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La GLORIA del SIGNORE

Ultimo Aggiornamento: 20/07/2014 12:36
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20/07/2014 12:35
 
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A noi, ora, si dona anche di più di quando Egli viveva nella sua vita mortale. Nel dono del suo Spirito ora Egli è veramente presente a ciascuno, ora veramente Egli si è fatto cibo dell'uomo per vivere in lui e per assumerlo in Sè. Veramente nel dono del suo Spirito Dio si comunica intimamente agli uomini e fa sì che gli uomini che lo ricevono, oggi e qui, possano vivere una vita divina!

È proprio per questo che il mistero dell'Epifania non è soltanto il mistero di una manifestazione della gloria di Dio nell'umanità di Gesù. È anche il mistero della manifestazione della presenza di Dio nell'umiltà del Cristo. E Cristo siamo tutti noi che siamo le sue membra. E Dio si rivela proprio nelle nostra povertà, e Dio vuole veramente esser presente e vive nella nostra umiltà; si rivela ed è presente, non a noi ma in noi e per noi al mondo.

Ognuno di noi, se è cristiano, è epifania del Signore. Essere cristiani vuol dire così essere della famiglia di Dio, vuol dire esser già entrati nel segreto di Dio, perchè, se Dio ci ha donato il suo Spirito, Dio in qualche modo ma realmente non è più senza di noi nè noi siamo senza di Lui. E noi siamo nella gloria; non vediamo semplicemente la gloria, in questa gloria già siamo in qualche modo trasformati.

Di qui nasce l'obbligo fondamentale della vita cristiana: la glorificazione di Dio. È il dovere che praticamente riassume tutta la legge del cristiano: essere la lode, essere la gloria di Dio.

E vuol dire lasciarsi investire, lasciarsi possedere da Dio. Altra gloria non puoi dare a Lui che quella di manifestarLo in te, che quella onde Lo riveli.

Il Verbo di Dio è la gloria sostanziale del Padre precisamente perchè il Padre tutto si comunica al Figlio e, nel Figlio, tutto Egli possiede. Così il cristiano tanto glorifica Dio quanto si lascia investire da Dio finchè egli non riveli più se non Dio solo. La glorificazione dell'uomo non è l'atto dell'uomo ma di Dio, è come un essere consumati dal fuoco della Divinità, così che nell'uomo non viva più che la Sua luce, non si faccia presente che la sua volontà. Certo, l'uomo rimane, ma rimane per attestare Dio. L'uomo rimane ma non dice più che Lui.

La vocazione dell'uomo è quella di essere Dio. L'uomo realizza se stesso soltanto se muore a una sua indipendenza, a una sua autonomoia nei confronti del Creatore e, lasciandosi investire dalla sua presenza, fa sì che Dio vive attraverso di lui, Dio si esprima, Dio si manifesti, Dio si riveli, Dio dica Se stesso attrverso l'essere creato.

Questo avviene nel Cristo.

La natura umana in tal modo è stata assunta dal Verbo che il Verbo ora 'si esprime' attraverso questa natura creata che è l'uomo.

L'uomo singolo che nacque dalla Vergine e tuttavia ogni uomo in cui in qualche modo si estende l'incarnazione divina. Quello che è avvenuto nell'uomo Gesù, questo deve avvenire così in ciascuno di noi. È vero che noi siamo persone distinte dalla Persona del Verbo, ma è anche vero che noi viviamo la nostra vocazione personale in quanto ci doniamo al Cristo e siamo posseduti da Lui sì da divenire con Lui un solo corpo, uno spirito solo.

Che cosa vuol dire glorificare Dio? Vuol dire lasciarsi investire da questa presenza in tal modo che tutto quello che in noi è 'proprio' sia consumato come ruggine dal fuoco e non rimanga che l'amore onde Egli ci ama e ci fa suoi.

Questa è la gloria che l'uomo deve dare a Dio: un lasciarsi possedere, investire, trasformare da Lui così che al termine Lui solo rimanga.

Ricordo che un amico mi fece leggere alcune pagine di un romanzo di cui non ricordo più il titolo. L'autore americano, Huxley mi sembra, imposta il suo romanzo a Firenze. Il suo protagonista è un libertino che, quando muore precipita nella Realtà. L'autore ci descrive l'esperienze di quest'anima che vuole difendersi dall'invasione della luce divina. Quest'anima sfugge a questa luce, ma pian piano questa luce (l'autore pensa che l'inferno non c'è) nonostante la resistenza dell'uomo, lo invade, lo trasforma e lo assimila a sè. Secondo l'autore la vita del cielo è questa luce pura, senza ombra alla quale domani ogni anima si dovrà identificare. Non possiamo dire che ogni anima si identifica a Dio, questa identificazione sarebbe un processo che dovrebbe escludere la responsabilità personale dell'uomo ed escluderebbe anche l'amore personale di Dio. Una concezione come quella di Huxley più che cristiana è gnostica. Tuttavia c'è qualcosa di vero in quello che egli dice. Mantenendo fermo che l'amore dell'uomo a Dio è un amore personale, libero, che implica una nostra responsibilità (Dio aspetta da noi una risposta); mantenendo fermo che l'amore di Dio ugualmente è un amore personale e non è una necessità di natura, possiamo accettarlo veramente: non vi è possibilità di un incontro fra l'uomo e Dio che se cessa il senso della dualità: Dio è l'Unico.
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