Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

INFERNO: risposte a tante domande

Ultimo Aggiornamento: 02/02/2023 12:25
Autore
Stampa | Notifica email    
01/09/2014 15:53
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

La dottrina della Chiesa riguardante l'Inferno, quindi, consiste in due proposizioni che si devono credere come verità di fede: 1) esiste l'Inferno, che non è un "luogo", ma uno "stato", un "modo di essere" della persona, in cui questa soffre la pena della privazione di Dio, che si chiama la "pena del danno" e nella quale consiste l'essenza propria dell'Inferno. Alla "pena del danno" si accompagna la "pena del senso", che è espressa con l'immagine del "fuoco", ma che non ha nulla a che vedere col fuoco di cui noi abbiamo esperienza: essa significa lo stato di sofferenza di "tutto" l'essere umano per il fatto di essere privato di Dio, che è la fonte della felicità di "tutto" l'essere umano, spirito incarnato. Perciò è fuorviante - anche se l'immagine popolare così si figura l'Inferno - pensare che Dio, per mezzo dei demoni, infligga ai dannati tormenti spaventosi, come quello del fuoco; 2) l'Inferno è eterno, non per il fatto che così voglia Dio, ma per il fatto che la decisione che l'uomo prende coscientemente nella sua vita e conferma in punto di morte - per Dio o contro Dio - è per sua natura definitiva e irrevocabile: dopo la morte l'essere umano non può pentirsi o tornare indietro. Invece la Chiesa non ha definito nulla circa il numero di coloro che volontariamente scelgono l'Inferno. Sant’Agostino parla di massa dannata di fronte al piccolo numero degli "eletti"; san Gregorio Magno e altri Padri e Dottori della Chiesa affermano che sono innumerevoli coloro che si dannano. La Chiesa nella sua dottrina ufficiale mantiene su questo punto un assoluto riserbo. Mentre, dichiarando autorevolmente la santità eroica di alcune persone - i martiri e i santi - afferma che tali persone sono salvate e godono eternamente la visione e l'amore di Dio, non ha mai dichiarato che una persona in concreto - neppure Giuda - si sia dannata. "Ma - osserva opportunamente la Commissione Teologica Internazionale nel suo documento Alcune questioni attuali riguardanti l'escatologia (1992) - poiché l'Inferno è una vera possibilità reale per ogni uomo, non è lecito, sebbene lo si dimentichi talora nella predicazione durante le esequie, presupporre una specie di automatismo della salvezza" (n. 10, 3) (cfr. Civ. Catt. 1992 I 492).

Sarebbe arrogarsi un giudizio che spetta solamente a Dio. La Chiesa prega Dio per la salvezza di tutti e affida alla misericordia infinita di Dio i suoi figli peccatori: può dunque sperare nella loro salvezza, ma non ha alcuna certezza che tutti si salvino. Non ha senso, perciò, affermare che esiste la possibilità reale della dannazione, ma che in concreto nessuno si danna. Con quale diritto si fa una simile affermazione, se la Chiesa - che pure crede nell'infinita misericordia di Dio e non si stanca di pregare anche per i peggiori peccatori - su questo punto conserva un assoluto riserbo, rispettando in tal modo il mistero di Dio, i cui giudizi sono "imperscrutabili" (Rm 11,33)?

La Chiesa fonda la sua dottrina dogmatica dell'esistenza dell'Inferno eterno sull'insegnamento del Nuovo Testamento. In molti luoghi si parla della "condanna" di coloro che non accettano Gesù e i suoi inviati (Mt 10,15) o non credono in Gesù: "Chi non crede nel Figlio è già stato condannato" (Gv 3,17). Nessuno sfuggirà al "giudizio di Dio", il quale "giudicherà i segreti degli uomini" (Rm 2,3.16), poiché "tutti ci presenteremo al tribunale di Dio" e "ciascuno di noi renderà conto a Dio di se stesso" (Rm 14,10.12). Gesù parla di un luogo di perdizione, la Geenna (Mt 10,28). San Paolo e san Giovanni parlano della "collera" di Dio che l'uomo attira su di sé: "Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio incombe su di lui" (Gv 3,36). "Tu però con la tua durezza e il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te per il giorno dell'ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere: la vita eterna a coloro che perseverando nelle opere di bene cercano gloria, onore e incorruttibilità; sdegno e ira contro coloro che per ribellione resistono alla verità e obbediscono all'ingiustizia" (Rm 2,5-8).

Gesù parla di un cammino "che conduce alla perdizione" e di una via che "conduce alla vita" (Mt 7,13-14); san Paolo parla dei nemici della croce di Cristo, la cui "fine sarà la perdizione" (Fil 3,19). La seconda lettera ai Tessalonicesi afferma che coloro che non obbediscono al Vangelo "saranno castigati con una rovina eterna, lontano dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza" (2 Ts 1,9). Nelle parabole del regno di Dio, Gesù usa l'immagine del banchetto, dal quale alcuni sono esclusi, "gettati fuori nelle tenebre", dove "sarà pianto e stridore di denti" (Mt 22,13). Infine Gesù, a quelli che non hanno fatto opere di carità, dirà: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. [...] E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna" (Mt 25,41.46).

Così la rivelazione neotestamentaria afferma con chiarezza che per coloro che si induriscono nel male e non si convertono a Dio, pentendosi dei loro peccati e obbedendo al Vangelo con la fede e la carità, c'è la perdizione eterna, la condanna da parte di Cristo, giudice dei vivi e dei morti, all'esclusione dal regno di Dio e dalla vita eterna.

Ma qui sorge il problema che angustia molti cristiani: come conciliare l'infinita bontà e misericordia di Dio con l'esistenza dell'Inferno eterno? Se Dio è infinito Amore - essi dicono - come può condannare a una sofferenza eterna esseri umani che egli ha creato per amore e per la cui salvezza Cristo è morto sulla croce? Se Dio è infinitamente giusto - essi aggiungono - come può punire con un castigo eterno esseri umani peccatori, ma nello stesso tempo creature fragili e misere? Non c'è proporzione tra i peccati degli uomini, anche assai gravi, e la loro punizione eterna. Per tali motivi - cioè per salvare la bontà e la giustizia di Dio - molti cristiani negano l'esistenza dell'Inferno eterno.

Per risolvere questo grave problema è necessario mettere in chiaro che non è Dio che condanna l'uomo all'Inferno, ma è l'uomo che liberamente si autocondanna alla perdizione eterna; non è Dio che infligge all'uomo una sofferenza eterna, ma è l'uomo che se la infligge, rifiutando la salvezza che Dio gli offre.

Dio è sempre e soltanto Amore e la sua attività è sempre e soltanto attività salvatrice. Dio cioè non condanna né castiga, ma vuole solamente la salvezza di tutti, e a questo fine è indirizzata la sua attività. Per lui non è indifferente che l'uomo si salvi o si danni. Egli vuole solo la salvezza dell'uomo. Perciò impegna tutta la sua infinita sapienza e potenza per salvare gli uomini, dando a tutti la grazia necessaria per salvarsi; grazia che l'uomo nella sua libertà può rifiutare, rendendo vana in tal modo la volontà salvifica di Dio. In realtà la salvezza non è un fatto automatico: la grazia della salvezza cioè dev'essere accettata e accolta liberamente. Dio non vuole imporre la salvezza, costringendo l'uomo a salvarsi e quindi ad amarlo, perché la salvezza comporta, da parte dell'uomo, un atto di amore di Dio, e Dio non vuole costringere nessuno ad amarlo, perché l'amore non può essere imposto.
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 02:18. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com