
nei suoi riguardi tu non puoi comportarti da autore, ma da
semplice custode! (…). Non spetterà a te dirigerlo, ma è tuo
dovere seguirlo».

Al N° 23, San Vincenzo formula l’oblazione: «Forse
qualcuno dirà: “Nessun progresso della religione è allora
possibile nella Chiesa di Cristo?” e risponde: “Certo che il
progresso ci deve essere e grandissimo! Chi sarebbe tanto
ostile agli uomini e avverso a Dio di tentare di impedirlo?” A
condizione, però, che si tratti veramente di progresso per la
Fede, non di modificazione.

Caratteristica del progresso è
che una cosa si accresca, rimanendo sempre identica a sé stessa;
della modificazione, invece, è che una cosa si trasformi in
un’altra».

Progresso, dunque, sì, ma «“in eodem sensu et in eadem
sententia” (nello stesso senso e nella stessa formula), perché,
se così non fosse, avremmo la sgradita sorpresa di vedere i rosai
della dottrina cattolica trasformarsi in cardi spinosi e la
zizzania spuntare dai germogli del cinnamomo e del balsamo»
(N° 23).

San Vincenzo, quindi, non esclude lo sviluppo dottrinale,
ma ne fissa i limiti, affinché si collochi di sostanziale identità
con l’antico!cadaverica, perché offre delle immagini efficienti e appropriate
del carattere vivo della Tradizione e della sua sostanziale
immutabilità.

Leggiamo quanto scrive San Vincenzo al N° 23: «Che la
religione delle anime imiti il modo di svilupparsi dei corpi,
i cui elementi, benché col progredire degli anni evolvano e
crescano, rimangono, però, sempre gli stessi (…), e se qualche
cosa di nuovo appare in età più matura già preesisteva
nell’embrione, cosicché nulla di nuovo si manifesta nell’adulto
che non si trovasse in forma latente nel fanciullo».
In quelle righe, il Santo lerinese mostra l’intuizione dello
sviluppo dottrinale come esplicazione omogenea del dato
rilevato (explicatio Fidei).
Se, invece, con l’aumento dell’età
«la forma umana prendesse un aspetto estraneo alla sua specie,
se le fosse aggiunto o tolto qualche membro, necessariamente
tutto il corpo perirebbe e diventerebbe mostruoso o perlomeno
si debiliterebbe».

«Le stesse leggi di crescita devono seguire il dogma cristiano…
senza ammettere nessuna perdita delle sue proprietà,
nessuna variazione di ciò che è definito». È, insomma, il grano
di senape del Vangelo che, per diventare albero, resta sempre
di senape.

Ora, questo è sempre il “principio di non contraddizione”
o di identità sostanziale, che consente di distinguere
tanto la verità cattolica dall’errore quanto il legittimo sviluppo
della corruzione dottrinale.

Il Vaticano I, al capo 4, ha sancito questo principio, riprendendo
testualmente dal N° 23 del “Commonitorio” la
norma canonica dello sviluppo dottrinale “in eodem sensu, in
eadem sententia” (Conf. Denz. 1800, 11 capo, p. 5-6).
È chiaro, perciò, che San Vincenzo di Lerino aveva un
vivissimo senso della Chiesa.

Per Lui, la Sacra Scrittura va letta con la Chiesa, «perché
la Scrittura, causa della sua stessa sublimità, non è da tutti intesa in modo identico e universale. Si potrebbe dire che
tante siano le interpretazioni quanti i lettori (…). È dunque
sommamente necessario, di fronte alle molteplici e aggrovigliate
tortuosità dell’errore, che l’interpretazione dei Profeti
e degli Apostoli si faccia a norma del senso ecclesiastico e
cattolico» (N° 2).

La Tradizione è “la Tradizione della Chiesa cattolica”,
ossia è la fede della Chiesa universale, attestata dagli antichi
Concilii ecumenici, dal consenso unanime dei Padri che «rimasero
sempre nella comunione e nella fede dell’unica
Chiesa cattolica e ne divennero maestri approvati» (N° 3).

Comunque, San Vincenzo ritiene anche che la ricerca di
un criterio, per discernere la verità cattolica dall’errore, ha
tutta la ragione di essere nella Chiesa, affinché il Magistero si
possa pronunciare, così che il cattolico sia difeso dall’errore,
magari proposte da persone investite di autorità nella Chiesa,
fattesi “Maestri della Chiesa”, come Nestorio, patriarca
di Costantinopoli; come Fotino, eletto alla sede episcopale di
Sirmio (Pannonia) «con la più grande stima di tutti» (N° 11).

Può anche darsi che novità eretiche tentino di «contagiare
e contaminare la Chiesa intera», come nel caso dell’eresia
ariana, in cui le verità più sicure vengono sovvertite,
negate, messe in dubbio «per l’introduzione di credenze
umane al posto del dogma venuto dal cielo», «per l’introduzione
di un’empia innovazione, e così l’antichità, fondata
sulle più sicure basi, viene demolita, vetuste dottrine
vengono calpestate, i decreti dei Padri lacerati, le definizioni
dei nostri maggiori annullate, per una sfrenata libidine
di novità profane da annullare la Tradizione sacra ed
incontaminata» (N° 4).

«L’antichità, quindi non può essere turbata da nessuna
nuova menzogna» (N° 3).


Concludendo, diciamo che la regola dataci da San Vincenzo
di Lerino è una regola oggettiva, perché il giudizio
che ne deriva è un giudizio cattolico, fondato sulla Fede costante
e immutabile della Chiesa cattolica, ben diverso dal giudizio
soggettivo protestantico.

Ascoltiamo ancora quest’altre parole di San Vincenzo:
«Ciò che dobbiamo massimamente notare, in questo coraggio
quasi divino dei confessori della Fede, è che essi
hanno difeso l’antica fede della Chiesa universale e non la
credenza di una frazione qualunque (…). È nei decreti e
nelle definizioni di tutti i Vescovi della Santa Chiesa, eredi
della verità apostolica e cattolica che essi hanno creduto,
preferendo esporre sé stessi alla morte piuttosto che tradire
l’antica fede universale» (N° 5).

E poi al N° 6 scrive: «Essi, raggiungendo a guisa di candelabro
settuplo la luce settenaria dello Spirito Santo, hanno
mostrato ai posteri, in maniera chiarissima come in futuro
dinanzi a ogni iattanza parolaia dell’errore, si possa
annientare l’audacia di empie innovazioni con l’autorità
dell’antichità consacrata».

Sono parole di un teologo serio, preciso e ben informato,
quale fu San Vincenzo di Lerino col suo “Commonitorio”,
le cui pagine vigorose e vibranti di autentica fede cattolica ci
spronano a collaborarci nella Fede, la prima virtù teologale,
condizione indispensabile della nostra salvezza!
(c.p. 6-7).

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore. Ef.4,14
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 10:54. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com