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LA VERGINITA' (di s.G.Crisostomo)

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2014 15:19
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02/09/2014 15:16
 
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LIII. Il matrimonio con una donna ricca non è invidiabile, e provoca piú dolori del matrimonio con una donna povera.

Ma, se vuoi, lasciamo da parte tutti gli aspetti spiacevoli, e prendiamo ora in esame più da vicino la cosa che nel matrimonio sembra rappresentare la somma felicità e che spesso molti, anzi tutti si augurano di ottenere. Di che cosa si tratta? Del prendere in sposa, quando si è poveri, semplici e modesti, una moglie discendente da una famiglia importante, potente e molto ricca. Ma questa cosa così invidiabile si rivela in realtà foriera di disgrazie non minori di quelle dell’altro matrimonio tanto detestato. Le donne sono una razza portata più di ogni altra all'alterigia ed alla debolezza, e divengono più facilmente preda di queste malattie. Quando poi hanno a portata di mano un gran numero di pretesti per manifestare la loro alterigia, nulla più le trattiene: come la fiamma che si attacca ad una materia, si gonfiano in un modo indicibile, e sconvolgono ogni ordine, mettendo tutto sottosopra. In tal caso infatti la moglie non consente al marito di rimanere il capo, ma, spinta dalla sua presunzione e demenza, lo scaccia da questo posto e lo relega in una posizione subordinata, che invece spetterebbe a lei: così, è lei a diventare il capo. Che cosa c'è di peggio di quest'anomalia? Non parlo poi dei rimproveri, delle offese, dei dispiaceri, cose più insopportabili di ogni altra.

 

LIV. Se si riesce a sottomettere la moglie ricca, i dispiaceri si fanno ancora piu grandi .

E se si dicesse — l'ho sentito dire a molti, quando capita di fare questi discorsi: "Mi basta che sia molto ricca; per me, non è un problema sottometterla ed umiliare la sua presunzione"; se si dicesse questo, innanzitutto si mostrerebbe d'ignorare che si tratta di un'impresa molto difficile. In secondo luogo, anche se si riuscisse, il danno non sarebbe lieve. Il fatto che la moglie viene sottomessa al marito con la costrizione, il timore e la violenza è molto più penoso e doloroso dell'esercizio di un pieno potere su di lui. Come mai? Perché questa violenza scaccia ogni amore ed ogni piacere; e quando non c'è né l'amore né il desiderio amoroso, ed al loro posto subentrano la paura e la costrizione, che cosa vale più un simile matrimonio?

 

LV. Sposare un uomo piu ricco è un male insopportabile.

Questo accade quando è la moglie ad essere ricca. Se invece la moglie non ha nulla mentre il marito è ricco, la moglie, invece di essere sposa, diventa serva, e da donna libera che era si trasforma in schiava: perduta la sicurezza propria del suo rango, non si trova in una situazione migliore di quella degli schiavi comprati; e se il marito vuol fare lo sregolato o ubriacarsi o portare nel suo letto una folla di cortigiane, deve o sopportare tutto e fare buon viso, o abbandonare la casa. E questa non è la sola cosa brutta: quando il marito è così, la moglie non è in grado di comandare liberamente né i servi né le ancelle; vivendo come un'estranea, godendo di cose che non le appartengono, e coabitando con un padrone più che con un marito, è costretta a fare tutto ed a soffrire. Qualora poi un uomo volesse sposare una donna di condizione simile alla sua, la legge della sottomissione rovina ogni uguaglianza, anche se l'entità del patrimonio spinge la moglie a considerarsi uguale al marito. Che cosa si può fare di fronte a difficoltà così grandi, che insorgono ad ogni passo? Non citarmi come esempio i matrimoni — molto pochi e facili a contarsi — che sfuggono a questi mali: è bene definire le cose non in base alle eccezioni, ma in base a ciò che capita di regola.


 

LVI. La donna sposata è costretta a soffrire molti dolori

1. E' ben difficile, anzi è impossibile che questi mali si presentino durante lo stato verginale, mentre è difficile che non capitino durante il matrimonio. E se nei matrimoni che sembrano felici insorgono così forti dispiaceri e così gravi disgrazie, che cosa si dovrebbe dire e a proposito dei matrimoni che, per comune ammissione, sono fonte di dolori? E' fatale che la donna, anche se deve morire una volta sola, non tema la morte di una sola persona e che non si preoccupi di un'unica vita, pur possedendone una sola: grande è la sua trepidazione per il marito, per i figli, per le loro mogli e per i loro figli, e quanto più la radice si divide nei vari rami, tanto più si moltiplicano le sue ansie. Se a qualcuna di queste persone capita o un danno economico o una malattia fisica o qualche altro male non voluto, essa deve affliggersi e lamentarsi non meno delle vittime dirette. Quando tutti i congiunti muoiono prima di lei, il dolore le diventa insopportabile; quando invece alcuni restano in vita, mentre altri sono rapiti da morti premature, neanche in questo si può trovare una vera e propria consolazione.

2. L'ansia per le persone vive che continua a scuotere l'anima non è inferiore al dolore che prova per i morti ma lo supera, per quanto strano ciò possa sembrare. Il tempo suole infatti mitigare la tristezza prodotta dalle morti, mentre le preoccupazioni per i vivi sono destinate a continuare sempre, e a cessare solo con la morte. Quale vita conduciamo se, non contentandoci dei nostri dolori, siamo costretti a piangere sulle disgrazie altrui? Spesso molte donne discendono da genitori illustri, vengono allevate nei più grandi agi e vengono fatte sposare ad uomini molto potenti; eppure all’improvviso, prima ancora di potere assaporare questa felicità, al sopraggiungere di una calamità simile ad una tempesta o ad una burrasca, vanno a fondo e sperimentano gli orrori del naufragio; dopo aver goduto di un'infinità di beni prima del matrimonio, una volta sposatesi piombano nell'estrema disgrazia. "Ma questo — mi si obietta — non suole accadere in tutti i matrimoni né si verifica sempre". Ed io torno a ripetere: non si può però neanche dire che tutti i matrimoni ne siano esenti: da una parte, alcune persone fanno diretta esperienza di tali disgrazie; dall'altra, quelle che sono riuscite ad evitare la prova sono angustiate dall'attesa. Ogni vergine, invece, rimane al di sopra di ogni prova e di ogni attesa.

 

LVII. Dei dolori che colpiscono ogni matrimonio.

1. Ma se vuoi lasciamo stare tutto questo ed esaminiamo ora i mali che la natura assegna al matrimonio ed ai quali nessuno può sfuggire, lo voglia o no. Quali sono? I dolori del parto, la generazione ed i figli. Ma riprendiamo il discorso da un punto più alto, e cerchiamo di capire ciò che avviene prima del matrimonio, per quanto ci è possibile (queste cose le conosce infatti con esattezza soltanto chi le ha sperimentate). E’ giunto il tempo del fidanzamento, e subito preoccupazioni di vario tipo si affollano nella mente della donna: l'uomo che sta per sposare può avere dei bassi natali o una cattiva reputazione, o può essere arrogante, ingannatore, millantatore, insolente, geloso, meschino, sciocco, malvagio, duro, effeminato. Certo, non è detto che tutti questi mali debbano colpire tutte le donne che si sposano; ma è fatale che tutte se ne preoccupino molto. Quando non si conosce ancora l'uomo assegnato e le speranze sono incerte, l'anima della donna trema piena di timore di fronte a tutto e pensa a tutti i mali possibili. Chi poi dicesse che essa potrebbe rallegrarsi pensando ai beni contrari, sappia che la speranza dei beni non ci consola nella stessa misura in cui ci addolora il timore dei mali. I beni producono la gioia solo quando poggiano su speranze sicure, mentre i mali, anche quando vengono soltanto sospettati, subito scompigliano e sconvolgono l’anima.

2. Come nel caso degli schiavi l'incertezza sui futuri padroni non dà tregua alle loro anime, così l'anima delle vergini, per tutto il periodo del fidanzamento, assomiglia ad una nave sbattuta dalla tempesta. Ogni giorno i loro genitori accolgono o scacciano i pretendenti; il pretendente che ieri ha vinto può essere oggi vinto da un altro, il quale può a sua volta essere scacciato da un altro ancora. Accade anche che alla vigilia stessa del matrimonio quello che era ritenuto lo sposo se ne vada a mani vuote, mentre un altro a cui non si pensava affatto riceve in sposa la ragazza dai genitori. E non solo le donne, ma anche gli uomini hanno forti preoccupazioni: mentre sul conto degli uomini ci si può informare, come ci si può informare sul carattere o sull'aspetto di una donna che rimane sempre chiusa in casa? Questo accade all'epoca dell'innamoramento. Quando poi si giunge al matrimonio, l’angoscia cresce e le paure soverchiano le gioie; la sposa teme di sembrare già dalla prima sera poco attraente e di gran lunga inferiore alle aspettative del marito. Essa può sopportare un disprezzo successivo, che subentra all'ammirazione iniziale; ma se, per così dire, suscita repulsione fin dal punto di partenza, quando potrà mai essere ammirata?

3. E non dire: "Che cosa succede invece se è bella?". Neanche in questo caso si libera dalle sue preoccupazioni. Molte donne splendenti nella loro bellezza fisica non riescono a catturare i loro mariti, che abbandonano per darsi ad altre inferiori a loro. E anche quando questa preoccupazione svanisce, ne sopraggiunge un'altra: nuovi dispiaceri insorgono al pagamento della dote, quando il suocero non la dà volentieri perché sa di dare un deposito a fondo perduto, e quando lo sposo, pur essendo ansioso di prenderla, si vede costretto ad essere cauto nelle sue richieste di riscossione; la sposa si vergogna del ritardo ed arrossisce di fronte al marito, perché ha un padre che è il peggiore debitore. Ma ora tralascio tutto questo.

4. Anche se questa preoccupazione svanisce, subito subentrano la paura della sterilità e, in aggiunta, quella di una prole molto numerosa; se nessuna di queste due eventualità è ancora chiara, le spose fin dall'inizio del matrimonio sono agitate da entrambi i pensieri. Se la sposa diventa subito incinta, la gioia si mescola alla paura, perché da quest'ultima nulla nel matrimonio è disgiunto; si teme che il feto concepito vada distrutto in un aborto, e che la donna incinta corra l’estremo pericolo. Se invece prima del concepimento intercorre un lungo periodo di tempo, la donna si perde d'animo, come se il generare dipendesse da lei. Quando poi giunge il momento del parto, il ventre, già messo a dura prova per tanto tempo, è colpito e tirato dai dolori, che da soli bastano ad oscurare tutte le gioie del matrimonio. Oltre a questo, altri pensieri la turbano. La povera e sfortunata ragazza, pur essendo torturata da così forti dolori, teme non meno di questi di dare alla luce un figlio mutilato e storpio in luogo di un figlio integro e sano, o di avere una femmina invece di un maschio. Quest’angoscia, in effetti, non tormenta in quel momento le partorienti meno dei dolori del parto: hanno paura dei mariti non solo nelle cose di cui sono responsabili, ma anche — e in misura non minore — in quelle in cui sono esenti da qualsiasi responsabilità. Trascurando la propria sicurezza in un momento di così grave pericolo, si preoccupano di non far succedere nulla che sia sgradito al marito. E dopo che il bambino è caduto a terra ed ha emesso il primo vagito, si affacciano altre preoccupazioni, quelle relative alla sua incolumità ed al suo allevamento.

5. Ed anche se il bambino generato ha una buona natura ed è portato alla virtù, i genitori temono che gli capiti qualcosa di male, che sia vittima di una morte prematura, che si lasci prendere da qualche vizio. Non è vero soltanto che da cattivi si può diventare buoni: anche da buoni si può diventare vili e cattivi. E se si verifica qualcuno di questi eventi esecrabili, il dolore che ne deriva è più insopportabile di quello che si sarebbe provato se la stessa cosa fosse avvenuta all’inizio. Se poi tutte le qualità buone restano salde, la paura di un cambiamento continua sempre a scuotere l’animo dei genitori e ad eliminare una buona parte del piacere. "Ma non a tutte le persone sposate capita di avere figli". Ammetti dunque un altro motivo di tristezza? Quando gli sposi sono presi da differenti dolori e preoccupazioni, ci siano o no i figli, o siano essi buoni o cattivi, come possiamo chiamare piacevole la vita matrimoniale?

6. Se poi gli sposi vivono d'amore e d'accordo, si affaccia il timore che la morte venga a recidere il piacere. E' più esatto dire che in tal caso non si ha a che fare con una semplice paura: il male non consiste soltanto nella sua attesa, ma fatalmente si realizza modo concreto. Nessuno è stato mai in grado d’indicare due persone sposate che siano morte entrambe nello stesso giorno: non essendo ciò possibile, resta solo l'obbligo di sopportare una vita molto più dolorosa della morte, si sia vissuti insieme per molto tempo o per poco. Chi ha infatti sperimentato una lunga convivenza, riceve un dolore in proporzione più grande, giacché la lunga dimestichezza rende insopportabile la separazione e chi, quando il suo desiderio è ancora veemente, si vede privato dell'amore che non ha potuto gustare e di cui non ha ancora potuto saziarsi, piange per questo ancora più dell'altro: per cause opposte, entrambi sono vittime di uguali dolori.

7. E perché ricordare le separazioni che nel frattempo si verificano, le lunghe assenze, le ansie che le accompagnano, e le malattie? "Ma che cosa ha a che fare questo con il matrimonio?" mi si obietta. Spesso, molte donne si ammalano soprattutto per colpa sua. Quando sono vittime di violenza e d’ira, si produce in loro una febbre dovuta ora alla rabbia, ora allo scoraggiamento. Se invece, quando il marito è presente, non solo non soffrono nulla di tutto questo, ma godono delle sue continue gentilezze, quando egli si allontana incappano negli stessi dolori. Ma anche se lasciassimo andare tutto questo e non muovessimo più accuse al matrimonio, non potremmo scagionarlo anche di un'altra colpa. Di quale? Il matrimonio non permette all'uomo sano di stare meglio del malato, ma lo fa piombare nello stesso scoraggiamento che prova l'uomo allettato,

 
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