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L'IDOLATRIA di Tertulliano

Ultimo Aggiornamento: 29/03/2014 19:35
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29/03/2014 19:29
 
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CAPITOLO VII.

E che cosa la fede potrebbe dire contro tanta aberrazione nei riguardi degli idoli?

Sotto questo aspetto, in ogni giorno, la fede, nel suo zelo, farà sentire alta la sua parola di protesta e si addolorerà vedendo giungere nella sua chiesa un cristiano impigliato in certi caratteri anche formali d'idolatria. È lo stesso che venire nella casa di Dio, dalla bottega del suo nemico e avversario; e sollevare a Iddio padre, quelle mani che furono pure madri di immagini idolatre; fare atto di adorazione con quelle mani che fuori sono causa di adorazioni contrarie al vero Dio; accostare al corpo del Signore quelle mani che formano i corpi dei demoni. E non basta questo: sarebbe ancor poco se ricevessero dalle mani d'altri, ciò che essi contaminano e guastano, ma sono loro stessi che danno agli altri quel che essi hanno già contaminato, perché i fabbricatori di idoli s'ammettono negli ordini ecclesiastici. Quale vergogna ed obbrobrio! I Giudei una volta sola osarono alzare le mani sopra il Cristo; costoro invece insultano ogni giorno il corpo di lui. O mani che dovrebbero esser mozzate! Vedano costoro ormai se sia il caso di pensare che quelle parole del Vangelo (10) siano state pronunziate così, proprio per qualche cosa di somigliante: se la tua mano si rende colpevole e ti scandalizza, tagliala; ebbene: quali sono le mani più meritevoli d'essere recise, che quelle che inferiscono offesa al corpo del Signore?

CAPITOLO VIII.

Qualunque altra arte, che, in certo modo, abbia relazione coll'idolatria, non è permessa ai Cristiani.

Esistono generi molteplici di arti diverse; e queste, per quanto non riguardino direttamente la fabbricazione di immagini idolatre, pure incappano nella medesima colpa, perché espletano quelle diverse forme di attività, senza le quali non esisterebbero gli idoli stessi. Infatti, non c'è differenza alcuna se tu proprio li plasmi, o li abbellisci; oppure se tu innalzi per essi un tempio, un altare o una piccola cappella; non ci sarà differenza se tu tiri l'oro in foghe per indorarlo, o se tu abbia fabbricato quei simboli particolari che gli sono propri, oppure se tu gli abbia apprestato la sede. Anzi, tale forma d'attività, ha maggiore gravita, perché non è quella che dà vera e propria forma all'idolo, ma quella che gli conferisce autorità. Se pur si fa sentire prepotente il bisogno di vivere, coloro che a tali attività attendono, hanno anche altri modi, i quali, senza esorbitare dai limiti voluti dalla dottrina cristiana, possono dar loro i mezzi di sussistenza, senza bisogno di ricorrere alla fabbricazione di idoli; quello che imbianca e tinge, sa anche rimettere a nuovo le case, adornarle con stucchi, accomodare le cisterne, uguagliare le differenze che si trovano sulle muraglie e fare tanti ornamenti alle pareti; ma senza pensare ad immagini di idoli. E il pittore e lo scultore e chi lavora il bronzo e chiunque altro faccia un'arte simile, in quale vasto campo si possa esplicare la propria attività, lo conosce bene; chi infatti è capace di disegnare una figura, quanto più facilmente non potrà appianare una tavola? chi è abile a formare un simulacro di Marte da un tronco di tiglio, con quale maggior prestezza non potrà tagliare un armadio? Non è possibile che esista un'arte, che non sia madre di un'altra o che almeno non si unisca con essa in qualche modo. Nulla vi è che non abbia il suo completamento in qualche altra cosa. Tante sono le diramazioni delle arti, quanti sono i desideri e le tendenze degli uomini. Si potrebbe osservare però che corre differenza nel compenso e nel vantaggio, quindi, che uno ne può trarre; ma anche per quel che riguarda il lavoro c'è differenza: il minor compenso può venir giustificato dal fatto che frequente è il lavoro di un tal genere: quante mai saranno le pareti che si richiedono dipinte e istoriate di immagini? quanti templi o luoghi di culto s'innalzano agli idoli? senza dubbio non in gran numero; ma case... e bagni e abitazioni popolari, quante saranno mai che vengono costruite? Capita tutti i giorni di dovere indorare stivaletti e sandali, ma per Mercurio e per Serapide, non capita tutti i giorni di dar loro una lustra d'oro! Ma questo pure, si dirà, potrebbe bastare al bisogno degli artefici; in ogni modo la smania del lusso, l'ambizione, assai più di ogni credenza superstiziosa, sono fonti più copiose di guadagno: è appunto il desiderio del fasto, più assai che le credenze religiose, che farà provare il desiderio di piatti vari e molteplici e di bicchieri; ed anche in quanto a corone, è più il fasto che le richiede, di quello che non si rendano necessarie nelle cerimonie del culto. Essendo quindi noi spinti e chiamati a queste specie di manifestazioni di lavoro, esse non abbiano a che fare cogli idoli, né con tutte le cose che appartengono agli idoli, e pure ammettendo che vi siano molti punti comuni agli uomini e agli idoli, dobbiamo stare sopratutto attenti a questo, che non ci venga richiesto da qualcuno, una forma della nostra attività che noi sappiamo essere in servigio delle immagini idolatre: se noi, invece, indulgeremo a ciò e non ci serviremo di tutti quei rimedi necessari in simili contingènze, non penso che noi ci possiamo dichiarare liberi dal conta-gio dell'idolatria, dal momento che le mani nostre, in piena nostra coscienza, si trovano impiegate in onore e in servigio di potenze demoniache.

CAPITOLO IX.

In servigio di quali potenze agiscono gli indovini, gli astrologi, i maghi, se non delle potenze demoniache?

Tra le varie arti consideriamo anche certe attività che sono legate a principî idolatri. Degli astrologi non sarebbe neppur necessario spender parola; ma uno di costoro, recentemente mi ha provocato, sostenendo ostinatamente quel suo mestiere; perciò non posso far di meno di dir due parole; non importa che dica come l'astrologia onori gli idoli; essa fissò nel cielo i loro nomi e a loro attribuì tutta la potenza di Dio; per ciò gli uomini non credono che si debba aver considerazione alcuna della divinità, dal momento che pensano che noi siamo governati secondo l'immutabile influsso degli astri; sarà una cosa sola quella che io dirò: come quelle presunte forze divine siano appunto gli angeli ribelli, amanti di donne, e quelli che erano ragione prima e creatori di queste fole, fossero perciò condannati da Dio. O divina condanna, che fa sentire il suo valore anche sulla terra e alla quale anche gli ignoranti danno appoggio e sostegno e ne testimoniano la giustezza! Gii astrologi sono infatti tenuti lontani, come pure i simboli che costoro riconoscono per divinità. Roma e l'Italia è vietata agli astrologi, come il cielo è chiuso per gli angeli riconosciuti da loro: maestri e discepoli sono puniti coll'esilio: ugual castigo per entrambi. Si potrebbe osservare: ma i magi e gli astrologi sono venuti d'Oriente: oh, la conosciamo bene la relazione fra magia e astrologia: gli interpreti degli astri furon bene i primi che annunziarono che era nato il Signore, e primi fecero a lui offerta di doni; vuol dire dunque, io dovrei pensare, che proprio a questo titolo si stringessero e si obbligassero a Cristo? (11) Ma che! e allora la scienza dei Magi potrebbe in tal modo servire di difesa agli astrologi? evidentemente è da Cristo che si parte la dottrina astrologica oggi, è della stella di Cristo oggi che l'astrologia parla, non di quella di Saturno e di Marte e di altre simili divinità, reputate tali dopo la morte. Quella dottrina fu in certo modo riconosciuta fino al Vangelo, perché appunto dopo la nascita di Cristo nessuno più si arrogasse d'interpetrare la nascita di qualcuno dall'osservazione degli astri. Ed anche l'incenso, la mirra e gli ori furono offerti al piccolo fanciullo che era il Signore, quasi che con tali cerimonie si ponesse termine ai sacrifici e ad ogni manifestazione di culto profano che appunto Cristo era per distruggere. E quello che agli stessi Magi, certamente per volontà divina, fu suggerito in sogno, che cioè, tornassero nelle case loro, non per la strada per la quale erano venuti, ma per un'altra, significava che non seguissero più oltre quella credenza e la loro setta; non fu mica perché Erode non li perseguitasse: costui infatti non lì fece oggetto di persecuzione, pur ignorando che essi avessero preso una strada diversa nel ritorno, come del resto non conosceva la via da loro percorsa nell'andata: noi dobbiamo capire che fu indicata una strada e una disciplina rigida e pura e che da allora dovettero quindi procedere per altra via. Ci fu poi un'altra manifestazione di magia, che si rivelava nell'operar miracoli e che cercò di agire anche contro Mosè: ebbene da Dio fu tollerata pazientemente fino all'Evangelo: ma quando in un tempo posteriore, Simon Mago (12) già ormai cristiano, cercava ancora qualcosa che sapeva di ciurmerla e d'inganno, così che fra i prodigi della professione, sua, intendeva quasi di far traffico volgare dello Spirito Santo, coll'imposizione delle mani, fu maledetto dagli Apostoli e fu allontanato da ogni principio e carattere di fede. L'altro mago (13) che era con Sergio Paolo, poiché contradiceva agli stessi Apostoli, fu punito colla perdita della vista. Se gli astrologi si fossero imbattuti negli Apostoli sarebbe loro certamente capitato lo stesso. Così, quando si punisce la magia, anche Pa-strologia che è della stessa natura, viene di conseguenza ad essere condannata egualmente. Dopo la predicazione Evangelica, non potrai dire di trovare né sofisti, né Caldei, né incantatori, né indovini, né maghi, se non soggetti esplicitamente a condanna (14). Dov'è ora un saggio, un letterato, un indovino di questa natura? Iddio ha fatta sua la sapienza di questo nostro mondo: e che sapevi tu, o astrologo, se non capivi che tu avresti dovuto abbracciare la dottrina del Signore? E se tu l'avessi saputo, non avrebbe dovuto esserti ignoto che coll'attività tua, tu non potevi aver più nulla di comune. La stessa scienza astrologica, coll'esperienza che da essa deriva, avrebbe dovuto avvertirti del pericolo che correvi, dal momento che rendeva gli altri edotti di periodi critici e dubbiosi. Fra te e i Cristiani non ci può essere relazione alcuna: non può concepire speranza di ottenere il regno dei cieli, colui che questo cielo intende sottoporlo a calcoli che si possano compiere meccanicamente coll'aiuto delle dita o di strumenti matematici.
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