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Il senso della missione secondo il cuore di Dio

Ultimo Aggiornamento: 19/06/2014 11:02
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16/06/2014 17:37
 
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Un saluto a tutti. Chiedo gentilmente il vostro parere (anche critico) su questa mia riflessione. 

Quando Gesù invia in missione i 72 discepoli, essi lasciano il luogo dove vivono e, a due a due, si recano in altre zone per diffondere la Buona Novella del Regno.

Per questo, quando si parla di missionari, si pensa subito a persone, sacerdoti o laici cristiani che sono partiti per paesi a noi lontani.

In questo nostro tempo è urgente una evangelizzazione missionaria anche nel nostro ambiente, ma qui le condizioni e le situazioni sono molto diverse, e anche le nostre missioni al popolo tentate per svariati anni, non sono più nei nostri programmi.

Certamente noi qui abbiamo poveri e bisognosi in quantità e possiamo constatare il nostro stile: una notevole organizzazione per far fronte ai bisogni dei nostri poveri, fornendo i beni materiali di prima necessità, quelli che secondo il nostro stile di vita sono assolutamente necessari.

Tutto questo viene fatto con tanta buona volontà, con mezzi abbastanza sufficienti, e nessuno qui da noi muore di fame.

Però da noi c’è una miseria e una aridità morale che sovrasta quella fisica, e infatti Papa Francesco esorta a cercare i più poveri in tutti i sensi, materiale e spirituale, ma è difficile intervenire.

Perché in un paese povero lontano, la situazione cambia radicalmente.

Intanto il missionario distribuisce certamente beni per alleviare situazioni di grave disagio, cerca di costruire scuole, ospedali se ha i mezzi sufficienti, ma non è questo il suo compito più importante e, soprattutto, non è questo che si aspettano soprattutto tutte quelle popolazioni.

Certamente hanno bisogno assoluto di strutture per organizzare un minimo di vita civile, hanno bisogno che vengano scavati pozzi, che vengano portate avanti tutte le iniziative che possano assicurare un sollievo alle loro condizioni di vita.

Ma essi vogliono vedere nel missionario un sacerdote che rappresenti per loro Gesù: che stia con loro, che li ascolti, che verifichi con i suoi occhi le loro urgenze per sopravvivere, ma come uno che condivida la loro vita, che faccia sentire loro il calore della sua amicizia, della sua comprensione, della sua preoccupazione per le loro condizioni, con semplicità e sincerità totali.

Questo significa che un cristiano ha bisogno dell’altro a causa di Cristo.

Il cristiano ha bisogno degli altri cristiani che dicano a lui la parola di Dio, ne ha bisogno ogni volta che si trova incerto e scoraggiato; da solo infatti non può cavarsela.

Ha bisogno del fratello che gli porti e gli annunci la Parola divina di salvezza.

Allora comprendiamo lo scopo della comunione dei cristiani: essi si incontrano gli uni gli altri come latori del messaggio di salvezza. In questo modo Dio fa in modo che si trovino insieme e dona loro la comunione.

Gesù è la nostra pace. Senza Cristo non c’è pace fra Dio e gli uomini, non c’è pace fra uomo e uomo.

Nel momento in cui Dio ha rivolto a noi la sua misericordia, rivelandoci Gesù come fratello e conquistando il nostro cuore con il suo amore, allora è iniziato anche l’insegnamento all’amore fraterno. Dalla misericordia di Dio verso di noi abbiamo potuto apprendere la misericordia nei confronti dei nostri fratelli.

Nel ricevere perdono siamo stati resi pronti al perdono dei fratelli.

Ciò che Dio ha fatto per noi, ora lo dobbiamo ai fratelli.

E’ Dio stesso ad averci insegnato ad incontrarci, allo stesso modo in cui egli ci ha incontrato in Cristo.

La fraternità cristiana non è un ideale che noi dobbiamo realizzare, ma una realtà creata da Dio in Cristo, a cui ci è dato di partecipare.

Questo è l’aspetto rilevante, quello che permette alla gente non solo di vivere come può, ma di pregare con il missionario che è giunto in mezzo a loro, di parlare con lui di Gesù, di cantare con lui le lodi al Signore, di partecipare con tanta gioia alla celebrazione della Santa Eucaristia come il momento più bello e più importante della giornata.

E dopo la Messa ancora si rimane insieme, le porte delle semplici abitazioni si aprono per chiedere al sacerdote di entrare da loro, di dare ancora una benedizione alla famiglia, ai bambini, agli anziani, e il tempo scorre lento perché non ci sono urgenze da rispettare, ma si condivide con gioia e semplicità quello che hanno.

Non ci sono famiglie, persone che chiedono, pur essendo in grande povertà, ma invece sono loro che mettono a disposizione il poco che hanno con gli occhi e il cuore che sorridono, con i bimbi che fanno festa, che gioiscono della presenza del sacerdote tra di loro.

E questa mentalità “missionaria”  qui neppure è possibile immaginarla, per noi che siamo molto bravi ad organizzare, ma poi lo stile spesso è quello di distribuire beni di prima necessità, a volte senza neppure incontrare direttamente quelli che li ricevono.

Chi fa questo sono certamente persone generose che si impegnano per gli altri, per i nostri poveri, per i nostri bisognosi, e non gli si può rimproverare assolutamente nulla.

Ci serve una rilettura personale profonda dei Vangeli, ci serve non solo leggere ma meditare le parole e i gesti di Gesù, i suoi incontri con i peccatori, che siamo tutti noi, ci serve far entrare nel nostro cuore le sue parole di speranza e di incoraggiamento, per non accontentarci di quanto abbiamo già acquisito e interiorizzato, ma continuare la nostra ricerca della verità che Gesù ci ha portato.

In questo modo rendiamo più vive le nostre esigenze di seguire davvero Gesù ogni giorno della nostra vita e su tutte le nostre strade, e di spenderci senza calcoli di interesse personale, ma solo rispondendo alle situazioni in cui i fratelli che incontriamo esprimono le loro profonde attese umane e spirituali.

Gesù cammina al nostro fianco ma ci chiede di seguirlo con generosità, ricordandoci bene questa verità: l’unico modo di raggiungere davvero la nostra personale felicità è quello di dimenticare noi stessi per rendere felici gli altri.

 

 


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