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Supplica per i cristiani ( di Atenagora )

Ultimo Aggiornamento: 08/04/2014 20:58
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08/04/2014 15:10
 
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Atenagora di Atene


Supplica intorno ai cristiani


Apologia



 


CAPO I.


 


Tutti i popoli dell’Impero praticano liberamente i loro culti; solo noi, unicamente a causa del nostro nome di cristiani, siamo fatti segno a ogni vessazione e ad accuse infondate.


 



Agli imperatori Marco Aurelio Antonino e Lucio Aurelio Commodo Armeniaci Sarmatici, e soprattutto Filosofi.


 


 


1. Nel vostro Impero, o grandi fra i re, vi sono vari popoli che si reggono con vari costumi e varie leggi, e nessuno di loro o da legge o da timore di giustizia è impedito di osservare i patri usi, anche se sono ridicoli; ma il Troiano dice che Ettore è un dio, e riconoscendo Elena per Adrasteia l’adora; il Lacedèmone venera Agamennone per Zeus e Filònoe, figlia di Tìndaro, come Enòdia; l’Ateniese fa sacrifici a Posidone Eretteo e cerimonie e misteri celebrano gli Ateniesi ad Agraulo e a Pàndroso, le quali si riputò oprassero empiamente per aver aperto il cofano; in una parola, gli uomini delle varie nazioni e popoli celebrano quei sacrifici e misteri che vogliono. Gli Egiziani poi credono dei, gatti e coccodrilli e serpenti e aspidi e cani.


 


 


2. E a tutti costoro e voi e le leggi lo permettete, perché insomma da. una parte stimate empio e non santo il non credere affatto in Dio, e dall’altra giudicate necessario che ognuno veneri per dei quelli che vuole, affinché per timore della divinità si astengano gli uomini dal commettere ingiustizia. [A noi invece - e non crucciatevi come il volgo nel solo udirlo - portate odio per il nome (1). Poiché non già i nomi sono degni di odio, ma il delitto merita pena e supplizio . E però ammirando la vostra mitezza e la mansuetudine e quell’animo pacato e benefico che mostrate verso tutti, i privati vivono in uguaglianza di diritti, e le città a proporzione del merito sono partecipi di uguale onore, e tutto quanto l’Impero per la vostra saggezza gode di pace profonda.


 


 


3. A noi invece, che siamo detti cristiani, non avete provveduto come agli altri, ma, al contrario, mentre non facciamo torto a nessuno, anzi, come sarà dimostrato nel séguito del discorso, abbiamo verso la divinità e verso il vostro Impero sentimenti di pietà e di giustizia come nessun altro, permettete che siamo vessati e spogliati, mentre solo a causa del nome il volgo ci combatte. Per questo abbiamo preso l’ardire di esporvi cose nostre (e imparerete da quanto dirò che ingiustamente e contro ogni legge e ragione siamo così trattati) e vi supplichiamo di provvedere un po’ anche per noi, affinché cessiamo una volta di venire scannati dai delatori.



 



4. Infatti il danno che ci viene dai persecutori non ha di mira solo le nostre sostanze, né l’onta ci colpisce solamente nei diritti civili, né il nocumento si riferisce a qualche altra cosa pur di rilievo (questo noi lo disprezziamo, benché ai più sembrino cose di gran conto, poiché abbiamo appreso non solo a non renderle a chi ci percuote, anzi a non litigare con chi ci deruba e ci spoglia, ma quand’anche ci oltraggiassero percuotendoci in una guancia, a porgere, perché la colpiscano, anche l’altra parte della faccia e, se ci portassero via la tunica, a dare inoltre anche il mantello) ma ci attentano, quando abbiamo finito di poter pagare, nel corpo e nella vita, diffondendo un cumulo d’accuse che nemmeno per sospetto ci toccano, mentre riguardano proprio questi ciarloni e la gente della loro risma.


 CAPO II.


 Chiediamo anche per noi il trattamento equo che si usa per tutti gli altri, fondato non sul nome ma sulle nostre azioni, e determinato da un regalare giudizio.



 


1. Che se si ha modo di convincerci di qualche ingiustizia, o piccola o grande, noi non ricusiamo di venire puniti, vogliamo anzi sottostare al più acerbo e crudele castigo; ma se l’accusa non va oltre al nome e, almeno fino ad oggi, quanto si va blaterando di noi non è che il volgare e inconsulto rumore della gente, e nessun cristiano è stato convinto di operare contro giustizia, or tocca a voi, o grandissimi e umanissimi e dottissimi imperatori, togliere di mezzo con una legge le violenze che ci vengono fatte, affinché, come tutta la terra è partecipe della vostra beneficenza, tanto i privati quanto le città, anche noi vi siamo grati gloriandoci che siano cessate le calunnie contro di noi.


 


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