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07/04/2014 19:00 | |
Il mistero dell’Incarnazione
Per effetto di quella luce Mosè fu completamente trasformato, tanto da poter provvedere alla salvezza degli altri. Si diede allora a contrastare la tirannide prepotente e rovinosa con l’intento di ridare la libertà al suo popolo, sottomesso a una spietata schiavitù.
Ciò avvenne dopo che la mano mutò miracolosamente il suo colore naturale e dopo che la verga taumaturgica si cambiò in serpente. A mio parere, questi fatti alludono al mistero dell’Incarnazione del Signore, con la quale la Divinità apparve tra gli uomini per debellare il tiranno e liberare quelli sottomessi al suo dominio.
Ci sono i testi dei Profeti e del Vangelo a suffragare queste mie dichiarazioni. Dice il Profeta: «La destra dell’Altissimo non è più la stessa» (Sal 76, 11). Il Profeta, pur continuando a considerare immutabile la natura divina, dice che essa si è esternamente mutata per accondiscendere alla nostra debolezza e ha assunto la somiglianza della nostra natura.
Secondo il racconto biblico, la mano del legislatore Mosè, non appena fu estratta dal seno, assunse un colore non naturale; quando l’ebbe rimessa là donde l’aveva tolta, riacquistò la primitiva bellezza. Anche l’Unigenito Figlio che è nel seno del Padre (Gv 1, 18), è la destra dell’Altissimo.
Uscendo dal seno di Dio per apparire in mezzo a noi, egli assunse la nostra somiglianza. Ma dopo averci purificato dalle nostre debolezze, egli portò in cielo, nel seno del Padre, quella mano che la natura gli aveva dato simile alla nostra e allora non fu la sua natura divina, immune da alterazioni, che mutò, ma fu la nostra natura umana, mutevole e passibile, che divenne inalterabile al contatto con l’Essere immutabile.
Il serpente figura di Cristo
I credenti in Cristo vedendo che noi ora connettiamo l’esposizione del mistero con un animale che è il meno adatto a simboleggiarlo, cioè con il serpente nel quale si mutò la verga di Mosè, non devono sentirsi in imbarazzo.
La stessa Verità non disdegna simile accostamento quando dichiara nel Vangelo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo» (Gv 3,14).
La ragione è chiara: se l’autore del peccato ebbe dalla Scrittura il nome di serpente e se un serpente, come è evidente, non genera che serpenti, il peccato viene di conseguenza ad avere il i4ome stesso di colui che ne è stata la causa.
Ci sono le parole dell’Apostolo a testimoniare che Cristo è divenuto peccato per noi (2 Cor 5,21), dopo aver assunto la nostra natura peccatrice.
A ragione dunque viene applicato a Cristo il simbolo del serpente17, se teniamo ben presente che serpente e peccato sono la stessa cosa e che Cristo è diventato peccato.
Cristo, divenuto peccato, si fece serpente perché questo, come abbiamo visto, altro non è che il peccato. Fu per noi che Cristo divenne serpente onde divorare e distruggere i serpenti egiziani, chiamati a vita dai maghi. Dopo di ciò, egli torna a essere verga per l’emendamento dei peccatori e per sostegno di coloro che salgono lungo l’erta della virtù, appoggiati alla speranza e alla fede.
La fede infatti è sostanza di cose sperate (Eb 11,1). La comprensione di queste realtà fa di noi come degli dei rispetto agli oppositori della verità che si lasciano facilmente ingannare dalle apparenze, persuadendosi che dare ascolto al vero Essere è cosa spregevole18.
La forza che deriva dalla conoscenza della verità
Il Faraone pensa appunto così, quando dice: «Chi è mai costui perché io lo ascolti? Io non conosco il Signore» (Es 5,2). Egli apprezza soltanto le cose materiali e carnali, oggetto delle sensazioni più irragionevoli. Mosè invece ricevette tanta forza dalla luce della verità che gli consentì di affrontare vigorosamente i suoi oppositori. Egli fece come l’atleta che, dopo il tirocinio con il maestro di ginnastica, si accinge con coraggio e fiducia ad affrontare l’avversario19.
Mosè con in mano la famosa verga, simbolo della dottrina della fede, riuscì a eliminare i serpenti egiziani.
La cultura profana e la fede
Sua moglie, che era forestiera, volle accompagnarlo. Essa è simbolo della cultura profana, servendoci della quale noi potremmo anche riuscire a far maturare, in noi i frutti della virtù. La filosofia morale e la filosofia fisica potrebbero realmente favorire un’autentica vita spirituale, qualora riuscissimo a purificare i loro dati dottrinali dalle deturpazioni di errori profani.
Siccome Mosè non aveva provveduto a distruggere totalmente ciò che era impuro e dannoso, gli mosse incontro un Angelo a minacciargli la morte. Sua moglie allora procurò di eliminare i segni che facevano riconoscere il loro figlio come uno straniero e lo presentò, così purificato all’Angelo, cui rivolse le sue suppliche. Dovrebbe risultare chiaro da ciò che ho detto a chi è iniziato al simbolismo della storia, che la virtù progredisce gradualmente; ciò appare nel significato simbolico delle vicende che la Scrittura va a mano a mano raccontando.
In realtà gli insegnamenti delle dottrine filosofiche contengono qualcosa come di carnale e di incirconciso. Se lo togliamo, esse splendono di quel nobile decoro che è tutto israelitico. La filosofia pagana insegna che l’anima è immortale e si tratta indubbiamente di un insegnamento buono.
Essa però torna alla condizione degli stranieri incirconcisi e carnali, quando dichiara che l’anima passa da un corpo all’altro, trasformandosi in una natura irrazionale20.
Simili esemplificazioni si potrebbero moltiplicare. Così essa afferma che Dio esiste, ma poi lo concepisce come un essere materiale21. Lo riconosce creatore, ma dice contemporaneamente che non può creare se gli manca la materia22. Concede che egli sia buono e potente, ma ammette che spesso è soggetto alla forza del fato23.
Troppo lungo sarebbe passare in rassegna a una a una le dottrine lodevoli della filosofia profana, cui sono congiunti insegnamenti assurdi. Se li togliamo, ci apparirà benevolo l’Angelo di Dio a mostrarci ciò che di buono contengono tali dottrine.
L’INCONTRO CON L’ANGELO
L’aiuto dell’Angelo custode
Fissiamo ora la nostra attenzione sui fatti successivi, affinché anche noi, in procinto di scendere in lotta contro i nostri nemici egiziani, possiamo incontrarci con chi ci offra un aiuto fraterno.
Ben ricordiamo che Mosè agli inizi della vita di perfezione si trovò immischiato in un episodio di violenza e in una lite, allorché l’Egiziano uccise l’Ebreo e poi un Ebreo si scagliò contro un proprio connazionale.
Egli però si volse a propositi di vita più perfetta, sostenuto oltre che da questi propositi anche dalla visione soprannaturale che ebbe in cima al monte e meritando la grazia che Dio gli mandasse incontro il fratello, animato da sentimenti amichevoli.
Noi non pensiamo di scostarci dal nostro intento, se diamo a questi fatti un’interpretazione simbolica. Il soccorso divino non manca in realtà a coloro che si applicano a vivere virtuosamente ed è un soccorso accordato da Dio già fin dalla nascita naturale24. Esso diventerà più tangibile e visibile quando, applicandoci con maggior diligenza e impegno nella vita spirituale, ci sentiremo in mezzo a lotte più aspre. Per non dare l’impressione di dare spiegazioni di cose oscure attraverso spiegazioni altrettanto oscure, cercherò di chiarire il mio pensiero.
Un insegnamento fondato sulla tradizione patristica asserisce che Dio non abbandona l’uomo a sé stesso dopo che è stato assoggettato al peccato, non per colpa personale, ma in forza di quella che ha coinvolto tutto il genere umano. Dio assegna a ciascun uomo l’aiuto di un Angelo, che è una creatura non fornita di corpo. Il guastatore della nostra natura da parte sua cerca di ostacolarci per mezzo di un demone malefico, intento solo al nostro danno25.
L’uomo si trova pertanto in mezzo a due esseri che lo accompagnano con intenti contrari: l’Angelo buono che lo spinge a riflettere sui beni della virtù, oggetto della speranza di quelli che la praticano e l’Angelo cattivo che spinge ai piaceri sensuali, incapaci di suscitare la speranza dei beni futuri perché, dando un godimento immediato, sottomettono a schiavitù i sensi di coloro che vi si abbandonano.
Solo se ci liberiamo dagli allettamenti del male e se fissiamo la nostra mente verso le mete più alte, lasciando ogni atto cattivo e mettendoci davanti come uno specchio la speranza dei beni eterni26, potremo riflettere nella limpidezza della nostra anima l’immagine delle cose celesti e sentiremo vicino l’aiuto di un fratello.
L’uomo infatti, considerando la parte spirituale e razionale del suo essere, è come un fratello dell’Angelo mandato ad assisterci quando stiamo per avvicinarci al Faraone.
Precisazioni sul metodo esegetico
Se nel corso delle nostre riflessioni sui fatti della storia di Mosè, si riscontrasse che qualcuno di quei fatti non concorda con le nostre spiegazioni, nessuno deve prendere motivo da ciò per rifiutare in blocco le applicazioni da noi date.
Bisogna che sia sempre tenuto presente lo scopo del nostro scritto mirante, come abbiamo spiegato nell’introduzione, a proporre la vita di uomini grandi come modello di virtù per i posteri27.
Evidentemente non è possibile che gli emuli delle virtù di quei grandi si trovino nelle loro identiche materiali situazioni. (Ci si dovrebbe trovare ancora nel caso di un popolo che cresce sotto la schiavitù degli Egiziani, trovarsi davanti a un persecutore che fa uccidere i neonati maschi, lasciando vivere il sesso più debole e gentile, ripetersi gli altri particolari narrati dalla storia). Risulta perciò impensabile che le loro gesta possano essere ripetute tali e quali.
Conviene invece ricavare dalle loro imprese un insegnamento spirituale, utile per quelli che mirano a condurre una vita simile alla loro nella pratica della virtù. Tralasceremo perciò come inutile al nostro scopo quegli avvenimenti che risultassero completamente estranei all’ordine delle nostre considerazioni, non volendo creare una frattura nell’esposizione della dottrina della virtù, attinta da noi a quei fatti che ce ne offrono la possibilità.
Questa precisazione era necessaria per rispondere in anticipo a chi avesse da obiettare circa le applicazioni che farò delle vicende di Aronne.
Qualcuno infatti potrebbe fare osservare che, se il compito di aiutare chi combatte contro i nemici, affidato all’Angelo, è in armonia con la sua natura spirituale e intelligente (sotto questo aspetto la natura angelica è pari a quella dell’anima umana, pur avendo però un’esistenza anteriore alla nostra), non si può invece accettare di porre su un piano di identità l’Angelo e Aronne.
Risponderemo a questa obiezione partendo dal principio già esposto che l’incontro difatti estranei al nostro intento non deve comportare uno sconvolgimento nell’ordine della trattazione e costatando come i termini di angelo e fratello siano in certo senso sinonimi e si possono ugualmente applicare a due esseri tra loro in contrasto.
Anche nella Scrittura si accenna a un Angelo di Dio e a un angelo di Satana (2 Cor 12,7). Anche noi chiamiamo fratello tanto quello buono come quello cattivo. La Scrittura si esprime in questo senso quando parla di fratelli buoni, premurosi dei bisogni altrui (Pro 17,7) e di fratelli cattivi, che prendono a calci i propri fratelli (Ger 9, 3).
Il compito di guida spirituale esige una preparazione
Ma proseguiamo l’esposizione, rimandando a dopo l’esame particolareggiato di questi punti ed esaminando ora i fatti che successivamente il racconto ci propone.
Mosè, ricevuta la forza necessaria nell’apparizione luminosa, assistito e protetto dal fratello, può parlare con sicurezza al popolo della liberazione vicina, ricordare a tutti la comune nobiltà di stirpe, indicare come sottrarsi alle gravose imposizioni della raccolta di argilla e della fabbricazione di mattoni.
Che cosa ci insegna qui la storia? Che non bisogna presumere di parlare al popolo senza un’opportuna preparazione.
Sebbene Mosè già al tempo della sua giovinezza fosse avanzato nella virtù, come ben sai, tuttavia quando volle intromettersi come paciere, tra due litiganti, non fu ben accolto. Ora invece affronta una intera moltitudine, quasi in contrasto con la riservatezza del suo carattere.
La storia sottolinea questo particolare per dirci che è azzardato esporci al giudizio di tanti ascoltatori, se non possediamo una preparazione adeguata.
LE PRIME TENTAZIONI
Mosè usa le parole più adatte per proporre al popolo la prospettiva della liberazione, riuscendo a suscitare in tutti una brama così ardente di libertà che i loro oppressori reagiscono duramente, decidendo di aggravare le sofferenze di quanti hanno ascoltato le parole di Mosè.
Questo si ripete esattamente anche adesso. Molti, dopo aver dato ascolto a colui che ci libera dalla tirannide spirituale, udendone da vicino la parola, subiscono ancora da parte del nemico gli assalti delle tentazioni. Ora, di fronte a tali assalti c’è chi diviene più buono e più forte nella fede, perché sa premunirsi contro i colpi avversi, ma c’è chi, più debole, cede alle difficoltà e alle accresciute fatiche.
Costoro allora affermano che è cosa più vantaggiosa fare i sordi alle promesse di liberazione che non intraprendere a lottare per ottenerla28.
Si verificò appunto questo tra gli Israeliti i quali, diventati pusillanimi, si misero ad accusare colui che aveva loro proposto la liberazione dalla schiavitù. Non bisogna invece cessare di esortare e stimolare al bene chi, preso dallo spavento per l’inesperienza della tentazione, è rimasto bambino e imperfetto nell’anima. Il demonio fa di tutto per perderci, ottenendo che gli uomini, una volta a lui sottomessi, non guardino più verso il cielo, ma si pieghino sulla terra a fabbricare mattoni.
Insaziabilità delle passioni
In questo atteggiamento sono simboleggiate le soddisfazioni materiali, formate di terra e di acqua, come è dato vedere nei piaceri del ventre e della tavola e nelle altre soddisfazioni procurate dalla ricchezza.
Terra e acqua mescolate insieme formano il fango. In verità, tutti quelli che si abbandonano alle soddisfazioni impure si riempiono di fango, senza mai riuscire a saziarsi, perché non appena svuotano il materiale versato prima, subito lo sostituiscono con dell’altro. Proprio così fa il costruttore di mattoni, quando vera altro fango nella forma vuota.
Chi ha appagato un desiderio, si sente sospinto verso un altro oggetto da una nuova brama ancora insoddisfatta. Quando l’anima, ottenendo ciò che desiderava, ha riempito questo suo vuoto, altri desideri sorgono in lei a. creare altri vuoti. Il succedersi di desideri inappagati continuerà in noi fino al termine della vita.
La tattica ingannatrice di Satana
La divina voce del Vangelo e quella autorevole dell’Apostolo ci fanno osservare (Mt 3,12; 1Cor 3,12) che la canna e la paglia raccolta dagli Ebrei per ordini tirannici e mescolate con il fango per farne mattoni, costituiscono materia del fuoco.
La persona virtuosa che intende liberare chi è vittima dell’errore e condurlo a una vita libera e saggia, sa dal Vangelo (Mt 4,1 11) che il demonio usa ogni mezzo per irretire con l’inganno le nostre anime, opponendo alla legge del Signore i sofismi dell’errore.
Dico questo fissando l’attenzione sui serpenti egiziani di cui ci parla il racconto e che rappresentano le malvagie arti dell’inganno.
Ma i serpenti sono stati distrutti dalla verga di Mosè e su ciò abbiamo già fatto appropriate riflessioni.
Armato di questa prodigiosa verga che, rimasta illesa, fu in grado di distruggere quelle degli Egiziani, Mosè avanza sul cammino di una vita spirituale ricca di eventi miracolosi.
Finalità del miracolo
Egli possiede il potere dei miracoli e ne usa non per suscitare l’ammirazione dei curiosi29, ma per l’utilità dei salvati.
La forza derivante dai miracoli abbatte gli avversari e contemporaneamente dà sostegno ai fedeli.
Se teniamo presente lo scopo generale dei miracoli nella vita spirituale, saremo poi in grado di cogliere le finalità particolari di ciascuno di essi.
Però la comprensione dell’insegnamento della verità è in stretto rapporto con le disposizioni d’animo di quelli che l’ascoltano. Il Verbo presenta a tutti indistintamente il bene e il male, ma c’è chi, docile al suo insegnamento, accoglie la luce nella sua mente e c’è chi non vuole esporre la propria anima ai raggi della verità, per cui rimangono in lui le tenebre dell’ignoranza30.
I contrasti di opinione in materia di fede
Se le riflessioni da noi fatte su questi punti non sono false, neppure lo saranno le applicazioni ai singoli fatti, perché lo studio dei particolari è già presente nella visione dell’insieme.
Non c’è da meravigliarsi che gli Ebrei restino immuni dalle disgrazie degli Egiziani, pur vivendo in mezzo a costoro. Il fatto si ripete identico anche adesso. Nelle grandi città dove la gente si trova in mezzo a opinioni contrastanti, l’acqua della fede si offrirà limpida e buona a coloro che l’attingono dall’insegnamento divino, ma si presenterà alterata in sangue a quelli che, danneggiati da dottrine malvagie, imitano gli atteggiamenti degli Egiziani.
L’orditore di inganni, con le arti della corruzione e della falsità, si adopera per far apparire sangue anche l’acqua degli Ebrei, tenta cioè di mostrare che la nostra non è la vera dottrina.
Egli potrebbe certo riuscire in questo tentativo di dare alle limpide acque della vera dottrina il colore apparente del sangue, cioè mescolarvi l’errore, ma non riuscirà mai a ottenere un’adulterazione completa. In realtà gli Ebrei bevono acqua genuina, anche se i loro nemici hanno procurato apparenze capaci di trarli in inganno.
L’impurità e i suoi segni
Quegli animali anfibi e schifosi che sono le rane (esse passano la vita ora in acqua ora sulla terra, saltano e strisciano, sono nauseanti d’aspetto e maleodoranti) penetrano in massa nelle case, nei letti, nei ripostigli degli Egiziani, ma lasciano immuni gli Ebrei.
L’uomo che conduce una vita intemperante, affogata nel fango, se esternamente riesce a conservare la sua natura di uomo, in realtà viene abbassato dalla passione al livello di una bestia, trasformandosi così in un essere anfibio e indefinibile31.
Egli è preso da una malattia vera e propria, della quale scoprirai i segni non nel suo letto soltanto, ma sulla sua tavola, nei suoi armadi, in tutta la sua casa. Essi sono i contrassegni della dissolutezza.
Negli oggetti che uno tiene in casa si rivela se egli conduce una vita viziosa o una vita pura. Sulle pareti della casa del vizioso sono visibili le eccitazioni al piacere sensuale, poiché l’artista vi ha raffigurato figure ignobili che esprimono in certo modo la malattia di cui l’anima è affetta e la cui vista costituisce un continuo eccitamento alla passione.
Nella casa della persona pura noti invece la vigile preoccupazione di sottrarre alla vista qualsiasi oggetto sensuale.
Lo stesso dicasi della tavola. Mentre la persona virtuosa sa renderla pura, il vizioso che è avvoltolato nel fango, la rende immonda e carnale.
Introduciti nei ripostigli della casa dei dissoluti, cioè nelle pieghe nascoste e misteriose della loro esistenza e lì troverai più che altrove un vero esercito di rane.
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