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Dialogo: Dall'Unità al molteplice e al ritorno all'Unità -

Ultimo Aggiornamento: 18/07/2014 15:04
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11/07/2014 08:57
 
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Devo affrettarmi a precisare la mia affermazione che tu hai preso di mira.
Quando affermo la neutralità morale di Dio intendo dire che in Dio ogni atto, se possibile, avrà la sua attualizzazione: relativamente al singolo atto vi è una neutralità.
Questa è una necessità logica per salvaguardare l’unitarietà degli enti in un unico essere.
La somma bontà di Dio è comunque data, ed emerge dalla sua capacità di trovare sempre un livello di raggruppamento dei singoli atti che ne faccia emergere la bontà complessiva. Le vie della Provvidenza sono infinite e il bene prima o poi trionfa.
A questo risultato bisogna arrivare se, come ho già detto in altro mio post, non vogliamo cadere nell’alternativa di dover ammettere o l’impotenza di Dio rispetto al male o la sua volontà di creare il male.

La moralità è dell’uomo che, se rispetta l’armonia di Dio, se rispetta le leggi che regolano il formarsi del Bello, dell’armonico, e la sua successiva donazione irreversibile al prossimo, allora può fare di se stesso il centro del disegno provvidenziale, può cioè partecipare della bontà di Dio e partecipare con la sua individualità alla vita eterna di Dio, non essere semplicemente oggetto dell’ambito provvidenziale, ma soggetto agente dello stesso.

L’uomo deve, da una parte, ringraziare Dio dei mezzi che sono stati dati a lui per agire nell’universo materiale e deve quindi cogliere la spontaneità del loro donarsi a lui, evitando forzature.
Dall’altra deve farsi lui stesso soggetto donante, disposto a sacrificarsi per il prossimo in modo che continui in eterno la trasmissione dell’armonico, del bello, da un individuo all’altro.

Ecco che allora si realizza quella equivalenza fra input ed output che ci rende partecipi del Corpo di Cristo nel momento stesso in cui ci alimentiamo, nel rito Eucaristico, del Corpo di Cristo.

Questa era la mia posizione iniziale e nulla è mutato nel corso di tutti i post.

Da una parte quindi cerco di trovare una coerenza con la posizione parmenidea di Severino, accettando che ogni ente, ogni atto, faccia comunque parte dell’unico essere, sia semplicemente un suo modo.
E, con ciò, partecipi anche della sua eternità, bontà e bellezza.

Dall’altra, quando il ragionamento si incentra sul singolo uomo, ovvero, quando dobbiamo trarne delle istruzioni comportamentali che gli facciano conquistare la vita eterna in Dio, ne derivo una prassi ideale che è coerente con la posizione francescana espressa da Orlando Todisco, ovvero, con il meccanismo donativo che deve ispirare da una parte il ringraziamento per l’input che ci alimenta e che proviene da Dio, e dall’altra indurci ad assumere nei confronti del prossimo lo stesso atteggiamento donativo per far diventare output quell’input, in modo da continuare la trasmissione del bello in catene di atti nostri, individuali, che si configurino come buone, come ispirate dalla Provvidenza divina e ci facciano il centro della redenzione a Dio.
Questo atteggiamento di apertura al prossimo, di apertura a tutte le diverse situazioni in cui ci possiamo trovare, lo ritrovo nel messaggio evangelico, come già sottolineato nel mio ultimo post: e devo dedurre che quella parte dello stesso sia da te condivisa, visto che non mi hai criticato la mia interpretazione di quei passaggi da te stesso citati precedentemente.

La libertà e la creatività devono essere al centro del comportamento dell’uomo e questa libertà non è certo ostacolato dal fatto che ogni possibilità avrà comunque atto: devo e posso infatti liberamente scegliere che certe possibilità negative, malvagie, non siano attualizzate da me ma da qualcun altro, in qualche altro universo e in altre circostanze.

Ti ringrazio del tempo dedicatomi e, nella speranza di aver fatto un po’ di chiarezza, ti mando cari saluti.
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