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07/04/2014 19:02 | |
USCITA DALL’EGITTO
Difesa dell’interpretazione spirituale della Scrittura
Le riflessioni che facciamo ora seguire, rafforzeranno l’interpretazione spirituale (anagogica) seguita fin qui.
La Scrittura ordina agli Ebrei di cibarsi delle carni da cui sgorgò il sangue che essi misero sulle porte, per tener lontano l’uccisore dei primogeniti egiziani. Essa impone a chi prende quel cibo un modo di vestire che è diverso da quello in uso nei banchetti della gente spensierata. Costoro a banchetto ci stanno con le mani libere, le vesti discinte, i piedi nudi. Al contrario gli Ebrei devono portare i calzari, avere attorno ai fianchi una fascia che stringa forte le pieghe superflue della veste, tenere in mano un bastone per difendersi dai cani.
Vestiti in questo modo, essi preparano il cibo, cucinandolo in fretta, senza condimenti, su un fuoco improvvisato.
Esso è rappresentato dalle carni dell’agnello, che devono consumare totalmente, lasciando intatto soltanto il midollo delle ossa. Neppure le ossa dovevano essere spezzate e se ci fossero stati degli avanzi, dovevano essere distrutti nel fuoco.
Tutti questi particolari ci fanno chiaramente capire che la lettera della Scrittura mira a un insegnamento spirituale. Non possiamo pensare che la legge voglia insegnarci il modo di cucinare i cibi (a questo basta la natura che ha messo in noi il desiderio del cibo), ma dobbiamo ritenere che essa, con tutti questi precetti, ha valore semantico.
La vita è un viaggio che richiede un equipaggiamento adatto
Ci domandiamo quale importanza possa avere rispetto al vizio o alla virtù il fatto di prendere il cibo in un modo piuttosto che in un altro, con o senza una fascia ai fianchi, a piedi nudi o calzati, a mani libere o fornite di un bastone.
Nel tenersi pronti alla partenza in tenuta da viaggio c’è un significato simbolico abbastanza chiaro, che ci fa capire come la vita terrena sia un viaggio. Fin dalla nascita esso procede sotto la spinta di una forza ineluttabile verso quel termine che segna la fine delle nostre attività presenti. A rendere più sicuro il viaggio, occorre provvedere l’equipaggiamento necessario alle mani e ai piedi. Bisogna coprirci i piedi, perché le spine di questa vita che sono i peccati non ci danneggino. Ci occorrono perciò calzature robuste che, fuor di metafora, sono le austerità e le mortificazioni, capaci di spezzare la punta delle spine35, di impedire cioè che il peccato penetri nell’anima fin dagli inizi, quando si presenta in forma attraente ed entra in noi furtivamente.
Una tunica lunga fino ai piedi e chiusa tutt’intorno non pare molto adatta per un viaggio, che Dio vuole condotto speditamente.
Essa dovrebbe essere interpretata come il simbolo delle piacevoli comodità della vita che la retta ragione, al pari di una fascia attorno ai fianchi, deve cercare di ridurre al minimo indispensabile.
Questa fascia è la saggezza, come risulta chiaro dal posto in cui viene applicata. Il bastone, destinato a tener distanti i cani, rappresenta invece le parole della speranza cui ci appoggiamo nelle stanchezze dell’anima e con le quali ci difendiamo dai rabbiosi assalti dei nemici36. Il cibo cotto al fuoco sarebbe simbolo, a mio parere, della fede che, senza nostro merito, abbiamo ricevuto come fiamma già accesa. Il cibo già pronto della fede si prende con semplicità e facilità secondo le nostre capacità e lo si mette al fuoco, lasciando da parte certi complicati e difficili ragionamenti della ragione.
Accontentarci delle interpretazioni facili
Dio dunque, come vediamo, si serve di simboli per istruirci ma per il fatto che essi sono di facile e spontanea interpretazione, né la pigrizia né la fretta devono indurci a tenerli in poco conto. Sono anch’essi un cibo offertoci perché, poveri e bisognosi quali siamo, ce ne nutriamo e riusciamo così ad avere un viaggio felice.
Esistono invece problemi ai quali non riusciamo a dare una soluzione soddisfacente. Ci chiediamo a volte che cosa è l’essenza divina, che cosa esisteva prima della creazione, che cosa c’è al di là delle realtà visibili e se gli avvenimenti siano determinati da una forza ineluttabile.
Solo lo Spirito Santo possiede la piena risposta a questi e altri problemi che agitano gli spiriti più curiosi. Egli, come dice l’Apostolo, scruta le profondità di Dio (1 Cor 2,10). Chi conosce bene le Scritture non può ignorare che in diversi punti lo Spirito Santo vi è menzionato sotto il nome di fuoco. Anche il libro della Sapienza ci spinge a riflessioni non dissimili da quelle qui espresse, quando dice: «Non occuparti di cose più grandi di te, non voler sviscerare le ragioni nascoste, perché ciò che ti viene nascosto non è necessario» (Eccl 3,22 23).
RICCHEZZE D’EGITTO
Critica a un ordine di Mosè
Mosè fu dunque il promotore dell’uscita del popolo d’Israele dall’Egitto. Anche tutti coloro che hanno il compito di fare da guida agli altri, se si metteranno dietro le orme di Mosè, riusciranno a liberare dalla schiavitù d’Egitto le anime loro affidate.
Queste anime, venendo dietro chi le guida sulla strada della virtù, dovranno portare con sé le ricchezze e i tesori degli Egiziani, cioè di una popolazione straniera. Mosè ordina infatti alla sua gente di usare in proprio favore i beni sottratti ai nemici. Quest’ordine a prima vista appare incomprensibile in quanto spinge a rubare i beni dei ricchi ed è quindi incentivo di ingiustizia.
Ma per capire che non si tratta di un ordine dettato da intenzioni contrarie al giusto, basta dare uno sguardo alle leggi che Mosè emanerà in seguito: esse dalla prima all’ultima non hanno altro scopo che colpire con rigore ogni ingiustizia.
Alcuni approvano che gli Israeliti per farsi pagare il debito dei lavori eseguiti in favore degli Egiziani37 abbiano trovato questo espediente. Ma esso può certamente essere oggetto di biasimo perché contiene una menzogna e un inganno.
È indubbiamente un truffatore, colpevole di furto, chi prende a prestito e non restituisce, ma tale si deve considerare anche chi, volendo rientrare in possesso delle proprie cose, le chiede in prestito con l’assicurazione che verranno restituite.
Le discipline profane messe al servizio della Chiesa
Ma consideriamo il significato più profondo e spirituale di questo comando. Esso spinge i cultori della virtù a far proprie con tutta libertà le ricchezze della cultura profana, di cui si vantano le persone estranee alla fede. L’ordine dato da colui che fa da guida sul cammino della virtù è di prendere come in prestito le ricchezze possedute dagli Egiziani. Orbene, la filosofia morale e la scienza fisica, la geometria, l’astronomia, la logica e tutte le altre discipline coltivate da chi è fuori della Chiesa, sono beni assai utili ed è buona cosa che le ricchezze dell’intelligenza vengano usate per decorare il tempio dei misteri della fede38.
I tesori presi agli Egiziani, furono poi portati a Mosè per contribuire, con offerte personali, all’allestimento del tabernacolo in corso di attuazione.
La cosa si verifica anche ai nostri giorni. Molti e tra questi il grande Basilio, portano in dono alla Chiesa di Dio la loro cultura profana. Egli offrì a Dio le ricchezze d’Egitto che si era procacciato al tempo della sua giovinezza e con esse decorò il vero tabernacolo che è la Chiesa.
LA COLONNA DI NUBE
Ma dobbiamo ritornare al punto del testo dove ci siamo fermati. Chi è uscito dal territorio della dominazione egiziana e si è messo in viaggio verso la meta della virtù, non potrà evitare né assalti, né tentazioni, né prove d’ogni genere: angustie, paure, pericoli mortali. Egli si sentirà tanto scosso nelle convinzioni della fede da poco entrate nella sua anima, che cadrà nella sfiducia più completa di poter raggiungere i beni cercati39.
Mosè e gli altri capi sanno con il loro consiglio mettere un freno alla paura, dar coraggio alle anime troppo impressionabili, suscitare la speranza dell’aiuto divino.
Sovente le persone poste a governare gli altri si preoccupano soltanto che tutto proceda bene nelle cose esteriori e non danno alcuna importanza alle interne disposizioni, invisibili agli altri, ma note a Dio. Non così si comportò Mosè. Invitato a infondere coraggio al popolo, pregò il Signore di venire in aiuto ma senza far uscire suoni dalla sua bocca. Tuttavia ci viene assicurato che egli levava grida verso il Signore. Che cosa ci vuole insegnare qui la Scrittura se non questo: che alle orecchie di Dio sale gradita non la voce più rumorosa ma quella che esprime la supplica di una coscienza pura40.
L’aiuto dello Spirito Santo
Quando Mosè si trovò a dover affrontare più dure battaglie, il «fratello» mandatogli incontro al suo rientro in Egitto e nel quale abbiamo visto il simbolo dell’Angelo, non gli poté offrire che un aiuto molto limitato.
Fu allora che, in forme adeguate alle sue capacità conoscitive, gli si manifestò l’Essere trascendente. Se riflettiamo su questi avvenimenti, abbiamo la possibilità di conoscere la loro applicazione alla nostra vita spirituale.
L’anima che ha abbandonato la terra d’Egitto e si trova esposta all’assalto delle tentazioni, può trovarsi piena di paura. Ma chi la guida sa mostrarle la salvezza che scende dall’alto, e costringere il mare a farsi come una strada asciutta su cui passare a piedi, nel momento in cui il nemico incalza l’anima e la stringe da ogni parte.
Allora apparirà anche la nube a precederla sul cammino. Giustamente i nostri padri hanno cambiato nome a questa nube, identificandola con la grazia dello Spirito Santo da cui proviene ai santi la guida verso il bene.
Chi le sta dietro, passa attraverso le acque del mare dove gli è stata aperta una strada.
Lo Spirito Santo rende sicura la libertà che abbiamo acquistato, facendo in modo che gli inseguitori decisi a catturarci, vengano affogati nelle acque.
LA TRAVERSATA DEL MAR ROSSO
L’esercito delle passioni
Nessuno che senta il racconto di questi fatti potrebbe ignorare il loro riferimento a un mistero. C’è ancora chi passa attraverso le acque ed è inseguito da un esercito nemico. Ancora le acque sommergono l’esercito inseguitore ed egli è il solo che ne esce salvo41. L’esercito egiziano con tutti quei cavalieri, carri, cavalli, lancieri, frombolieri e combattenti schierati a battaglia, rappresenta le molteplici passioni che tiranneggiano l’uomo42.
Troviamo perfetta identità tra l’esercito egiziano e quei sentimenti d’ira, quelle inclinazioni al piacere, alla tristezza, alla superbia che si trovano nella nostra anima.
L’insulto contro il prossimo è ben paragonabile a un sasso lanciato sulla fronte con una fionda e lo scatto dell’ira è veramente come la punta vibrante di una lancia.
Quanto ai cavalli che irresistibilmente trascinano il carro di guerra vi vedo simboleggiati i piaceri sensuali.
Ancora sulle tre parti dell’anima
Sappiamo dalla storia che sul carro di guerra salivano tre uomini chiamati “primi dignitari”. Già nel simbolismo dello stipite e dei due battenti abbiamo scorto le tre dimensioni dell’anima. Se ora fissiamo la nostra attenzione sui tre combattenti che il carro porta con sé in una corsa impetuosa, non avremo difficoltà a vedervi un richiamo alle tre parti dell’anima: la razionale, l’irascibile, la concupiscibile.
Quei tre precipitano nelle acque insieme ai loro compagni, mentre inseguono Israele a tutta forza.
Efficacia salvifica del battesimo
Coloro che si erano affidati alla virtù della verga ed erano rischiarati dalla nube, scesero in quella stessa acqua e vi trovarono la salvezza, mentre i loro inseguitori vi affogarono43.
Da questi fatti ci viene un ulteriore insegnamento. Nessuno, una volta passato attraverso l’acqua, deve più trascinarsi dietro i resti dell’esercito nemico.
Se permettiamo che il nostro nemico riemerga dall’acqua insieme con noi, dopo l’immersione, questo significa che rimaniamo nello stato di schiavitù, perché ci ritroviamo vivo e vicino il tiranno, non essendo riusciti ad affogarlo.
Per rendere evidente il significato nascosto di questi fatti, è necessario che ci esprimiamo in termini più chiari. Questi fatti interessano tutti coloro che passano attraverso le mistiche acque del battesimo.
In esse devono annegare le cattive tendenze dell’anima e le opere che ne derivano, cioè tutto l’esercito del male: avarizia, desideri impuri, furto, vanità, superbia, violenza, ira, rancore, invidia, gelosia e tante altre passioni che la natura porta con sé dalla nascita44.
Impegni del battesimo
Quando la legge parla del mistero della Pasqua cioè della festa destinata a ricordare la preservazione dalla morte, ottenuta per mezzo del sangue, ordina di mangiare pane azzimo, privo del vecchio fermento.
Ci fa capire in tal modo che il convertito non deve continuare sulla strada del male, ma ricominciare da capo la sua vita senza più l’antico fermento del male45.
Essa vuole anche qui che facciamo affogare nelle acque del battesimo, come negli abissi di un mare, ogni egiziano cioè ogni abitudine di peccato. Vuole essa che da queste acque riemergiamo soli, non più permettendo che elementi estranei si trovino nella nostra vita.
È questo appunto l’insegnamento della Scrittura quando ci mostra le medesime acque dar rovina e morte ai nemici, vita e salvezza agli amici.
Purtroppo molti battezzati, ignorando gli ordini della legge, introducono nella loro vita dopo il battesimo il vecchio lievito del male e trascinano ancora dietro di sé nei loro atti, dopo il passaggio attraverso l’acqua l’esercito egiziano in piena efficienza.
Chi, prima del battesimo, si è arricchito con rapine e ingiustizie, chi è venuto in possesso di un terreno attraverso falsi giuramenti, chi conviveva in adulterio con una donna o aveva commesso altre violazioni della legge, se continua a tenere ciò che ha preso ingiustamente, si illude di essersi liberato con il battesimo dalla schiavitù dei suoi peccati e non s’accorge che in realtà è rimasto sottoposto a padroni tirannici.
Una passione sfrenata domina senza pietà l’anima razionale, flagellandola con i piaceri come fossero delle verghe. Anche l’ingordigia è un padrone dispotico, che nega ogni riposo a chi lo serve; aggiunga pure costui lavoro a lavoro per procacciare al suo padrone i beni che esige; sempre verrà incalzato a fare ancora di più.
Davvero ogni atto cattivo che compiamo è un debito pagato a padroni dispotici. Chi li serve dopo aver attraversato il mare è come se non fosse stato neppure sfiorato dalla mistica acqua che abbiamo ricordato e alla quale si deve l’eliminazione di tiranni così crudeli.
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