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LA VERGINITA' (di s.G.Crisostomo)

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2014 15:19
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02/09/2014 15:13
 
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XXXV. Era necessario che Paolo s'indicasse come esempio di continenza

1. Perché mai Paolo parla qui di sé dicendo "voglio che tutti gli uomini siano come me"? Non certo per esaltarsi: egli era colui che, pur essendosi distinto tra gli apostoli nella fatica della predicazione, si riteneva indegno perfino di essere chiamato apostolo. Dopo avere detto infatti "Sono il più piccolo degli apostoli", nel timore di avere pronunziato una parola che oltrepassava i suoi meriti, si riprese subito aggiungendo: "Non sono degno di essere chiamato apostolo". Come mai allora qui si aggiunge come esempio alla sua esortazione? Non l'ha fatto senza motivo o a caso, ma perché sapeva bene che i discepoli si lasciano condurre all'imitazione delle cose belle soprattutto quando ricevono l'esempio dai maestri. Come colui che è saggio solo nelle parole e non nelle opere non è di grande aiuto all'ascoltatore, così colui che è in grado di mostrare di avere messo in pratica i consigli che dà riesce a trascinare meglio l’uditorio. Inoltre, Paolo si mostra libero dall'invidia e dall'orgoglio: vuole che i suoi discepoli siamo partecipi di questo privilegio, non cerca di avere nulla in più di loro e desidera che essi l'eguaglino in tutto.

2. Devo ricordare anche il terzo motivo. Di che cosa si tratta? La cosa sembrava difficile, e non alla portata dei più. Nell'intento di mostrare che era invece molto facile, egli cita come esempio colui che l'aveva realizzata, perché i discepoli non credessero che costasse molta fatica e perché, guardando la loro guida, potessero anch'essi incamminarsi fiduciosi per la stessa strada. Così si comporta anche in un'altra occasione. Parlando ai Galati, e cercando di dissipare la paura che avevano della legge, e che li faceva ricadere nelle vecchie usanze e li costringeva ad osservare molti di quei precetti, che cosa dice? "Diventate come me, perché anch'io sono come voi". Ciò che vuol dire è questo: "Non potete affermare che io, convertitomi ora dal paganesimo senza conoscere la paura prodotta dalla trasgressione della legge, vi voglio insegnare impunemente tutte queste cose. Anch'io sono stato una volta asservito a questa schiavitù come voi: mi sottomettevo alle prescrizioni della legge, ne osservavo i precetti, ma una volta illuminato dalla grazia ho trasferito tutto me stesso a quest'ultima, abbandonando la prima. Questo non rappresenta più una trasgressione "se ci sottomettiamo ad un altro uomo": di conseguenza, nessuno di voi può dire che io agisco in un modo ed esorto in un altro, né che, badando alla mia sicurezza, vi caccio in un pericolo. Se la cosa fosse stata pericolosa, non avrei tradito me stesso trascurando la mia salvezza". Come in quest'altro caso dissipò la loro paura citandosi come esempio, così anche nel nostro, mettendosi in mezzo, intende eliminare la loro angoscia.

 

XXXVI. L'apostolo chiama "grazia" la verginità perché vuole essere umile

1. "Ma ciascuno — dice Paolo — ha la propria grazia, chi in un modo, chi in un altro. Osserva come i tratti caratteristici dell'umiltà dell'apostolo non svaniscano mai, ma risplendano sempre in modo distinto. Egli chiama grazia di Dio la propria azione virtuosa, ed attribuisce al Signore tutto il frutto delle sue grandi fatiche. Ma perché ci si dovrebbe meravigliare se si comporta così a proposito della continenza, quando assume lo stesso atteggiamento nei riguardi della predicazione, per la quale sopportò infinite fatiche, tormenti continui, sofferenze indicibili, ed andò incontro a quotidiani pericoli di morte? Che cosa dice in proposito? "Mi sono affaticato più di tutti loro: non io però, ma la grazia di Dio che è in me". Non attribuisce una parte del merito a sé ed un'altra a Dio, ma fa risalire tutto a Dio. E' proprio di un buon servo credere che nulla gli appartenga e che tutto sia del padrone [e ritenere che nulla sia suo ma tutto del Signore].

2. Paolo si comporta così anche altrove. Dopo avere detto "Riceviamo dei favori differenti, secondo la grazia che ci è stata concessa ", un poco più avanti annovera tra questi favori le cariche, le opere di misericordia e le elargizioni. A tutti è chiaro che queste cose sono azioni virtuose, e non favori. Ho voluto ricordarlo, perché quando gli senti dire "Ognuno ha la propria grazia" tu non ti scoraggi e non dica a te stesso: "La cosa non richiede il mio impegno, se Paolo l’ha chiamata grazia". Egli parla così per umiltà, non perché voglia annoverare la temperanza tra le grazie. Non era infatti sua intenzione contraddire in tal modo se stesso e Cristo; Cristo aveva detto: "Ci sono degli eunuchi che si sono resi eunuchi per il regno dei cieli", ed aveva aggiunto: "Chi è in grado d'intendere, intenda"; ed egli stesso aveva condannato le donne che dopo avere scelto la vedovanza non avevano voluto tener fede a questo proposito. Se si tratta di una grazia, perché le minacci dicendo "Vengono giudicate, perché hanno rinnegato la fede primitiva"? Cristo non ha mai punito coloro che non avevano la grazia, ma ha condannato sempre coloro che non davano prova di una vita retta: le cose che soprattutto cercava, erano la perfetta condotta di vita e le azioni irreprensibili. La distribuzione delle grazie non dipende dalla scelta di chi le riceve, ma dal giudizio di chi le offre. Per questo Cristo non loda mai gli autori dei miracoli, e toglie ai discepoli che se ne vantano questa soddisfazione, dicendo: "Non rallegratevi perché i demoni vi ubbidiscono". Coloro che vengono sempre considerati beati sono gli umili, i miti, i puri di cuore, i pacifici, coloro che hanno tutte queste qualità ed altre simili.
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