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Scambi epistolari tra s.Agostino e s.Girolamo

Ultimo Aggiornamento: 06/09/2014 18:52
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06/09/2014 18:40
 
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LETTERA 28


Scritta nel 394-95.


Agostino, pur ossequiando Girolamo, non ne approva la sua nuova traduzione dall'ebraico (si legga n. 1-2), tanto meno l'interpretazione del rimprovero di Paolo a Pietro che S.Girolamo ne ha tratto: la possibilità di una bugia giustificherebbe ogni interpretazione della Scrittura (leggere n. 3-5). Invia altri suoi scritti onde li esamini e li corregga (n. 6).


AGOSTINO A GIROLAMO, SIGNORE CARISSIMO, FRATELLO CHE DEVE ESSER OSSEQUIATO E ABBRACCIATO COL PIÙ SINCERO TRIBUTO DI AFFETTO, E COLLEGA NEL SACERDOZIO



Stima affettuosa di A. per Girolamo.

1. 1. Nessuno mai fu noto a chiunque altro di persona tanto quanto lo è a me l'attività tranquilla, lieta e veramente nobile dei tuoi studi religiosi. Perciò, sebbene io desideri vivamente di conoscerti sotto ogni aspetto, tuttavia è una parte esigua di te che io conosco meno, cioè il tuo aspetto fisico; ed anch'esso, dopo che il fratello Alipio (ora beatissimo vescovo, ma già allora degno dell'episcopato) ti vide e al suo ritorno fu da me veduto, non posso negare che in gran parte sia impresso in me a seguito della sua relazione: ed anche prima del suo ritorno, quando egli ti vedeva costì, io ti vedevo ma con gli occhi di lui. Infatti chi ci conosca potrebbe dire che io e lui siamo due [persone] non quanto all'animo ma quanto al corpo: solo, beninteso, per la nostra concordia e amicizia fedelissima, non per i meriti, in cui egli mi supera. Poiché dunque tu già mi ami (inizialmente per comunione di spirito col quale tendiamo ad un unico scopo e poi per le sue parole), non certo sfacciatamente, come se fossi uno sconosciuto qualsiasi, io raccomando alla tua Fraternità il fratello Profuturo che per i nostri sforzi e poi per il tuo aiuto speriamo sarà veramente "profittevole"; se non che egli forse è tale che diverrò più accetto a te io per mezzo suo che lui per mezzo mio. Forse io avrei dovuto limitarmi a scrivere fino a questo punto se intendessi accontentarmi di una lettera del tipo di quelle che si scrivono di solito; ma mi urgono nell'animo molti pensieri, che bramo comunicarti, sui nostri studi cui attendiamo in Gesù Cristo nostro Signore, il quale anche per mezzo della tua carità si degna di fornirci con generosa larghezza molti utili mezzi e provviste (per così dire) per il viaggio che Egli ci ha additato.


Perché una nuova versione dell'A. T. dopo quella autorevole dei LXX?

2. 2. Dunque ti chiediamoe insieme con noi lo chiedono tutte le comunità di studiosi delle Chiese d'Africa, che non ti rincresca di spendere cura e fatiche per tradurre i libri di coloro che, in greco, hanno commentato le nostre Scritture in modo così egregio. Giacché tu sei in grado di far sì che anche noi possiamo servirci di tali famosi autori, e soprattutto di uno che tu più volentieri citi nei tuoi scritti. Quanto poi alla traduzione in lingua latina dei Libri Sacri canonici, non vorrei che tu vi attendessi se non seguendo il metodo da te usato nel tradurre il libro di Giobbe, in modo che, grazie all'uso di segni particolari, appaia in che cosa la tua versione differisca da quella dei Settanta, di cui preminente è l'autorità. Peraltro non saprei manifestare adeguatamente tutto il mio stupore se nei testi ebraici si trova ancora qualcosa che è sfuggito a tanti traduttori, i quali pur conoscevano a fondo quella linguaLascio da parte i Settanta, sulla cui uniformità di intento e di ispirazione (maggiore che se si fosse trattato di una sola persona) io non oso esprimere un parere sicuro in nessun senso se non che io ritengo si debba loro riconoscere, indiscutibilmente, un'autorità preminente in questo campo. Mi colpiscono maggiormente coloro i quali, pur traducendo in un momento successivo e restando, a quanto si dice, strettamente aderenti al metodo e alle regole del vocabolario e della sintassi ebraici, non solo non sono andati d'accordo tra di loro, ma hanno altresì lasciato molte cose da scoprire e da rendere note tanto tempo dopo. Ed esse o sono oscure o sono chiare. Se sono oscure, è da credere che anche tu possa ingannarti su di esse; se sono chiare, non è da credere che essi vi abbiano potuto commettere degli errori. Ti pregherei dunque vivamente per la tua carità di rendermi edotto su questo problema, portando degli argomenti.


Paolo non usò una bugia ufficiosa nel rimproverare Pietro.

3. 3. Ho letto anche alcuni scritti a te attribuiti, sulle Lettere dell'apostolo Paolo. Nella spiegazione che tu hai inteso dare di quella ai Galati, t'è capitato tra le mani il famoso passo in cui si cerca di distogliere l'apostolo Pietro da una funesta simulazione 1.Io mi dolgo non poco - lo confesso - che a proposito di esso sia stata assunta la difesa della menzogna o da te, che pur sei un tal uomo, o da qualcun altro, se altri è l'autore di quegli scritti, fintantoché non vengano confutate (se per avventura è possibile confutarle) le mie ragioni. Mi pare infatti che sia quanto mai funesto credere che nei libri Sacri vi sia qualche menzogna; cioè che quegli uomini per opera dei quali è stata redatta e ci è stata trasmessa la Scrittura abbiano detto delle menzogne nei loro libri. Giacché una cosa è chiedersi se all'uomo onesto sia lecito talvolta mentire e un'altra chiedersi se uno scrittore delle Sacre Scritture si sia trovato nella opportunità di mentire: anzi non si tratta di un'altra cosa, bensì la questione non esiste. Invero, una volta ammessa una menzogna officiosa in un grado così alto di autorità, non resterà più alcuna parte per quanto esigua di quei libri, la quale, a seconda che sembrerà a ciascuno difficile per la morale o incredibile per la fede, usando lo stesso funestissimo sistema non possa essere riferita ad un preciso intento e ad una esigenza dell'autore che mente.


Ammessa la bugia, sia pure ufficiosa, nella S. Scrittura dove va la sua autorità?

3. 4. Supponiamo infatti che mentisse l'apostolo Paolo allorché, rimproverando l'apostolo Pietro, diceva: Se tu, che sei Giudeo, vivi alla maniera dei pagani e non dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei? 1; pur giudicando che Pietro avesse agito rettamente, disse e scrisse che non aveva agito rettamente, quasi coll'intenzione di placare gli animi della folla in tumulto. Che cosa risponderemo quando salteranno su degli uomini perversi (e lui stesso disse che ne sarebbero sorti 2), a vietare il matrimonio, e diranno che tutto quello che lo stesso Apostolo disse per confermare la legittimità del matrimonio, egli lo disse mentendo a causa di uomini che potevano mettersi a tumultuare per amore delle loro spose, cioè non perché la pensasse così ma perché la loro ostilità si calmasse? Non c'è bisogno di addurre molti esempi. Giacché si potrebbe credere che anche quando si tratta della gloria di Dio vi siano delle menzogne officiose, affìnché l'amore di Lui divampi presso uomini meno ferventi: e così, nei Libri Sacri, in nessun punto sarà sicura l'autorità della pura e nuda verità. Come non tener conto di ciò che dice il medesimo Apostolo col preciso impegno di affermare la verità: Ma se Cristo non è risorto, la nostra predicazione è vana, vana è anche la nostra fede. Più ancora, noi risultiamo dei falsi testimoni riguardo a Dio, poiché abbiamo testimoniato contro Dio che Egli ha risuscitato Cristo pur non avendolo risuscitato 3? Se qualcuno gli avesse detto: "Perché provi un grande orrore per questa menzogna, dal momento che hai detto una cosa la quale, anche se falsa, serve in sommo grado alla gloria di Dio"? Forse che, dopo aver maledetto la follia di costui con tutte le parole e le spiegazioni possibili, non avrebbe rivelato chiaramente i segreti del suo cuore proclamando che è colpa non meno grave, o forse anche più grave, lodare in Dio la menzogna che vituperare la verità?Bisogna pertanto adoprarsi affinché chi s'accosta alla conoscenza delle Divine Scritture sia in tale disposizione d'animo da giudicare dei Libri Sacri con tanta pietà e rispetto della verità da non volere trovar gusto nel ricorrere in qualsiasi passo di esse a menzogne officiose e da passar sopra a ciò che non capisce piuttosto di preferire il proprio pensiero alla verità. È certo infatti che quando sostiene questo, vuole che si creda a lui ed agisce in modo da farci perdere la fiducia nell'autorità delle S. Scritture.


La S. Scrittura non mentisce mai.

3. 5. Quanto a me, con quelle forze che il Signore mi fornisce, cercherei di dimostrare che debbono essere intese diversamente tutte quelle testimonianze che sono state addotte per provare l'utilità della menzogna affinché si possa in ogni punto mostrare la loro sicura veridicità. Infatti, come le testimonianze non devono essere mendaci, così non devono favorire la menzogna. Ma questo io lascio alla tua competenza. Se infatti tu porrai nella lettura una più diligente riflessione, forse vedrai questo molto più facilmente di me. A questa riflessione t'indurrà la pietà, per cui tu comprendi che l'autorità delle Divine Scritture vacilla al punto che ciascuno potrà credere quello che vuole e non credere quel che non vuole in esse, una volta che ci si sia convinti che quegli uomini, per opera dei quali esse ci sono state elargite, hanno potuto in qualche caso mentire per ragioni di officiosità nei loro scrittiA meno che tu non ti accinga a darci delle regole per cui noi sapremo quando bisogna mentire e quando non bisogna. Se questo è possibile, spiegamelo, te ne prego, con argomenti che non siano in alcun modo menzogneri e dubbi; e non giudicarmi fastidioso o sfrontato, te lo chiedo per l'umanità veracissima di nostro Signore. Infatti se, a tuo giudizio, ci può essere un giusto motivo per la verità di giustificare la menzogna, non sarà colpa o almeno grave colpa se il mio errore giustifica la verità.


Girolamo critichi severamente gli scritti che Agostino gli invia.

4. 6. Di molte altre cose io vorrei parlare col tuo sincerissimo cuore e discutere riguardo agli studi cristiani, ma nessuna lettera è sufficiente per realizzare questo mio desiderio. Ciò io posso fare più diffusamente per mezzo del fratello che mi rallegro d'aver mandato affinché partecipi alle tue piacevoli ed utili conversazioni e ne venga nutrito. Tuttavia forse neppure lui è in grado di trarne quanto io vorrei (mi sia lecito dirlo con sua buona pace): per quanto io non oserei affatto preferirmi a lui. Infatti ammetto d'esser più capace di comprenderti, ma vedo che lui trae maggior profitto, e in questo senza dubbio mi supera: e dopo che sarà ritornato - il che spero avverrà felicemente con l'aiuto del Signore - quando sarò stato messo a parte di quanto tu hai riversato nel cuore di lui, egli non riuscirà a riempire quello che vi sarà ancora in me di vuoto nell'avidità di conoscere i tuoi pensieri. Così avverrà che anche allora io sarò ancora più povero, lui più ricco di me.Orbene, il medesimo fratello porta con sé alcuni scritti miei; e se farai loro l'onore di leggerli, usa anche nei loro confronti una sincera e fraterna severità, ti prego. Giacché io non intendo altrimenti quello che è stato scritto: Il giusto mi correggerà nella sua misericordia e dimostrerà la mia colpa: ma l'olio del peccatore non ungerà il mio capo 4, se non nel senso che ama di più il censore che sana dell'adulatore che unge il capo. Per me, ben difficilmente nel leggere sono buon giudice di quello che ho scritto, lasciandomi vincere o da uno scrupolo o da un entusiasmo eccessivo. Vedo anche qualche volta i miei errori; ma preferisco sentirmeli dire dai più esperti di me, per non lusingarmi di nuovo, dopo essermi rimproverato forse a ragione, pensando di aver pronunciato nei miei confronti un giudizio pedante piuttosto che giusto.


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06/09/2014 18:42
 
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LETTERA 27* [298]


GIROLAMO AL VERAMENTE SANTO SIGNORE E BEATISSIMO PADRE AURELIO



 


Girolamo ricorda come incontrò Aurelio a Roma.


1. Tu che mi superi nel merito, mi superi anche nella dimostrazione dell'affetto e della stima. Mentre io vivo nascosto a piangere i miei peccati, una lettera della tua Degnazione mi annuncia allo stesso tempo che sei sano e salvo, che nutri per me profondi sentimenti d'amicizia e che sei diventato vescovo di Cartagine. Ove sono siffatti inizi dei nostri rapporti e una semente sì ricca del nostro affetto, noi crediamo che, grazie a Cristo nostro Dio, crescerà una messe così abbondante che, con un incredibile rapido sviluppo, sazierà la fame durata sì a lungo. Tu mi richiami alla mente - lo ricordo anch'io - che fosti inviato a Roma come delegato con il santo vescovo Ciro di beata memoria, vescovo della Chiesa di Cartagine, e che un giorno io chiesi al mio santo e venerabile vescovo Damaso (Agostino dice "mio vescovo" perchè Damaso divenne Papa) chi tu fossi - poiché il tuo volto, sebbene silenzioso, era una garanzia della finezza del tuo spirito - ed egli mi rispose ch'eri l'arcidiacono della Chiesa di Cartagine, elevato a tale carica quale meritava la tua condotta e l'encomio ch'egli ti aveva fatto. Ciò che m'impedì di entrare in una più stretta amicizia con te, conversando un poco insieme, fu la mia riservatezza; essa mi trattenne dal dare l'impressione di ricercare sconsideratamente uno sconosciuto e obbligare ad accettare la mia relazione d'amicizia una persona la quale non mi aveva dato alcuna occasione di conversare con lei. Bene, non parliamo delle perdite passate e cerchiamo, in base ai favori che ci scambieremo in avvenire, di mostrare che quanto avvenne allora fu la conseguenza d'un errore, non un segno di disprezzo.


Quali opere di Girolamo possiede Aurelio e quali gliene ha inviate Girolamo stesso.

2. Tu mi scrivi che possiedi alcune opericciole della mia pochezza, cioè le poche Omelie su Geremia e le due sul Cantico dei Cantici; mentre ero giovinetto mi divertii a siffatto genere di esercizi a richiesta d'un fratello, eccetto le due omelie sul Cantico dei Cantici che tradussi a Roma per esortazione del beato Damaso. Tu pertanto devi giudicare le opere più valide e convenienti alla nostra età che abbiamo scritte adesso. Tu inoltre aggiungi di avere anche dei miei piccoli Commenti su Matteo; ma quanto a me io ignoro completamente d'aver pubblicato quest'opera, eccetto che, forse, per l'amore che nutri per me, reputi opera mia tutto ciò che ti sembra magnifico. Per adesso quindi, poiché il fratello Felicissimo si reca in Africa per affari della propria famiglia, che ti potrà riferire a viva voce - egli vi si reca a cavallo e non ha la possibilità di portare un carico più grande - t'invio solo delle piccole opere, cioè [il commento] sul Salmo 10 e quello delle Questioni ebraiche sulla Genesi; desidero che tu le legga non come giudice, ma come amico.


Le altre opere di Girolamo devono essere copiate a Betlemme.

3. D'altronde, dal momento che sulle Sacre Scritture sono scorsi nella vostra regione fiumi così grandi come Tertulliano, Cipriano e Lattanzio, è ridicolo che ora si desideri [leggere] me che sono un ruscello quasi secco; ma poiché nell'Antico Testamento leggiamo che per il tabernacolo di Dio venivano offerti non solo oro e argento e perle preziose, ma anche pelli e peli di capra 1, osiamo anche noi offrire il sudore della nostra penitenza a guisa dei peli delle capre, accennati più sopra. Tra le molte [opere] queste sono soltanto una piccola parte ma poiché, dato che me lo chiedi, non sono piccole quelle che abbiamo composto sulle Sacre Scritture, se la cosa ti piace e ti pare conveniente, fa' come hanno fatto altri santi vescovi tuoi fratelli della Gallia e dell'Italia: invia cioè uno di cui ti fidi, che passi un anno qui; io gli fornirò gli originali ed egli ti recherà poi tutte le opere che ho scrittoA Gerusalemme c'è grande scarsità di scrivani latini; per esempio i santi fratelli, che mi fanno da segretari, a stento arrivano a redigere ciò che noi dettiamo. Ti salutano con deferente omaggio il santo fratello Paoliniano, il santo fratello Eusebio e tutti coloro che sono con la nostra povera persona; ti prego di salutare con i miei rispetti i fedeli servi di Dio che sono con te. Ti raccomando il fratello Felicissimo e ti supplico di farmi avere per mezzo suo i tuoi scritti. Possa Cristo nostro Dio illuminare te, memore di noi, ti protegga l'Onnipotente, o mio signore veramente santo e beatissimo padre.


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06/09/2014 18:43
 
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LETTERA 73


Scritta nell'anno 404.


Agostino risponde alla lettera 68 di Girolamo sforzandosi di dissolvere i malintesi (n. 1-5). Ha ricevuto la sua apologia contro Rufino e si mostra addolorato per la discordia fra due sì grandi amici, augura la loro riconciliazione, che avverrà solo se riconosceranno le loro reciproche colpe (n. 6-10).


AGOSTINO INVIA CRISTIANI SALUTI A GIROLAMO SUO VENERATO SIGNORE, AMATISSIMO FRATELLO E COLLEGA NEL SACERDOZIO


Agostino è accarezzato e ferito dalla lettera di Girolamo.

 ..............

In questa Lettera s.Agostino risponde a Girolamo il quale, probabilmento si è sentito offeso per le sue rimostranze sul testo di Galati interpretato MALAMENTE DA GIROLAMO....di cui vi abbiamo fornito la lettera 28 in apertura di forum....Poichè la risposta è lunga......vi ho messo il collegamento......qui S.Agostino si giustifica sul senso del FRAINTENDIMENTO di una possibile offesa....e se ne scusa rammaricandosi, ma tuttavia mantenendo valida la sua osservazione sulla traduzione di Galati.....infattio Agostino dice a Girolamo:

 

A dir la verità, io sono ben lontano dal considerarmi offeso anche nel caso che tu volessi e potessi dimostrarmi con argomenti inoppugnabili d'aver compreso meglio di me quel passo della lettera dell'Apostolo [ai Galati] o altri simili passi della sacra Scrittura; anzi nemmeno lontanamente penso di non considerare come un guadagno e di non ringraziare se sarò istruito da un maestro come te, oppure corretto da un critico come te!

.........

2. 5. Leggo pure e ripenso con profondo sospiro di nostalgia l'espressione da te scritta verso la fine della tua lettera: " Dio volesse che meritassi di poterti abbracciare e d'intrattenermi in conversazione con te! s'insegna o s'impara sempre qualcosa gli uni dagli altri ". Io poi a mia volta dico: " Magari abitassimo almeno in regioni vicine! Così, anche se non fosse possibile intrattenerci in conversazione, le nostre lettere potrebbero essere almeno più frequenti! " Attualmente invece la lontananza dello spazio che ci tiene separati fisicamente è tale che io ero giovane quando scrissi alla Santità tua a proposito di quelle parole dell'Apostolo ai Galati 3; me ne ricordo bene; adesso invece eccomi già vecchio, e non ho ancora meritato di ricevere la tua risposta, ed è più facile ti giungessero prima copie della mia lettera grazie a chissà quale occasione sopraggiunta in antecedenza, che non la mia lettera autentica, nonostante tutte le mie precauzioni! Fatto sta che la persona che l'aveva presa in consegna non l'ha poi né recapitata a te né riportata a me.

..........

Sembra che dunque....Girolamo NON abbia ricevuto la lettera di Agostino???

difficile dirlo.......

Comunque è uno stralcio di vita di un tempo molto lontano da noi.....

 

Interessante sono le notizie DOLOROSE che giungono ad Agostino su Girolamo......

 


La rovinosa polemica di Girolamo con Rufino.

3. 6. Sono all'oscuro di certi scritti giunti in Africa e che sarebbero pieni di malignità contro di te; ho invece ricevuto la risposta che hai scritto contro quelle invettive e che gentilmente m'hai inviata. Appena l'ho letta sono rimasto assai addolorato, debbo confessartelo, nell'apprendere che tra persone tanto care e intime come voi, uniti da un vincolo d'amicizia ben noto a quasi tutte le Chiese, fosse nata una discordia così dannosa. Veramente dalla tua lettera appare abbastanza chiaro come ti freni per trattenere le frecciate del tuo sdegno, per non rendere male per male. Nonostante la tua risposta, mi sentivo struggere di dolore e rabbrividire di spavento, pensando a che cosa mi avrebbero ridotto le invettive scritte dal tuo avversario contro di te, se fossero capitate nelle mie mani. Guai al mondo a causa degli scandali! 4 Ecco, è una realtà e s'avvera a puntino la predizione fatta dalla sacra Scrittura: Per il moltiplicarsi dell'iniquità si raffredderà la carità di molti 5. Potranno ancora due cuori, amici quanto si voglia, essere sicuri di potersi confidare i loro più intimi sentimenti? Nel cuore di chi si può star certi di poter riversare il proprio affetto con abbandono completo e tranquillo? Quale sarà infine l'amico che non si possa temere come un possibile futuro nemico, se perfino tra Girolamo e Rufino è potuta scoppiare la discordia che ora ci fa piangere? Oh, misera e miseranda condizione delle creature! Oh come ci si può ingannare nel giudicare le disposizioni d'animo degli amici in questo mondo, ove non si può assolutamente prevedere come saranno in avvenire! Ma perché stare a ragionare e a lamentarsi della discordia tra due amici, dal momento che uno non sa nemmeno di sé stesso che cosa diverrà domani? In realtà sa solo a un dipresso e a mala pena ciò ch'è attualmente, ma ignora del tutto che cosa sarà in avvenire.


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06/09/2014 18:44
 
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S.Girolamo scrive ad  Agostino. Si evince che Girolamo deve aver ricevuto UN FALSO di Agostino.Immaginiamo veramente le difficoltà in quell'epoca di scriversi e contattarsi...

 


LETTERA 68


Scritta nell'anno 402.


Girolamo scrive a s. Agostino: ricevuta la lettera di Agostino sulla controversia Antiochena gli dice che vuole essere rassicurato sull'autore prima di rispondere (n. 1); lo invita a non voler polemizzare con un vecchio esegeta profondamente rattristato dagli attacchi di Rufino (n. 2-3).


GIROLAMO INVIA CRISTIANI SALUTI AD AGOSTINO SUO SIGNORE DAVVERO SANTO E FELICISSIMO VESCOVO


Secca risposta all'invito di Agostino.

1. Il suddiacono Asterio, nostro santo figlio, era sul punto di partire, quand'ecco giungermi la lettera della tua Beatitudine, in cui mi assicuri di non avere inviato a Roma alcun libello polemico contro la mia umile persona. Nemmeno io avevo sentito di un simile fatto fin quando, per il tramite del diacono Sisinio, nostro fratello, arrivarono qui copie di una lettera in cui mi esorti a cantare la ritrattazione riguardo a un brano dell'Apostolo, a imitare cioè Stesicoro il quale, trovatosi nell'imbarazzo di biasimare o di elogiare Elena, lodando la donna ricuperò la vista che aveva perduto per averla denigrata 1Confesso però alla tua Degnazione che lo stile e il modo di ragionare mi sembrano bensì tuoi, ma non ho ritenuto dover prestar fede, così alla leggera, a semplici copie di una lettera; qualora ti avessi risposto e tu ne fossi rimasto offeso, avresti potuto giustamente rimproverarmi per non essermi accertato dell'autenticità della lettera prima di risponderti. Un'altra causa del ritardo è stata la lunga malattia della santa e venerabile Paola. Ho passato lunghi periodi di tempo al capezzale della malata e così mi sono quasi dimenticatodella tua lettera o di chi l'ha scritta sotto il tuo nome. Mi tornava a mente solo quel versetto: Un discorso fuori luogo è come una musica in tempo di lutto 2Se quindi la lettera è tua, fammelo sapere per scritto in modo chiaro, oppure mandamene una copia autentica; solo così potremo intrattenerci a discutere sulla Sacra Scrittura senza risentimenti o collera ed essere in grado di correggere il nostro errore e persuaderci che le critiche mosseci l'un contro l'altro erano infondate.


Desidera esser lasciato in pace.

2. Lungi da me la presunzione di attaccare qualche opinione contenuta nei libri della tua Beatitudine. Ne ho già abbastanza di dimostrare esatte le mie, senza bisogno di criticare le altrui! La tua Prudenza d'altronde sa bene che ognuno è pienamente convinto delle proprie opinioni 3, e che è segno di puerile vanagloria rendere famoso il proprio nome criticando persone già illustri, come si era soliti fare da ragazzi. Non sono poi tanto stolto da ritenermi offeso dalle divergenze esistenti tra le mie e le tue spiegazioni, poiché nemmeno tu ti sentiresti offeso se io avessi opinioni contrarie alle tue. Quel che invece è veramente riprovevole tra amici è l'abitudine d'osservare la bisaccia degli altri senza guardare la nostra, come dice Persio 4. Non ti rimane altro che contraccambiare il bene che io ti voglio e non provocare, giovane qual sei, un vecchio come me nel campo delle Sacre Scritture. Io ho fatto ormai il mio tempo e ho corso quanto più ho potuto; ora tocca a te percorrere lunghi tragitti mentre è giusto che io mi riposi. Se poi mi permetti, vorrei dirti col dovuto rispetto: Perché tu non abbia l'impressione d'essere stato il solo a citarmi qualche passo di poeti, ricordati di Darete ed Entello 5 e del proverbio popolare che dice: "Il bue quand'è stanco preme la zampa con più forza". Ho scritto queste righe con l'animo esulcerato. Dio volesse che io meritassi di poterti abbracciare e di conversare con te! S'insegna o s'impara sempre qualcosa gli uni dagli altri.


La feroce invettiva di Rufino contro Girolamo.

3. Con la sua solita temerarietà m'ha inviato i suoi scritti pieni di ingiurie Calpurnio, soprannominato Lanaiolo; so pure che s'è premurato di farli giungere anche in Africa! Ad una parte di essi ho già risposto brevemente con un piccolo lavoro; del libello vi ho inviato delle copie, riservandomi di inviarvi quanto prima un'opera più ampia alla prima occasione favorevole. Mi sono guardato bene dal recar danno alla buona stima che si deve ai Cristiani: ho mirato solo a confutare le menzogne e i vaneggiamenti di questo pazzo analfabeta. Ricordati di me, santo e venerabile padre. Vedi quanto ti amo! Sebbene provocato, non ho voluto nemmeno rispondere e mi sono rifiutato di credere opera tua quella che, se fosse di un'altro, forse biasimerei. Il nostro comune fratello ti prega di accogliere i suoi saluti.


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06/09/2014 18:46
 
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In questa Lettera s.Agostino risponde positivamente al Commentario sul Libro dell'Ecclesiaste di Girolamo, pur dicendo che NON ne comprende il titolo.Si ritorna alla questione di Galati sull'interpretazione della storia di Pietro e Paolo.

 


LETTERA 40


Scritta sulla fine del 397.


A., ringraziato Girolamo per la lettera, approva il suo libro sugli Scrittori ecclesiastici ma non ne comprende il titolo (n. 1-2). Ritorna sulla questione dei rapporti fra Pietro e Paolo dando la propria interpretazione (n. 3-6); invitandolo a cantar la palinodia, si dichiara in cerca della verità (n. 7-8). Lo prega di indicare nella sua opera gli errori di Origene e degli altri eretici (n. 9).


AGOSTINO A GIROLAMO, SUO CARISSIMO SIGNORE E FRATELLO, DEGNO DEL PIÙ GRAN RISPETTO E DEL PIÙ VIVO AFFETTO SGORGANTE DA SINCERISSIMO OSSEQUIO DI CARITÀ, E SUO COLLEGA NEL SACERDOZIO


Agostino prega di scrivere più spesso.

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Interessante è qui, in questa Lettera una citazione che Agostino fa dal Maccabei.....

 


Che cosa S. Paolo ripudiò del giudaismo.

4. 6. Del giudaismo dunque Paolo aveva abbandonato solo ciò che era male: anzitutto il fatto chemisconoscendo la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria giustizia non si sono assoggettati alla giustizia di Dio 8. In secondo luogo non approvava che dopo la passione e la risurrezione di Cristo, dopo essere stato concesso e manifestato il mistero della grazia alla maniera di Melchisedech9, essi ancora credevano che gli antichi riti dovessero celebrarsi non come ricorrenze sacre e tradizionali ma come necessarie alla salvezza. Ammettiamo però che, se essi non fossero mai stati necessari, il martirio affrontato dai Maccabei sarebbe stato senza merito e senza scopo 10Paolo infine ripudiò il giudaismo per il fatto che i Giudei perseguitavano i Cristiani come nemici della Legge perché predicavano la grazia. Sono tali errori e colpe di tal genere che Paolo afferma d'aver reputati come danni e spazzatura per guadagnare Cristo 11 e non le pratiche legali qualora venivano compiute per rispetto della tradizione degli antenati, senz'affatto credere che fossero necessarie alla salvezza (mentre invece i Giudei ritenevano che lo fossero) e non già per finzione o simulazione come faceva Pietro per cui Paolo lo rimproverò. Orbene, se Pietro compiva quelle pratiche religiose simulandosi giudeo per guadagnare a Dio i Giudei, perché mai non avrebbero dovuto pure compiere sacrifici coi pagani, dato che viveva come uno senza Legge per guadagnare a Cristo anche quelli ch'erano senza Legge 12? Non agiva forse così, Paolo, se non perché era giudeo di nascita? Tutto quel discorso lo fece non per apparire falsamente quel che non era, ma perché credeva suo dovere venire in loro aiuto con sentimenti di misericordia come se egli stesso soffrisse per lo stesso errore; non agiva cioè con astuzia da bugiardo ma con amore di chi prova compassione. Proprio ciò vuol far capire nello stesso brano con una frase di portata più generale: Mi son fatto debole, per guadagnare i deboli, e con la conclusione che segue: Mi son fatto tutto a tutti, per guadagnare tutti 13; frase che deve intendersi nel senso che Paolo volle apparire preso da compassione per chiunque fosse debole come se lo fosse lui stesso. Così pure quando diceva: Chi è malato senza che lo sia pure io? 14, non voleva far intendere ch'egli fingesse d'avere in sé le malattie degli altri, ma solo che pativa con loro.


4. 7. Perciò ti scongiuro, àrmati di autentica e veramente cristiana severità, che dev'essere accompagnata da carità, àpplicati con ardore a correggere quel tuo lavoro ed emendalo dagli errori e poi - come suol dirsi - canta la palinodia. Poiché non c'è confronto tra la bellezza della verità cristiana e la bellezza dell'Elena greca. I nostri martiri, per difendere la verità cristiana, han combattuto contro questa Sodoma molto più coraggiosamente di quanto han fatto per quella donna i famosi eroi contro Troia. Se ti parlo così non è per farti riacquistare la vista spirituale (lontano da me il pensiero che tu l'abbia persa), ma per farti notare un fatto strano, che pur avendo gli occhi dell'anima ben sani e perspicaci, tuttavia, per una finzione che non riesco a spiegarmi, li volgesti altrove per non considerare le disastrose conseguenze che ne deriverebbero se anche per una sola volta si ammettesse che un autore della Sacra Scrittura possa aver mentito in qualche passo della propria opera sia pure in buona fede e a fin di bene.


.........

Infine Agostino fa presente degli errori di Origene....e ricordo a tutti che Origene a causa di una sua fuori uscita dalla "sana dottrina"....purtroppo pur citato ed usato dai testi che ha scritto, la Chiesa NON ha mai potuto ritenerlo un Padre della Chiesa......

 

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Gli errori di Origene.

6. 9. Riguardo alla risposta che mi hai benevolmente data a proposito di Origene, già sapevo anch'io che non solo nel campo della letteratura ecclesiastica ma in ogni altro campo dobbiamo approvare ed elogiare quanto vi troviamo di giusto e di vero, mentre dobbiamo disapprovare quanto è falso ed erroneo. Ma io desideravo e ancora desidero da te, saggio qual sei, di sapere in modo esplicito quali sono gli errori veri e propri con cui s'è potuto provare irrefutabilmente come quel personaggio sì grande e famoso s'è allontanato dalla retta fede.Quanto poi al libro in cui hai menzionato tutti gli scrittori ecclesiastici e le relative opere di cui ti sei potuto ricordare, sarebbe più opportuno, a mio modesto giudizio, se dopo aver nominato quelli da te conosciuti come eretici (salvo che proprio questi tu abbia voluto saltare a piè pari) aggiungessi pure i punti da cui è bene guardarsi. Qualcuno però lo hai davvero saltato e mi piacerebbe sapere in base a quale criterio lo hai fatto. Se per caso non hai voluto sovraccaricare il volume aggiungendo all'elenco degli eretici i punti in cui l'autorità cattolica li ha condannati, non ti paia troppo gravoso fare una tale aggiunta alla tua fatica di scrittore. Grazie a nostro Signore, la tua fatica letteraria ha contribuito non poco ad accendere e aiutare gli studi sacri in lingua latina. Cerca dunque di fare quanto la carità dei fratelli ti raccomanda pressantemente per mezzo della mia pochezza e cioè, se te lo permetteranno le tue occupazioni, di registrare accuratamente ma brevemente in un opuscolo le false dottrine di tutti gli eretici i quali, o per impudenza o per testardaggine, si sono sforzati di deformare l'ortodossia della fede cristiana, e pubblicarlo per informarne le persone che, pressate da altre faccende, non hanno tempo o, impedite dalla lingua straniera, non hanno la capacità di leggere e approfondire i numerosi testi originali. Ti pregherei più a lungo, se ciò non fosse di solito indizio di chi s'aspetta poco dalla carità. Raccomando per ora caIdamente alla tua Benevolenza Paolo, nostro fratello in Cristo che a te si presenta. Per la stima che gode nel nostro paese ti posso dare davanti a Dio una buona testimonianza di lui.


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06/09/2014 18:46
 
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Una breve Lettera di stima e affetto da parte di S.Girolamo per S.Agostino

 

 


LETTERA 39


Scritta forse nel 397-98.


S. Girolamo, il grande esegeta biblico, raccomanda ad Agostino il diacono Presidio, latore della lettera (n. 1) e lo prega di salutare Alipio (n. 2).


GIROLAMO SALUTA IN CRISTO IL VERAMENTE SANTO SIGNORE E VENERATISSIMO VESCOVO AGOSTINO


Raccomanda il diacono Presidio.

1. L'anno passato per mezzo del nostro fratello, il suddiacono Asterio, ho mandato alla tua Degnazione una lettera per adempiere il dovere di ricambiarti il saluto, e spero che te l'abbiano recapitata. Adesso ancora per mezzo del santo mio fratello, il diacono Presidio, ti scongiuro anzitutto di ricordarti di me e in secondo luogo di tenere per raccomandato il latore della presente. Sappi che mi è più che fratello: appoggialo quindi e dagli un aiuto in qualunque necessità; non che abbia (grazie a Cristo) bisogno di nulla, ma brama ardentemente l'amicizia di persone per bene e ritiene di aver conseguito grandissimo beneficio quando ne stringe qualcuna. Potrai conoscere da lui stesso il motivo per cui compie un viaggio per mare diretto all'Occidente.


Confidenza in Cristo, saluti ad Alipio.

2. Noi che abitiamo nel monastero subiamo ogni sorta di assalti dei flutti e sopportiamo le molestie dell'esilio terreno. D'altra parte però crediamo che per mezzo di Colui che disse: Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo 1, con la sua grazia e con la sua protezione riporteremo vittoria sul nostro nemico, il diavolo. Ti scongiuro di porgere deferenti saluti da parte mia al santo e venerato nostro fratello, il vescovo Alipio. Molti cordiali saluti pure da parte dei santi fratelli, i quali servono con zelo Dio con me nel monastero. Cristo, Dio nostro Onnipotente, ti conservi sano e salvo e ti faccia ricordare di me, o signore veramente santo e stimatissimo vescovo.



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06/09/2014 18:49
 
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In questa lettera S.Agostino dopo ave spiegato dei FRAINTENDIMENTIe delle lettere abusivamente forse RITOCCATE da mani ignote, parla a Girolamo delle Scritture....

 

Si evince che probabilmente la questione della Traduzione dall'Ebraico NON AVEVA NULLA A CHE FARE  con i Deuterocanonici i quali,  NON SONO MENZIONATI ma si parla della LXX

 

.......


Ortodossia e libertà d'esegesi.

5. 34. Riguardo poi alla tua traduzione, mi hai ormai convinto dell'utilità che ti sei proposto di raggiungere nel tradurre le Sacre Scritture dal testo ebraicoch'era quello di mettere in risalto le parole saltate o alterate dai Giudei. Ti chiedo tuttavia d'indicarmi di quali Giudei si tratta. Sono forse quelli che avevano fatto la versione prima della venuta del Signore? In tal caso chi sono stati o chi di essi è stato? O sono stati forse solo quelli della generazione posteriore, che si può pensare abbiano tolto o alterato qualche passo nei manoscritti greci allo scopo di non vedersi confutati senza scampo da quelle prove riguardanti la verità della fede cristiana?Non riesco a immaginare per qual motivo avrebbero dovuto fare una simile cosa i traduttori della generazione precedente! Mandami inoltre la tua versione dei Settanta; non sapevo ancora che tu l'avessi già pubblicata. Desidero pure leggere il tuo libro "il metodo ideale per tradurre ", a cui tu stesso accennavi. Vorrei poi sapere un'altra cosa: com'è possibile a un traduttore mettere d'accordo le sue conoscenze delle lingue originali con le opinioni congetturali degli espositori sistematici delle Scritture. E' infatti inevitabile che costoro, anche se tutti professano la retta e unica fede, tirino fuori opinioni diverse, data l'oscurità di molti passi, sebbene tale varietà d'opinioni non sia in contrasto con l'unità della fede; così pure uno stesso commentatore, pur restando nell'ambito della medesima fede, può dare spiegazioni diverse d'un identico passo, cosa questa consentita dalla stessa oscurità del testo.


Preoccupazioni per il testo dei LXX.

5. 35. Desidero inoltre la versione del testo dei Settanta, allo scopo di sbarazzarmi, per quanto è possibile, di tutte le traduzioni difettose dei Latini, chiunque siano coloro che hanno tentato quest'impresa. Quanti poi pensano ch'io sia geloso dei tuoi utili lavori, capiscano una buona volta (se pur sarà possibile) perché non voglio che venga letta nelle chiese la tua versione dall'ebraiconon voglio ch'essa venga introdotta come una novità contro l'autorità dei Settanta e si vengano in tal modo a turbare con un grave scandalo i fedeli CristianiLe loro orecchie e la loro mente sono infatti abituate a sentire quella versione già approvata dagli Apostoli.
Ecco anche perché preferirei che quel virgulto di cui si parla in Giona 
56, anche se il termine ebraico non corrisponde né ad " edera " né a " zucca " o non so cos'altro che si tiene diritto sul tuo stelo senza bisogno d'appoggiarsi ad altro sostegno, preferirei, ripeto, che in tutte le versioni latine si leggesse " zucca". Poiché penso che non senza motivo i Settanta abbiano usato questo termine, ma perché si trattava di qualcosa di simile.


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06/09/2014 18:52
 
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.nella Lettera 71..IL PROBLEMA NON SONO I DEUTEROCANONICI. 


Le versioni della Bibbia dall'ebraico.

2. 3. Nella presente devo aggiungere quanto ho appreso solo più tardi, che cioè hai tradotto dall'ebraico il libro di Giobbe: noi avevamo già una tua versione di quel Profeta dal testo greco in latino. In quella tua prima versione avevi contrassegnato con asterischi le parti ebraiche mancanti nel greco e con obelischi le parti che si trovano nel greco e mancanti nell'ebraico. Avevi eseguito la versione con sì mirabile accuratezza che in alcuni brani ad ogni parola si vedono gli asterischi significanti che le medesime parole sono nell'ebraico ma non sono nel greco. Ora invece in questa seconda versione condotta sul testo ebraico non si riscontra più la medesima scrupolosa fedeltà verbale. Ciò turba non poco il lettore il quale si domanda: Perché mai nella prima hai messo con tanta diligenza gli asterischi indicanti le particelle anche minime che mancano nei manoscritti greci e che invece sono nell'ebraico? Perché, al contrario, in quest'altra versione, condotta sul testo ebraico, sei stato a questo riguardo tanto trascurato che quelle medesime particelle non si trovano più al loro posto? Avrei voluto citare qualche esempio di quanto affermo, ma in questo momento non ho a portata di mano il manoscritto. Ma siccome mi superi di gran lunga per ingegno, hai capito a volo e molto bene non solo quanto ho detto, ma pure quanto avrei voluto dirti - così almeno credo - per cui puoi rispondere alle obiezioni che ti ho esposto e che mi lasciano perplesso.


Agostino preferisce la versione dai LXX per ragioni pastorali.

2. 4. A dir la verità io, personalmente, avrei preferito e preferirei che tu ci traducessi i libri canonici della sacra Scrittura dal testo greco della versione dei LXX. Se infatti la tua traduzione cominciasse ad esser letta con una certa frequenza in molte Chiese, succederebbe un fatto assai penoso: le Chiese greche si troverebbero a discordare da quelle latine; la cosa sarebbe tanto più penosa in quanto ora riesce facile convincere del suo errore chi avanza delle obiezioni col mostrargli la sacra Scrittura nel testo greco, cioè in una lingua quasi universalmente conosciuta. D'ora in poi invece, se uno incontrerà delle difficoltà per qualche espressione insolita nel testo tradotto dall'ebraico e lancerà l'accusa di falsità, rarissimamente o mai addirittura s'arriverà ad avere i testi originari ebraici con cui ci si possa difendere dall'obiezione. Ammesso pure che ciò sia possibile, chi se la sentirebbe di lasciar condannare tante autorità latine e greche? A ciò s'aggiunge che anche i dotti ebrei, consultati in proposito, potrebbero rispondere diversamente; potrebbe quindi sembrare che tu fossi l'unica, indispensabile persona capace di confutarli; ma chi potrebbe comunque fare da arbitro? Sarebbe un miracolo se si riuscisse a trovarne uno!


Inconvenienti derivanti dalla versione sul testo ebraico.

3. 5. Per esempio, un nostro confratello d'episcopato aveva cominciato a leggere la tua versione nella chiesa a lui soggetta: era un passo del profeta Giona 1, da te tradotto con varianti assai diverse dal testo ormai fissato nel pensiero e nella memoria di tutti e così trasmesso per tante generazioni, e suscitò un certo turbamento. Scoppiò allora un tale tumulto tra i fedeli, soprattutto perché i Greci lanciavano accese accuse di falsità che il vescovo - si trattava della città di Ea - fu costretto a chiederne la conferma a dei Giudei. Costoro, non si sa se per ignoranza o per malizia, risposero che i testi ebraici avevano le medesime espressioni contenute, con le stesse parole, nei testi greci e latini. A farla breve, quel poveretto fu costretto ad emendare il testo quasi fosse inesatto, nell'intento di scongiurare il grave pericolo e di non rimanere senza fedeli. Da ciò posso arguire che tu pure sei potuto incorrere in qualche errore. Vedi quali inconvenienti possono derivare a proposito di certi brani della Scrittura che non si possono correggere mettendo a raffronto coi passi paralleli delle lingue più comuni.


Difesa della versione greca dei LXX.

4. 6. Rendiamo perciò vivissime grazie a Dio per l'opera da te compiuta col tradurre il Vangelo dal greco; in quasi tutti i passi di esso non c'è alcuna espressione contrastante col testo greco della Scrittura messo a fronte. Se quindi qualcuno vuol far polemica poiché è fautore delle false traduzioni precedenti, basta tirar fuori i testi e metterli a confronto: in tal modo è assai facile persuaderlo o confutarlo. Può anche darsi però che pure in esso si trovino passi che a ragione lascino perplessi, ma se ve ne sono, sono rarissimi; chi sarà tanto scorbutico da non considerare con una certa indulgenza un lavoro così utile, che non si potrebbe lodare mai quanto merita? Vorrei comunque che mi spiegassi perché mai in molti passi il testo dei manoscritti ebraici della sacra Scrittura è assai diverso da quello greco detto dei LXX. Questo testo infatti ha non poca importanza, dal momento che ha avuto una sì vasta diffusione e fu usato dagli Apostoli; ciò è attestato non solo dai fatti, ma ricordo che lo hai attestato pure tu stesso. Faresti quindi un lavoro utilissimo se ristabilissi esattamente il testo latino sulla versione greca curata dai LXX; poiché quello che abbiamo presenta, nei vari codici, varianti così notevoli che a stento si può ancor tollerare; uno poi ha tanti motivi di sospettare che si trovino nel testo greco lezioni diverse da rimanere sempre in dubbio se servirsene o no per trarne citazioni o dimostrazioni. Credevo che la presente sarebbe stata breve, ma, non so come, m'è riuscito assai piacevole di tirarla in lungo, come se mi trovassi a conversare con te. Ti scongiuro, comunque, nel nome del Signore, che non ti rincresca di rispondere ai singoli quesiti e di farmi il dono, per quanto t'è possibile, di starmi vicino.


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qui anche un particolare:

 

Agostino ha corretto i Salmi tradotti da Girolamo.

5. La raccolta dei Salmi tradotti dall'ebraico da Girolamo io non la posseggoNoi invece non li abbiamo tradotti ma abbiamo corretto alcuni errori degli esemplari latini confrontando gli esemplari greci.(Agostino intende la LXX) Con questa nostra opera abbiamo fatto forse una traduzione più fedele di quel che non era, tuttavia non ancora quale dovrebbe essere, poiché continuo ancora adesso a correggere, confrontando il testo greco, gli errori che forse mi sfuggirono allora, se creano difficoltà nei lettori. In tal modo siamo anche noi come te alla ricerca d'una traduzione perfetta.


(Lettera 270)

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