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Dirsi atei è diventato antiscientifico ?

Ultimo Aggiornamento: 01/07/2018 22:16
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23/07/2014 23:03
 
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Dichiararsi atei è diventato
scorretto a livello scientifico? 


La preponderanza conferita alle scienze naturali in Occidente negli ultimi secoli ha portato l'uomo contemporaneo a considerare il mondo in modo “asettico”, per non dire ateo.

In questo modo, in base a uno stato di spirito molto diffuso, l'unica maniera adeguata di conoscere a fondo la Creazione sarebbe assumere di fronte ad essa l'atteggiamento cartesiano di dubbio permanente, senza introdurre nell'analisi scientifica alcuna idea preconcetta.

La condizione per il progresso sarebbe allora mantenere la fisica e la metafisica separate da un muro invalicabile, perché Dio, nel caso in cui esistesse, sarebbe uno spirito informe sparso per l'universo, o qualcosa di simile a un ingegnere che poi si è disinteressato del funzionamento della macchina da lui costruita. La sua influenza sui meccanismi regolatori del cosmo sarebbe completamente nulla.

Ora, se da un lato non si può negare che i progressi ottenuti dall'applicazione del metodo scientifico abbiano portato innegabili benefici materiali all'uomo, dall'altro il fascino esacerbato per i mille vantaggi che fornisce può facilmente far sì che la scienza prenda il posto di Dio nel cuore dell'uomo.

È ciò che è avvenuto in certi ambienti accademici del mondo contemporaneo, che in nome del positivismo hanno trasformato la conoscenza in una sorta di dio onnipotente dal quale aspettarsi la cura di tutte le malattie, perfino l'esenzione dalla morte, e un torrente inesauribile di piaceri sempre più intensi e sofisticati.

La situazione non è nuova nella storia. Forse lo stesso San Giovanni Evangelista, se vivesse ai nostri giorni, troverebbe tratti di somiglianza tra una o l'altra corrente di pensiero odierna e lo gnosticismo che ha dovuto combattere all'interno del cristianesimo delle origini.

Oggi, nel frattempo, non è necessario ricorrere a raziocini filosofici per smentire questo stato di spirito, perché scoperte scientifiche recenti in vari settori puntano con enfasi crescente verso la necessità dell'esistenza di un Creatore. Dichiararsi atei sta diventanto scorretto a livello scientifico.

Tra i tanti esempi, richiama l'attenzione il parallelismo tra la teoria del Big Bang, oggi accettata dalla maggior parte della comunità scientifica, e la dottrina della Creazione.

In questo senso, afferma l'astronomo, fisico e cosmologo della NASA Robert Jastrow, “gli elementi essenziali della versione astronomica e della storia biblica della Genesi sono gli stessi” [1].

Tornando più avanti nello stesso libro al tema del Big Bang, l'esperto argomenta: “Consideriamo l'enormità del problema: la scienza ha dimostrato che l'universo ha avuto origine da un'esplosione.
Domanda: quale causa ha prodotto tale effetto? Chi o cosa ha posto la materia o l'energia 
dentro l'universo? E la scienza non può rispondere a queste domande” [2].

Un altro esempio delle domande senza risposta presentate alla scienza è dato, con grande vivacità, dall'astronomo britannico Sir Fred Hoyle: “La vita non può aver avuto un inizio aleatorio [...]. Esistono circa 10.000 enzimi, e la possibilità di ottenerli tutti in un'esperienza aleatoria è appena una su 1.040.000, una probabilità così drammaticamente bassa che non dovrebbe verificarsi neanche nel caso in cui il mondo intero fosse un brodo di coltura” [3]. Ciò significa che si impone la necessità di un Creatore.

Significativa è anche un'altra testimonianza dello stesso scienziato: “Immaginate che un tornado passi su un deposito di residui in cui sono ammucchiati in totale disordine tutti i pezzi di un Boeing 747. Quale sarebbe la possibilità che, dopo il suo passaggio, restasse nel deposito un Boeing 747 ben montato e pronto per volare? Del tutto irrilevante, anche se il tornado avesse attraversato depositi sufficienti a riempire l'universo” [4]


Questi e altri problemi hanno fatto sì che una considerevole porzione della comunità scientifica attuale senta la necessità di considerare Dio un elemento inseparabile dalle ricerche scientifiche.


“Prima della pubblicazione della teoria della relatività di Einstein, si poteva pensare che fosse del tutto superfluo un progetto soprannaturale, perché si riteneva che l'universo (in base ai postulati di Newton) fosse esistito per un periodo infinito di tempo, con una quantità infinita di spazio e un'infinita quantità di contenuto e interazione. Per questo avrebbe potuto esserci un numero infinito di 'esperienze' perché ne potesse uscire qualche grado di complessità” [5].

È stato soprattutto con la verifica di Hubble dell'espansione dell'universo a una velocità straordinaria, a metà del XX secolo, che si è scartata la teoria dell'universo statico, comoda per gli atei perché faceva a meno dell'idea di un Creatore.

In base a questa teoria, l'universo sarebbe esistito da sempre. Ciò vuol dire che si finisce per riconoscere alla natura attributi divini per cercare di spiegare l'origine dell'universo.

Le ricerche scientifiche apportano a tal punto prove crescenti della presenza di un Creatore dell'universo che dichiararsi atei sta diventando “antiscientifico”.

Se da un lato si fa strada la necessità di riconoscere l'esistenza di Dio, dall'altro Egli non è amato come dovrebbe; è appena menzionato, quando necessario per uno studio, ma si vive come se non esistesse.

Il quotidiano tedesco Der Spiegel ha pubblicato lo scorso anno la notizia che due scienziati dell'Università di Berlino, con l'aiuto di un computer, avevano constatato la veridicità di un'intricata formulazione del matematico Kurt Friedrich Gödel, morto nel 1978, che dimostrava l'esistenza di Dio.

La notizia si chiudeva in forma allarmante e laconica: “La dimostrazione dell'esistenza di Dio da parte di una macchina non ha reso il mondo più misericordioso. Non aiuta nessuno a vedere Dio” [6].

È naturalmente impossibile per l'essere umano separare l'esistenza di Dio dalla sua bontà infinita e dalla necessità di adorarlo e riconoscerlo nelle sue creature.

E la negazione di Dio rappresenta un'aggressione all'anima, e produce ripercussioni perfino sull'equilibrio psicologico dell'uomo, di modo che la depressione è oggi il tributo pagato per una società senza Dio.

“Nella prima metà del XX secolo – afferma un noto sociologo francese in un'intervista alla rivista L'Histoire – la depressione non era altro che una sindrome individuabile nella maggior parte delle malattie mentali (psicosi e neurosi), e non richiamava particolarmente l'attenzione nelle nostre società. Tutto è cambiato a partire dagli anni Settanta. L'epidemiologia psichiatrica mostra che si è trasformata nel disturbo mentale più comune al mondo” [7].

Del diacono Antonio Jakoš Ilija, EP


[1] JASTROW, Robert. God and the astronomers. New York: Norton, 1978, p.16.

[2] Idem, p.116.

[3] HOYLE, Fred e WICKRAMASINGHE, Chandra; Evolution from Space; New York: Simon and Schuster; 1984, p.176.

[4] HOYLE, Fred; The Intelligent Universe; London: Michael Joseph Limited; 1983, p.19.

[5] SPITZER, Robert; New proofs for the Existence of God; Eardmans Publishing Co.: Michigan, 2010, pp.48-49.

[6] HÜRTER ,Tobias; Formel von Kurt Gödel: Mathematiker bestätigen Gottesbeweis. In: Der Spiegel, sección Wissenchaft, 9/9/2013.

[7] EHRENBERG, Alain ; La dépression, naissance d'une maladie. En: L´Histoire. Paris: Société Editions Scientifiques. No. 285. (Mar., 2004), p.35.




[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]
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31/01/2017 10:37
 
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L’ateismo non ha mantenuto le promesse, ed è senza futuro



philippe nemo«L’ateismo e il nichilismo degli ultimi due secoli sono stati un episodio senza futuro». E’ questa la conclusione a cui si giunge seguendo l’affascinante iter proposto dal noto filosofo francese Philippe Nemo, direttore e professore di Filosofia economica del Centro di ricerche in Filosofia economica presso la prestigiosa ESCP Europe, tra le migliori business school in tutto il continente europeo.


D’altra parte il titolo dice tutto: La bella morte dell’ateismo moderno (Rubbettino 2014). Nemo è un testimone d’eccezione: scrive dalla Francia, uno dei Paesi con il maggior numero di non credenti in Europa. Percepisce sulla sua pelle la vita in una società ubriacata di laicità, anzi di laicismo, ovvero una cultura intollerante, che nega se stessa: «Scelte politiche deliberate hanno tentato di estirpare completamente il cristianesimo dalla società europea, e in particolare francese, e di fare in modo che le nuove generazioni non ne sentissero mai più parlare».


Un libro ricco di spunti interessanti, che è entrato di diritto nella nostra biblioteca virtuale. Facendo spesso riferimento al pensiero di Pascal, Emmanuel Levinas e René Girard, il filosofo analizza il ruolo fondamentale del cristianesimo e del pensiero biblico nella “vittoria dell’Occidente” (come la chiama il sociologo Rodney Stark) sulle altre culture: patria della laicità, della scienza, della libertà (avendo abbattuto l’idea ciclica e pagana del tempo), del diritto come attenzione alla vittima, del liberalismo, della democrazia e dei diritti umani. Tutte creazioni cristiane, in gran parte medioevali, come mostra approfonditamente il filosofo nei capitoli centrali del libro. Uno di essi è proprio dedicato alle radici cristiane europee e alla critica per la loro mancata citazione nei preamboli della Costituzione, sopratutto per la protesta dell’allora presidente francese Jacques Chirac. Un «errore storico abnorme», il commento di Nemo.


Il cuore del suo discorso è la decostruzione del secolo dei Lumi, durante il quale «tutte le energie intellettuali sono state dedicate a respingere l’idea di Dio». L’illuminismo è stato l’avvio non tanto dell’a-teismo, posizione da sempre presente nella storia dell’uomo, ma di «una serie di nuove dottrine che pretendevano di spiegare il mondo e l’uomo molto meglio e più fedelmente di quanto non avesse fatto il discorso religioso». Nemo ne ha individuate sei, in particolare:
1) il positivismo scientista, convinto che la scienza avrebbe ben presto reso priva di senso ogni domanda su Dio;
2) lo studio storico-critico dei Vangeli, promosso da Strauss, Feuerbach e Renan, attraverso il quale si è voluta negare l’esistenza storica di Gesù, affidando il cristianesimo all’invenzione di Paolo di Tarso;
3) l’idealismo tedesco di Hegel, di Nietzsche e di Heidegger che si tentò di superare la religione e «fondare un sapere speculativo in Assoluto, basato solo sulla riflessione». Un’attesa metafisica di giungere alla verità assoluta;
4) l’assolutizzazione dell’arte, una sorta di religione estetica priva di «contaminazione con la religione o la filosofia»: anch’essa un tentativo di raggiungere un assoluto finalmente liberato di qualsiasi riferimento a Dio.
5) il ritorno alla sacralità pagana e l’attenzione alle forme precristiane, così come alle religioni e filosofie non europee (buddhismo, induismo, yoga, zen ed esoterismi vari);
6) i millenarismi laici: massoneria, comunismo e nazismo, che vollero «sostituire il cristianesimo non nelle sue idee, nelle sue tesi e nei suoi riti, ma nella sua stessa opera salvifica». E’ solo la Rivoluzione, dissero, che porterà l’uomo al suo compimento, non la fede. Tutti questi movimenti, ha commentato sempre il filosofo francese, «non sono riusciti a eliminare totalmente il cristianesimo in Europa, gli hanno comunque impedito di vivere tranquillo e di parlare alle nuove generazioni».

Quanto rimane oggi di questi tentativi? Lo scientismo si è esaurito, la falsificabilità, l’umiltà e la rinuncia alle teorie assolute hanno preso il sopravvento; il negazionismo storico dei Vangeli è stato superato con la cosiddetta “third quest”, la riaffermazione della storicità dei testi cristiani e dell’esistenza di Gesù; la tradizione filosofica da Spinoza a Heidegger è arrivata ad un punto morto intellettuale, fallendo nell’elaborare una visione completa e feconda dell’esistenza e non riuscendo a sostituire il dio dei filosofi al Dio di Abramo, «né il Superuomo all’uomo, né l’Essere alla Croce»; il programma metafisico dell’estetismo è rimasto senza sostenitori; il neopaganesimo non è mai riuscito a esercitare un’influenza significativa; il XX secolo è stato tragico testimone del sanguinante fallimento delle esperienze totalitarie ispirate alle dottrine millenariste.

L’uomo moderno cammina spaesato tra le macerie. «Questi programmi di ricerca hanno fallito e la loro propaganda si è ormai esaurita»«L’ateismo moderno è morto di morte naturale», la conclusione di Nemo. «Non sarebbe, infatti, corretto dire che è stato ucciso, dato che il mondo attuale gli ha dato, e continua a dargli, tutte le opportunità di difendere la sua causa e di offrire all’umanità nuove ragioni di vita. Opportunità vane, dato che l’ateismo è morto proprio perché non ha saputo mantenere le sue promesse». Cioè, non ha reso l’uomo più felice, ma solo nichilista. Si è «metafisicamente esaurito e non ha più niente da dire all’uomo», anche se potrebbe avere avuto un effetto positivo, denunciando alcuni aspetti idolatrici del cristianesimo (proponendo però «degli assoluti che avrebbero dovuto rimpiazzare Dio, cioè dei nuovi idoli»).

Oggi ci risvegliamo «da una sorta di sonno paralizzante durato per ben due secoli. Le grandi domande esistenziali, cui i programmi dell’ateismo non hanno dato risposta, appaiono di nuovo tanto pertinenti quanto urgenti». E all’orizzonte Nemo profila una rinascita, «un recupero del senso del mondo che si traduca, nel prossimo futuro, in un rinnovamento degli ideali di vita personale e sociale». Una nuova civilizzazione perché «gli uomini toccati nel cuore dalla carità del Cristo inventeranno per il cristianesimo un avvenire», scoprendo che «nel silenzio dell’ateismo, la Parola di Dio ritornerà a essere udibile».


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25/03/2017 16:30
 
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L’ateismo è in estinzione perché inadatto alla modernità:
lo sostiene uno studio

decrescita ateiNel 2011 abbiamo segnalato uno studio tedesco che suggeriva l’estinzione delle società con prevalenza di persone non credenti in quanto i popoli religiosi presentano ben superiori tassi di nascite.

In questi giorni una ricerca americana, pubblicata su Evolutionary Psychological Science, ha confermato la tesi. Quattro studiosi di fama mondiale, Lee Ellis, Anthony W. Hoskin, Edward Dutton e Helmuth Nyborg, hanno infatti osservato il ribaltamento della classica tesi della secolarizzazione«Per oltre un secolo gli scienziati sociali hanno previsto il declino dei credo religiosi e la loro sostituzione con prospettive più scientifiche e/o naturalistiche. Una previsione conosciuta come l’ipotesi della inarrestabile secolarizzazione». Ma lo scetticismo generale verso questa convinzione è stata da loro confermata studiando grandi campioni di studenti universitari in Malesia e negli Stati Uniti, scoprendo che a diventare minoranza saranno coloro che non si riconoscono in alcuna fede.

«È ironico pensare che i metodi contraccettivi siano stati sviluppati in primo luogo da atei», hanno osservato gli autori, «questi metodi stiano contribuendo, ora, a diminuire la rappresentanza degli atei nelle future generazioni». La questione infatti è che le persone scettiche hanno statisticamente meno fratelli rispetto alla media, quelle religiose invece mostrano maggiori tassi di fertilità. Da qui ne consegue che «l’ateismo subirà un declino costante per tutto il secolo, anche nei paesi industriali e perfino in Europa».

Il grande limite dello studio è chiaramente quello di identificare la fede religiosa come esperienza ereditaria, dando forse eccessiva importanza al contesto familiare in cui si cresce. E’ comunque vero che genitori con una forte fede religiosa sapranno convintamente offrire valori più difficilmente ripudiabili rispetto a genitori privi di religiosità che, al massimo, infonderanno un semplice relativismo, facilmente abbandonabile dopo un’esperienza di compimento della propria umanità, come accade nell’incontro cristiano. Nell’ateismo, invece, semmai ci si lascia scivolare dopo l’esperienza di una delusione, di una rassegnazione, di un dolore nei confronti della vita. L’adesione ad esso non segue mai una conversione dettata da un’esperienza entusiasta di soddisfazione.

La nostra tesi è che il maggior tasso di fertilità delle persone religiose non è semplice coincidenza o astratto senso del dovere nel riprodursi, ma risponde alla positività di sguardo che il credente, in particolare il cristiano convinto, ha verso la vita. Egli non si limita a sopravvivere, ha un orizzonte più ampio e, per questo, è lieto di mettere al mondo dei figli sapendo di poter trasmettere loro un adeguato significato dell’esistenza. Per lui il reale è positivo in quanto voluto dal Dio che ha abbracciato la sua vita, non teme perciò di introdurre in esso il proprio figlio.

Il relativista scettico, al contrario, è consapevole di avere ben poco di positivo da trasmettere alla ragione altrui, non è un caso che la secolarizzazione sia andata di pari passo all’individualismo egoista delle società occidentali. «L’ateismo è morto di morte naturale», afferma il filosofo Philippe Nemo, «non ha mantenuto le promesse non sapendo offrire all’umanità una ragionevole ragione di vita» (P. Nemo, La bella morte dell’ateismo moderno, Rubbettino 2014).


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25/09/2017 23:13
 
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C'è chi pensa che la maggior parte degli scienziati siano atei.  A smentire questa convinzione è The Religion Among Scientists in International Context (RASIC), il più grande sondaggio mondiale sul rapporto tra fede e scienza mai realizzato.
Elaine Howard Ecklund e il suo team della Rice Univesity hanno intervistato 9.422 persone di otto Paesi tra cui Francia, Hong Kong, India, It
alia, Taiwan, Turchia, Regno Unito e gli Stati Uniti.
Interrogando scienziati di fisica e biologia, nelle varie fasi della carriera, i ricercatori speravano di ottenere un quadro più completo e dettagliato del punto di vista degli scienziati sulla religione, sull’etica e su come entrambe possano coesistere con la scienza
.

http://journals.sagepub.com/doi/full/10.1177/2378023116664353

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01/07/2018 22:16
 
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Massachusetts Institute of Technology:
se il tempio della scienza è pieno di cristiani…

Il Massachusetts Institute of Technology (MIT) è stata indicata come la migliore università al mondo per il settimo anno consecutivo. Il responsabile del Dipartimento di Fisica Nucleare, Ian Hutchinson, ha dichiarato: «Si può pensare che il MIT, il grande tempio della scienza e della tecnologia, sia un luogo senza Dio. Al contrario, vi lavoro da 35 anni e collaboro con molti cristiani e persone di varie fedi, sia tra i miei colleghi di facoltà che tra gli studenti».

Hutchinson lavora al MIT dal 1983, già presidente del Plasma Physics group dell’American Physical Society, ha dato grandi contribuiti all’ingegneria nucleare e alla fisica nucleare. Pochi mesi fa ha partecipato ad un convegno del Veritas Forum, presso la Quinnipiac University, intitolato Can Science Explain Everything?. In tale occasione ha affermato che l’idea comune di una conflittualità tra scienza e fede è un “mito”, una “fake news della storia”. «Questo è stato completamente sfatato dagli storici della scienza negli ultimi 50 anni: i cristiani seri, incluso il clero, sono stati predominanti nello sviluppo della scienza per secoli»«Ma il mito», ha proseguito il fisico nucleare -che ha all’attivo anche saggi di filosofia della scienza- «esercita ancora una forte influenza sia sui laici che, molto spesso, anche sui cristiani».

Hutchinson ha anche sottolineato come la scienza non possa rispondere ad ogni pretesa e, per sua natura, non può quantificare molti concetti, come la giustizia, l’altruismo e l’amicizia. Parlando del MIT come un luogo nient’affatto privo di Dio, l’eminente fisico statunitense ha anche citatoun’indagine del 2011 realizzata dai ricercatori della Rice University, secondo cui solo il 15% degli scienziati moderni considera fede e scienza come incompatibili.

In un’altra occasione, il fisico nucleare del MIT aveva confermato la sua battaglia contro lo scientismo, affermando: «Le debolezze intellettuali delleargomentazioni ateiste non dovrebbero indurci a scartare la loro influenza». Ma, attenzione, sarebbe davvero «dannoso per la testimonianza cristiana cercare una dimostrazione scientifica di Dio, o del soprannaturale. Così si cede allo scientismo e si cade nella credenza che la scienza sia la forma di conoscenza più convincente. Per favore non fraintendermi. Non sto rinnegando tutti gli argomenti intellettuali a favore di Dio o la ragionevolezza della fede. Al contrario, sono giunto alla fede come studente universitario in parte perché mi sono convinto delle argomentazioni intellettuali sul fatto che Gesù è colui che dice di essere. Sto semplicemente dicendo che gli argomenti a favore dell’esistenza di Dio non sono, e non possono essere, scientifici».

Per chi ha dimestichezza con la lingua inglese, segnaliamo anche il recente libro di Ian Hutchinson, intitolato Can a Scientist Believe in Miracles?: An MIT Professor Answers Questions on God and Science (Può uno scienziato credere nei miracoli? Un professore del MIT risponde a domande su Dio e scienza) (IVP Books 2018). Il suo nome, infine, compare anche nel nostro ricco elenco di celebri scienziati credenti ed in quello in cui abbiamo raccolto le loro citazioni su Dio, cristianesimo e scienza.


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