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06/09/2014 18:32 | |
Non siamo nati per vivere quaggiù in eterno
Ci rattristiamo per la morte di qualcuno: ma siamo forse nati per vivere eternamente qui? Abramo, Mosè, Isaia, Pietro, Giacomo e Giovanni, Paolo - il vaso d`elezione - e perfino il Figlio di Dio, tutti sono morti; e proprio noi restiamo indignati quando qualcuno lascia il suo corpo? E pensare che probabilmente, proprio affinché il male non riuscisse a forviare la sua ragione, è stato portato via! La sua anima, infatti, era gradita a Dio; per questo s`è affrettato a toglierla di mezzo all`iniquità (Sap 4,11.14) in modo che durante il lungo viaggio della vita non si smarrisse in sentieri traversi.
Piangiamoli, sì, i morti; ma solo quelli che piombano nella geenna, quelli divorati dall`inferno, quelli per i quali è acceso un fuoco eterno! Ma se noi, quando lasciamo questa vita, siamo accompagnati da una schiera di angeli, se Cristo ci viene incontro, rattristiamoci piuttosto se ha da prolungarsi la nostra permanenza in questa residenza sepolcrale. E poiché, effettivamente, per il tempo che qui ci attardiamo, siamo come degli esiliati che camminano lontani dal Signore, il desiderio, l`unico, che ci deve trascinare, è questo: Me infelice! Il mio esilio si prolunga; abito tra i cittadini di Cedar, e da troppo tempo l`anima mia è in esilio (Sal 119,5-6). Ora, se dire «Cedar» è dire «tenebre», se questo mondo è tenebre - nelle tenebre, infatti, la luce risplende, ma le tenebre non l`accolsero (Gv 1,5) - rallegriamoci con la nostra Blesilla che è passata dalle tenebre alla luce, e mentre ancora era lanciata nella fede appena accolta, ha ricevuto la corona di un`opera compiuta. Girolamo, Le Lettere, I, 39,3 (a Paola)
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