Nuova Discussione
Rispondi
 

RIFLESSIONI BIBLICHE

Ultimo Aggiornamento: 02/12/2017 23:42
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
24/02/2016 07:19
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota


"Gesù prese in disparte i Dodici e lungo la via disse loro: Ecco, noi stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, che lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito e flagellato e crocifisso; ma il terzo giorno risusciterà." - Mt 20,17-19

Gesù si avvicina sempre di più alla sua Passione e sente il bisogno di vicinanza, di confidenza, di conforto. Prende in disparte i suoi più intimi e condivide la sua pena, la sua "paura". Purtroppo, la reazione dei Dodici e della madre dei figli di Zebedeo è assurda e pone al centro un sogno di grandezza e di ambizione in contrasto con la realtà della croce, valore essenziale del cristiano. Al termine di una discussione a basso livello, di fronte all'ottusità dei più intimi, Gesù chiarisce ancora una volta lo stile di chi vuole seguirlo: "colui che vorrà essere primo tra voi si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti". Oggi, in un momento di silenzio, rifletterò così: Giacomo e Giovanni, attraverso la loro madre, chiedono a Gesù un posto autorevole, io che cosa chiedo a Gesù nella preghiera?
OFFLINE
25/02/2016 08:07
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Quant’è difficile, per coloro che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!” (Lc 18,24). Perciò è necessario, dice Gesù, un cambiamento radicale del nostro atteggiamento. È necessario liberarci di tutte le ricchezze che appesantiscono il nostro cuore, è necessario staccarsene, perché esse ci impediscono di vedere il povero che “giace alla nostra porta”. Chi tra noi oserebbe dire che non tiene a nessuna ricchezza? Siamo tutti assai preoccupati di noi stessi, del nostro agio, dei nostri interessi... La vera privazione, la più importante agli occhi di Dio, è quella che libera il nostro cuore dal suo egoismo e che lo apre agli altri.
Il Vangelo ci dà modo di conquistare veri tesori che nulla può intaccare: mettendo al servizio dei poveri, con umiltà, tutto ciò che abbiamo in beni materiali, talento, potere, qualità. Allora, coloro che avremo soccorso verranno da questa terra in nostro aiuto: non solamente faranno scaturire ciò che vi è di migliore in noi, la gioia del dare, ma ci faranno ottenere per noi un posto nel regno di Dio, che non appartiene che ai poveri.
OFFLINE
26/02/2016 06:15
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

In questo venerdì la Chiesa ha scelto di farci leggere due testi che ci preparano al mistero del Venerdì Santo, nel quale Gesù viene ucciso per salvare noi.
Abele, ucciso dal suo fratello geloso, è la prima immagine di Gesù nell’Antico Testamento. Viene poi la figura di Giuseppe, venduto dai suoi fratelli. Questi passi della Genesi mettono in piena luce la ferita che colpisce il cuore di tutti gli uomini dopo il peccato originale e che ostacola il sorgere dei sentimenti fraterni. La gelosia può assumere molte forme, vi sono modi più o meno eleganti di sbarazzarci di qualcuno che ci infastidisce e bisogna riconoscere che si tratta di una tentazione molto frequente, anche in una comunità cristiana. Abbiamo bisogno di chiedere continuamente a Dio una purificazione più profonda, per non accettare mai volontariamente nei nostri cuori il più piccolo sentimento di ostilità nei confronti di un fratello. L’ostilità diventa così facilmente odio...
La parabola dei vignaioli assassini è indirizzata ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo. Ci fa comprendere una particolare sofferenza del cuore di Gesù, e al tempo stesso ci fa penetrare nel mistero della sua Chiesa. Gesù ha sofferto per tutti i nostri peccati, ma in particolar modo ha sofferto per essere stato ripudiato e infine ucciso dai pastori del popolo eletto.
Quando consideriamo la storia della Chiesa e del mondo, vediamo che spesso gli uomini hanno veramente voglia di conservare l’eredità del cristianesimo: una nuova visione dell’uomo e della sua dignità personale, un senso della giustizia, della condivisione... Ma essi vogliono sopprimere l’Erede. Si accontentano di una spiritualità senza Dio! Durante questa Quaresima, chiediamo la grazia di attaccarci con fermezza non solo al messaggio, ma anche alla persona di Gesù, e che la nostra unione con lui sia il centro della nostra vita.
OFFLINE
27/02/2016 06:47
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Oggi Gesù dice una parabola per ciascuno di noi: noi tutti siamo quel figlio che il peccato ha allontanato dal Padre, e che deve ritrovare, ogni giorno più direttamente, il cammino della sua casa, il cammino del suo cuore. La conversione è esattamente questo: questo viaggio, questo percorso che consiste nell’abbandonare il nostro peccato e la miseria nella quale esso ci ha gettati per andare verso il Padre.
Ciò che ci sconvolge in questa parabola, e la realtà la sorpassa di molto, è il vedere che di fatto il nostro Padre ci attende da sempre. Siamo noi ad averlo lasciato, ma lui, lui non ci lascia mai. Egli è “commosso” non appena ci vede tornare a lui. Talvolta saremmo tentati di dubitare del suo perdono, pensando che la nostra colpa sia troppo grande. Ma il padre continua sempre ad amarci. Egli è infinitamente fedele. Non sono i nostri peccati ad impedirgli di darci il suo amore, ma il nostro orgoglio. Non appena ci riconosciamo peccatori, subito egli si dona di nuovo a noi, con un amore ancora più grande, un amore che può riparare a tutto, un amore in grado in ogni momento di trarre dal male un bene più grande. Il suo perdono non è una semplice amnistia, è un’effusione di misericordia, nella quale la tenerezza è più forte del peccato.
Gesù vuole che noi abbiamo la stessa fiducia anche nei confronti degli altri. Nel cuore di ogni uomo vi è sempre una possibilità di ritorno al Padre, e noi dobbiamo sperarlo senza sosta. Quando vediamo fratelli e sorelle convertiti di recente che ricevono grazie di intimità con Dio, spesso davvero straordinarie, esultiamo senza ripensamenti, e partecipiamo alla gioia del Padre.
OFFLINE
27/02/2016 06:47
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Oggi Gesù dice una parabola per ciascuno di noi: noi tutti siamo quel figlio che il peccato ha allontanato dal Padre, e che deve ritrovare, ogni giorno più direttamente, il cammino della sua casa, il cammino del suo cuore. La conversione è esattamente questo: questo viaggio, questo percorso che consiste nell’abbandonare il nostro peccato e la miseria nella quale esso ci ha gettati per andare verso il Padre.
Ciò che ci sconvolge in questa parabola, e la realtà la sorpassa di molto, è il vedere che di fatto il nostro Padre ci attende da sempre. Siamo noi ad averlo lasciato, ma lui, lui non ci lascia mai. Egli è “commosso” non appena ci vede tornare a lui. Talvolta saremmo tentati di dubitare del suo perdono, pensando che la nostra colpa sia troppo grande. Ma il padre continua sempre ad amarci. Egli è infinitamente fedele. Non sono i nostri peccati ad impedirgli di darci il suo amore, ma il nostro orgoglio. Non appena ci riconosciamo peccatori, subito egli si dona di nuovo a noi, con un amore ancora più grande, un amore che può riparare a tutto, un amore in grado in ogni momento di trarre dal male un bene più grande. Il suo perdono non è una semplice amnistia, è un’effusione di misericordia, nella quale la tenerezza è più forte del peccato.
Gesù vuole che noi abbiamo la stessa fiducia anche nei confronti degli altri. Nel cuore di ogni uomo vi è sempre una possibilità di ritorno al Padre, e noi dobbiamo sperarlo senza sosta. Quando vediamo fratelli e sorelle convertiti di recente che ricevono grazie di intimità con Dio, spesso davvero straordinarie, esultiamo senza ripensamenti, e partecipiamo alla gioia del Padre.
OFFLINE
28/02/2016 07:26
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

don Luciano Cantini
Ancora quest'anno

Il fatto di quei Galilei

Una provocazione; alcuni riferiscono un fatto noto, l'articolo determinativo quei ne è segno; un fatto grave e sacrilego: una rivolta soffocata nel sangue dai romani nel tempio. Si cercava forse la reazione di Gesù perché galileo, uno scatto, una manifestazione d'ira, la voglia di vendetta. Era un modo come un altro per far uscire allo scoperto quel predicatore della Galilea, terra di Zeloti e rivoluzionari, di cui ancora non si era capito nulla.

Come se oggi fosse tutto chiaro di questo personaggio controverso vissuto duemila anni fa, la cui storia ancora affascina e lascia perplessi, che richiama seguaci e detrattori, discepoli e nemici, capace di unire e di dividere.

Che dire, oggi, di quei Cristiani che sono stati trucidati dagli integralisti islamici? O dei Cristiani costretti a scappare dalle loro case e dalla loro terra? Che dire di tutto quel sangue versato in medio oriente, in nord d'Africa, in ogni dove. La storia sembra non cambiare la sua virulenza.

Gesù disse loro

Come il solito Gesù si libera dalla contingenza delle domande e delle provocazioni per fare, e far fare, un salto e andare oltre. Dapprima sgombra l'idea che associa i fatti della vita alla punizione divina... nessuno è più peccatore o colpevole; una cosa è certa: se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. È una frase questa che Gesù ripete due volte, destinata ai suoi interlocutori che si ritengono né peccatori, né colpevoli.

È rivolta a tutti noi che ci rifugiamo nell'angolo sicuro della nostra vita tenendoci lontani dalla storia - sempre che sia possibile - certi di non cadere nell'ira divina perché "non facciamo male a nessuno".

Siamo davvero certi che la violenza che ci circonda non ci tocchi, che la delinquenza sia responsabilità solo di altri, che le mafie come il terrorismo riguardino solo certi angoli di mondo lasciandoci esenti da coinvolgimenti e responsabilità?

Gesù ancora dice a ciascuno di noi: se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.

"noi dobbiamo convertirci a ciò che ci viene insegnato dai fatti, e ricordarci che la nostra sorte sarà peggiore" (E. Balducci). Non possiamo guardare la storia dal di fuori dei fatti, lasciare che farisaicamente ci scivolino addosso; sono segni da leggere, moniti per il futuro. Sono i fatti che chiedono conversione, cambiamento radicale: alla violenza non si può rispondere con altrettanta violenza, non saranno le strategie degli uomini a salvarci o a apportare cambiamenti radicali.


Tàglialo dunque!

La parabola del fico privo di frutti ben ci racconta la storia umana e il giudizio di Dio che incombe su di essa: Perché deve sfruttare il terreno?

La parabola sembra mettere in contrapposizione la mano di colui che viene a cercare frutti e la pazienza del vignaiuolo abituato a mettere le mani nel terreno. È lo stesso desiderare che anima i due: gustare i frutti dell'albero.

C'è una speranza che anima la pazienza del contadino; non una incerta speranza passiva da slot-machine, non l'immersione nel mondo vuoto delle scommesse quanto un impegno concreto a concimare e zappare, a mettere il proprio ingegno e il proprio sudore, ad entrare nella storia e incidere su di essa con le proprie capacità e professionalità, mettendo passione in ogni azione.

Giovanni nel suo vangelo è ancora più radicale perché tagliare e potare è attività costante dell'azione di Dio che continuamente tende la mano in cerca del frutto: Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto (Gv 15,2).

OFFLINE
29/02/2016 06:41
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Luca ci fa qui intravedere l’ostilità e l’odio che finiranno per far morire Gesù sulla croce. Gesù lo sa bene. Lo sa e dichiara che nessuno è profeta in patria. Eppure, Gesù va verso la passione con una suprema libertà: quando sarà giunta la sua ora, l’ora stabilita dal Padre, si consegnerà alle mani degli uomini, ma fino a quel momento tutta la sua preoccupazione sarà di salvare coloro che vorranno accoglierlo.
Questo episodio deve farci riflettere. Noi che abbiamo la grazia di essere battezzati, di appartenere forse ad una famiglia cristiana, ad una comunità cristiana, noi che viviamo in un paese ancora sensibile al Vangelo, abbiamo abbastanza umiltà e fede per accogliere Gesù? Non rischiamo di essere un po’ come i farisei, come quei giusti che ritengono di non avere bisogno di alcuna conversione?
Molto spesso, è la nostra pretesa sufficienza che impedisce a Dio di concederci la sua grazia. Non ci rendiamo abbastanza conto che abbiamo bisogno di essere sempre purificati da Gesù. Non permettiamo abbastanza allo Spirito Santo di “convincerci quanto al peccato”, come spiega Giovanni Paolo II nella sua enciclica sullo Spirito Santo. Solo lo Spirito Santo, dandosi a noi, può darci una giusta coscienza del nostro peccato, non per opprimerci, ma, al contrario, per aiutarci a ricevere il perdono di Gesù, la guarigione e la salvezza!
OFFLINE
01/03/2016 06:47
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Ancora una volta, Gesù insiste sulla pratica del perdono che deve caratterizzare i suoi discepoli. Il nostro perdono deve essere instancabile, ed è forse questo che ci costa di più. Molto spesso, riusciamo a mala pena a perdonare nostro fratello o nostra sorella, facendo peraltro capire che non deve però farlo un’altra volta. Ci risulta molto difficile perdonare sempre di nuovo, come se fosse la prima volta; ci risulta molto difficile avere abbastanza pazienza e abbastanza amore per guardare sempre con la stessa fiducia quella persona a cui bisogna perdonare due volte, dieci volte, mille volte una stessa cosa. Il nostro cuore è fatto così: noi poniamo sempre limiti al nostro amore!
L’amore del Padre invece è infinito. Il Padre ci perdona sempre, e noi sappiamo che ha diecimila occasioni di farlo! Il suo desiderio ardente è che noi, dal momento che riceviamo continuamente la sua misericordia, possiamo diventare a nostra volta misericordiosi nei confronti dei nostri fratelli. Le offese che dobbiamo perdonare loro saranno sempre di poco conto di fronte a quelle che Dio ci perdona senza contarcele!
OFFLINE
02/03/2016 06:46
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

La pagina del Vangelo di oggi ci invita a seguire con estrema fedeltà la legge di Dio, cioè la sua volontà manifestata nella sua parola.
Gesù è venuto a compiere la legge antica: non solo riconosce ai precetti dell’Antico Testamento tutta la loro importanza, ma realizza nella sua persona ciò che i profeti avevano annunciato. È commovente leggere, dopo alcuni particolari del racconto della passione fatto da Giovanni, quali la tunica tirata a sorte, il colpo di lancia del centurione, queste parole: “Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura”. Che rispetto infinito, che amore dovremmo avere per questa santa Scrittura, che ci è stata trasmessa da uomini, ma che viene direttamente dal Padre!
Secondo l’Antica Alleanza, la legge data a Mosè è strettamente legata ai profeti che annunciano il Messia: non si tratta di un codice giuridico freddo e astratto, ma di comandamenti d’amore che Dio dà al suo popolo perché viva. Secondo la Nuova Alleanza, i comandamenti di Gesù nel Vangelo non possono essere separati dalla sua presenza nella Chiesa e dallo Spirito Santo, che, diffuso nei nostri cuori, ci rende partecipi della vita stessa della Santa Trinità.
In questa Quaresima chiediamo una duplice conversione: che il nostro cuore sia sempre rivolto a Dio, in ascolto di quanto ci chiede; e che impariamo, grazie a ciò, a conformare il quotidiano delle nostre giornate a tutto quanto egli ci domanda con la sua parola.
OFFLINE
03/03/2016 08:22
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

La Quaresima è un tempo di conversione. È anche un tempo di lutto. La lotta che dobbiamo affrontare si pone su diversi piani: dobbiamo lottare contro noi stessi, contro il nostro io, il nostro orgoglio; dobbiamo lottare contro il demonio e le tentazioni che fa nascere; dobbiamo infine lottare contro ogni realtà che ci allontana da Gesù, da ogni ostacolo che ci impedisce di essere con lui. “Chi non è con me, è contro di me”: queste parole hanno un significato molto profondo e possono servirci di regola in ogni cosa. Essere con Gesù deve essere la nostra prima ed unica preoccupazione. Allora la mattina, non appena ci svegliamo, la nostra prima azione cosciente sia un atto di adorazione: mostreremo così a Gesù il nostro desiderio di essere con lui e questo sarà il modo migliore per uscire dal torpore, dal sonno dell’incoscienza in cui il demonio potrebbe farci cadere. Durante la nostra giornata, prima di ogni azione, ritorniamo così a Gesù, cerchiamo di restare sempre in sua compagnia. È così che noi “raccoglieremo con lui” mentre il demonio cercherà con ogni mezzo di “disperderci”, di farci perdere tempo, di farci allontanare dall’essenziale.
OFFLINE
04/03/2016 07:16
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Marco ci fa ascoltare, per bocca di Gesù, il nuovo comandamento per eccellenza, che è il centro e la sintesi del Vangelo, ed insieme il programma della nostra vita. Dio ci ha creati per l’amore. Ha fatto in modo che tutto in noi, il nostro corpo come il nostro spirito, la nostra sensibilità come la nostra volontà, la nostra anima come il nostro cuore, tutto il nostro essere, insomma, potesse amare. Del resto, egli ha fatto in modo che veniamo al mondo come un esserino indifeso, che ha un bisogno vitale non solo di essere nutrito, ma anche di essere amato dalla madre, un esserino che non può crescere e raggiungere la propria maturità come persona se non in fondamentali relazioni d’amore e grazie ad esse. Ma, più noi procediamo nella vita, più facciamo prova di come sia difficile amare, amare veramente e disinteressatamente, amare profondamente e sinceramente Dio e il prossimo. Questo richiede ogni sorta di purificazione, e non lo si impara certo sui libri! Il solo modo di imparare ad amare è quello di lasciarci amare da Dio, poiché non si può amare se non essendo amati, e non c’è altri che Dio che possa amarci veramente, perché egli è l’unico Signore ed è Amore.
OFFLINE
05/03/2016 07:42
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Se siamo onesti, dobbiamo riconoscere che noi tutti abbiamo la tendenza a compiacerci di noi stessi.
Forse perché pratichiamo molto fedelmente la nostra religione, come quel zelante fariseo, pensiamo di dover essere considerati “per bene”.
Non abbiamo ancora capito queste parole di Dio in Osea: “Voglio l’amore e non il sacrificio” (Os 6,6). Invece di glorificare il Padre per quello che è, il nostro ringraziamento troppo spesso riguarda ciò che noi siamo o, peggio, consiste nel confrontarci, in modo a noi favorevole, con gli altri. È proprio questo giudizio sprezzante nei confronti dei fratelli che Gesù rimprovera al fariseo, così come gli rimprovera il suo atteggiamento nei confronti di Dio.
Durante questa Quaresima, supplichiamo Gesù di cambiare radicalmente il nostro spirito e il nostro cuore, e di darci l’umiltà del pubblicano che invece ha scoperto l’atteggiamento e la preghiera “giusti” di fronte a Dio. Non comprenderemo mai abbastanza che il nostro amore è in stretta relazione con la nostra umiltà. La cosa migliore che possiamo fare di fronte a Dio, in qualsiasi misura ci pretendiamo santi, è di umiliarci di fronte a Dio.
Ci sono dei momenti in cui non riusciamo a rendere grazie in modo sincero; allora possiamo fare la preghiera del pubblicano, possiamo cioè approfittare della nostra miseria per avvicinarci a Gesù: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Gesù esaudisce sempre questa preghiera.
L’umiltà non ha niente a che vedere con un qualsiasi complesso di colpa o con un qualsiasi senso di inferiorità. È una disposizione d’amore; essa suppone che sappiamo già per esperienza che il nostro stato di peccatori attira l’amore misericordioso del Padre, poiché “chi si umilia sarà esaltato”. Essa suppone cioè che siamo entrati nello spirito del Magnificat.
OFFLINE
06/03/2016 09:21
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

padre Antonio Rungi
Nel cuore della misericordia di Dio: la gioia del perdono

Con la quarta domenica di Quaresima, detta della letizia entriamo nel pieno dell'anno giubilare e del vero significato di questo tempo di grazia, che è tempo di misericordia. Se come ha detto Gesù c'è più gioia in cielo per un peccatore che si pente e non per 99 che si ritengono giusti, oggi è la domenica in cui facciamo festa e siamo nella gioia perché ci viene in aiuto e a nostro conforto il testo del vangelo di questa domenica che è dedicato alla parabola del figliol prodigo. E' una delle tre parabole della misericordia su cui siamo chiamati a riflettere in questo giorno in particolare ma anche per tutta la vita: Dio essenzialmente è amore e misericordia. E non è difficile capirlo. Basta accostarsi con animo sincero al testo di questa parabola per comprendere dove sta esattamente il cuore di Dio: sta dalla parte dei suoi figli che sono lontani da lui, che hanno deciso, nella loro piena e legittima libertà, proprio concessa dal creatore all'uomo, di camminare per strade che non sono quelle del Signore. Il figliol prodigo che va via dalla casa del Padre è il peccatore che esce dalla comunione con Dio e rompe ogni legame con il Signore, in attesa del ripensamento e del ritorno. Dio non si stanca di aspettare, fino all'ultimo istante di ogni persona, questo ritorno. E lui ci attende non solo sull'uscio della chiesa, per darci il perdono qui su questa terra, mediante il sacramento della confessione; ma ci attende sull'uscio del paradiso, per donarci la felicità senza fine. Sta a noi entrare in questo cammino di ritorno a Dio da celebrare continuamente con una forte comunione di grazia e in grazia con Lui. Il modo per farlo è mettersi nella condizione di quel che realmente siamo: peccatori e perciò bisognosi di perdono e di misericordia di Dio. Non illudiamo noi stessi e gli altri: siamo tutti peccatori e perciò stesso abbiamo bisogno del suo perdono. Sta a noi chiederlo questo perdono ed ottenerlo da Dio, secondo le modalità che noi ben conosciamo, che non è una confessione frettolosa, affrettata, ma un profondo e radicale cambiamento della vita, in sintonia con la volontà di Dio, di quel Padre che è tenerezza e compassione. Di quel padre che scruta l'orizzonte della storia e del mondo e scruta l'orizzonte del nostro cuore, spesso privo di quel rosso di sera, che fa ben sperare per l'avvenire personale a livello spirituale. Molte volte questo orizzonte è cupo e intristito dal male e dalla mancanza di speranza ed anche in queste situazioni limite si cala forte lo sguardo di Dio, che ne cambia le sorti e le prospettive. Mettiamo sulle nostre labbra le espressioni di un sincero pentimento del cuore e della vita che pronunciò il figlio prodigo nella parabola raccontata da Gesù e che suscitò nei presenti reazioni diverse: "Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati". Si alzò e tornò da suo padre". Ci vogliamo alzare dalla nostra depressione spirituale, dalla mancanza di fede, speranza, amore e gioia. Vogliamo, stando a contatto con Dio, sperimentare la gioia sempre, nonostante le nostre gravi lacune e deficienze spirituali. Lontano dai nostri pensieri l'atteggiamento del figli maggiore, geloso e risentito, per il ritorno del fratello, morto e poi ritornato in vita, al quale il Padre dedica una festa senza paragoni e senza precedenti. Quanto è difficile capire, quando si sta nella grazia, nell'amicizia e nella vicinanza a Dio, tale grande bene che si possiede. Quel bene di cui non si è accorto il figlio "santo", perfetto e vicino al padre, che non è scappato via, non ha chiesto nulla, ha avuto tuttavia tutto, ma non ha saputo gioire di quello che aveva: la grazia di stare vicino a Dio. Quanti cristiani non sanno apprezzare la fede, la grazia che hanno vivendo vicino alla Chiesa, praticando e condividendo i progetti pastorali e spirituali a tutti i livelli e in ogni tempo. Forse anche loro avvertono il desiderio di andare via, come ha fatto, sbagliando, il figlio più piccolo ed incosciente, quando ha deciso di rompere il legame interiore e profondo con il Padre. Solo i santi hanno saputo capire quanto è brutto e disastroso vivere nel peccato; per cui si confessavano spesso e avevano tanti scrupoli e trovavano in essi tante imperfezioni. Non bisogna crogiolarsi nei peccati; anzi bisogna riemergere da esso prima che sia troppo tardi, prima che si abbia toccato il fondo del disastro morale più grave. Non dobbiamo attendere i tempi del figliol prodigo per rinsavire dalle nostre condotte non buone. E non diciamo mai, e poi mai: io sono senza peccato. Che peccato faccio o posso fare? In questo caso saremo un po' come il fariseo al tempio che vantava davanti a Dio la sua presunta perfezione legale ed esteriore della legge, ma senza cuore e senza amore verso il Signore e verso gli altri, al punto tale che giudica il pubblicano come peccatore, da allontanare. Mentre quel povero pubblicano, già riconosciuto di fatto peccatore pubblico per il pessimo ruolo ed ufficio che ricopriva, si batteva il petto e chiedeva perdono, non si avvicinava alla parte più sacra del tempio, né alzava gli occhi al cielo, perché si considerava indegno. Stessa situazione che ha vissuto il figliol prodigo quando ha preso coscienza del suo stato di immoralità in cui si è trovato, dopo l'allontanamento dalla casa del Padre. Facciamo nostre le bellissime parola, scritte da Paolo Apostolo ai suoi cristiani di Corinto, nel breve brano della lettura di oggi, tratta dalla seconda lettera a questi problematici cristiani del suo tempo e a questa comunità alquanto vivace: "Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio". Oppure immergiamoci nell'esperienza esodale che, è esperienza di gioia e di libertà, come ci rammenta la prima lettura di oggi, tratta dal Libro di Giosué, colui che ebbe il dono di vedere la terra della libertà, la terra promessa, la terra della vera gioia che il Signore donò al suo popolo, di mettere piede fisico e spirituale su di essa: «Oggi ho allontanato da voi l'infamia dell'Egitto». Gli Israeliti rimasero accampati a Gàlgala e celebrarono la Pasqua al quattordici del mese, alla sera, nelle steppe di Gerico. Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, àzzimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno. E a partire dal giorno seguente, come ebbero mangiato i prodotti della terra, la manna cessò. Gli Israeliti non ebbero più manna; quell'anno mangiarono i frutti della terra di Canaan". Togliere l'infamia dal nostro volto e dal volto dei nostri fratelli è questo il compito che spetta ad ogni cristiano seriamente intenzionato a fare la Pasqua e lasciare la via del peccato per vivere nella grazia di Dio, soprattutto in questo anno giubilare, durante il quale la misericordia non è solo un annuncio o una catechesi, ma è esperienza vera di un Dio buono e misericordioso, lento all'ira e ricco nel perdono, che ci attende per parlare al nostro cuore, per cambiare in bene e in vero bene la nostra vita. Con il profeta Isaia cantiamo con gioia: "Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza: saziatevi dell'abbondanza della vostra consolazione".

E con il salmista proclamiamo: "Ho cercato il Signore: mi ha risposto e da ogni mia paura mi ha liberato. Guardate a lui e sarete raggianti, i vostri volti non dovranno arrossire. Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo salva da tutte le sue angosce". La nostra vera gioia è liberarci da angosce e paure di qualsiasi genere, perché chi sta con Dio non ha paura di nulla in questa vita e nell'eternità, ma vive solo nella dimensione gioiosa dell'esistenza umana.
OFFLINE
07/03/2016 07:12
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Nel Vangelo di oggi ci viene detto chiaramente che nessun profeta è rispettato né onorato nel proprio paese. Da un punto di vista letterario, il “paese natale” di Gesù è Nazaret, un villaggio della Galilea poco conosciuto. Per questo motivo Giovanni insiste su questa osservazione, per sottolineare la testimonianza missionaria di Gesù. Gesù è stato inviato al popolo di Giudea, il cui centro religioso era Gerusalemme, tuttavia non vi fu ricevuto (Gv 1,11).
La salvezza, la redenzione per mezzo della fede va molto al di là dei privilegi legati alla razza e ad ogni altro particolarismo. Gesù, dunque, ha svolto la sua attività non soltanto in Galilea ma anche nelle regioni pagane. E, in questo brano di Vangelo, il mondo pagano è rappresentato dal funzionario di Cafarnao, che non è ebreo. Egli, pagano, ha creduto alla parola di Gesù, dando prova di una fede pura e sincera che deve servirci di esempio.
In questo brano del Vangelo di san Giovanni ci viene mostrata l’importanza del dialogo tra Gesù e il funzionario e, nello stesso tempo, l’oggetto di questa conversazione: la fede. La vera fede è quella che rende possibile l’accoglienza di Gesù, quella che ci conduce al Salvatore (a Gesù). Per mezzo della fede, andiamo incontro a Dio e scopriamo il Padre e il suo amore nella nostra vita.
Quando constata la nostra fede, la nostra fiducia in lui, Gesù, per mezzo della potenza vivificante della sua parola, compie miracoli nella nostra vita. In questo brano di Vangelo, troviamo l’effetto della parola divina e la fiducia assoluta nella potenza di Gesù. Così, Gesù ha ricompensato la fede del funzionario come ricompensa la fede di ogni uomo.
OFFLINE
08/03/2016 05:44
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Nella visione di Ezechiele, l’acqua che dà la salute e la vita simboleggia la grazia che Dio dispensa in abbondanza nel tempo messianico. Questo tempo è giunto con la venuta di Gesù Cristo. È il motivo per cui Gesù non conduce il malato alla piscina di Siloe, la sorgente della grazia dell’Antico Testamento, ma lo guarisce per mezzo della propria potenza.
Egli lo fa di sabato, ed ordina al miracolato di portare il suo giaciglio nel giorno di sabato, poiché è giunto il tempo in cui è arrivata una grazia più grande della legge, e Gesù è il padrone del sabato. Nel sacramento del battesimo, tutti siamo stati integrati nel tempo messianico e, guariti dalla paralisi, abbiamo ricevuto l’ordine di partire e di portare i frutti della vita nello Spirito. Oggi Gesù ci dà un monito come ha fatto con il paralitico: dobbiamo avere paura di ricadere ancora nella schiavitù del peccato, affinché la nostra paralisi spirituale di cristiani non sia più grave della paralisi del paganesimo di cui Cristo ci ha liberati. Il tempo di Quaresima è il tempo dell’esame di coscienza. I nostri paesi, il mondo cristiano e post-cristiano non sono forse caduti di nuovo nel paganesimo, nell’idolatria del denaro, del successo e del potere? Non siamo forse di nuovo paralizzati tanto da non saper più vincere il male sociale, politico, familiare e personale? Le strutture del male sociale non costituiscono forse il letto della nostra malattia? O lo costituiscono le opinioni e i costumi del nostro ambiente? Gesù chiama ognuno di noi a convertirsi. Ci offre la riconciliazione con il Padre e la guarigione. Ci dice oggi: alzati, porta con te il tuo giaciglio di malato, va’, vivi e fa’ il bene. Ognuno di noi, all’ascolto del Vangelo di oggi, deve trovare il suo compito nell’ordine di Gesù: “Alzati, cammina e non peccare più”.
OFFLINE
09/03/2016 06:00
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Le letture di oggi ci dicono chi è Gesù di Nazaret. Gesù sa e vede come agisce Dio, e per questo agisce come Dio, e lo fa sempre bene, anche il giorno di sabato. Gesù ha in sé la forza della vita e della risurrezione. Egli è il figlio prediletto di Dio, e Dio chiede che gli siano resi gli onori dovuti a Dio. Gesù è allo stesso tempo pienamente uomo, e proprio perché è un uomo Dio ha fatto di lui il giudice di tutti gli uomini. L’ora del giudizio di Dio su di noi, del giudizio attraverso Gesù Cristo, non è solo annunciata per la fine del mondo. È oggi, adesso, che noi siamo sottomessi al tribunale di Gesù Cristo, poiché il tempo messianico è incominciato a partire dalla sua morte e dalla sua risurrezione. Oggi noi ci troviamo contemporaneamente davanti al giudizio e alla misericordia di Dio, che ci sono dati in Gesù Cristo. Il giudizio concerne il male che abbiamo fatto e lo scopre ai nostri occhi. Ma Gesù Cristo ci porta la remissione dei peccati, la guarigione del male e il ritorno alla vita, alla vita che abbiamo ucciso o affievolito in noi.
Per questo è sufficiente accogliere il dono divino del perdono. Se crediamo che Gesù Cristo è veramente entrato nella storia dell’umanità quando il Verbo di Dio si è fatto uomo e il Padre ci ha mostrato il suo amore dandoci suo Figlio, se ci rimettiamo nelle mani di Gesù Cristo, usciremo allora dalla morte ed entreremo nella vita, ed invece di essere giudicati, troveremo la misericordia e diverremo figli di Dio. D’altra parte, noi possiamo rifiutare questo dono, possiamo preferire il male che è in noi e non volere la guarigione. In questo caso ci sottomettiamo volontariamente al giudizio di Gesù Cristo. Bisogna pregare con fervore perché nessun uomo faccia mai questa scelta. Noi apparteniamo a Gesù per salvare con lui il mondo intero.
OFFLINE
10/03/2016 07:27
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

La lettura dell’Antico Testamento ci mette in guardia dalla tentazione di cercare il vitello d’oro, la divinità visibile e palpabile fatta su misura per noi. La lettura del Vangelo secondo Giovanni esige che noi crediamo in Gesù Cristo. Il fondamento della nostra fede è la testimonianza dell’Antico e del Nuovo Testamento. Testimonianza della verità che non si può apprendere né provare scientificamente, e neppure codificare in una legge. Gli Ebrei del tempo di Gesù avevano l’Antico Testamento, ma non capivano le parole di Mosè su Gesù. Avevano davanti ai loro occhi i miracoli compiuti dal profeta di Nazaret, ma i miracoli possono essere interpretati in molti modi. Bisogna credere per capire il loro contenuto. Gesù desiderava convincerli per dar loro la vita.
Molti credettero in lui, ma gli eruditi e gli anziani lo rifiutarono. E noi, come interpretiamo il Vangelo? Crediamo veramente alla testimonianza di Dio Padre in Gesù di Nazaret? Crediamo che egli è il Verbo di Dio, il Messia atteso? Non abbiamo mai visto Dio, ma abbiamo le parole di Gesù Cristo. Esiste il Verbo di Dio in noi? E noi, esistiamo in Gesù Cristo? Forse ci si può rimproverare di non aver ricevuto Gesù e i suoi messaggeri, mentre riceviamo qualunque passante che arriva con la sua teoria (teoria a volte strana) perché è interessante, alla moda, esotica, o perché lo scetticismo che essa comporta si presta all’edificazione della nostra gloria...? A volte semplicemente ci vergogniamo di credere e di cercare di incontrare Dio nell’antico cristianesimo. Preghiamo per il dono della fede, della speranza e della carità, per vedere in Gesù il Figlio di Dio e per essere a nostra volta trasformati in figli di Dio, divinizzati nell’unione con il Figlio Unigenito.
OFFLINE
11/03/2016 09:16
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Il Vangelo di oggi ci presenta il dramma di Gesù abbandonato dai capi della sua nazione. Gesù deve nascondersi, e il popolo non sa cosa pensare di lui, perché i capi religiosi della nazione non credono nella sua dignità di Messia. I farisei non credono in Gesù, perché lo giudicano secondo i principi formali del sabato e delle abluzioni rituali, e non penetrano in profondità nel suo insegnamento. I sacerdoti rifiutano Gesù per motivi politici. Che cosa ne è di lui oggi, fra di noi? Le parole di Gesù che attestano la sua identità ed invitano a credere, non si scontrano oggi nel nostro mondo con simili difficoltà di credibilità?
Quali sono le cause della debolezza della nostra fede? Sicuramente le forme attuali di pensiero sembrano diverse da quelle del tempo di Gesù, e non si tratta sempre di formalismo religioso. È a volte scientifico, a volte legato ai costumi. Anche le considerazioni politiche si formano in modo diverso pur essendo comunque essenziali. I marxisti non sono i soli ad aver rifiutato la fede nel nome di una teoria politica. Le società del consumo, nella corsa al benessere materiale, fanno in pratica la stessa cosa, anche se non la teorizzano. E noi, siamo capaci di credere in modo da assumere la responsabilità del dramma di Gesù e, con lui, di esporci al rifiuto, al giudizio degli altri, o ancora di lasciarci implicare in qualche conflitto con chi ci sta intorno? Si può trattare semplicemente di un conflitto all’interno della Chiesa a motivo del formalismo morale, o un conflitto all’interno di una società laica nella difesa del bene, del prossimo e dei suoi diritti alla vita e a una giustizia equa. Che cosa abbiamo fatto per introdurre nella vita sociale e politica dei nostri paesi, che conoscono il Vangelo da secoli, i principi dell’amore del prossimo? Non meritiamo forse il rimprovero di Gesù, perché non osserviamo la legge divina, perché uccidiamo e nuociamo agli altri?
OFFLINE
12/03/2016 08:06
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Gesù prese su di sé le sorti del profeta rifiutato e quelle di tutti gli esclusi e gli abbandonati. Egli ha preso su di sé le sorti delle nazioni perseguitate per aver combattuto per la libertà, le sorti dei militanti condannati per la loro fede, sia che essi siano perseguitati da un potere laico ateo, sia dai seguaci di un’altra confessione. Il Vangelo di oggi ci mostra le poche persone che hanno tentato di difendere Gesù. Le guardie del tempio non hanno voluto arrestarlo, e Nicodemo l’ha timidamente sostenuto, argomentando che non si può condannare qualcuno senza aver prima ascoltato il suo difensore. Nel mondo di oggi, anche noi cerchiamo timidamente di prendere le difese di quelli che sono ingiustamente perseguitati. A volte è l’esercito che rifiuta di sparare sui civili, come è successo di recente nei paesi baltici. A volte è nell’arena internazionale che viene negato - assai timidamente - ad una grande potenza il diritto di opprimere un popolo. Il dramma del giudizio subito da Cristo, seguito dal suo arresto e dalla sua crocifissione, come riporta il Vangelo di oggi, perdura ancora nella storia umana. Ogni uomo ha, in questo dramma, un certo ruolo, analogo ai ruoli evocati nel Vangelo. Gesù è venuto da Dio per vincere il male per mezzo dell’amore. La sua vittoria si è compiuta sulla croce.
La sua vittoria non cessa di compiersi in noi, passando per la croce. Dobbiamo osservare la scena del mondo attuale alla luce del processo a Gesù e del dibattito suscitato dalla sua persona, quando viveva e compiva la sua missione in Palestina. Siamo capaci di percepire Gesù e il suo insegnamento nella Chiesa? Non rifiutiamo davvero nessuno, e non giudichiamo nessuno ingiustamente? Siamo capaci di vedere Gesù nei poveri e nelle vittime della terra? Chi è ognuno di noi oggi nel dramma dei profeti contemporanei rifiutati, e nel dramma odierno di Gesù Cristo e del suo Vangelo? Gesù? Nicodemo? Le guardie del tempio?
OFFLINE
13/03/2016 09:09
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

padre Paul Devreux


La gente ascolta volentieri Gesù. Le autorità non lo sopportano perché loro vogliono sudditi sottomessi, mentre lui ci fa scoprire un Dio che apre i cuori alla vita e alla speranza.

Gli portano una promessa sposa, una ragazzina, scoperta in flagrante adulterio. Avrà avuto tra i dodici e i tredici anni. La pena prescritta dalla legge era la lapidazione. Di solito non veniva eseguita, ma era un modo di dire che la colpa era grave.

Cos'è la lapidazione e come funzionava in Israele? L'imputato veniva messo in una fossa e i testimoni, che si assumevano la responsabilità della condanna, gli buttavano addosso una pietra di circa cinquanta chili, che l'ammazzava. Dopo, tutti i membri della comunità, dovevano lanciare una pietra, come segno di condivisione con la sentenza. Se qualcuno si rifiutava di farlo, doveva motivarlo.

Era crudele, ma c'era di positivo il fatto che tutti dovevano assumersi una parte di responsabilità nell'esercitare la giustizia, mentre noi deleghiamo, e questo molto comodo.

Quindi dire: "Chi è senza peccato scagli la prima pietra", è come dire: "Assumiti la responsabilità di questa sentenza; sei sicuro che stai facendo del bene? Che questa è la soluzione al male? Di non commettere tu un peccato facendolo? Esci dal mucchio, non sparare sentenze senza assumertene la responsabilità. Se sei sicuro che questa è la soluzione al male, lancia la prima pietra."

E bello vedere che i primi ad andarsene sono proprio gli anziani del sinedrio, cioè i giudici, quelli che hanno gli emesso tante condanne e sanno che non hanno ottenuto un granché. Gesù salva la ragazza, ma anche loro, dal commettere un'ennesima ingiustizia.

Se ne vanno ma poi si saranno chiesti:"Ma di questo passo, dove si va a finire?" Probabilmente anche per questo hanno deciso che bisognava eliminare Gesù. Per questo dico che chi ha pagato per quest'adulterio è Gesù, che prenderà su di sè anche questa colpa, questo peccato.

Anche oggi, nelle parrocchia, la lapidazione è ampliamene diffusa. Non si pratica più con le pietre, e non c'è più neanche il primo testimone, cosi che nessuno si ritiene responsabile della morte del condannato di turno. Si pratica con il pettegolezzo, con la calunnia, ed è molto efficace; ma nessuno si sente responsabile di questi morti. Ebbene neanche a noi Gesù ci condanna, ma anche a noi dice, dopo essersi chinato per terra, per darci la possibilità di riflettere a mente fredda: "Se sei senza peccato scaglia la prima pietra." Pensiamoci bene prima di sparare sentenze che fanno male, perché poi al Signore servono anni di Passione e di lavoro per rimediare ai danni che facciamo!

Signore grazie per tutte le volte che, con il tuo intervento pieno di amore, riesci a risuscitare qualcuno che noi abbiamo ucciso, e per tutte le volte che tu ci guarisci dalle pietre che abbiamo ricevuto.
OFFLINE
14/03/2016 07:19
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Il cap. 8 del vangelo di Giovanni raccoglie una serie di controversie che hanno come punto di partenza l’autorivelazione di Gesù. L’autorivelazione «Io sono la luce del mondo» è compiuta durante la festa delle Capanne, in cui si accendevano dei grandi lampioni, nei cortili del tempio.
L'obiezione che gli muovono i farisei è che egli rende testimonianza a se stesso. Nella risposta è riassunta in breve la concezione della vita terrena di Gesù nei quarto vangelo: Gesù viene dal Padre e ritorna al Padre.
La sua testimonianza, anche se singola, è vera perché egli sa di dove viene e dove va; loro invece non lo sanno, perché giudicano secondo il metro naturale (la carne) e non secondo lo Spirito.
In secondo luogo, la sua testimonianza è vera perché in realtà sono due i testimoni: lui e il Padre (cf Deut 17,6; 19,15).
I farisei, come non sanno di dove sia né dove vada, così non conoscono né il Padre né lui. La nota finale ricorda il luogo e ritorna sulla teologia dell’ora
OFFLINE
16/03/2016 05:58
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Essere libero o essere schiavo del peccato, ecco il dilemma che ogni uomo deve affrontare. Essere libero significa appartenere completamente a Dio, fare la sua volontà, poiché egli desidera la nostra salvezza. Essere libero compiendo il bene è fare piacere a Dio. Al contrario, essere schiavo significa andare per la propria strada, essere signori di se stessi. Impariamo a perseverare nell’insegnamento di Cristo. Perseverare significa perdurare sempre, costantemente. Perseverare significa credere anche a scapito della logica umana e delle convinzioni universali. Ciò significa avere il coraggio di dare fiducia a Gesù, rimanere sempre nella casa del Padre. Abramo ha mostrato di avere del tutto fiducia in Dio. La patria, verso la quale per tutta la vita non ha smesso di incamminarsi, è Dio. Se fossimo davvero figli di Abramo, le nostre vite prenderebbero un’altra piega. Il Figlio di Dio è venuto sulla terra per cercare e per salvare ciò che era perduto. Se il Figlio vi libera, sarete davvero liberi. Il tempo di Quaresima ha questo senso: con l’ascolto della parola divina e con le azioni dettate da una fede profonda noi vogliamo ottenere la liberazione operata per noi da Gesù Cristo. Essere un discendente di Abramo non ha un significato carnale, ma spirituale: continuare lo spirito del patriarca, cioè avere una fede sempre più forte.
Nella fede Abramo ha obbedito all’appello di Dio e si è recato nella terra di cui doveva entrare in possesso.
Prima di arrivare alla terra promessa ha peregrinato molto, aspettando la costruzione, su solide fondamenta, della città il cui architetto e costruttore sarebbe stato Dio stesso. E noi siamo capaci di camminare fino alla città costruita da Dio?
OFFLINE
17/03/2016 07:48
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Per non morire, basta osservare l’insegnamento di Gesù, osservarlo per intero. Eppure quante volte per far bella figura ci scusiamo, davanti all’opinione pubblica e davanti a noi stessi, dicendo che rispettiamo quest’insegnamento, ma in parte! Facendo ciò, non conosciamo Dio, perché non consideriamo le sue esigenze. Il Nuovo Testamento è il complemento e, insieme, il compimento dell’insegnamento dell’Antica Alleanza. Non possiamo capire del tutto l’Antico Testamento se non lo leggiamo con il Nuovo Testamento come un tutto. Ma il Nuovo Testamento non sarà comprensibile in tutte le sue implicazioni se lo leggiamo separatamente. Gesù ricorda oggi l’unità dei due Testamenti. Gli interlocutori di Gesù non vogliono prendere atto di ciò. Ne hanno semplificato la prospettiva, e si sono trovati in errore. Abramo ne possedeva invece la prospettiva globale, perché, grazie alla sua fede, guardava verso l’avvenire, verso il Messia. Gesù è il Messia promesso, atteso, colui che salverà Israele, ma gli Ebrei non ci credono. Si ostinano a guardare soltanto alla vita terrena, nel suo circolo chiuso che va dalla nascita alla morte, mentre la vita eterna, di cui parla Gesù, comincia con la nascita nell’acqua e nello spirito ed è infinita. Per giungere a questa vita eterna, bisogna osservare per intero l’insegnamento di Gesù.
OFFLINE
18/03/2016 06:36
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Una volta ancora Gesù sta per essere lapidato, e le parole che scambia con i suoi persecutori mettono in rilievo il vero motivo del suo martirio ormai prossimo. Gesù non è stato condannato a morte, come Giovanni Battista, perché predicava la giustizia e nemmeno perché i suoi miracoli preoccupavano i potenti, ma piuttosto perché si dichiarava Figlio di Dio e, per la legge di Mosè, una simile affermazione meritava la morte. Durante tutta la vita, egli ha voluto conoscere nella sua sensibilità ardente questa sofferenza di essere rifiutato perché era Figlio del Padre, mentre il suo solo desiderio era di donarci suo Padre.
Alcuni l’hanno riconosciuto e sono venuti a lui. Sono quelli che, attraverso la sua parola dolce e pacata, ma affilata come una spada, attraverso le sue opere di misericordia, i miracoli, le risurrezioni che manifestavano la gloria di Dio, oppure attraverso la testimonianza del suo precursore, hanno percepito lo Spirito del Padre che li toccava nel più profondo del loro cuore e sono stati abbastanza umili, abbastanza poveri per aprirsi all’adorazione. Allora costoro sono stati rinsaldati nella fede e hanno riconosciuto che Gesù è nel Padre e che il Padre è in lui.
In questi ultimi giorni prima della Passione, la Chiesa ci spinge ad attaccarci, con una fede amorosa e piena, a “colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo”.
OFFLINE
19/03/2016 09:03
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Sposo di colei che sarebbe stata Madre del Verbo fatto carne, Giuseppe è stato prescelto come “guardiano della parola”. Eppure non ci è giunta nessuna sua parola: ha servito in silenzio, obbedendo al Verbo, a lui rivelato dagli angeli in sogno, e, in seguito, nella realtà, dalle parole e dalla vita stessa di Gesù.
Anche il suo consenso, come quello di Maria, esigeva una totale sottomissione dello spirito e della volontà. Giuseppe ha creduto a quello che Dio ha detto; ha fatto quello che Dio ha detto. La sua vocazione è stata di dare a Gesù tutto ciò che può dare un padre umano: l’amore, la protezione, il nome, una casa.
La sua obbedienza a Dio comprendeva l’obbedienza all’autorità legale. E fu proprio essa a far sì che andasse con la giovane sposa a Betlemme e a determinare, quindi, il luogo dell’Incarnazione. Dio fatto uomo fu iscritto sul registro del censimento, voluto da Cesare Augusto, come figlio di Giuseppe. Più tardi, la gioia di ritrovare Gesù nel Tempio in Giuseppe fu diminuita dal suo rendersi conto che il Bambino doveva compiere una missione per il suo vero Padre: egli era soltanto il padre adottivo. Ma, accettando la volontà del Padre, Giuseppe diventò più simile al Padre, e Dio, il Figlio, gli fu sottomesso. Il Verbo, con lui al momento della sua morte, donò la vita per Giuseppe e per tutta l’umanità. La vita di Giuseppe fu offerta al Verbo, mentre la sola parola che egli affida a noi è la sua vita.
OFFLINE
20/03/2016 09:15
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

fr. Massimo Rossi
Commento su Luca 22,14-23,56

La liturgia di oggi non prevede l'omelia, ma solo una breve introduzione alle letture: il racconto della Passione concentra in sé tutto il Vangelo e, come la materia compressa, sprigiona un'energia straordinaria. Quest'anno voglio sottolineare un aspetto che ritengo determinante nell'economia dell'intero Nuovo Testamento: mi riferisco al fatto che il Signore distribuisce il pane del suo corpo e il vino del suo sangue a tutti e dodici gli Apostoli. L'ordine dei fatti descritti da Luca non è un dettaglio. Fossimo stati al posto di Gesù, conoscendo già chi avrebbe tradito, e chi avrebbe rinnegato, li avremmo accettati a condividere la mensa eucaristica? Oppure avremmo preferito che lasciassero il cenacolo e, soltanto dopo, avremmo celebrato la pasqua? A nostro modo di vedere sarebbe del tutto logico celebrare il sacramento della Comunione con chi è già in comunione: del resto, il sacramento è (solo) il segno di una realtà preesistente, diversamente che sacramento è?
Condiviso tra coloro che non sono in comunione, il gesto di mangiare il pane della comunione ha il gusto amaro dell'ipocrisia, del "facciamo finta che...", "facciamo come se...".
E, invece, il Signore, pur leggendo nel cuore dei discepoli, si dona a tutti, senza distinzione. Il Signore è venuto per i peccatori, non per i giusti... In questo Anno della Misericordia, riflettiamo sulla bontà di Dio, ma riflettiamo anche sulla nostra bontà! Giusto, confidare nell'Amore totale di Cristo; ma è altrettanto importante fare i conti con la nostra coscienza.
Cristo, bontà sua, accoglie tutti alla sua mensa. Ma è nostro dovere grave presentarci al banchetto nuziale con l'abito della festa (cfr.Mt 22,1-14), con il cuore riconciliato e la coscienza pulita.
OFFLINE
21/03/2016 07:20
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Ogni evangelista racconta a modo suo la vita e le azioni di Gesù durante la festa della Pasqua a Gerusalemme. Per san Giovanni, tutto quello che succede durante questi “ultimi” giorni ha un valore simbolico e oltrepassa le apparenze. I protagonisti stessi diventano dei simboli: all’inizio della settimana della Passione, Gesù è l’ospite di Marta, di Maria e di Lazzaro, in Betania. L’amicizia li lega; è a loro che viene annunciato cosa significa parlare della “vita” e della “morte” quando si tratta di Gesù.
Marta compie i suoi doveri di padrona di casa. Gesù è a tavola con gli uomini. Maria fa qualcosa di sconveniente per la società dell’epoca - come per la nostra: unge i piedi di Gesù con un olio prezioso e li asciuga con i suoi capelli. Onora Gesù nell’innocenza del puro amore senza preoccuparsi delle altre persone riunite: l’odore del profumo riempie tutta la casa.
La critica superficiale che le viene indirizzata riguarda soltanto il suo “sperpero”. Ma, in realtà si adombra dell’abbandono senza misura di questa donna. Giuda parla in nome degli scontenti. Egli vuole trasformare in molteplici piccole razioni il dono di Maria, e venire così in aiuto a tante piccole miserie. Ma Gesù approva la spontaneità di questo amore, accetta il dono totale. Non è egli stesso sulla via del dono senza misura? Attraverso la sua morte, egli riscatta la vita del mondo.
OFFLINE
22/03/2016 08:18
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Il tradimento di Gesù, per opera di Giuda, è l’esempio per eccellenza della cattiveria umana. Nel corso della storia, molti uomini hanno tradito i loro amici, coniugi, genitori, figli, concittadini o altri uomini fratelli. Questi uomini hanno stimato cosa da poco la solidarietà e la comunione umana. Ora, nella persona di Giuda, quest’ondata di indifferenza e di cattiveria si alza e si rovescia contro Gesù stesso, che in quanto Logos - Verbo - è il fondamento di ogni relazione positiva.
Durante la Settimana Santa, la sorte terrena del mediatore sarà decisa dal bacio del traditore. Ma il tradimento e la consegna di Gesù ai suoi nemici sarebbero impossibili senza l’azione, ad un livello più profondo, del Padre eterno che, attraverso le circostanze dell’Ultima Cena e della preghiera al Getsemani, si consegna lui stesso nella persona del Figlio. Compie così, nel tempo, il dono totale di sé che, nell’eternità, egli compie con la discesa dello Spirito Santo, il cui essere è Amore. La Passione di Gesù esprime nel tempo ciò che il Padre è nell’eternità. Così il tradimento di Giuda, colmo com’era della perversità del peccato, diventa il mezzo attraverso cui lo Spirito d’amore viene mandato in questo mondo, per salvarlo.
OFFLINE
23/03/2016 05:52
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Gesù, vedendo che la sua ora si avvicina, fa preparare la Pasqua. Durante la cena, annuncia il tradimento di Giuda. Il salmista aveva già previsto il tradimento dell’amico (Sal 041,10). Il popolo di Giuda condanna Gesù e lo consegna ai pagani. I lavoratori della vigna, dopo aver ucciso i servitori, uccidono anche il figlio del padrone. “Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che cosa ti ho stancato? Rispondimi” (Mi 6,3). Giuda vende Gesù per trenta monete d’argento. Il valore di un servo era di trenta sicli d’argento (Es 21,32). Si valutò con lo stesso valore il profeta che era decaduto (Zc 11,12s). Ed è ancora questa somma che il sinedrio dà per Gesù.
Quando ciò che era stato annunciato si realizza, le Scritture terminano. Tutto, da sempre, era presente agli occhi di Dio. L’azione dell’uomo era prevista, ma non predeterminata. Ed è per questo che Gesù non toglie la responsabilità a colui che lo consegna, poiché egli ha utilizzato male la sua libertà.
Anche noi possiamo tradire Cristo, vendendolo per qualche moneta. La parola del Signore ci insegna, e il Signore stesso apre le nostre orecchie, affinché possiamo fare parte dei convitati di Gesù, che celebrano con lui la Pasqua, come membra vive della sua Chiesa.
OFFLINE
24/03/2016 08:18
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

In questa messa che si svolge nella cattedrale, si manifesta il mistero del sacerdozio di Cristo, partecipato dai ministri costituiti nelle singole Chiese locali, che rinnovano oggi il loro impegno al servizio del popolo di Dio.
Il Vescovo, circondato dagli altri sacerdoti, benedice gli oli che verranno adoperati nei diversi sacramenti: il crisma (olio mescolato con profumi), per significare il dono dello Spirito Santo nel Battesimo, nella Cresima, nell’Ordine; l’olio per i catecumeni e quello per i malati, segno della forza che libera dal male e sostiene nella prova della malattia.
Attraverso una realtà terrena, già trasformata dal lavoro dell’uomo (l’olio) e un gesto semplice e familiare (l’unzione), si esprime la ricchezza della nostra esistenza in Cristo, che lo Spirito continua a trasmettere alla Chiesa sino alla fine dei tempi.
Nella nuova ed eterna alleanza tutto ha valore perchè tutto procede dall'Unto per eccellenza, da Gesù Cristo.
In lui, come egli stesso dichiara, si realizza in pieno il testo di Is 61,1-2. Gesù dimostra attraverso le opere la sua missione (Atti 10,38).
Nuova Discussione
Rispondi
Cerca nel forum
Tag discussione
Discussioni Simili   [vedi tutte]
TUTTO QUELLO CHE E' VERO, NOBILE, GIUSTO, PURO, AMABILE, ONORATO, VIRTUOSO E LODEVOLE, SIA OGGETTO DEI VOSTRI PENSIERI. (Fil.4,8) ------------------------------------------
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 23:19. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com