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LA COMPLESSITA' IRRIDUCIBILE INDICA UNA PROGETTAZIONE

Ultimo Aggiornamento: 30/08/2022 23:35
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02/06/2014 22:53
 
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La complessità irriducibile come prova a sostegno del disegno intelligente


I sostenitori del disegno intelligente usano questo termine per riferirsi a quei sistemi biologici che ritengono non possano essere il risultato di alcuna serie di piccole modifiche. Essi sostengono che qualunque forma meno che completa di un tale sistema non funzionerebbe affatto e pertanto non sopravviverebbe ad un processo di selezione naturale. Quindi, sistemi dotati di complessità irriducibile non possono essere spiegati dalla teoria dell'evoluzione; da ciò si dedurrebbe la necessità dell'intervento di un progettista intelligente che abbia creato la vita o comunque guidato la sua evoluzione.


Lo stesso Charles Darwin formulò la prova che avrebbe falsificato la sua teoria, esponendola ne L'origine delle specie:[4]


  « Se si potesse dimostrare l'esistenza di un qualsiasi organo complesso, che non si fosse potuto formare attraverso una serie di leggere mutazioni successive, la mia teoria non starebbe assolutamente più in piedi. Ma non ne ho trovato alcuno. »
   

A questo proposito lo stesso Behe, in una intervista, afferma:

  « La ricerca ha provato che il fondamento della vita, la cellula, è gestita da una complessa e sofisticata macchina molecolare. Ci sono, letteralmente, piccoli camion e piccoli autobus molecolari che lavorano nella cellula e piccoli motori fuoribordo che le permettono di muoversi. Di tali aspetti si dà un migliore resoconto considerandoli prodotto di un progetto piuttosto che del caso e della selezione naturale. La scatola nera è la cellula. Darwin, come altri scienziati dell'epoca, ne aveva scarsa conoscenza e pensava che fosse molto semplice. Oggi sappiamo invece che è enormemente sofisticata e complessa, dando la forte impressione di essere stata esplicitamente progettata. La complessità irriducibile è legata al fatto che tutte le macchine, per funzionare, hanno bisogno di vari componenti e si fermano se vengono private di quelli indispensabili. »

:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

Complessita’ irriducibile, la sconfitta dell’evoluzionismo

L’esempio piu’ famoso e’ la trappola per topi

Sono passati 15 anni da quando Michael Behe propose sulla rivista Boston Review la sua teoria della complessità irriducibile poi presentata con maggiori dettagli ed esempi nel suo famosissimo saggio dal titolo Black Box di Darwin. Quanto esposto da M.Behe è divenuto poi, con la collaborazione del filosofo e matematico William Dembsky, uno dei punti fondamentali per la teoria del disegno intelligente (intelligent design). Tanti hanno provato a dimostrare errata l’idea di M.Behe, tra loro troviamo Jerry A. Coyne, Allen Orr, il famosissimo Russell F. Doolittle, Douglas J. Futuyma e altri, ma ad oggi ancora nessuno è riuscito a dimostrare che M.Behe non ha ragione. La complessità irriducibile spiega quello che è facile osservare in natura e cioè che il funzionamento di molti sistemi dipende da più parti che sono tutte indispensabili. La teoria dell’evoluzione non è in grado di spiegare i sistemi con complessità irriducibile che necessitano di progettazione. La definizione di M. Behe relativa alla complessità irriducibile è questa: «Un singolo sistema composto da diverse parti interagenti che contribuiscono alla funzione di base, e per il quale la rimozione di una qualunque delle parti causerebbe la cessazione del funzionamento del sistema». Anche W. Dembsky ha presentato una definizione precisa: «Un sistema che esegue una data funzionalità di base è a complessità irriducibile se comprende un insieme di parti ben assemblate, mutuamente interagenti, non arbitrariamente individuate tali che ciascuna di queste parti sia indispensabile a mantenere la funzionalità di base, e dunque originale, del sistema. Un insieme di queste parti indispensabili è noto come nucleo irriducibile del sistema». L’esempio più famoso per descrivere la complessità irriducibile è sicuramente quello della trappola per topi composta da soli 5 elementi: una tavoletta di legno, una piccola tagliola, una molla, una bacchetta metallica e un pezzo di formaggio per esca. La trappola per topi è molto semplice ma non ha nessun tipo di funzionalità se uno dei 5 elementi non vi fosse. La trappola non si potrebbe mai sviluppare a poco a poco; ecco alcuni esempi rintracciabili in natura proposti da M. Behe: la coagulazione del sangue, il sistema immunitario e il flagellum.

Fabrizio Fratus


[Modificato da Credente 26/05/2015 15:49]
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02/06/2014 22:54
 
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Come si spiegano tutti quei casi in cui una struttura non ha senso né funzione se non quando ha raggiunto il suo "stato evolutivo" finale? Durante una ipotetica evoluzione di questi organi, gli intermedi non sarebbero serviti allo scopo finale e quindi non avrebbero dato nessun vantaggio selettivo all'animale. Anzi, in molti casi l'animale provvisto di questi organi ancora inutili ne sarebbe risultato svantaggiato, ma nonostante ciò avrebbe continuato a portarsi dietro per milioni di anni, generazione dopo generazione, questre strutture con il solo scopo di permettere all'evoluzione di agire e raggiungere un risultato finale che -finalmente- potesse servire a qualcosa.


 


A quanto pare questo tipo di processo non si sarebbe mai potuto compiere e questo è anche confermato dai reperti paleontologici: le strutture complesse nascono di colpo, senza gradualità, ma di questo se ne parla abbondantemente nel capitolo sulla paleontologia.


La lingua del picchio
Un caso molto peculiare di complessità irriducibile è fornito dalla lingua del picchio. Il noto uccellino ha una lingua lunga 15 centimetri, quanto il suo corpo, con una punta appiccicosa per catturare le larve di insetti nelle gallerie scavate nei tronchi. In posizione di riposo, questa lingua, che non può essere contenuta nella bocca, rimane arrotolata attorno al cranio, come una fionda, avvolta in un apposito canale che gira intorno al capo e al collo.

La cosa stupefacente è che la lingua parte dal becco all'indietro, gira attorno al cranio e ritorna al becco dalla parte opposta. Secondo il darwinismo, le strutture viventi evolvono gradualmente. Ora, non è possibile che una lingua così straordinaria si sia "evoluta" per gradi. Che vantaggio avrebbe dato al picchio una lingua in evoluzione ancora corta e rivolta all'indietro, se non quello di rischiare di soffocarlo e rendere impossibile la nutrizione finchè l'apparato non avesse raggiunto la necessaria lunghezza?

Ma c'è di più. A questa lingua eccezionale si unisce un udito finissimo che consente al picchio di percepire il tenue grattare delle larve all'interno del tronco, oltre a zampe robuste per far presa sul tronco stesso, ad un forte becco per scalpellare il tronco aprendosi la via verso le prede, ad un'ossatura della testa robustissima per sopportare i contraccolpi del martellamento. E per milioni di anni, in attesa di avere la lingua adatta a nutrirsi, l'udito raffinato, le zampe, il becco e le ossa del capo rafforzati, cosa facevano i picchi? Digiunavano? Avevano un'altra dieta? ed allora quale sarebbe stata la spinta a modificazioni morfologiche così radicali?

La sessualità
Anche la comparsa della sessualità crea non poche difficoltà poiché in tema di riproduzione sessuata (quella in cui un individuo femmina ed uno maschio contribuiscono in pari misura genetica per dar vita al nuovo organismo) gli stadi intermedi delle strutture e dei meccanismi necessari alla riproduzione non sono concepibili: occorrono subito i gameti, la loro fusione, gli organi che li formano e il modo di metterli in contatto.

Questo evento, già di per sé impossibile a verificarsi per caso, si sarebbe poi ripetuto più volte nel corso dell'evoluzione, dal momento che è comparsa non solo negli animali (discesi dai protozoi) ma anche nei vegetali (discesi dai protofiti) (1).

Di esempi in natura di complessità irriducibile ce ne sono veramente tanti. Anzi si potrebbe dire che ogni struttura funzionale, organo o sistema potrebbe rientrare in questo tipo di ragionamento.


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02/06/2014 23:02
 
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LA COMPLESSITA' BIOCHIMICA DELL'OLFATTO 
di N. Nobile Migliore



L'olfatto è l'organo per cui noi percepiamo gli odori, sembra semplice la percezione degli odori ma se si scava a fondo nell'esaminare i meccanismi biochimici deputati alla percezione si vede subito la sua complessità irriducibile. L'organo dell'olfatto è situato nel pavimento superiore della cavità nasale ed è composto da 10 milioni di cellule olfattive che sono cellule nervose modificate di tipo bipolare. 

Il polo rivolto verso la cavità nasale è rivestito da una miriade di estroflessioni chiamate microvilli ,nella loro superficie esistono delle microcavità rivestite da proteine di membrana, molto diverse le une dalle altre perchè sono i recettori delle svariate sostanze odorose che arrivano a loro contatto sciolte nel muco prodotto da speciali cellule ghiandolari che sono presenti accanto alle cellule bipolari. 

Si calcola che il 4% dei geni presenti nel DNA umano codificano per i vari recettori dell'olfatto. Una volta che la sostanza odorosa si è unita al suo ricettore specifico scatta una modificazione conformazionale della proteina che a sua volta attiva una speciale proteina G olf espressa solo dai neuroni olfattivi; questa proteina è formata da 3 subunità, alfa, beta e gamma; le subunità beta e gamma si staccano e la subunià alfa unendosi al GTP attiva l'enzima adenilato ciclasi che a sua volta trasforma il 5-AMP in amp ciclico; l'amp ciclico a sua volta ha il potere di aprire speciali canali del calcio e del sodio presenti nella membrana della cellula facendo entrare una notevole quantità di calcio e sodio all'interna della cellula cambiando il potenziale elettrico della cellula che da negativo diventa positivo creando cosi un potenziale d'azione che si trasmette all'altro polo della cellula da cui parte il filamento neuritico che trasmette il potenziale d'azione trasferendolo alle cellule olfattive dei neuroni cerebrali. Dopo questi fenomeni a cascata interviene un altro enzima che si chiama fosfodiesterasi che ritrasforma l'amp ciclico in 5'amp ripristinando cosi le condizioni iniziali di riposo. Infatti in tutti i meccanismi vitali esistono sempre dei sistemi di controllo che impediscono che l'effetto biochimico, si prolunghi in modo indefinito. 

Come si può vedere da questa breve e sintetica descrizione siamo di fronte ad una struttura altamente integrata a complessità irriducibile, se manca un solo componente la struttura non può funzionare. Non parliamo poi del meccanismo della trasduzione dell'impulso olfattivo nel potenziale elettrochimico e dell'interpretazione che i centri cerebrali fanno di questo impulso nella percezione dell'odore. Tutto questo induce a ritenere che il sistema nel suo complesso è stato progettato
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02/06/2014 23:10
 
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Biochimica e "complessità irriducibile"


Il concetto di "complessità irriducibile" viene elaborato da Michael Behe, biochimico della Leighton University, per descrivere quei meccanismi il cui funzionamento dipende dall'interazione di molte parti. Questi sistemi non possono formarsi per lenta evoluzione, ma debbono necessariamente essere progettati e assemblati tutti in una volta. 

Come afferma anche Michael Behe, troppi apparati delle creature viventi presentano una complessità irriducibile. Come esempio di complessità irriducibile, Behe porta il caso della trappola per topi. Costituita di cinque pezzi - una molla, la fagliela, il gancetto che tiene la tagliola in posizione, l'esca, la tavoletta su cui il tutto è inchiodato - è una macchina molto semplice. Ma la sua semplicità "non può essere ridotta" cioè la macchina non può essere resa più semplice di com'è. Se manca un solo pezzo, non è che la trappola funzioni meno bene; non funziona affatto. Dunque, non può essersi formata a poco a poco, con aggiunte e miglioramenti; la trappola è stata progettata fin dall'inizio così. Molti apparati di esseri viventi sono ugualmente "irriducibili". Non funzionano se mancano anche solo di un componente (1)

I meccanismi biochimici che vengono studiati a livello molecolare non sono altro che delle "macchine composte di molecole" e come tali vanno osservate. 

Il flagellum 
Partendo dalla trappola per topi, lo stesso discorso vale per le "macchine molecolari", e Behe per dimostrarlo ha preso in esame il flagellum, il ciglio degli organismi monocellulari che funziona come una sorta di "motore fuori bordo". 

Gli evoluzionisti considerano gli organismi monocellulari, come i batteri, le forme di vita più semplici e primitive, trovandosi al gradino più basso della scala evolutiva attuale. 

In realtà non è così: le ricerche dei biochimici dimostrano che non c'è assolutamente niente di "semplice" e che tutt'altro che primitivi, i batteri rappresentano invece un caso di "miniaturizzazione". 

Il flagellum è un tipico caso di complessità irriducibile: è un meccanismo molto complesso, risultato dell'azione coordinata di ben 50 geni del DNA. 

Semplificando al massimo la descrizione, esso risulta composto da 3 diverse proteine che danno luogo a diverse strutture e funzioni:
- la tubulina per i microtubuli; 
- la nexina, che produce una sorta di adesivo gommoso; 
- la dyneina che permette il movimento.
Le tre proteine hanno una funzione coordinata che soltanto nell'insieme compone ilflagellum e ne permette il funzionamento. Esse devono necessariamente essere esistite tutte e tre sin dall'inizio, né possono essersi formate gradualmente per selezione naturale perché, nell'intertempo tra la formazione dell'una e dell'altra, il flagello sarebbe stato inutilizzabile, non avrebbe consentito il movimento e la struttura � o addirittura i batteri stessi - sarebbero stati esposti alla soppressione da parte della selezione naturale stessa, perché inadatti alla vita. 


La coagulazione del sangue 
Un altro esempio, più facilmente comprensibile perché ci riguarda da vicino, è il meccanismo di coagulazione del sangue. 

Esso prevede una cascata proteica composta da 4 proteine diverse, tutte concorrenti, in un delicato equilibrio, ad ottenere l'effetto coagulante in caso di emorragia. L'intero meccanismo, in realtà, coinvolge una dozzina di proteine che hanno funzione regolatrice, controllando che il coagulo si formi solo dove è necessario, smontandolo quando non è più utile ecc. 

La cascata proteica necessita di tutte e 4 le proteine che la compongono ed è un esempio di complessità irriducibile, perché, se anche soltanto una delle proteine non fosse stata presente sin dall'inizio, negli individui portatori della cascata incompleta il meccanismo della coagulazione non avrebbe funzionato ed essi sarebbero in breve morti per emorragia o per trombosi. 

Diversi scienziati evoluzionisti hanno tentato di confutare questi studi, tra questi il dott. Russel F. Doolittle, membro della National Academy of Sciences, che in polemica con Behe ha cercato di dimostrare l'errore del ragionamento circa la coagulazione, applicando il consueto metodo "scientifico" degli evoluzionisti: 
ha cominciato col dare per certo il principio darwiniano, secondo il quale si possono comporre "alberi genealogici" degli esseri viventi in base alla percentuale di diversificazione delle sequenze di aminoacidi delle proteine che li compongono (maggiore diversità = precoce divergenza delle linee evolutive delle due specie rispetto al progenitore comune); 
ha continuato stabilendo che questo meccanismo di "errore-correzione" casuale, che si verifica continuamente nella duplicazione del DNA, è alla base della cascata proteica della coagulazione, nella quale le 4 diverse proteine sarebbero state prodotte da micromutazioni casuali di un'unica proteina iniziale; la dimostrazione di questo "dato scientifico" starebbe nella inutile complessità del meccanismo di coagulazione: �Nessun Creatore avrebbe progettato un sistema così indiretto e macchinoso� ha affermato Doolittle; 
ha concluso "leggendo in modo elastico" i risultati di una ricerca eseguita da altri scienziati, su due gruppi di topi ai quali era stato sottratto rispettivamente il gene produttore di due delle proteine della cascata proteica. I topi così manipolati sono andati incontro fatalmente ad emorragie o trombosi, ma, secondo Doolittle, accoppiandoli tra loro, la prole sarebbe stata perfettamente sana, il che avrebbe dimostrato che la coagulazione può avvenire anche in assenza di alcune proteine. Le conclusioni a cui erano giunti i ricercatori, invece, erano ben diverse: la prole di quei genitori deficitari era incapace di formare coaguli e le femmine morivano durante le gravidanze. 

Ben diversamente dai desideri di Doolittle, la ricerca ha dimostrato con prove certe e ripetibili che la cascata proteica della coagulazione è un esempio di complessità irriducibile e che soggetti deficitari anche di una sola proteina non potevano essere intermediari evolutivi, perché meccanismi semifunzionanti non sarebbero stati riconosciuti "vantaggiosi" nella "lotta per la sopravvivenza"; non avrebbero superato "il vaglio severo della selezione naturale" perché la loro utilità si sarebbe rivelata soltanto a posteriori, a processo evolutivo concluso, non durante la comparsa casuale dei singoli componenti del meccanismo (2)


Le proteine istoniche 
Un altro esempio di complessità irriducibile è la struttura interna delle proteine istoniche. Queste proteine, in numero di cinque, sono composte. Ciascuna in media di 100 aminoacidi. La loro funzione è importantissima, in quanto esse impacchettano la lunghissima catena del DNA nel nucleo degli eucarioti, impedendo che essa si possa attorcigliare in modo inestricabile o rompersi rendendo impossibile la sua funzione che è quella di duplicarsi e di trascrivere le proteine necessarie alla vita degli organismi. 

Senza simili proteine sarebbe stato impossibile lo sviluppo di tutti gli organismi pluricellulari e la terra sarebbe abitata solo da batteri. Orbene gli aminoacidi presenti nella catena di queste proteine sono identici in tutte le posizioni in tutti gli organismi. Ad esempio l'istone 4 del pisello, composto da 100 aminoacidi è identico all'istone 4 della mucca ad eccezione di due soli aminoacidi; ciò vuole dire che la sostituzione anche di un solo aminoacido nella catena è deleterio per ogni organismo: avviene come se in un automobile ci vogliono 100 pezzi per far funzionare il motore, se si elimina un solo pezzo il motore non parte. Così se si sostituisce un solo aminoacido nella catena dell'istone, la proteina non funziona più e la selezione naturale la ha eliminata. 

Ecco un esempio di complessità irriducibile all'interno di una sola proteina. La probabilità che il caso cieco abbia dato origine ad una proteina simile all'istone è di 1:20 elevato a 100 che rappresenta un numero davvero enorme (3)


*** 
(1) M. Blondet Darwin alle corde? in Il Timone, n. 10 Novembre/Dicembre 2000. 
(2) Evoluzionismo: Invece, la scienza afferma che ... in Editoriale Il Giglio, 27/10/2005. 
(3) N. Nobile Proteine istoniche in Sulle tracce delle origini, 27/10/2005. 
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05/12/2014 21:25
 
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L'uomo produce sino a gr. 2 di colesterolo al giorno, di cui solo 0,300-0,500 mg.deriva dall'apporto esterno col cibo animale, il resto, deriva dalla sintesi endogena ad opera soprattutto del fegato, ma anche di tutte le altre cellule del corpo e in particolare del cervello che lo deve sintetizzare tutto in quanto quello esogeno non passa la barriera emato-encefalica. Il processo di sintesi è molto complesso e sofisticato e per ottenere il colesterolo entrano in azione numerosi enzimi. In origine si parte dall'acetilCoA, il crocevia fondamentale di tutti i catabolismi. L'acetil COA viene inizialmente condensato in due molecole e si forma cosi l'acetoacetil COA; l'acetoacetilCOA reagisce con un'altra molecola di acetilCOA  e si forma l'HMG-COA    catalizzato dall'enzima hmg coa sintetasi. L'HMGCOA viene ridotto ,in presenza di NADPH a mevalonato e questa reazione è catalizzata dall'enzima HMGCOA reduttasi. Quest’ultima reazione è fondamentale perché attraverso un meccanismo di feedback positivo e negativo l'enzima viene attivato  in carenza di colesterolo nella cellula, e viene inibito da un eccesso di colesterolo. Le statine ,farmaci anticosterolo, hanno infatti un'azione inibente dell'enzima HMGacetilCOA reduttasi per cui viene bloccata o inibita fortemente la sintesi di colesterolo nel fegato. Andiamo avanti; una volta formato il melvonato, tre gruppi fosfati vengono aggiunti al melvonato per trasferimento dall'ATP che viene cosi idrolizzato ad ADP .Successivamente viene rimosso un gruppo ossidrilico OH sul carbonio 3 assieme ad un gruppo carbossilico COOH e si forma una sostanza dal nome un po’ difficile ,il D3  isopentil pirofosfato. Quest'ultima sostanza viene isomerizzata e si forma il dimetilallilpirofosfato. In ulteriori tre passaggi da quest'ultimo prodotto si forma lo squalene per condensazione testa-coda e testa-testa del prodotto formatosi precedentemente. E' da tener presente che tutti questi passaggi avvengono ad opera di enzimi specifici. A questo punto lo squalene viene convertito in colesterolo attraverso la ciclizzazione dello squalene che è lineare  e si forma un'altra sostanza ad anello ,il lanosterolo. Il lanosterolo poi dopo altre 19 tappe successive catalizzate sempre da enzimi viene convertito finalmente in colesterolo tramite spostamento o rimozione di gruppi metilici. Quindi questo processo di sintesi richiede almeno trenta passaggi e 30 enzimi diversi che li catalizzano. Ed ora riflettiamo un momento di tutto quello appena detto: si può pensare che questo processo sia potuto avvenire dopo una lunga evoluzione attraverso modificazioni casuali e selezione naturale ,come molti trattati e riviste scientifiche dichiarano ,oppure tutto questo è avvenuto in modo rapido attraverso un disegno intelligente, in altri termini attraverso un progetto? Io credo che quest'ultima ipotesi sia la più logica e la più accreditata razionalmente e scientificamente perché diciamolo papale papale: quanto tempo il povero animale primitivo avrebbe dovuto aspettare prima di avere a disposizione tutto il colesterolo di cui abbisognava? Nel frattempo, poveretto ,sarebbe morto. Il solo colesterolo esterno non sarebbe stato sufficiente per le sue necessità vitali; inoltre il colesterolo esogeno gli animali attuali lo prendono da altri animali ,carenti anch'essi di questo prezioso elemento. Siamo di fronte quindi ad un circolo vizioso circolare colossale che invalida la prospettiva darwiniana. Inoltre è molto poco probabile che il colesterolo o le altre sostanze intermedie si trovassero belle e pronte a disposizione nel brodo primordiale. Teniamo presente che tutte le sostanze intermedie   descritte per arrivare al colesterolo servono solo come sostanze intermedie e non hanno loro stesse alcuna utilità biologica se non come intermedi L'unica sostanza utile per l'organismo è il colesterolo. Notevole è anche il meccanismo di feedback che controlla il processo di produzione del colesterolo, evitando cosi di sprecare energia inutile. Tutto questo indica progettualità ed intelligenza. C’è qualcos'altro da aggiungere infine nel salto tra un enzima e l'altro nella catena di 30 enzimi perla produzione di colesterolo non è da poco La composizione di aminoacidi di un enzima medio è di 300 circa. Si è visto che molti di questi aminoacidi non sono essenziali per la funzionalità dell'enzima, sono i cosi ‘detti aminoacidi neutrali. Ma una buona parte di questi sono essenziali ed insostituibili, calcoliamo in media una cinquantina per proteina. Se si fa un semplice calcolo matematico per i 30 aminoacidi ci vuole 1:20^1500 possibilità diverse perché il caso cieco possa trovare la giusta sequenza dei 30 aminoacidi; esiste quindi una irriducibile complessità intrinseca anche nella singola proteina che rende assolutamente improbabile ,anzi impossibile la soluzione darwiniana.  




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07/09/2015 17:31
 
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La secrezione dell'ormone antidiuretico ,come abbiamo visto in articolo precedente fa parte di una struttura a complessità irriducibile.  In altri termini ,se manca un solo componente il tutto non funziona; devono esistere cosmocettori che sono sensibili alla variazione in meno o in pù della concentrazione di acqua nelle cellule; scatenamento di impulsi nervosi che arrivano alla ipofisi posteriore e che rilasciano l' ADH che è ,un polipeptide composto ,nella sua forma attiva di nove aminoacidi, nella sua forma inattiva ,di 164 aminoacidi , evidentemente, perchè funzioni, deve essere attivato e anche questo è un processo molto mirato. Questo ormone poi si lega a dei ricettori del senso della sete nell'ipotalamo, e soprattutto si lega a dei ricettori presenti nei tubuli distali del rene; questo legame scatena una complessa serie di reazioni a cascata che termina coll'introduzione nella membrana cellulare delle cellule renali di proteine specifiche: le acquaporine le quali hanno la capacità di assorbire l'acqua e il sodio e rimetterlo nel torrente sanguigno  


Come  si può vedere chiaramente questa struttura è irriducibilmente complessa. E ora veniamo ai numeri che ci vogliono per il controllo dell'acqua. Il nostro corpo contiene circa 42 litri di acqua, il 60% del peso totale.  Con la normale attività il corpo perde circa 2-3 litri di acqua al giorno, con una intensa attività può perdere anche 2 -3 litri di acqua all'ora.  Il corpo  deve controllare la quantità di acqua presente nelle cellule e nel sangue. Una perdita del 5% di acqua equivalente a due litri può causare secchezza delle fauci e senso di sete; una perdita del 10% equivalente a 4 litri di acqua al giorno provoca intensa sete, mal di testa e debolezza, una perdita del 15% equivalente a sei litri causa tachicardia, vertigini e disturbi della concentrazione mentale; una perdita del 20% causa letargia e coma, una perdita del 25% equivalente a 10 litri al giorno causa la morte ma il sistema gastrointestinale provvede ad assorbire con molta facilità  l'acqua che viene bevuta .Ogni giorno i glomeruli renali filtrano dal torrente circolatorio ben 180 litri di acqua alla velocità di 7.5 litri all'ora; se tutta quest'acqua fosse eliminata colle urine  si morirebbe dopo soli 90 minuti .Ma ciò non accade perchè il 90'% dell'acqua filtrata in un giorno viene riassorbita automaticamente dai tubuli prossimali del rene. Rimangono però 18 litri di acqua che arrivano presso i tubuli distali dei reni e qui l'assorbimento dell'acqua viene controllata con tutti meccanismi descritti prima a seconda delle esigenze dell'organismo. I 18 litri di acqua sono quasi il doppio dei 10 litri sufficienti a causare la morte, interviene allora l'ormone ADH che aumenta di quantità ad ogni 1% di aumento di contenuto di acqua ,cioè di 400 intervenendo  questo ormone alla fine il 99% dell'acqua filtrata viene riassorbita ,per cui si ha ogni giorno, una perdita, in condizioni normali solo  di 1-1 litro e mezzo di acqua al giorno sotto forma di urina. E' molto difficile immaginare come nel lontano passato evolutivo  tutto ciò sia potuto accadere attraverso piccoli passi casuali ;sin dall'inizio questi meccanismi che ho descritto devono essere sorti tutti insieme e contemporanemente , altrimenti ci sarebbe stata la morte degli organismi per mancato controllo! L'organismo deve sapere quanto ADH inviare, quanti recettori di ADH fabbricare, quante proteine acquaporine mettere nelle membrane dei tubuli renali perchè il tutto funzioni  e' molto chiaro che esiste una Mente intelligente dietro tutti questi meccanismi.   




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07/09/2015 17:33
 
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In precedenza abbiamo visto che l’emoglobina è essenziale per il trasporto dell’ossigeno ai tessuti, ma l’emoglobina contiene una sostanza chimica chiamata eme che ha una forte affinità con il ferro, il quale a sua volta ha una forte affinità con l’ossigeno; in altre parole l’ossigeno si lega al ferro dell’emoglobina; il ferro è quindi indispensabile alla vita, senza ferro si muore. Ma come avviene il metabolismo del ferro?

Questo metallo, libero e in circolazione è tossico per l’organismo e il corpo deve provvedere a legarlo a delle proteine. Questo metallo è contenuto nelle carni, nelle verdure e nei legumi e una volta arrivato alla mucosa intestinale duodenale viene ridotto a ferro ferrico e ferro ferroso per opera di una ridottasi presente nella membrana dell’orletto a spazzola delle cellule intestinali. Nella membrana di queste cellule è presente un’altra proteina chiamata ferroportina la quale si lega al ferro ++ e la trasporta dentro la cellula intestinale sino al versante vascolare della cellula dove lo cede ad un’altra proteina chiamata ferritina che ha l’incarico di trasportarlo agli organi in cui verrà utilizzato e in particolare al fegato e alle cellule emopoietiche del midollo osseo. Ivi il ferro in eccesso viene immagazzinato in un’altra proteina chiamata ferritina che funziona come deposito del ferro. A questo punto subentra il controllo della quantità di ferro dell’organismo: se nel fegato cè molto ferro la cellula epatica secerne un ormone polipeptico chiamato epcidina che arriva nelle cellule bersaglio che sono le cellule intestinali, dove si combina con la ferroportina bloccandola e impedendo così che fuoriesca  dalla cellula mettendo in circolo il ferro; la cellula intestinale duodenale ha una vita breve, dopo pochi giorni muore trascinando con sé la ferroportina bloccata ed eliminando così il ferro attraverso le feci. E’ un meccanismo feedback positivo del controllo del ferro. La transferrina , la proteina di trasporto del ferro è secreta anch’essa dal fegato; quando cè troppo ferro il fegato diminuisce di molto la secrezione di transferrina e così meno ferro viene trasportato. Quando invece cé poco ferro nel fegato per carenza, il fegato diminuisce la produzione di epcidina impedendo così il blocco della ferroportina e nello stesso tempo aumenta la produzione di transferrina aumentando così il trasporto del ferro. Le cellule emopoietiche del midollo osseo e in particolare le cellule che daranno luogo ai globuli rossi , posseggono nella loro membrana  plasmatica molti recettori della transferrina che unendosi a quest’ultima utilizzeranno il ferro per immetterlo nella emoglobina. Anche il ferro possiede dei recettori della transferrina, quando diminuisce il ferro nel fegato aumentano i ricettori della transferrina, quando nel fegato cé troppo ferro  diminuiscono i ricettori della transferrina.

La carenza di ferro nell’organismo può avere molte cause: o ne viene introdotto troppo poco o ne viene eliminato troppo, in genere a causa di emorragie occulte nelle feci. Si verifica all’ora l’anemia ferripriva  che può portare alla debilitazione, alla debolezza e anche alla morte. Ma esiste anche un’altra malattia opposta: l’emocromatosi che è una malattia da eccesso di ferro e può condurre anch’essa alla morte e viene curata con salassi periodici. Esiste una forma ereditaria di emocromatosi che dipende dall’assenza o cattivo funzionamento della epcdina o della transferrina per dei difetti genetici. Si sono fatti degli esperimenti privando dei topi del gene della epcidina o della transferrina ed i topi sono morti in brevissimo tempo. Come si può vedere chiaramente, il metabolismo del ferro e il suo controllo è un sistema irriducibilmente complesso, se manca una sola componente del sistema l’intero sistema crolla e si ha la malattie a e la morte dell’organismo. E’ impossibile ancora una volta che questo sistema sia sorto a poco a poco  attraverso tentativi ed errori: tutti i componenti del sistema dovevano essere presenti sin dall’inizio. Tutto questo però ancora non basta affinché l’ossigeno arrivi nella quantità giusta alle cellule, non basta l’emoglobina alle dosi giuste del ferro, e l’integrità dell’apparato respiratorio, ci vuole il buon funzionamento del sistema cardiocircolatorio; lo vedremo una prossima volta.


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07/09/2015 17:34
 
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Lo ione sodio, una volta fuoruscito dalle cellule tramite la pompa sodio-potassio, si concentra per il 90% nel liquido extracellulare, e nel circolo ematico trascinando con sé una proporzionale quantità di acqua contribuendo in modo fondamentale al mantenimento della volemia ematica e alla efficienza del circolo sanguigno. Ma come il corpo controlla la quantità di sodio ione presente? Esistono nel circolo sanguigno e soprattutto nei vasi renali dei sensori che sono sensibili alla trazione con  allargamento della parete arteriosa  alla stesso modo con cui l'aria gonfia un pallone o una gomma. Una volemia bassa che dipende ,come abbiamo visto dalla quantità di sodio presente nel sangue, stimola il sensore presente nei vasi sanguigni renali a produrre una notevole quantità di una sostanza proteica chiamata renina, mentre una alta volemia induce il sensore a produrre poca renina. La produzione di renina è quindi inversamente proporzionale al valore della volemia e quindi indirettamente al valore del sodio.


La renina poi si combina con un'altra proteina prodotta dal fegato, l'angiotensinogeno trasformandolo in angoitensina 1;l'angiotensina1 viene trasformata da un altro enzima prodotto dal polmone in angiotensina2. L'angiotensina 2 arriva presso alcune cellule della ghiandola surrenale, si unisce al suo recettore e induce la cellula a produrre un ormone l'aldosterone che, arrivato presso i tubuli renali si unisce al suo recettore e induce i tubuli a estrarre il sodio dalle urine e metterlo in circolo ripristinando cosi' la volemia ridotta. Presso l'endotelio degli atri cardiaci esistono altri sensori di dilatazione che sono stimolati a produrre un altro ormone, ANP, atriale peptide natriuretico, che questa volta viene prodotto in modo direttamente proporzionale alla volemia. Questo ormone, giunto ai tubuli urinari si lega ad un suo recettore ed induce le cellule a eliminare più sodio con le urine, facendo il lavoro inverso dell'aldosterone. Descritto tutto questo processo si vede chiaramente che siamo di fronte ad un sistema di una complessità irriducibile ,secondo la teoria di Behe. In questo sistema ci sono i seguenti componenti: n.1: i sensori vascolari di dilatazione renale; n.2: i sensori atriali di dilatazione; n.3: la produzione di renina da parte del rene; n.4: la produzione di angiotensinogeno da parte del fegato e la trasformazione dell'angiotensinogeno in angiotensina 1 da parte della renina; n.5: l'enzima polmonare che trasforma l'angiotensina 1 in angiotensina 2; n.6: il recettore dell'angiotensina 2 nelle cellule surrenali; n.7: la fabbricazione dell'aldosterone nelle cellule surrenali; n.8: il recettore dell'aldosterone nei tubuli urinari. N.9: la messa in circolo di sodio da parte dei tubuli urinari; n.10: la produzione di ormone natriuretico da parte delle cellule atriali; n.11: il recettore dell'ormone natriuretico da parte dei tubuli urinari con eliminazione urinaria del sodio. In questo sistema ci sono ben 11 componenti ,mancandone uno solo il sistema non funziona affatto ed esiste il pericolo di morte pe il corpo. Ma tutto questo non basta ,tutti i componenti devono funzionare bene, devono cioè calcolare bene quello che tolgono e quello che mettono nella quantità giusta. I numeri reali hanno conseguenze reali.




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07/09/2015 17:36
 
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Abbiamo visto in precedenti articoli che la perdita di 10 litri di acqua senza alcuna assunzione porta alla morte per disidratazione. Una persona a riposo perde un litro di acqua al giorno circa attraverso le urine, la respirazione e il sudore ,quindi se un individuo a causa di condizioni debilitate non può assumere acqua per via orale in 10 giorni muore per disidratazione. I reni in un giorno filtrano 180 litri di acqua attraverso i glomeruli. Il 90% viene riassorbita automaticamente  rimangono 18 litri che vengono assorbiti per il più del 90 % dai tubuli distali dei reni col sistema dell'ADH, osmocettori, recettori dell'ADH presso i tubuli renali.


Questo sistema fatto da osmocettori, ADH e recettori dell'ADH è irriducibilmente complesso, secondo la definizione di Michael Behe. Se manca solo una di queste tre strutture il sistema non può funzionare e i  nostri antenati ,se fossero stati privi anche di uno solo di questi tre componenti avrebbero perso ogni giorno 18 litri di acqua attraverso l'urina, e per rimediare a questa perdita avrebbero dovuto bere circa 750 ml. di acqua all'ora, per tutte le ore e per tutti i giorni e in condizioni di assoluto riposo, colla fatica la perdita di acqua sarebbe stata ancora maggiore. Questi numeri sono chiaramente incompatibili colla vita; se queste strutture si fossero formate per caso attraverso tentativi ed errori ,prima che si potesse formare anche una sola di queste tre strutture gli organismi sarebbero tutti morti! E' da tener presente anche che una sola soltanto di queste strutture ,ha una composizione intrinseca molto complessa perchè sia l'ADH, sia gli osmocettori, sia i ricettori dell'ADH sono proteine e funzionano solo con una specifica disposizione degli aminoacidi nella molecola e ciò è molto difficile trovarla. Si può dire che anche la disposizione intrinseca di ciascun componente è complessa in modo irriducibile. Esiste una malattia il diabete insipido con urine insipide che si distingue dal più frequente diabete mellito con urine dolci, che è causato da carenza o mancanza di ADH ,;i malati di questa malattia emettono più di 4 litri di urina al giorno e più è carente l'ADH più urine emettono fino a 18 litri al giorno per carenza totale di ADH. Per fortuna è stata trovata la cura per questa malattia dando al paziente desmopressina inalata per via nasale. Esiste un'altra forma di diabete insipido, il diabete insipido nefrogeno per carenza nel rene dei recettori dell'ADH. Ma esiste anche un'altra malattia ,la sindrome da inadeguata ADH che è causata da una produzione eccessiva di ADH a causa di un tumore o altre lesioni cerebrali. L'aumento dell'ADH provoca in questa malattia edema cerebrale, letargia convulsioni ,coma e infine morte per eccessivo accumulo di acqua nel cervello. Anche per questa malattia per fortuna si è trovato il rimedio. La presenza degli osmocettori, dell'ADH e dei recettori dell'ADH ,non basta a spiegare  il loro funzionamento .Gli osmocettori devono rispondere subito e fornire l'ADH nella giusta quantità, nè troppo nè troppo poco, e i recettori dell'ADH devono essere presenti nella giusta misura ,nè troppi nè troppo pochi. La vita è molto più complessa di quanto i biologi evoluzionisti possano credere.




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07/09/2015 19:24
 
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biollogiaQualsiasi scoperta si può fare riguardo i meccanismi della vita si dice ,da parte della stragrande maggioranza della comunità scientifica che si sono evoluti ,anche se la struttura è talmente organizzata in tutte le sue parti che appare evidente che sia stata progettata. Un esempio eclatante è il ribosoma.Si tratta di una grossa struttura tridimensionale formata da due subunità la LSU più grande e la SSU più piccola che una volta formate si combinano insieme per formare l'unità funzionale del ribosoma.Il ribosoma è presente in tutti gli organismi viventi ,dagli archeobacteri all'uomo ed è essenziale alla vita perchè serve per la traduzione del messaggio genetico in proteine.

Infatti tutte le proteine degli esseri viventi passano per il ribosoma che è una vera e propria catena di montaggio per la loro costruzione. E' una struttura irriducibilmente complessa perchè per il suo funzionamento è necessario che ci siano tutte le sue parti ed inoltre sarebbe inutile senza il genoma ,senza il codice genetico,senza il rna messaggero che trascrive il codice dal genoma e senza gli rna tranfer che trasferisce le triplette di codifica al montaggio degli aminoacidi specifici. Esiste una struttura centrale del ribosoma formata da 1500 nucleotidi di rna della subunità piccola e 3000 nucleotidi della subunità grande. Questa struttura è identica e conservata in tutti gli organismi viventi dagli archeobacteri all'uomo. Inoltre questa struttura a base rna è unita a parecchie proteine creando una struttura molto complessa che ripeto è conservata in tutti gli organismi identica. Esiste poi la parte esterna del ribosoma che è variabile ed è sempre più complessa mano a mano che aumenta la complessità degli organismi. Nell'uomo questa parte del ribosoma formata da molte proteine è la più complessa rispetto agli altri organismi. Gli evoluzionisti affermano che la parte centrale invariante dimostra che la vita è sorta da un antenato comune proveniente da un mondo primitivo a rna :Ma nel mondo prebiotico è infinitamente improbabile che si possa essere formato un rna autoreplicante e per giunta formato da ben 4500 nucleotidi allineati in modo altamente specifico e praticamente invariante dai bacteri all'uomo. Per le parti più esterne variabili gli evoluzionisti affermano che si sono formate durante l'evoluzione degli organismi. In altri termini le parti invarianti confermano l'evoluzione da un antenato comune e le parti variabili confermano l'evoluzione dal semplice al complesso. In qualsiasi modo quindi si trovino le cose l'evoluzione non è falsificabile perchè sia le parti invarianti che le parti variabili sono il frutto dell'evoluzione. Ma si può ugualmente pensare che le strutture invarianti e quelle variabili sono state progettate da un progettista comune. Si può fare l'esempio di una macchina a benzina :sia le moto ,sia l'automobile ,sia gli autobus,sia i camion hanno in comune e molto simile il motore a benzina ,poi hanno delle parti variabili che sono presenti per gli usi diversi che vengono fatti per le moto ,le automobili ecc. Nessuno però si sogna di dire che il passaggio da un veicolo a motore più semplice a quello più complesso sia evoluto attraverso cambiamenti casuali e non attraverso un progetto degli ingegneri. E cosi' è per la vita ,ogni struttura è irriducibilmente complessa e non può essersi evoluta attraverso cambiamenti casuali. Tutto è progettato per uno specifico organismo. Non è l'evoluzione ma il disegno intelligente la spiegazione più attendibile per l'enorme complessità della struttura ribosomiale.


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27/08/2016 19:35
 
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Da oggi inizio a parlare di un altro sistema biologico molto complesso funzionalmente integrato :il sistema immunitario. Il corpo si deve difendere ogni giorno anche da aggressioni esterne di natura biologica come i batteri, i virus e i funghi. Se non adottasse sistemi di difesa adeguati l'organismo sarebbe ben presto invaso da una miriade di entità biologiche presenti nell'ambiente esterno che si moltiplicherebbero producendo gravi infezioni e quindi gravi danni biologici ed anche la morte.


Il primo sistema di di difesa è costituito dagli epiteli che rivestono gli organi che sono a ontatto dell'ambiente esterno, come l'apparato digerente, l'apparato respiratorio e l'apparato urinario. Noi siamo rivestiti poi innanzitutto dall'epidermide ,fatta da epitelio pluristratificato che ha varie funzioni: anzitutto protegge il corpo dalle alte e basse temperature, poi da eventi traumatici, ed infine dalle aggressioni dei microbi, virus e funghi: anche l'apparato
gastrointestinale ed urinario e respiratorio sono dotati di epitelio che serve a

proteggere dalle aggressioni esterne. i germi che riescono, per capacità propria ad abbattere queste difese si chiamano germi patogeni: essi, superato l'epitelio, si infiltrano nel liquido interstiziale, si moltiplicano sfruttando i nutrienti dell'organismo e provocano gravi danni: se attaccano l'apparato gastroenterico provocano gravi gastroenteriti; se attaccano l'apparato urinario provocano gravi infezioni urinarie, se attaccano l'apparato respiratorio, provocano bronchiti, polmoniti acute o croniche. Se i germi arrivano al cervello provocano encefaliti e meningiti. I batteri ,in particolare entrano nei canalicoli linfatici dove circola la linfa che drena il liquido interstiziale e attraverso il circolo linfatico arrivano nel torrente circolatorio ematico provocando gravi setticemie, cioè infezioni generalizzate del sangue. Il primo sistema di difesa quindi, l'epidermide e gli epiteli molte volte non bastano a difendersi dagli aggressori; è stato creato quindi un sistema più efficiente di difesa che si chiama sistema immunitario del quale cominceremo a parlare dalla prossima volta.

Quando i batteri , i virus o i funghi sono riusciti a penetrare le prime barriere del corpo come l'epidermide o gli epiteli la via per l' invasione diventa larghissima, se non esistesse il sistema di difesa immunitario pronto a bloccarli. Preciso però che senza la pelle e gli epiteli l'invasione sarebbe comunque vincente ,anche col sistema immunitario, e quindi senz'altro la pelle e gli epiteli fanno parte del sistema irriducibilmente complesso della difesa del corpo dagli invasori esterni.

Per descrivere il sistema immunitario possiamo fare un'analogia con una città attaccata da nemici esterni che la vogliono distruggere. Nei tempi antichi i difensori di una città avevano in genere quattro importanti compiti da eseguire molto velocemente: il primo era quello di individuare il nemico, il secondo era quello di dare l'allarme in modo che altri potessero aiutare nella difesa, il terzo era quello di fornire informazioni del nemico a quelli che erano nelle retrovie di riserva, il quarto era quello di respingere, ferire o uccidere i nemici. Anche il sistema immunitario del corpo attua questi quattro compiti. Il primo compito è quello di riconoscere se le cellule che invadono sono estranee al proprio corpo oppure fanno parte del proprio corpo: questo compito è importante perchè se non ci fosse questo riconoscimento l'organismo potrebbe aggredire e uccidere cellule dello stesso suo corpo producendo gravi danni a se stesso, quindi è importante che l'invasore venga riconosciuto come estraneo. Una volta fatto questo si passa alla seconda fase, cioè si danno messaggi che possano portare altre forze in campo: avviene cioè il rilascio di sostanze chimiche che creano una vasodilatazione nel campo di battaglia consentendo alle cellule immunitarie e alle proteine di uscire dai capillari dilatati ed arrivare sul luogo dell'invasione che diventa rosso :avviene cioè la cosiddetta infiammazione. La terza cosa che fa l'organismo è informare le forze di riserva sulla natura del nemico, e questo avviene perchè vengono esposti  pezzi di microbi morti nelle cellule delle retrovie ,in modo che esse li possano riconoscere ed approntare i sistemi di difesa idonei. Infine si portano sul luogo dell'infezione tutte le armi per uccidere e distruggere i nemici. Le cellule immunitarie e le proteine hanno armi diverse a disposizione  per eseguire quest'ultimo compito. Come tutte le forze militari ,anche le forze di difesa del corpo hanno forze regolari e  forze specializzate. Le forze regolari sono rappresentate da quello che si chiama il sistema immunitario innato, cioè presente sin dalla nascita e che agisce subito, dopo pochi minuti dall'invasione allo scopo di bloccare il nemico; ma questo sistema non è in grado di proteggere in modo sufficientemente valido il corpo ,soprattutto quando il nemico ha forze schiaccianti e si rende spesso invisibile a queste forze di difesa iniziali moltiplicandosi ed invadendo tutto il corpo. Intervengono cosi' le forze speciali che hanno il compito di sorreggere e rinforzare le forze di difesa iniziali. Questo sistema dotato di forze speciali interviene più tardi, dopo almeno due giorni dall'inizio dell'invasione, ma possiede delle armi molto intelligenti e sofisticate e potenti, molto mirate che distruggono con molta precisione l'invasore. Il sistema immunitario dotato di forze speciali si chiama sistema immunitario adattativo ,cioè è un sistema che si forma a poco a poco dopo la nascita, dopo che il corpo ha avuto la visita dei più svariati agenti patogeni. La prossima volta vedremo come si muovono i primi difensori del sistema immunitario innato, e poi man mano vedremo come agiscono le forze speciali. I biologi evoluzionisti affermano che la resistenza che i microbi ottengono per resistere alle forze immunitarie o ai farmaci dimostrano che la vita è nata per caso e attraverso le sole leggi naturali; Ma in realtà esiste prima di tutto l'hardware, cioè il sistema estremamente complesso e integrato. senza il quale non possiamo sopravvivere, poi, una volta che è nato questo sistema complesso la vita può cambiare nel corso del tempo e può avvenire una certa evoluzione, ma anche se essa può avvenire, non significa affatto che la vita, con i suoi sistemi complessi ed integrati per la sua sopravvivenza e moltiplicazione, sia nata per caso, basta pensare a quello che ci vuole per mantenere in vita il corpo, come si può constatare da tutti gli articoli sino ad ora pubblicati.


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08/09/2016 10:00
 
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L'energia sviluppata nel corpo per le sue funzioni essenziali cataboliche ed anaboliche a riposo e a digiuno si chiama metabolismo basale. Il metabolismo basale però deve essere controllato in modo continuativo perchè il calore sviluppato dai processi energetici e quindi la temperatura interna del corpo deve essere costante e si deve aggirare, sui 36-37-gradi affinché tutto funzioni bene.

Il controllo del metabolismo basale è assunto, da un ormone, l'ormone tiroideo che è secreto dalla tiroide , una ghiandola posta nella regione del collo. Questo ormone chiamato tirossina, entrato nelle cellule si lega ad uno specifico recettore posto nel nucleo delle cellule e con un processo ancora poco conosciuto stimola la respirazione cellulare ed anche la produzione di proteine sviluppando quindi anche calore ed aumento della temperatura interna.  L'ormone tiroideo non è solubile in acqua e quindi si lega ad una proteina specifica, la tireoglobulina, prodotta dal fegato e in questo modo circola nel sangue. Il corpo deve però controllare anche l'azione dell'ormone tiroideo. Quindi prima di tutto esiste un sensore nell'ipotalamo e nell'ipofisi che permette di rilevare il livello ematico di ormoni tiroidei. L'ipotalamo e l'ipofisi, una volta saputo quanto ormone tiroideo è presente in circolo, sapendo già quali sono gli standard giusti, inviano gli ordini. Se l'ormone tiroideo in circolo è troppo basso, l'ipotalamo invia in circolo, dopo averlo prodotto il fattore rilasciante la tireo tropina (FR), se l'ormone tiroideo è troppo alto ne invia meno. L'ipofisi ,a sua volta, stimolata dal FR secerne la tireotropina  o TSH, se l'ormone tiroideo è basso, ne rilascia poco se l'ormone tiroideo è alto. E' importante che l'ormone tiroideo sia in un range normale perchè se è troppo alto aumenta le reazioni chimiche e il calore: la persona ha troppo caldo, ha tachicardia, e insonnia; è come se tutto il corpo sia in uno stato di eccitazione  perenne; se l'ormone è troppo basso la persona ha freddo, ha bradicardia, è sempre sonnolente, è come se tutto l'organismo funzionasse al rallentatore. Il livello normale di ormone tiroideo varia da persona a persona e si mantiene in genere in un range da 60 a 140 unità. Se il livello di una persona dovrebbe essere di 100 U ma è di 70 U, non è possibile capire se possiede un livello normale di ormone tiroideo, ma la medicina ha scoperto che l'indicatore giusto per uno stato di ipotiroidismo o di ipertiroidismo è il TSH, l'ormone rilasciato dall'ipofisi che circola nel sangue, si unisce ad un suo ricettore sito nelle cellule tiroidee e stimola la tiroide a produrre e rilasciare l'ormone tiroideo. l TSH ha come valori normali un range di 0'4 -4,2 U.Quando l'ormone tiroideo è basso per un determinato individuo il TSH è sempre più alto di 4,2U,se l'ormone tiroideo è alto per un determinato individuo il TSH è sempre più basso 0,4 U.Quindi il livello di TSH diagnostica in modo preciso uno stato di malattia tiroidea.o ipo o ipertiroidismo. Il sistema che l'organismo usa per controllare il metabolismo basale è irriducibilmente complesso: comprende 1:l'ipotalamo che rileva l'ormone tiroideo, 2l'ipotalamo che rilascia il TRF; 3 :i ricettori del TRF sulle cellule ipofisarie;4: l'invio di TSH da parte dell'ipofisi; 5:i  recettori di TSH sulle cellule tiroidee; 6:l'invio da parte della tiroide dell'ormone tiroideo; 7:la presenza di tireoglobulina legante l'ormone tiroideo; 8:la presenza di recettori dell'ormone nel nucleo di tutte le cellule del corpo. Se una sola di queste otto parti è carente o mancante il sistema non può funzionare e l'esperienza clinica lo dimostra. Questo sistema non può essersi formato casualmente: dietro la sua formazione ci deve essere la presenza di una. Mente che sa quello che ci  vuole per far funzionare bene il metabolismo basale. Tuttavia gli studenti continuano a ricevere l'insegnamento che questo sistema complesso si sia formato per caso! ma i fatti dicono il contrario. Tuttavia il controllo del metabolismo basale è solo una parte della termoregolazione: ci vuole un ulteriore controllo quando la persona è in attività e di questo controllo ne parleremo la prossima volta. 


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22/09/2016 23:16
 
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Nei musei naturalistici i biologi evoluzionisti fanno vedere la vita, in tutte le sue espressioni come appare, per esempio gli scheletri dei vari animali o i dinosauri ricostruiti, ma raramente fanno vedere al grosso pubblico come la vita realmente funziona, in tutta la sua enorme complessità: vedendo questa complessità forse la gente cambierebbe parere sulla teoria corrente che la vita è nata per caso.


Vediamo ora i rapporti che ci sono tra la vitamina D e il calcio. Il calcio, come del resto il ferro, è poco solubile in acqua e per questo motivo solo il 10% può’ essere assorbito passivamente dalle cellule intestinali. Come l’organismo ottiene il calcio? Il calcio è presente soprattutto nel latte e latticini, verdure, frutta e uova. Ma per il 90% il calcio nell’intestino viene assorbito in modo attivo, tramite la vitamina D, che chimicamente è chiamata 5-idrossi-2 calciferolo; viene formata dalla luce attraverso i raggi ultravioletti nella pelle e passa in circolo, viene presa anche all’esterno attraverso certi cibi come il latte, il succo di arancia e cereali. La vitamina D però non aiuta l’assorbimento del calcio finché non è attivata dal corpo. La vitamina D non è solubile in acqua e per essere trasportata si deve legare ad una proteina sintetizzata del fegato. Il fegato inizia il processo di attivazione della vitamina D aggiungendo un gruppo idrossile OH al suo carbonio 25, poi viene trasportata ai reni che raggiungono un altro gruppo OH ad un altro carbonio: a seconda delle esigenze dell’organismo di calcio, se esiste molto calcio nel corpo circola solo la vitamina D con un solo gruppo OH, poco attiva, se c’è invece carenza di calcio, la vitamina D viene trasformata dai reni in calcitriolo, la vitamina D con due ossodrili che è molto più attiva a livello intestinale, qui infatti la vitamina D attiva si lega ad un suo recettore nel nucleo delle cellule intestinali e questo legame scatena la produzione da parte di queste cellule di una proteina, la calbindina K28 che è capace di legarsi al calcio e portarlo dentro le cellule intestinali per poi farlo entrare in circolo. La vitamina D in questo modo aumenta l’assorbimento del calcio dal 10 al 30% . In caso di carenza del calcio l’assorbimento di calcio può aumentare sino al 90% perchè entra in azione la vitamina D più attiva; esiste quindi un vero e proprio  feedback! E’ Chiaro che la capacità del corpo di formare ossa forti e avere la giusta quantità di calcio dentro e fuori le sue cellule è un processo irriducibilmente complesso che richiede diversi componenti perché esso funzioni: la vitamina D, la calbindina K28, il recettore nucleare della vitamina D, il processo di attivazione della vitamina D. Per confermare o meno la validità del darwinismo, non si dovrebbe educare le persone a vedere questa enorme complessità? Abbiamo visto come esiste la pompa del calcio nelle cellule allo scopo di pompare calcio al di fuori della cellula, in modo che venga mantenuto sempre il rapporto giusto di 10000 volte al di fuori rispetto che al di dentro della cellula. Abbiamo visto anche il meccanismo della vitamina D attivata per assorbire abbastanza calcio, e come le cellule ossee prendono abbastanza calcio dall’esterno o lo immettono nel fluido esterno con gli osteoblasti e gli osteoclasti. 




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29/04/2017 20:28
 
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                                                                                            TELOMERISe all'inizio della vita non ci fosse stata subito la DNA polimerasi con tutto il corredo delle molte proteine che accompagnano la sua azione la vita, come oggi la conosciamo, non sarebbe nemmeno potuta nascere. Infatti la DNA polimerasi è l'enzima che duplica la doppia elica del DNA e quindi rende possibile la duplicazione della cellula.


La DNA polimerasi è un enzima molto complesso, delle dimensioni di 900 kilodanton, costruito con varie parti montate assieme che contribuiscono tutte alla copiatura dei due filamenti del DNA, per la enorme importanza è un enzima altamente conservato in tutte le specie animali, giacchè mutazioni di varie parti dell'enzima lo rendono inefficace per la sua funzione. Per svolgere la sua azione l'enzima è coadiuvato da una ventina di proteine diverse, tra cui è importante l'elicasi che ha la funzione di svolgere l'elica del DNA dal suo avvolgimento a riposo e liberare cosi' i due filamenti che vengono copiati poi dalla DNA polimerasi. Ci sono vari tipi di DNA polimerasi: solo un tipo svolge la copiatura, altri tipi invece svolgono altri compiti molto importanti, come quello di correzione degli errori; infatti solitamente ogni 2500 basi nucleotidiche copiate succede un errore di copiatura, nel senso che viene immessa una base sbagliata che non si può appaiare con la base nucleotidica complementareAG e citosina –timina. In questo caso la DNA polimerasi specifica per questo compito torna indietro e rimedia all'errore, come fa tornare indietro il tasto canc. nel computer quando avviene un errore di scrittura. Con questa correzione delle bozze la percentuale di errori di copiatura si abbassa enormemente e nell'uomo si verifica meno di un errore di copiatura ogni 3 miliardi di basi essendo il DNA umano composto di 3 miliardi di basinucleotidiche, praticamente non esistono errori ad ogni moltiplicazione cellulare. La DNA polimerasi è però fatta in modo che non riesca a copiare le ultime basi alle estremità dei cromosomi , questo inconveniente che può causare una perdita progressiva di informazione ad ogni moltiplicazione cellulare, viene rimediato dalla presenza dei telomeri che sono una serie di nucleotidi ripetitivi alle due estremità di ciascun cromosoma. Questi telomeri vengono posti sui cromosomi da un enzima specifico chiamato telomerasi. La telomerasi è attiva, cioè è espressa nelle cellule germinali, ma non nelle cellule somatiche che si moltiplicano, per cui accade che ad ogni ciclo replicativo nelle cellule che si moltiplicano una parte dei telomeri vengano sempre eliminati e non ne vengano aggiunti altri, dato che la telomerasi non è attiva.


Dopo un ciclo di 80 moltiplicazioni successive tutti i telomeri vengono persi e il cromosoma incomincia ad essere intaccato nella sua parte codificante e perde informazione, a questo punto scatta il meccanismo della morte cellulare programmata e la cellula alterata nel suo DNA muore. Soltanto le cellule rose, a causa di mutazioni mantengono in attività la telomerasi che continua a produrre i telomeri nelle cellule cancerose che quindi si possono considerare immortali, immortalità che l'organismo stesso paga molto caro. Le cellule cancerose possono considerarsi come dei parassiti dell'organismo in cui si producono perchè vivono e si moltiplicano in modo illimitato senza rispettare i controlli che il corpo adotta per avere l'armonia dell'insieme. Ma distruggendo l'organismo che lo ospita il cancro alla fine uccide anche se stesso. Il vantaggio delle cellule tumorali nei riguardi dell'organismo ospitante è quindi solo apparente. Questo meccanismo dei telomeri e della telomerasi è quindi estremamente controllato e l'enzima telomerasi ed i telomeri devono essersi formati subito, all'inizio dello sviluppo degli organismi eucarioti. I bacteri infatti non hanno bisogno di telomeri perchè posseggono un DNA circolare, chiuso su se stesso.

Anche i telomeri e la telomerasi sono l'espressione di una irriducibile complessità, non può essere sorta attraverso processi casuali: un Mente deve averli ha prodotti


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29/05/2017 22:12
 
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apoptosi5Esperimenti recenti hanno trovato vari geni coinvolti nella morte cellulare programmata: anzitutto si sono trovati due geni che determinano l'apoptosi: uno è il c- Myc  e l'altro è il p53; ci sono invece altri due geni, il bcl2 e bcr-abl che inibiscono l'apoptosi,e quindi aumentano la vitalità delle cellule e la proliferazione cellulare.


Naturalmente i geni codificano le proteine corrispondenti e sono le proteine che fanno tutto il lavoro. Il gene c-myc può anche indurre la proliferazione in presenza di fattori di crescita, ma in genere inibisce la proliferazione il gene c-myc induce la morte cellulare. Per indurre la proliferazione cellulare incontrollata non basta un solo gene alterato, devono essere alterati almeno due geni chiave ed ecco perchè i tumori si sviluppano raramente, anche se nel nostro corpo si hanno moltissime divisioni cellulari. Il gene più importante che induce la morte cellulare è il gene p53 che risulta mutato nella stragrande maggioranza dei tumori. La funzione principale di p53 è quella di bloccare la divisione cellulare in una certa fase della divisione chiamata G1. Quando una cellula ha subito un danno viene bloccata da p53 nella fase G1. Il blocco permette alla cellula di riparare il danno cogli enzimi riparatori; se la riparazione non è possibile viene avviato il processo di morte cellulare programmata. Se avviene una mutazione di p53  la proteina corrispondente non funziona e la cellula prosegue il ciclo di replicazione e si può avere facilmente un tumore. Quasi tutti i tumori infatti hanno il gene P53 mutato. La capacità di p53 di bloccare la moltiplicazione cellulare viene effettuata con l'interazione di altri geni, quali waf-1 e gadd45che sono coinvolti nel controllo del ciclo cellulare. Il gene p53, per questo suo ruolo è stato soprannominato "il custode del genoma". Ci sono invece altri geni che favoriscono la proliferazione cellulare come bcl2 e bcr-abl. Ad esempio le cellule che esprimono notevolmente il gene bcl2 sono resistenti all'apoptosi  e possono produrre alcuni tumori come ad esempio il linfoma, o il cancro della prostata che dapprima è sensibile agli antiandrogeni e in secondo tempo diventa resistente perchè aumenta in esso l'espressione del gene bcl2. Probabilmente esiste un equilibrio molto fine tra bcl2 e un altro gene chiamato bax che induce la morte cellulare, se questo equilibrio si rompe si ha o la morte cellulare eccessiva con grave danno e senescenza o malattie degenerative come l'alzeimer o la proliferazione incontrollata, se prevale bcl avremo lo sviluppo del cancro. Il cancro quindi, con tutta probabilità sopravviene quando si rompe un equilibrio tra i geni che inducono l'apoptosi e i geni che inducono la proliferazione. Son quindi necessari , sia i geni che favoriscono l'apoptosi, sia i geni che inibiscono l'apoptosi, se si vuole vivere in buona salute. Anche in questo caso abbiamo una irriducibile complessità  che non si può spiegare  con eventi casuali   e selezione naturale.  Sono stati scoperti inoltre circa 14 proteine di tipo proteolitico chiamate caspasi che sono capaci di rompere le proteine a livello di certi aminoacidi e in particolare l'acido aspartico, le caspasi mediano la parte finale dell'apoptosi. Le caspasi si dividono in caspasi iniziatrici e caspasi effettrici. Le caspasi iniziatrici si trovano a monte del sistema di morte cellulare programmata e sono attivate da stimoli interni alla cellula attraverso il loro dominio CARD e da segnali esterni attraverso il dominio DED. Una volta attivate le caspasi iniziatrici che sono le caspasi 8 e 9; in seguito all'attivazione di un'altra proteina  diventano dimeri e si trasformano nelle caspasi attive. Una volta attivate le caspasi tagliano le caspasi effettrici che sono soprattutto le caspasi 3 e 4, le tagliano in un punto molto preciso e le trasformano in caspasi effettrici attive che tagliano, a livello di un residuo di ac.aspartico un grande numero di proteine della cellula distruggendole e distruggendo anche gli organuli cellulari, soprattutto i mitocondri da cui esce il citocromo C che è la proteina fondamentale per il processo ossidativo aerobio. Un altro substrato che viene distrutto è l'enzima di riparazione del DNA, la poliADP-ribosio-polimerasi. Un'altra proteina distrutta è la proteina ICAD che inibisce l'endonucleasi del DNA: una volta distrutta l'endonucleasi distrugge il DNA, riducendolo in frammenti della dimensione di un nucleosoma. La molecola che innesca il processo apoptosico è  la molecola Apaff1 che è presente nel citoplasma di tutte le cellule dell'organismo in una forma inattiva chiusa in cui l'estremità aminica è congiunta all'estremità carbossilica. Ed ecco, riassumendo come avviene la cascata apoptotica: uno stimolo apoptotico, esterno come la segnalazione di recettori posti sulla membrana plasmatica, che comunicano un difetto di nutrienti o un preciso comando alla morte cellulare, per esempio durante lo sviluppo embrionale; oppure possono avvenire stimoli interni alla cellula, come un problema grave ed irreversibile di danno al DNA. Questi stimoli inducono  la proteina Apaf1 ad entrare nel mitocondrio ed estrarre il citocromo c; il citocromo c si lega a apaf1   e la trasforma in una proteina in conformazione aperta: la proteina in conformazione aperta è in grado di legarsi alla caspasi 9: altre sei molecole di caspasi 9 vengono reclutate da altrettante molecole di apaf1  fino alla formazione di un complesso molecolare a forma di ruota chiamato apoptosoma, che attiva la caspasi 9   che a sua volta attiva le caspasi esecutrici 3, 6 e 7 e a sua volta la caspasi 3 induce un'attivazione alternativa della caspasi 9  guidando la cellula a subire il suo inesorabile destino di morte in un circolo "infernale". Come si può vedere da questa breve descrizione del processo esiste, come in tanti altri processi cellulari una enorme e straordinaria complessità irriducibile. Tutti questi processi devono essere iniziati improvvisamente e subito all'inizio della vita, altrimenti  il processo di morte programmata non sarebbe mai potuto avvenire, e gli organismi avrebbero avuto gravissimi danni, e la vita si sarebbe estinta da tempo. E' chiaro che esiste una mente che ha progettato tutto questo straordinario processo




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22/09/2021 22:01
 
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Condivido una breve osservazione sull’impossibilità dell'origine della vita con le sole leggi fisico chimiche.


Faccio un semplice esempio: il DNA non potrebbe sopravvivere a lungo senza gli enzimi di riparazione che rimediano ai continui errori che si hanno durante la sua replicazione. Ma gli enzimi di riparazione sono codificati dal DNA, senza il quale non potrebbero esistere. Quindi il DNA e gli enzimi devono essersi formati contemporaneamente , la probabilità' della formazione contemporanea  è infinitesimale. E' necessaria una mente che programmi  tale struttura:  è il solito quesito se è nato prima l' uovo  o la gallina. Esiste una codifica ma la codifica è fatta  sempre da una mente.




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28/02/2022 17:07
 
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28/02/2022 17:16
 
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Il secondo e terzo video di questa serie non sono ancora disponibili su youtube
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28/02/2022 17:17
 
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30/08/2022 23:35
 
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La complessità irriducibile


 Sono sempre stato un sostenitore accanito, come biologo, della teoria evoluzionistica di Darwin. Talvolta mi sono persino trovato coinvolto in violenti alterchi con alcuni che la mettevano in discussione. Poi, siccome il tempo non passa quasi mai invano, ho iniziato a riflettere ed a rendermi conto che la teoria evoluzionistica non poteva spiegare tutta la fenomenologia del vivente.
 
Mi sono poi imbattuto casualmente in una teoria di alcuni autori, in contrapposizione all’evoluzionismo, basata sul concetto della “complessità irriducibile”. Il loro pensiero è assai semplice e collima in parte con le mie riflessioni. All’inizio peraltro mi sono davvero sorpreso di come si possano generare certi parallelismi di pensiero.

Cosa sostengono questi signori? E' assai semplice. Dicono sostanzialmente che certi sistemi sono troppo complicati per essersi evoluti secondo le regole della teoria darwiniana. Piccola sintesi per chi non fosse a conoscenza della teoria dello sviluppo evolutivo (EvoDevo, dall'inglese: Evolutionary Development). In due parole. La teoria evoluzionistica afferma che avvengono mutazioni casuali nel genoma (DNA) degli esseri viventi. Quindi gli esseri viventi cambiano. Questi cambiamenti vanno visti in stretta associazione all’ambiente in cui gli stessi esseri viventi spendono la loro vita. L’ambiente eserciterà poi su di loro quella che si definisce pressione selettiva. Come? Semplice, premiando i più adatti a vivere in un certo ambiente e penalizzando tutti gli altri. Naturalmente è facile immaginare che qui spesso il premio è la vita e la pena è la morte, nella logica spietata della sopravvivenza del più adatto.

Torniamo però ai sostenitori della complessità irriducibile nonché oppositori della teoria evoluzionistica. Questi sostengono che una simile teoria non può essere vera perché la pressione selettiva può essere esercitata dall’ambiente sugli esseri viventi solo quando un organismo ha già raggiunto un elevato livello di complessità. Si pone pertanto, inevitabile, la domanda di come abbia fatto l’organismo in questione ed in virtù di quali meccanismi, a raggiungere tale complessità . Alcuni autori portano come metafora, per agevolare la comprensione, la trappola per topi. Si può migliorare un simile marchingegno? Certo, ma solo quando è già funzionante. Allora quale forza guida (o driving force) è stata la fautrice della trappola e l’ha portata al livello di complessità necessario da renderla operativa? Tali signori adducono l’ipotesi di un “disegno intelligente”, ossia di una qualche intelligenza cosmica che ha cosìpensato e voluto, non solo per certi organismi, ma anche e soprattutto per l’uomo, il più complesso di tutti. E’ naturale immaginare come da qui a immaginare legami con teologie varie, la strada sia assai breve.

Ognuno pensi ciò che vuole. La cosa che personalmente mi sorprende però è un’attitudine manichea assai comune ed assolutamente irriducibile negli esseri umani. Sembra proprio che non ci piacciano le sfumature di grigio. Ci piace invece pensare che tutto è nero oppure è bianco. Eppure già Orazio recitava “est modus in rebus”, c’è una misura, una giusta misura, direi, nelle cose. Mi sento decisamente di condividere questo pensiero. Tornando all’evoluzione. L’evoluzione è un fenomeno innegabile ed è sicuramente una delle tante dinamiche che regolano la complessa fenomenologia degli esseri viventi, almeno in parte, almeno alcuni. Un esempio banale. Senza l’adattamento evolutivo come potrebbero certi batteri sviluppare resistenze agli antibiotici? Naturalmente di qui a dire che tutto si può spiegare con questa teoria, è altra cosa. I signori della complessità irriducibile portavano l’esempio della trappola per topi. A me è sempre venuto in mente un altro esempio direttamente collegato al mondo animale.

Pensiamo ad un serpente velenosissimo. Ce n’è una specie, ad esempio, che vive nell’entroterra australiano e che possiede un veleno tale che potrebbe teoricamente uccidere cento uomini con un unico morso! Pensiamo anche che tali veleni non sono mai monovalenti, ma assai compositi. In altri termini svariate e diverse tossine concorrono alla tossicità estrema di un simile composto. Proviamo adesso ad immaginare, seguendo per un attimo la teoria evoluzionistica, come questo sia potuto accadere. Partiamo pertanto da mutazioni casuali che siano avvenute nella saliva dell’animale da renderla sempre un po’ più tossica sino al micidiale veleno finale. Questo avrebbe sicuramente premiato i portatori di questa mutazione generando una direzione di mutazioni privilegiate dall’ambiente e mirate ad aumentare la tossicità di questa saliva. Saliva più tossica = maggiori capacità predatorie e quindi maggiori capacità di procacciarsi il cibo con tutto quello che logicamente ne consegue. Fin qui tutto bene. Abbiamo un animale il cui morso produce un certo mescolamento di una saliva tossica con il sangue della vittima, facilitando l’uccisione e la cattura della stessa da parte del predatore.

Qui però incontriamo il primo problemino.
Quante mutazioni sono occorse per trasformare una saliva casualmente un po’ tossica in una micidiale mistura di tossine estremamente tossiche? Beh, difficile dare risposte precise ma di sicure diverse. Quante? Siamo molto “ottimisti” e diciamo almeno dieci. Domandiamoci anche: poiché le mutazioni avvengono a caso, quanto tempo è necessario perché avvenga una mutazione “vantaggiosa” per il predatore che aumenti la tossicità della propria saliva? Siamo adesso non ottimisti ma inverosimilmente ottimisti e diciamo una ogni cento anni. Bene allora siccome ogni mutazione si configura come un evento casuale ed indipendente dagli altri, si applica il teorema della probabilità composta, quindi la probabilità finale e complessiva del fenomeno (saliva estremamente tossica) è data dal prodotto delle probabilità di ciascun singolo evento (o mutazione). Quindi in anni: 10010 ossia 112. Tradotto in soldoni occorrerebbero 1000 miliardi di anni. E’ un lasso di tempo di gran lunga superiore a quello stimato per l’età dell’universo! (Stimato essere inferiore ai 14 miliardi di anni!)
 
Veniamo adesso all’altro problemino e qui forse si riprende un po’ il discorso della trappola per topi. Fermo restando che ad oggi nulla si sa circa la morfogenesi, ossia dove risieda l’informazione che genera le strutture anatomiche, è oltremodo chiaro che un dente cavo connesso a ghiandole velenifere è una struttura molto complessa su cui la pressione selettiva può operare solo a sistema sviluppato e funzionante. E’ difficile immaginare che tipo di vantaggi possa offrire un dente semicavo ed è parimenti difficile immaginare che un dente cavo si formi tutto d’un colpo come per magia.  Occorre in ultimo immaginare con quali dinamiche, con che tipo di meccanismo, possa essersi innescato il rapporto causa - effetto, mirato all’ottimizzazione funzionale fra dente cavo e ghiandole velenifere. I denti cavi potrebbero essersi sviluppati prima delle ghiandole velenifere, ma per quale motivo se non esisteva un deposito per il veleno? Del resto quali vantaggi potevano fornire al nostro proto-serpente velenoso, le ghiandole velenifere, in assenza di un dente cavo ad esse collegato, per iniettare il veleno nel sangue della preda? Al contrario, le ghiandole velenifere, incapsulando e relegando il veleno in un preciso distretto organico, lo avrebbero eliminato dalla saliva.   Eccoci arrivati al dunque, contateci su ancora qualche bella storiella per sostenere che nulla sfugge alla scienza e per pubblicare magari qualche mirabolante articolo su qualche prestigiosa rivista scientifica, con l’aiuto di qualche baronato accademico che possa poi avvalersi della immancabile compiacenza di qualche referee di turno.

fonte digilander.libero.it/dubert/complexity.htm


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