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Vita di Mosè (di Gregorio Nisseno)

Ultimo Aggiornamento: 07/04/2014 19:15
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07/04/2014 19:15
 
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NOTE

1 L’interpretazione del soggiorno di Mosè a Madian data qui da Gregorio, deriva dalla Vita di Mosè di Filone (Vita Moy­sis 1, 9, 46 50), che lo presenta come un periodo di purificazio­ne ascetica.
2 Si tratta di Jetro, sacerdote di Madian. Cf Es 2, 16; 18, 1.
3 Questi elementi della scienza fisica antica relativi alla composizione delle nubi, sono trattati da Gregorio anche in al­tre sue opere come l’Explicatio in Exaemeron (PG 44, 97 D), e i Libri contra Eunomium (PG 45, 344 B 577 A).
4 Il testo biblico (Es 14,22) parla di «muraglia», prodotta dalle acque. La precisazione che si trattasse di pareti di ghiac­cio è un’ovvia deduzione, già contenuta in Filone, Vita Moysis 1, 32, 177 180.
5 L’espressione significa: una vittoria incruenta, senza spar­gimento di sangue. Essa deriva dalla terminologia relativa al martirio nei primi secoli della Chiesa. Il martirio infatti era un segno di vittoria, ma intriso del sangue dei martiri.
6 La teofania del Sinai, è qui presentata come un «miste­ro» nella linea della interpretazione allegorica alessandrina, che prese le mosse da Filone (Vita Moysis 3, 3).
7 Questa descrizione dell’esperienza concreta della trascen­denza si trova in altri passi dell’opera di Gregorio, come ad esempio nelle omelie del commento al libro dell’Ecclesiaste (PG 44, 732 B).
8 Il tema di Mosè mediatore è ripreso dallo stesso Grego­rio nel trattato Sulle Iscrizioni dei Salmi (PG 44,457 B C).
Nel racconto biblico l’allontanamento del popolo e il suo ri­torno ai piedi del monte sono in un primo tempo attribuiti al­l’iniziativa di Mosè (Es 19,23), mentre l’attribuzione al popo­lo dell’iniziativa è documentata in Es 20,18 21.

9 Per quanto la Bibbia non parli di questo aiuto del demo­nio, è un tema caro a tutta l’antica esegesi cristiana.
10 È importante notare il ruolo principale che Gregorio as­segna alla libertà nella vita spirituale. Non siamo ormai trop­po distanti nel tempo dall’Epistula ad Demetriadem di Pelagio, che fa dipendere l’adempimento integrale della legge divina dal­le sole disposizioni personali dell’uomo.
11 Tutta la pericope della nascita di Mosè e della sua salvez­za segue l’interpretazione allegorica filoniana.
12 Gregorio delinea qui, nella figura di Mosè, il ritratto spi­rituale del fratello Basilio, come appare dalle pagine dell’elo­gio di Basilio (PG 46, 809 A), che usano il medesi­mo simbolismo.
13 Abbiamo forse un riferimento alle numerose defezioni del­la fede avvenute durante la persecuzione di Giuliano l’Aposta­ta (361 363).
14 Tutto il passo allude a situazioni concrete della cristiani­tà dell’Oriente in quegli anni di turbamenti dottrinali e di vio­lenze fisiche. L’ideale dell’asceta che vive nella contemplazione, lontano dal mondo, corrisponde al ritratto di san Basilio dopo gli anni di Atene, contenuto in una delle lettere di Gregorio (PG 46, 809 C).
15 Abbiamo qui l’eco di temi platonici e stoici intrecciati con le interpretazioni esegetiche della scuola alessandrina da Filone (De sacrificiis Abelis et Caini, 10, 45) ad Origene (Omelie su Geremia V, 6).
16 Le pelli di animali morti o tuniche di pelle, come vengo­no chiamate da Gregorio in altri scritti, rappresentano la natu­ra animale dell’uomo, venuta in primo piano dopo il peccato originale. Esse hanno sostituito quel rivestimento di doni soprannatu­rali che costituiscono la vera «natura» dell’uomo, quale Dio lo concepì e quale sarà nella finale resurrezione.
17 Il simbolo appare già in sant’Ireneo (Adversus Haereses III 21, 8).
18 Questi accenni derivano probabilmente dal testo biblico, dove il Signore dice a Mosè: «Vedi io ti ho fatto qual Dio ri­spetto a Faraone» (Es 7, 1).
19 L’immagine dell’atleta è la prima espressione letteraria dell’ideale ascetico cristiano. Essa compare per la prima volta in Clemente Alessandrino (Pedagogo 1, 8). È ripresa da Grego­rio nel commento all’Ecclesiaste (PG 46, 617 c), nel secondo panegirico di santo Stefano protomartire e nella vita di santa Macrina (PG 46, 913 C).
20 Critica della metempsicosi platonica, già sviluppata lun­gamente da Gregorio nel De anima et resurrectione (PG 46, 113 B 116 A) e nel trattato De opificio hominis (PG 44, 232 A 233 B).
21 Critica della concezione stoica di Dio, che non è puro spirito ma materia nella forma più sottile dell’etere igneo. Così appare ad esempio nel famoso inno a Zeus di Cleante.
22 Critica della dottrina platonica dell’eternità della mate­ria, affermata nel Filebo e nel Timeo, dialoghi dell’ultimo perio­do dell’attività di Platone.
23 Critica della dottrina stoica dell’eimarmene, catena in­frangibile delle cause e degli effetti, che determina il corso del­le cose.
24 La dottrina dell’Angelo custode si trova già nel Pastore di Hermas (Visione V, 1 4) e in Origene (De Principiis II, 10, 7). Quest’ultimo però dubitava che l’Angelo fosse assegnato subito al momento della nascita, come invece afferma qui Gregorio.
25 La concezione dei «due spiriti» e dei «due Angeli» risa­le alla speculazione degli Esseni (Manuale di Disciplina III, 17 26). La si ritrova nel Pastore di Erma e in Origene che le dà ampio sviluppo. Essa tuttavia non ha alcun serio fondamen­to scritturistico e tradizionale. Cf S. Weber, De singulorum hominum daemone impugnatore, Roma 1935.
26 Il tema dello specchio, appena accennato in Platone, Plo­tino, Origene, prende importanza in Atanasio e diviene centrale in Gregorio, per il quale esso designa la libertà dell’anima e la sua partecipazione al mondo divino.
27 Il passo ci ragguaglia circa il metodo esegetico di Grego­rio per il quale l’interpretazione dei particolari di un libro scrit­turistico dipende dallo scopo che l’autore si è proposto.
28 Da pochi anni l’Oriente cristiano conosceva la vita di sant’Antonio scritta da Atanasio, che dava risalto alle tentazio­ni demoniache nella vita spirituale.
29 È interessante questa concezione del miracolo offerto co­me segno ai credenti e non solo destinato agli increduli come argomento apologetico.
30 È una tesi plotiniana: ignoranza e peccato sono frutto del­la mancanza di libertà (Cf Enneadi III, 8, 6; VI, 9, 7).
31 Nell’opera De opificio hominis (PG 44, 192 C D) Gregorio aveva già descritto il contrasto tra l’anima ragionevole e le passioni bestiali presenti nell’uomo.
32 È il grande tema della libertà così caro a Gregorio e trat­tato da lui tanto spesso (Cf Oratio Cathechetica magna: PG 45, 77 C).
33 È questo uno dei passi in cui Gregorio insegna la sal­vezza universale. L’autenticità del testo è certa, anche se un’in­tera famiglia di codici sostituisce questo testo con un altro. La dottrina sostenuta da Origene, fu condannata dal Concilio Co­stantinopolitano II del 553.
34 Abbiamo qui un’allusione al mito del cocchiere e dei ca­valli descritto da Platone nel Fedro. L’allegorismo dello stipite e dei due battenti, simbolo delle tre parti dell’anima, proviene da Filone ed è ripreso da Origene.
35 Anche qui le spine simboleggiano il peccato come in Gn 3,18. Nelle opere di Gregorio hanno però un vario simboli­smo: significano i peccati (In Psalmorum Inscriptiones: PG 44, 596 C; De beatitudinibus, PG 44, 1257 A), le tentazio­ni (Commentarium in Canticum, PG 44, 821 C), i demoni (In Psal­morum Inscriptiones, PG 44, 481 B), l’umanità peccatrice (De Insti­tuto christiano, PG 46, 280 B D).
36 Abbiamo qui forse un riferimento a 1 Pt 1, 13.
37 Questa interpretazione è già nella esposizione storica. Si sarebbe trattato di un recupero per i salari insufficienti dati dagli Egiziani agli Israeliti. La spiegazione viene da Filo­ne (Vita Moysis 1, 25, 141); è ripresa da Clemente Alessandri­no (Stromata I, 23, 157) e da altri padri anteniceni, come Ire­neo e Tertulliano. Qui Gregorio la sottopone a critica e la so­stituisce con l’interpretazione spirituale.
38 L’allegorismo delle «spoglie degli Egiziani» viene da una lettera di Origene a S. Gregorio Taumaturgo, un santo ben co­nosciuto e venerato nella famiglia di Basilio e di Gregorio, poi­ché la loro madre Macrina l’aveva avuto come maestro spiri­tuale (la lettera di Origene si trova in PG 11, 88 90).
39 È un accenno al catecumenato, tempo di prova, simboleg­giato negli Egiziani che inseguono gli ebrei.
40 Gregorio ha sviluppato questa applicazione anche nei li­bri Contra Eunomium (PG 45, 1000 A).
41 La traversata del Mar Rosso è eminente figura del Batte­simo, sul fondamento di 1 Cor 10,2.
42 Nel simbolismo della prima catechesi l’armata degli Egi­ziani rappresenta i demoni (cf Cirillo di Gerusalemme, Ca­techesi mistagogiche, PG 33, 1068 A). Anche nel­le orazioni «De Christi resurrectione» Gregorio le interpreta in questo senso. Qui invece adotta l’interpretazione di Filone.
43 Abbiamo qui la completa definizione del battesimo i cui elementi sono: l’acqua, il legno (la fede), la nube (lo Spirito Santo) e che è in pari tempo morte e resurrezione.
44 Il simbolismo è anche nel Commentarium in Canticum (PG 46, 831 B). Qui vien posto l’accento sulla con­versione che deve accompagnare il battesimo.
45 Questo simbolismo deriva da san Paolo 1 Cor 5,7 8.
46 Nelle acque di Mara la tradizione catechetica vede sim­boleggiate le acque del battesimo, come attesta Gregorio un’al­tra volta nell’omelia Contra usurarios (PG 46, 420 D).
47 È uno dei simbolismi cari alla catechesi primitiva, men­tre in Filone (Vita Moysis I, 34) le settanta palme alluderebbero ai settanta popoli del libro del Genesi.
48 È questa una nozione centrale dell’antropologia di Gre­gorio: la comunicazione di Dio viene proporzionata alle capaci­tà interiori della creatura ragionevole.
49 Già anticamente il sabato era interpretato come simbolo della vita eterna. Così Ireneo (Adversus haereses, IV, 6, 1) e Origene nelle Omelie sull’Esodo (VII, 6).
50 In questo passo abbiamo la contrapposizione tra Mosè, figura del vecchio Testamento e Giosuè, figura di Gesù. Questa opposizione simbolica è già presente nel Dialogo contro Trifone di Giustino (secolo II) ed è ripresa da Ireneo e da Origene.
51 L’espressione rappresenta l’ontologia mistica di Gregorio e si ritrova spesso in Origene.
52 Anche nel commento esegetico dell’Ecclesiaste (PG 44, 773 B) si ripete questa critica contro l’ambizione delle cariche ecclesiastiche.
53 Essa, infatti, era avvenuta nella luce del roveto ardente.
54 Dio è invisibile agli Angeli stessi.
55 Il concetto di santuario segreto deriva dalla filosofia di Plotino (Enneadi VI, 9, 11, 25).
56 Il primo comandamento della legge viene interpretato co­me interdizione di farsi una rappresentazione intellettuale di Dio.
57 Per Gregorio come per Origene la vita attiva non è sol­tanto preparazione alla vita contemplativa ma deve unirsi alla seconda per formare un’armonica perfezione.
58 Con un simbolismo che gli è proprio Gregorio vede nel Tabernacolo le due nature di Cristo.
59 Il tema dell’Incarnazione come abitazione del Verbo nel tabernacolo della carne, ha origine da Gv 1, 14. Anche nel Com­mentario sul Cantico (PG 44, 1045 D) l’Incarnazio­ne è una scenopegia, costruzione di una tenda, che prelude al­la definitiva scenopegia della risurrezione universale, raffigura­ta nella festa dei Tabernacoli.
60 Tema catechistico antico quello dei vari nomi di Cristo, presente in Giustino, Origene, Cirillo di Gerusalemme, Gregorio Nazianzeno. Il Nisseno gli ha consacrato il trattato della per­fezione (PG 46, 252 285).
61 La concezione del Logos come principio di unità dell’uni­verso è di origine stoica.
62 L’interpretazione allegorica è appoggiata a san Paolo per difenderla dagli attacchi contro l’origenismo che erano iniziati con le controversie cristologiche.
63 Il tabernacolo celeste è qui il simbolo del mondo celeste dopo essere stato simbolo della natura divina di Cristo. Questo mondo celeste è però il mondo degli angeli personali, a diffe­renza del mondo delle idee archetipe della concezione platonica.
64 È l’elogio della vita monastica, che ritroviamo nel com­mento sul Cantico dei Cantici (PG 44, 924 D).
65 Accenna all’interpretazione di Filone (Vita Moysis III, 12).
66 Le melograne sono un’immagine cara a Gregorio per dire che la virtù sulle prime contraddice la natura, ma ci offre poi il suo nutrimento interiore. Lo stesso concetto è più volte espresso nel commento sul Cantico dei Cantici (PG 44, 929 B; 970 C; 1108 B).
67 Vediamo qui un accenno alle conversioni dal paganesimo e al fallimento del tentativo di restaurazione del culto idolatri­co voluto da Giuliano l’Apostata.
68 Il principio dell’utilità è il grande principio dell’esegesi di Origene. Ogni passo della Bibbia deve avere un contenuto utile. Bisogna cercano dapprima nel senso letterale ma se questo è impossibile, nel senso spirituale.
69 Qui la legge «naturale» va intesa secondo la concezione che Gregorio ha della «natura», che è l’uomo vero creato nel­la vita soprannaturale.
70 La stessa immagine si trova nelle omelie di Gregorio sul­le Beatitudini (PG 46, 1213 C).
71 Il tema del volo dell’anima è già in Platone (Fedro 246 B). Gregorio lo utilizza spesso come avviene nel commento sul Cantico (PG 44, 1300 B C).
72 L’attrattiva del bene è uno dei temi della filosofia elleni­stica, influenzata da Platone e dallo stoicismo.
73 La sazietà del bene posseduto era stata, secondo Origene (De Principiis II, 9, 3), la causa della caduta dell’uomo e restava un principio di ricaduta. Questa difficoltà è sormontata da Gre­gorio con l’idea del progresso perpetuo.
74 In questo notevole passo Gregorio oppone il movimento biologico che è ciclico e quindi senza progresso al movimento spirituale che è progresso e stabilità.
75 A queste vesti sacre di cui erano rivestiti Adamo ed Eva si fa cenno anche nel commento sul Cantico (PG 35,1005 B) e nelle omelie De Oratione dominica (PG 35,1143 B). Ad esse si contrappongono non le tuniche di pelle di Gn 4, 21, ma le foglie di fico di Gn 3, 7.
76 L’immagine del chiodo viene dal Fedone di Platone (Fedo­ne 83 B).
77 Mosè ha raggiunto la perfetta impassibilità, che rappresentava l’ideale più perfetto del sapiente secondo la filosofia stoica.
78 Pare un’allusione alla riconciliazione ecclesiastica. Grego­rio ne tratta nella Lettera a Letoio (PG 45, 221 B 236 D) e nel Sermone contro quelli che non sopportano la corre­zione (PG 46, 308 A 316 D). Nel Contra Eunomium ci attesta che la confessione dei pec­cati era uno degli usi della Chiesa (PG 45, 880 B).
79 L’acqua che zampilla dalla roccia è paragonata, accostata al sangue e all’acqua che zampillarono dal costato di Cristo.
80 L’ambizione è la tentazione di chi è più avanzato nella vi­ta spirituale.
81 L’espressione «via regale» viene da Nm 20, 17. Filone ne aveva fatto il simbolo della strada che conduce a Dio.
82 È la dottrina aristotelica della virtù come «giusto mez­zo» (Etica Nicomachea II, 5 6). Gregorio la sviluppa anche in altre opere esegetiche come nel commento al libro dell’Eccle­siaste (PG 44, 729 B).
83 Immagine plotiniana (Enneadi I, 6, 9) a lungo sviluppata da Gregorio nel commento sulle iscrizioni dei Salmi (PG 44, 544 A D).
84 In precedenza l’idolo d’oro era stato preso come simbolo dell’idolatria.

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