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Come si affermano razzismo ed eugenetica ?

Ultimo Aggiornamento: 22/03/2014 11:16
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22/03/2014 11:12
 
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3. DARWINISMO E RAZZISMO


Nel 1800, dal preambolo illuminista, si sviluppò quello che gli storici chiamano il «razzismo scientifico», una visione scientifica sviluppatasi in Europa e nelle Americhe in ambienti universitari, basata su studi antropologici e comportamentali mescolati a teorie derivanti da particolari rami della criminologia, sociologia, biologia, medicina e genetica. Inoltre, la strumentalizzazione da parte dei positivisti atei della teoria evoluzionistica di Darwin, nel tentativo di screditare la visione cristiana e biblica dell’uomo come creatura unica ed irripetibile, produsse crimini disumani, troppo spesso dimenticati. Lo ammette il genetista darwinista e divulgatore scientificoEdoardo Boncinelli«Un certo modo di vedere l’evoluzione è stato alla base di alcune delle teorie più aberranti sul presente e sul futuro della specie umana e sulla struttura dell’umanità in razze e strati sociali» (E. Bonicelli, Le forme della vita, Einaudi 2006, pag. 165). Calando totalmente l’uomo nella natura animale, misconoscendogli qualsiasi altra natura, cioè spirituale, riducendolo alla biologia e alla genetica, per la cultura atea, scientista e positivista, divenne inevitabile connettere ogni differenza tra popoli a superiorità o inferiorità di tipo biologico.



 


CHARLES DARWIN. Alla genesi di questa cultura, in piena continuità con le speculazioni illuministiche, contribuirono, volenti o nolenti, anche uomini come lo stesso Darwin e Thomas Huxley. Nonostante i suoi grandi e meritati elogi per la teoria darwinistica, Charles Darwin (1809-1882) è anche riconosciuto come uno dei primi teorici del razzismo moderno. Vissuto nel secolo dell’esplosione atea, anch’egli era imbevuto di credenze materialistiche tanto da essere convinto che l’intelligenza maturata nel riflettere sull’evoluzione aveva modificato la forma del suo stesso cranio:«E’ probabile che il mio cervello si sia sviluppato proprio nel corso delle ricerche compiute durante il viaggio: lo dimostra un’osservazione di mio padre, quando la prima volta che mi vide dopo il viaggio, si volse alle mie sorelle ed esclamò: “Guardate, gli è cambiata la forma della testa” (C. Darwin, Autobiografia, Einaudi 2006). Oltre a queste schiocchezze, scrisse anche di peggio: «Si crede generalmente che la donna superi l’uomo nell’imitazione, nel rapido apprendimento e forse nell’intuizione, ma almeno alcune di tali facoltà sono caratteristiche delle razze inferiori e quindi di un più basso e ormai tramontato grado di civiltà. La distinzione principale nei poteri mentali dei due sessi è costituita dal fatto che l’uomo giunge più avanti della donna, qualunque azione intraprenda, sia che essa richieda un pensiero profondo, o ragione, immaginazione o semplicemente l’uso delle mani e dei sensi [...]. In questo modo alla fine l’uomo è divenuto superiore alla donna» (C. Darwin, L’origine dell’uomo, Newton 1994, pag. 936, 937). A conferma di ciò, Darwin citava una frase del materialista ateo Carl Vogt (1817-1895): «E’ una circostanza notevole che la differenza tra i due sessi per quanto riguarda la cavità cranica, aumenti con lo sviluppo della razza, così che il maschio europeo supera la femmina più di quanto un negro non superi la negra».


Difficile davvero pensare che Darwin sia stato solamente strumentalizzato in chiave razzista, perché lui stesso mostrò di essere apertamente favorevole all’eugenetica: «Noi uomini civilizzati facciamo di tutto per arrestare il processo di eliminazione: costruiamo asili per i pazzi, storpi e malati; istituiamo leggi per i poveri e i nostri medici esercitano al massimo la loro abilità per salvare la vita di chiunque all’ultimo momento. Vi è motivo per credere che la vaccinazione abbia salvato un gran numero di quelli che per la loro debole costituzione un tempo non avrebbero retto il vaiolo. Così i membri deboli delle società civilizzate propagano il loro genere. Nessuno di quelli che si sono dedicati all’allevamento degli animali domestici dubiterà che questo può essere altamente pericoloso per la razza umana [...]. Dobbiamo quindi sopportare l’effetto indubbiamente cattivo, del fatto che i deboli sopravvivano e propaghino il loro genere, ma si dovrebbe almeno arrestarne l’azione costante, impedendo ai membri più deboli e inferiori di sposarsi liberamente come i sani» (C. Darwin, L’origine dell’uomo, Newton 1994, pag. 628). Il naturalista chiudeva così una delle sue opere di maggior successo, “L’origine dell’uomo”: «I più poveri e negligenti, che sono spesso degradati dal vizio, quasi invariabilmente si sposano per primi, mentre i prudenti e i frugali, si sposano in tarda età. L’irlandese imprevidente, squallido, senza ambizioni, si moltiplica come i conigli; lo scozzese frugale, previdente, pieno di autorispetto [...] trascorre i suoi migliori anni nella lotta e nel celibato [...]. Nell’eterna lotta per l’esistenza è la razza inferiore e meno favorita che ha prevalso e non ad opera delle sue buone qualità ma dei suoi difetti» (C. Darwin, L’origine dell’uomo, Newton 1994, pag. 631).


Lo storico della scienza André Pichot ha affermato che «Darwin sembra essere in buon accordo con suo cugino Galton, e se non ha parlato propriamente di eugenetica è stato verosimilmente perché l’eugenetica è stata teorizzata dopo la sua morte» (citato in C. Fuschetto, Fabbricare l’uomo, Armando 2004), tuttavia -ha proseguito a sua volta il bioeticistaCristian Fuschetto«quando anche Galton cominciò a occuparsi (più sistematicamente e approfonditamente di lui) di questi problemi, di riferimenti e concessioni all’opera galtoniana ce ne furono di espliciti [...]. L’affinità tra Galton e Darwin emerge chiaramente anche da una lettera che il grande naturalista scrive al cugino in risposta alla richiesta di un parere su Jereditary Genius, dove Galton (in ossequio al dogma sociobiologico) pensa di aver dimostrato l’ereditarietà delle facoltà mentali: “Non credo di aver mai letto in tutta la mia vita qualcosa di più interessante e originale [...] mi congratulo con te e ti esorto a continuare il tuo lavoro, convinto che sarà memorabile”» (C. Fuschetto, Fabbricare l’uomo, Armando 2004. pp 32-51). Anche per il grande storico del razzismo, Léon Poliakov«la divisione del genere umano in razze inferiori e razze superiori era per Darwin un fatto incontestabile» (citato in F. Agnoli, Perché non possiamo essere atei”, Piemme 2009, pag. 206).


Come ha spiegato lo scrittore e saggista Francesco Agnoli«affermare una certa somiglianza e alcune contiguità tra determinate posizioni di Darwin e l’eugenetica non vuol certamente dire buttare a mare le intuizioni che vi furono nella sua speculazione di naturalista, quanto notare come i cedimenti di Dartwin a un pensiero materialista, ideologico e non scientifico, in certi momenti, lo portarono a non riconoscere l’unicità dell’uomo [...]. L’errore di fondo sta nella volontà di Darwin, in alcuni momenti della sua vita, di identificare tutto l’uomo (si badi bene, tutto) nella sua animalità,dimenticando l’altra dimensione, non animale, e cioè l’esistenza dell’anima, e riducendo così l’idea di Dio, il senso morale, la capacità di astrazione, la libertà, la volontà a facoltà sì umane, ma anche, e solo in minor grado, animali», dunque «rinchiudere il mistero dell’uomo nella sua teoria, che può al massimo spiegare l’origine fisica, essa sì animale, dell’uomo, ma non certo la sua totalità, la sua essenza spirituale» (F. Agnoli, Perché non possiamo essere atei, Piemme 2009, pag. 207)



 


THOMAS HUXLEY. Dal canto suo Thomas Huxley (1825-1895), il cosiddetto “mastino di Darwin”, affermava: «Nessun uomo razionale, che abbia cognizione dei fatti, crede che l’uomo negro medio sia uguale o meno che mai superiore all’uomo bianco. Se questo è vero, non è assolutamente credibile che, quando siano stati eliminati tutti i suoi svantaggi e ottenute le condizioni di parità senza più oppressori, il nostro prognato parente possa competere con il suo rivale dal cervello più grande e dalle mascelle meno pronunciate. I gradi più alti di civiltà non saranno mai alla portata dei nostri cugini di pelle scura» (citato in R. Dawkins, The God Delusion, Bantahm Books 2006, pag. 263)



 


ALFRED RUSSEL WALLACE. Al contrario, il diretto collega di Darwin,Alfred Russel Wallace (1823-1913), co-scopritore della teoria evoluzionistica basata sulla selezione naturale, non si volle mai rassegnare all’idea che l’uomo fosse una semplice evoluzione della bestia, e affermò la superiorità dello spirito sulla materia, ammettendo l’esistenza di un Dio trascendente: «Un’intelligenza superiore ha guidato lo sviluppo dell’uomo in una direzione definita e per uno scopo speciale, proprio come l’uomo guida lo sviluppo di molte forme animali e vegetali» (citato in G. Scarpelli, Il cranio di cristallo, Bollati Boringhieri 1993). Nel 1912 arrivò addirittura a condannare l’eugenetica originata dalla cultura ateistica, ritenendola «null’altro che l’invadente interferenza di un’arrogante casta scientifica» (citato in J. Watson, Dna, il segreto della vita, Adelphi 2004, pag. 33-45). Fu questa sua posizione teistica e non riduzionista a permettergli di non cadere nel razzismo e nell’eugenetica, a differenza di moltissimi evoluzionisti materialisti.



 


ERNST HAECKEL. Diversamente da Wallace la pensava certamente lo zoologo Ernst Haeckel, (1834-1919) ateo, materialista, amico personale di Darwin, fondatore del termine “ecologia” e membro nel 1905 della“Società internazionale dell’igiene razziale” («destinata a promuovere la qualità della razza bianca», come spiega L. Poliakov in Il mito ariano, pag. 337). Haeckel, secondo lo storico della scienza Federico Di Trocchio, riteneva il darwinismo la negazione «del vecchio dogma dell’immortalità dell’anima personale» (F. Di Trocchio, Le bugie della scienza, Mondadori 1993, pag. 254,256), fondò nel 1897 la Monist League, una organizzazionededicata ad diffondere l’anima del Darwinismo e combattere l’influenza del cristianesimo, si spese anche per la legalizzazione dell’eutanasia, l’assassinio dei vecchi e dei malati, “inutili” alla società. Haeckel sosteneva lasuperiorità della razza indogermanica, perché -scrisse- «grazie ai cervelli più sviluppati erano destinati a trionfare sulle altre razze e nella lotta per la sopravvivenza» e a «stendere le reti del loro dominio su tutto il mondo». Tuttavia, per raggiungere tale egemonia occorrevano misure di selezione artificiale e il modello era soprattutto quello dell’antica Sparta dove i neonati venivano sottoposti a rigorosi esami fisici e a un processo selettivo prima di essere accetati. In un libro intitolato L’enigma della vita, pubblicato nel 1904, auspica esplicitamente la soppressione di ammalati e invalidi:«Che vantaggio trae l’umanità dalle migliaia di disgraziati che ogni anno vengono al mondo, dai sordi e dai muti. Dagli idioti e dagli affetti da malattie ereditarie incurabili, tenuti in vita artificialmente fino a raggiungere l’età adulta? [...] Quale immenso grumo di sofferenza e dolore tale squallore comporta per gli stessi sfortunati malati, quale incalcolabile somma di preoccupazione e dolore per le loro famiglie, quale perdita in termini di risorse private e costi per lo Stato a scapito dei sani! Quante sofferenze e quante di queste perdite potrebbero venire evitate se si decidesse finalmente di liberare i totalmente incurabili dalle loro indescrivibili sofferenze con una dose di morfina». Haeckel affermò che il suo materialismo monista era “la vera religione”, che l’universo è in qualche modo una unità di materia fisica e che tutte le cose psicologiche e spirituali sono radicate e fondate nella materia. Spiegò ad esempio che «L’uomo non si distingue [dagli animali] per un particolare tipo di anima, o da qualsiasi particolare ed esclusiva funzione psichica, ma solo da un maggior grado di attività psichica, uno stadio superiore di sviluppo».



 


CESARE LOMBROSO E ENRICO FERRI. Il già citato socialista ateoCesare Lombroso (1835-1909), padre dell’antropologia criminale,riteneva invece che i criminali fossero espressioni di regressioni evolutive, tipi somigliante al “negroide” o al “mongolico”, in cui determinate conformazioni del cranio e del corpo avrebbero determinato l’onestà o meno di una persona. Il suo figlioccio più noto, Enrico Ferri (1856-1929), ateo, senatore di estrema sinistra e darwinista convinto, negava l’esistenza del libero arbitrio e sosteneva che il delinquente giungesse al delitto necessariamente spinto da causa antropologiche, fisiche e sociali, cioè dalle caratteristiche genetiche di cui era schiavo. Sosteneva anche la teoria del “tipo napoletano”, cioè l’idea che il popolo meridionale avesse un’iinata propensione a delinquere a causa di un’inferiorità biologica atavica, da qui l’idea di non mescolare le razze del Nord con quelle del Sud (A. Gaspari, Da Malthus al razzismo verde, XXI Secolo 2000, pag. 94,95)



 


FRANCIS GALTON E IL DARWINISMO SOCIALE. Il grande evoluzionistaStephen Jay Gould (1941-2002) ha raccontato in alcuni suoi saggi del famoso “processo alla scimmia” del 1925 contro John Scopes (che in realtà stava sostituendo il collega biologo, essendo lui un’insegnante di ginnastica), reo di aver esposto il darwinismo ai suoi alunni di una scuola del Tennessee (Stati Uniti). Gould spiega che il divieto di insegnamento della teoria darwinistica era dovuto al fatto che biologi, etologi e filosofi della natura, uscendo dal terreno scientifico, sostenevano una “visione marziale” del darwinismo, un’idea razzista dell’umanità, divisa tra superiori e inferiori, in nome della selezione del più forte, dello scontro inevitabile tra le nazioni, dell’animalità inevitabilmente aggressiva degli uomini. Questa era la modalità di esporre le teorie di Darwin nei libri di testo scolastici, politici e militari, come -scrive Gould- «la piena giustificazione della guerra e di progetti altamente organizzati di politica nazionale in cui la dottrina della forza divenne la dottrina del diritto» (S.J. Gould, Risplendi grande lucciola, Feltrinelli 2006, pag. 186). E’ ciò che verrà chiamato darwinismo sociale, cioè il desumere comportamenti morali dalla teoria darwinistica. Sopratutto in Germania, ma anche in America, si cercava di veicolare, attraveso l’evoluzionismo, un concetto non scientifico come il determinismo biologico. Propio nel libro adottato da Scopes, “A civic biology”, di G.W. Hunter (1914), è contenuta «l’affermazione a chiare lettere che la scienza possiede la risposta morale a questioni sul ritardo mentale o sulla povertà sociale». Gould spiega che nel testo scolastico si proponeva l’idea di impedire il matrimonio, attraverso la sterilizzazione o segregazione, di quanti potevano essere considerati «parassiti della società», a causa di una tendenza innata, genetica ed ereditaria alla povertà, al crimine, al vagabondaggio (S.J. Gould, Risplendi grande lucciola, Feltrinelli 2006, pag. 189). Sul cosiddetto “processo alla scimmia” ha parlato anche il biologoEnzo Pennetta, confutando l’interpretazione che generalmente viene fatta su di esso.


Il culmine comunque lo toccò Francis Galton (1822-1911), cugino di Darwin, ateo e fondatore dell’eugenetica moderna, per la quale tutto ciò che un uomo è, è determinato dai suoi geni, che decidono anche del suo essere ricco o povero, onesto o meno. L’eugenetica nasce dall’antico sogno ateistico di creare un’umanità perfetta, assolutamente sana e senza macchia, che non abbisogni di un Dio Salvatore e di una Redenzione. Galton fu il primo a proporre con una certa sistematicità e con un notevole seguito l’idea di matrimoni selettivi, di segregazione dei disgenici, di sterilizzazione di barboni, poveri, malati, idioti, persone assai genericamente “inferiori, allo scopo di impedirne la procreazione, per migliorare la razza. Tutto divenne spigabile con l’ereditarietà e il criterio di discriminazione proposto da Galotn per identificare “adatti” e “inadatti” fu l’integrazione sociale, o più in breve, il successo, con la conseguenza inevitabile di una visione “classista” per cui poveri, emarginati, alcolizzati, spesso immigrati italiani o irlandesi, o neri, vennero catalogati tra gli “inadatti”, tra le persone da isolare, da controllare, da sterilizzare affinché il loro patrimonio genetico non si diffondesse. Galton negò il peccato originale come categoria teologica riproponendolo in chiave deterministica, come una problematicità biologica da eliminare in vista di una meritocrazia biologica, un’idea fortemente atea, materialista e determinista. Cristian Fuschetto, dell’Istituto Italiano di Bioetica, ha spiegato che «Galton trovò nell’eugenetica un sostituto scientifico dell’ortodossia clericale, una sorta di fede secolarizzata, capace di avverare concretamente il sogno di un miglioramento del genere umano» (C. Fuschetto, Fabbricare l’uomo, Armando 2004, pag. 47).


Galton divenne uno dei massimi intelletti del suo tempo e raggiunse il vertice della sua fama al Primo Congresso Internazionale di Eugenetica nel 1912, allorché divenne un vero scienziato-vate: le riviste più prestigiose da “Nature” al “Times” si contendevano i suoi articoli, le sue disquisizioni sulla necessità di sostituire il vecchio libero arbitrio col più aggiornato determinismo. Nel 1902 ricevette la “Darwin Medal of the Royal Society”; nel 1908 partecipò alla “Darwin-Wallace Celebration” della Linean Society, e nel 1910, per i suoi scritti sull’eugenetica, ottenne la“Copley Medal of the Royal Society” che però, a causa della sua salute inferma, fu ritirata per suo conto da sir George Darwin, figlio del padre Charles ed eugenista convinto, come del resto anche Leonard Darwin, anch’egli figlio del celebre naturalista e presidente della britannica Eugenics Education Society (F. Agnoli, Perché non possiamo essere atei, Piemme 2009, pag. 208). Le teorie di Galton vennero attuate con sistematicità e scientificità negli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento, prima di essere riprese da Hitler per il suo programma eutanasico. 


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