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Supplica per i cristiani ( di Atenagora )

Ultimo Aggiornamento: 08/04/2014 20:58
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08/04/2014 20:57
 
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CAPO XXIII

Per spiegare le virtù operative di certi simulacri bisogna ricorrere ai demoni, che sono conosciuti anche dai filosofi, quali Talete e Platone.

1. Per altro, voi che in perspicacia sorpassate tutti potreste dire: Per qual ragione dunque certi simulacri possiedono un’efficacia operativa, se non sono dei quelli ai quali erigiamo le statue ? Non è infatti verosimile che le immagini, senz’anima e senza moto, abbiano possanza di per se stesse se non v’è chi le muova.

2. Certo, che in alcuni luoghi, città e nazioni si producano certi effetti in nome dei simulacri, neppur noi lo contestiamo; ma se alcuni ne abbiano ricevuto vantaggio, e altri, al contrario, nocumento, non per questo crediamo siano dei quelli che nell’uno o nell’altro caso operarono; che anzi, noi abbiamo diligentemente esaminato per qual motivo vi pensate che i simulacri abbiano potenza di operare e chi siano quelli che operano in loro, usurpandone i nomi.

3. Ma volendo dimostrare chi siano quei che operano nei simulacri e che essi non sono dei fa d’uopo valermi anche di alcune testimonianze tolte dai filosofi.

4. Primo Talete fa la distinzione (come ricordano quei che ben conoscono la sua dottrina) di Dio, dei demoni, degli eroi. Ora, Dio lo concepisce come la mente del mondo , i demoni come sostanze animali, e gli eroi come anime separate degli uomini, i buoni come le buone, i cattivi come le cattive.


5. Platone poi, sospendendo quanto al resto il suo giudizio, anche lui distingue un Dio increato e quelli che dall’Increato furono fatti per ornamento del cielo , cioè e le stelle erranti e le fisse, e i demoni. Quanto ai demoni, disdegnando egli parlarne, vuole che si ponga mente a coloro che ne trattarono: "Degli altri demoni poi dire e conoscere la generazione è impresa maggiore delle forze nostre, e bisogna fidarsi di quelli che ne hanno parlato prima, i quali erano discendenti degli dei, come affermavano, e certo ben li dovevano conoscere, si capisce, i loro progenitori. È impossibile pertanto non credere ai figli degli dei, sebbene parlino senza alcuna dimostra zione né sicura né probabile: ma poiché essi dicono che queste generazioni le riferiscono come cosa di famiglia, obbedendo alla legge, ci conviene crederle.

6. Pertanto sia pure la generazione di questi dei anche per noi come essi dicono, e come tale la si ripeta: dalla Terra e dal Cielo nacquero Oceano e Teti; e da questi Forco e Crono e Rea e quanti con loro, e da Crono e da Rea Zeus ed Era e tutti quegli altri che sappiamo esser detti fratelli loro, e poi ancora altri discendenti di questi" .

7. O dunque Platone che ragionò intorno all’eterno Iddio che con la mente e con la ragione si concepisce, e che dichiarò apertamente i suoi attributi, vale a dire il vero ente, l’unità di natura, il bene che da lui si effonde, cioè la verità, Platone che parlò della prima potenza dicendo: "tutte le cose sono intorno al re dell’universo e per lui sono tutte e di tutte egli è la causa", e del secondo e del terzo ("il secondo intorno alle seconde e il terzo intorno alle terze") credette egli che fosse superiore alle sue forze il conoscere la verità intorno alle cose che si dicono generate dalle sensibili, cioè dalla terra e dal cielo? No, certo, non lo si può dire.

8. Ma poiché riputò impossibile che gli dei generassero e venissero partoriti, dal momento che ciò che nasce deve di conseguenza avere una fine , e che ancor più difficile di questo è di far mutare opinione al volgo, il quale accetta senza prove siffatte favole, appunto per questo egli disse che era superiore alle sue forze conoscere e parlare della generazione degli altri demoni, non potendo né pensare né parlare di una nascita degli dei.

9. E quel suo detto "Zeus il gran duce nel cielo, che guida il carro alato, procede per primo l’universo ordinando e curando, e a lui tiene dietro l’esercito degli dei e dei demoni" , non si riferisce allo Zeus che si dice nato da Crono, ma con questo egli voleva indicare il nome del facitore dell’universo.

10. E lo fa capire anche Platone stesso il quale, non avendo modo di chiamarlo con altro vocabolo, si servì del nome popolare non già come proprio di Dio, ma per chiarezza, poiché non è possibile far intendere Dio da tutti, per quanto se ne possa dire, aggiungendo l’epiteto di "grande", affine di distinguere il celeste Zeus dal terreno, il non generato dal generato, più giovane del cielo e della terra e più giovane dei Cretesi stessi, i quali lo trafugarono perché non venisse ucciso dal padre.

CAPO XXIV


Noi cristiani, come conosciamo il vero Dio, così abbiamo il vero concetto dei demoni, angeli creati da Dio e ribellatisi a lui e anime di giganti nati dall’unione di quegli angeli con le vergini.

1. Ma che bisogno c’è che a voi, in tutto lo scibile versati, io stia a ricordare i poeti o a esaminare le dottrine altrui? Sol questo mi basti dire: se anche poeti e filosofi non avessero riconosciuto che Dio è uno, e poi, quanto a questi altri dei, non avessero pensato, alcuni, che fossero demoni; altri, materia; e altri, uomini che già furono, meriteremmo noi davvero di essere proscritti, poiché la nostra dottrina fa distinzione e di Dio e della materia e della loro essenza?

2. Come infatti, affermiamo esservi Dio e il Figlio, il Verbo di lui, e lo Spirito Santo, un essere solo per natura, il Padre, il Figlio e lo Spirito, perché Mente, Verbo e Sapienza del Padre è il Figlio, ed emanazione come luce da fuoco lo Spirito, tosi abbiamo compreso esservi anche altre nature che esplicano la loro attività sulla materia e per mezzo della materia. Di queste l’una è nemica a Dio, non già nel senso che un qualche essere possa contrapporsi a Dio, come la discordia all’amore secondo la teoria di Empedocle , o la notte al giorno secondo quel che appare (perché se qualche cosa si fosse opposta a Dio avrebbe cessato di esistere, andando distrutta la sua sussistenza dalla potenza e dalla forza di Dio) ma nel senso che questo spirito occupato circa la materia, creato da Dio, come furono creati da lui anche gli altri angeli, e al quale fu affidato il governo sulla materia e sulle specie della materia, contrasta alla bontà di Dio la quale è suo attributo e in lui coesiste come il colore al corpo, senza di cui non può essere (non perché sia quasi parte di lui, ma perché è quasi una conseguenza che necessariamente coesiste in lui, unita e incorporata come il colore fulvo col fuoco e l’azzurro con l’etere.

3. Poiché la costituzione di questi angeli fu fatta da Dio per provvedere alle cose da lui ordinate e disposte, affinché Dio avesse la provvidenza universale e generale di tutte le cose, e la particolare l’avessero gli angeli deputati alle .cose particolari.

4. E come fra gli uomini, i quali dotati di libero arbitrio nella scelta del bene e del male (ché voi né onorereste i buoni né punireste i cattivi se in loro potere non fosse il far male o il far bene) gli uni si dimostrano probi in quelle faccende che loro voi affidate, e gli altri infedeli, simile è anche la condizione degli angeli.

5. Una parte di essi (come dotati da Dio di libero arbitrio) rimasero fermi in quello per cui Dio li creò e li stabili; altri invece fecero grave oltraggio e alla essenza della loro natura e al loro principato, tanto questo principe della materia e delle sue specie quanto altri stabiliti a questo primo firmamento (e voi sapete che nulla noi diciamo senza testimonianze, ma che esponiamo quanto fu pronunciato dai profeti) . Quelli sono gli angeli che caddero nella concupiscenza di vergini e si lasciarono vincere dalla carne, e il primo è colui che trascurò e si mostrò malvagio nella sovraintendenza di quanto gli era stato affidato.

6. Pertanto da quelli che si unirono alle vergini nacquero i cosiddetti giganti; e se di costoro anche i poeti in parte fecero parola non meravigliatevi, ché tanto differisce la sapienza profetica dalla mondana quanto la verità dalla probabilità, e l’una è celeste e l’altra terrena e secondo il principe della materia:


Ben sappiam dire molte menzogne che han forma di vero .

CAPO XXV


Questi demoni e il principe della materia operano contrariamente alla bontà di Dio, sì da indurre taluni a dubitare della sua provvidenza; e gli uomini spesso liberamente si lasciano trascinare dietro di loro.

1. Questi angeli adunque, caduti dai cieli e aggirantisi intorno all’aria e alla terra, né capaci più di alzare lo sguardo alle cose sovracelesti , e le anime dei giganti, sono i demoni che vanno errando intorno al mondo, producendo movimenti conformi, gli uni, cioè i demoni, alle nature che presero, gli altri, cioè gli angeli, alle concupiscenze che ebbero. Il principe della materia poi, come é dato di vedere dai fatti stessi, dirige e amministra le cose contrariamente alla bontà di Dio:


A me spesso un pensiero ange i precordi,

se le vicende umane il caso regga

o. un demone, ché contro speme o contro

giustizia altri piombar dall’alto io vidi

ed altri sempre aver prospera sorte.

2. Se l’esser o no fortunato contro speranza o contro giustizia rese Euripide impotente a stabilire di chi sia questo governo delle cose terrene in cui potrebbe dire taluno:


E come, ciò mirando, esser dei numi

direm la schiatta, o seguirem le leggi?

ciò fece sì che anche Aristotele affermasse non essere governate da provvidenza le cose che sono sotto il cielo, benché la provvidenza eterna di Dio ugualmente perseveri su noi:


la terra a forza, voglia oppur non voglia,

produce l’erbe ad ingrassarmi il gregge;

mentre la provvidenza particolare si stende secondo verità, non a capriccio, sui degni, e tutto il resto è governato per legge di ragione secondo la comune costituzione della natura .

3. Ma poiché i movimenti e le operazioni demoniache che derivano dallo spirito avverso producono questi impeti disordinati (vediamo infatti che muovono anche gli uomini dall’interno e dall’esterno quali in un modo quali in un altro, o individualmente o per nazioni, partitamente o insieme a seconda della influenza della materia o dell’affinità col divino), per questo alcuni, pur di non poca dottrina, credettero che questo universo stia insieme non per un certo ordine, ma sia trascinato e messo a soqquadro da cieco caso, e non sanno che di quanto appartiene alla costituzione di tutto il mondo nulla v’ha di disordinato e di trascurato, ma ogni cosa fu fatta con ragione, sì che neanche trasgredisce l’ordine che le é stabilito.

4. L’uomo poi, per ciò che dipende da chi lo ha fatto, anch’egli conserva il buon ordine e quanto alla natura della generazione che mantiene una medesima e comune ragione di procedere, e quanto alla disposizione della forma del corpo che non trasgredisce la legge impostale, e quanto al fine della vita che resta uguale e comune a tutti; ma riguardo alla sua propria ragione e all’operazione del principe imperante e dei demoni che gli tengono dietro, gli uomini, chi in un modo e chi in un altro, sono trascinati e mossi, benché tutti abbiano in se stessi la medesima facoltà di ragione.

CAPO XXVI


I demoni son quelli che operano nei simulacri, come dimostrano le azioni contro natura che essi compiono, anche se i simulacri sono eretti a personaggi noti, come Nerillino, Alessandro e Proteo.

1. Quelli poi che li attirano intorno agli idoli sono i demoni anzidetti, i quali si attaccano al sangue delle vittime e vanno attorno lambendole; e quegli dei, che piacciono al volgo, coi nomi dei quali vengono chiamate le immagini, sono stati degli uomini, come si può sapere dalla loro storia. 2. Che poi siano i demoni quei che usurpano i nomi, ne fa fede l’attività di ciascuno di loro (z). Chi infatti recide i genitali, come quelli che assumono il nome di Rea, chi li taglia dentro o li cincischia, come quelli che si nominano da Artemide (e quella taurica scanna gli ospiti) tralasciando di dire di coloro che con coltelli o con flagelli di osso deturpano se stessi, e quante sono specie di demoni . Poiché non è proprio di Dio l’eccitare ad atti contro natura, ché


quando sciagure il demone apparecchia

all’uomo, la mente offende egli da prima

Dio, al contrario, che è perfettamente buono, è anche eternamente benefico.

3. Che altri pertanto siano quelli che operano nei simulacri, e altri quelli cui essi vengono eretti, sono massimo argomento la Troade e Pario: la Troade ha le immagini di Nerillino, nostro contemporaneo, e Pario quelle di Alessandro e di Proteo. Di Alessandro v’è ancora nel foro e il sepolcro e l’immagine. Pertanto, le altre statue di Nerillino sono un ornamento pubblico (se pure siffatte statue sono ornamento d’una città); una però ve ne ha che si crede renda oracoli e guarisca gli ammalati, motivo per cui quelli della Troade e gli fanno sacrifici e ne coprono d’oro la statua e la incoronano.

4. E delle statue di Alessandro e di Proteo (e voi non ignorate che nei dintorni di Olimpia costui si gettò nel fuoco), questa pure, si dice, da oracoli; e a quella di Alessandro


Paride sciagurato, bellissimo il volto, di donne seduttor

si fanno pubblici sacrifici e feste come a un dio che presta orecchio a chi chiede.

5. Sono dunque Nerillino e Proteo e Alessandro che così operano nelle statue o piuttosto è la natura della materia? Ma quella materia, è bronzo; or che cosa può il bronzo di per se stesso, il quale si può trasformare di nuovo in un’altra figura, come, presso Erodoto, fece Amasi col bacino da lavare i piedi? E Nerillino e Proteo e Alessandro che altro possono fare per gli ammalati? Poiché ciò che l’immagine si dice che operi al presente, l’operava anche quando Nerillino era vivo e quando era ammalato.
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