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Supplica per i cristiani ( di Atenagora )

Ultimo Aggiornamento: 08/04/2014 20:58
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08/04/2014 20:58
 
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CAPO XXVII

I demoni si giovano dei movimenti irrazionali dell’anima per inondarla di strane idee come se fluissero dai simulacri.

1. Dunque? Che si ha da dire? Innanzi tutto i movimenti dell’anima non diretti dalla ragione, ma dalla fantasia, circa le opinioni, or questa or quell’altra immagine traggono dalla materia, o se le plasmano e concepiscono da se stessi. A ciò va soggetta l’anima specialmente quando accoglie lo spirito della materia e s’immedesima con esso, mirando non alle cose celesti e al loro fattore, ma giù in basso verso le terrene, per parlare in generale, quasi divenendo solamente carne e sangue e non più puro spirito.

2. Pertanto questi movimenti dell’anima non diretti dalla ragione, ma dalla fantasia, generano delle pazze immaginazioni per gli idoli: quando poi l’anima, tenera e facile a guidarsi, ignara e inesperta di sode dottrine, non avvezza a contemplare la verità, e incapace di considerare chi sia il padre e creatore dell’universo, resta dentro impressionata da false opinioni su se stessa, allora i demoni della materia, che sono ghiotti del fumo odoroso e del sangue delle vittime e che ingannano gli uomini, giovandosi di questi erronei movimenti dell’anima dei più, e ossessionandone i pensieri, inondano queste anime di strane idee come se fluissero dai simulacri e dalle statue; e quante volte l’anima di per se stessa, come che immortale, si muove guidata da ragione, o prevedendo il futuro, o rimediando al presente, di ciò raccolgono vanto i demoni.

CAPO XXVIII

I pretesi dei erano in realtà uomini, come dimostra la tradizione dei sacerdoti egiziani riferita specialmente da Erodoto.

1. Ma forse è necessario, per quanto si è detto precedentemente, far qualche parola sui nomi degli dei. Erodoto, pertanto, e Alessandro figliolo di Filippo nella lettera alla madre (e di ambidue si narra che in Eliopoli e a Menfi e a Tebe si abboccassero con quei sacerdoti) dicono che da essi impararono che gli dei sono stati degli uomini.

2. Erodoto scrive: "E pertanto mi dimostrarono che quelli di cui erano le immagini erano tali, ma di gran lunga diversi dagli dei. E mi narrarono che prima di questi uomini gli dei furono quelli che signoreggiarono l’Egitto, abitando con gli uomini, e che uno fra essi tenne sempre l’impero ma che per ultimo vi regnò Oro, figlio di Osiride, che i Greci chiamano Apollo. Costui, abbattuto Tifone, fu l’ultimo re dell’Egitto. Osiride poi in lingua greca è Dioniso".

3. Dunque e gli altri e l’ultimo furono re dell’Egitto; e da questi vennero ai Greci i nomi degli dei. Apollo è figlio di Dioniso e di Iside, come dice lo stesso Erodoto: "E raccontano che Apollo e Artemide siano figli di Dioniso e di Iside, e che Leto 1i abbia allevati e salvati".

4. Questi pertanto, che furono di origine celeste, essi li ebbero per primi re, e parte per ignoranza del vero culto verso la divinità, parte in grazia del loro imperio li credettero dei insieme con le loro mogli. "E tutti gli Egiziani sacrificano i buoi puri e i vitelli, però non è loro lecito sacrificare le femmine, ma sono sacre ad Iside; poiché la statua d’Iside che ha forma muliebre è fornita di corna bovine allo stesso modo che i Greci dipingono Io" .

5. E chi in tali racconti potrebbe meritare maggior fede di quelli che per la successione naturale di padre in figlio hanno ricevuto con l’ufficio di sacerdote anche la cognizione di queste storie? Non è infatti verosimile che ministri i quali venerano i simulacri mentiscano nel dire che furono uomini.

6. Se dunque Erodoto diceva che gli Egizi intendevano parlare degli dei come fossero uomini, non sarebbe da credere a Erodoto, come a mitologo, quando anche dice: "I divini racconti, quali io li udii, non sono disposto a narrarli, all’infuori dei soli nomi degli dei". Ma poiché Alessandro ed Ermete soprannominato Trismegisto , che congiunge la propria stirpe con la loro, e infiniti altri, per non enumerarli uno per uno, dicono la stessa cosa, più non resta ragione alcuna perché essi non vengano riputati dei per aver regnato.

7. Che poi fossero uomini, lo dichiarano anche i più colti degli Egizi, che dicendo dei l’etere la terra, il sole, la luna, tengono gli altri per uomini mortali, e per templi i loro sepolcri: e lo dichiara anche Apollodoro nel suo libro sugli dei.

8. Erodoto poi chiama anche misteri i loro casi: "E del modo con cui si celebra la festa d’Iside nella città di Busiride ho già detto più sopra. Tutti, uomini e donne, dopo il sacrificio fanno il corrotto, e sono molte miriadi di persone. Ma in che modo fanno il corrotto la religione mi vieta di dire". Or se sono dei, sono anche immortali; ma se si compiangono e se le passioni sono i loro misteri, sono uomini.

9. E ancora lo stesso Erodoto: "Nella città di Sai nel tempio di Atena, dietro la cella, addossato a tutto il muro del tempio v’è anche il sepolcro di colui che non credo religioso nominare in questa occasione. E trovasi li vicino uno stagno ornato in giro di un margine di pietra, d’ampiezza uguale, a quanto mi sembra, al così detto lago circolare in Delo. E in questo stagno gli Egizi hanno nottetempo le rappresentazioni dei casi di quel dio, le quali essi chiamano misteri".

10. E non solo si mostra il sepolcro di Osiride, ma anche la sua mummia: "Quando viene loro portato un cadavere mostrano ai portatori delle riproduzioni in legno di cadaveri dipinte al naturale, e dicono che la più perfetta sia di colui che non credo religioso di nominare in questo proposito".

CAPO XXIX

La stessa cosa affermano i poeti e gli storici greci riguardo ai loro dei.

1. Ma anche fra i Greci quelli che sono sapienti nella poesia e nella storia dicono di Eracle:

Né paventò, l’iniquo, de’ numi lo sguardo, né quella

mensa rispettò ch’egli innanzi gli porse, e l’uccise,

e cioè Ifito. Un individuo di tal fatta era naturale che desse in pazzie, era naturale che appiccasse il fuoco alla pira e vi si abbruciasse!

2. E di Asclepio cantò Esiodo:

degli uomini il padre e dei numi

pieno d’ira scagliò dall’Olimpo la folgore ardente

e l’uccise, di Febo Latoide lo sdegno eccitando;

e Pindaro:

Ahi che dal lucro anche saggezza avvincesi:

ed anche lui col generoso prezzo

l’oro sedusse, quando in man gli apparve;

ma con le man tra lor scagliando, l’alito

Zeus dai lor petti emunse,

e il fulmin rosso la morte piantò.

3. Dunque costoro o erano dei, e in tal caso non badavano all’oro:


Oro, ai mortali dono graditissimo;

diletto ugual non offrono né madre

né figli.

(ché la divinità non ha bisogno ed è superiore alla cupidigia), né potevano morire; o erano uomini, e allora furono malvagi per ignoranza e si lasciarono vincere dall’avidità delle ricchezze.

4. Che bisogno c’è che io più spenda parole ricordando o Castore o Polluce o Anfiarao , i quali ieri o ieri l’altro, per modo di dire, nati uomini da uomini, vengono tenuti per dei ? quando anche Ino stessa dopo quella sua pazzia e quanto le accadde in quello stato , pensano che sia diventata una divinità


quei ch’errano sul mar, e di Leucotea

la chiamano col nome,

come pure il figlio di lei che


divo Palèmone i nocchier diranno.

CAPO XXX


I pagani, che divinizzarono esseri detestabili, tanto più ritennero dei quelli che si distinsero per l’imperio, per la forza o per l’arte, attribuendo la divinità a esseri soggetti a nascere e a morire. È dunque dimostrato che i cristiani non sono atei.

1. Che se pur essendo tanto detestabili e odiosi a Dio ebbero fama di esser dei, e se la figlia di Derceto Semiramide, donna lasciva e sanguinaria, fu ritenuta qual dea sira, (e i Siri in grazia di Derceto venerano i pesci e in grazia di Semiramide le colombe, poiché, ed è cosa assurda, in colomba fu mutata quella donna, come vuole la favola che trovasi in Ctesia); qual meraviglia se alcuni per l’imperio o per la tirannide che esercitarono, siano stati chiamati dei dai loro contemporanei? Dice la Sibilla, ricordata anche da Platone:


Ed era allor la decima età della schiatta mortale

da che il diluvio de l’acque inondò le primissime genti,

e regnarono Crono e Titano e Giapeto, robusta

de la Terra progenie e del Cielo, che sì li chiamaro

gli uomini quando al Cielo e a la Terra imponevano il nome,

poi che costoro i primi comparver di tutti i mortali,

e se altri parimenti furono tenuti per tali o per la loro forza, come Eracle e Perseo, o per la loro arte, come Asclepio?

2. Costoro pertanto, ai quali o i sudditi o gli stessi principi tributarono onore, parte per timore, parte per rispetto, conseguirono il nome di dei (così anche Antinoo per la bontà e umanità dei vostri antenati verso i sudditi ottenne d’esser tenuto come un dio) quelli poi che vennero dopo di loro senz’altro esame li accettarono per tali.


Mendaci sempre i cretesi, la tomba t’eressero, o sire,

essi, i cretesi! Ma tu non se’ morto!…

Mentre, o Callimaco, presti fede alla nascita di Zeus, la neghi al suo sepolcro, e mentre ti pensi di gettare un’ombra sulla verità, anche a quei che ignorano tu bandisci che è morto; e se volgi gli occhi all’antro, richiami alla memoria il parto di Rea; se poi guardi alla tomba, di tenebre avvolgi la sua morte, e non sai che solo eterno è il non genito Iddio!

4. O sono falsi infatti i racconti del volgo e dei poeti su gli dei, e allora è inutile il loro culto (ché non esistono quelli di cui non può esser vera la storia), oppure sono vere le generazioni, gli amori, gli omicidi, i furti, le evirazioni, le folgori, e in tal caso più non esistono, avendo finito di essere, poiché ebbero anche nascimento mentre prima non erano.

5. E qual ragione v’è infatti di prestare fede ad alcuni di questi racconti e ad altri no, mentre i poeti narrando degli dei hanno cercato di mettere in luce ciò che è più rispettabile? Coloro per cui mezzo essi furono tenuti per dei, col renderne tanto imponente la storia, non avrebbero certo con l’inganno inventato i loro casi.

6. Che dunque noi non siamo atei, riconoscendo come Dio il creatore di questo universo, e il Verbo di lui, secondo le mie forze, sebbene non adeguatamente al merito, resta da me dimostrato.

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