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PROTREPTICO AI GRECI di Clemente Alessandrino

Ultimo Aggiornamento: 07/03/2014 16:02
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07/03/2014 16:02
 
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CAPITOLO 12

Fuggiamo dunque la consuetudine, fuggiamola come pericoloso promontorio o come la minaccia di Cariddi o le mitiche Sirene: la consuetudine soffoca l'uomo, lo allontana dalla verità, lo conduce fuori della vita, È un laccio, È un baratro, È una fossa, È una rete funesta: Lungi da questo fumo e da questo flutto trattieni la nave... Fuggiamo, o compagni di navigazione, fuggiamo questo flutto. Esso erutta fuoco; v'è un'isola maligna, piena di ossa e di cadaveri ammucchiati; canta in essa una piccola meretrice nel fiore degli anni - la voluttà - dilettandosi di una musica volgare. O degli Achei gran vanto, qua vieni Ulisse famoso, ferma la nave e ascolta un più divino canto. La meretrice ti loda, o navigante, e ti dice celebrato nei canti, e cerca di far sua la gloria degli Elleni. Lascia che essa si pasca dei cadaveri. Uno spirito celeste viene a recarti aiuto. Passa oltre alla voluttà; essa inganna. NÉ donna dall'abito ai clunei aderente ti inganni la mente ciarlando con blande parole, mentre ricerca il tuo nido. Naviga oltre il canto; esso produce la morte. Solo che tu voglia, hai vinto la rovina; e, legato al legno della nave, sarai libero da ogni corruzione. Sarà tuo pilota il Verbo di Dio, e lo Spirito Santo ti farà approdare ai porti dei cieli. Allora contemplerai il mio Dio, e sarai iniziato a quei santi misteri e godrai di quelle cose che sono nascoste nei cieli, a me riservate, " le quali né orecchio udì né pervennero al cuore " di alcuno. Ed a me sembra di veder due soli e due cittd di Tebe, diceva un tale a cui il furore bacchico faceva vedere dei fantasmi, ebbro di pretta ignoranza. Io sento compassione di lui, che È in stato di ubbriachezza, e vorrei richiamarlo, lui che È in tale stato di dissennatezza, alla sobria salute, giacché il Signore gradisce il pentimento, e non la morte del peccatore. Vieni, o insano, non appoggiato al tirso, non redimito di edera; getta via la mitra, getta via la nebride, torna in senno: ti mostrerò il Verbo e i misteri del Verbo, descrivendoli a somiglianza dei tuoi misteri. Questo È il monte amato da Dio, non teatro di storie atroci come il Citerone, ma consacrato ai drammi della verità: un monte sobrio, ombroso di sante selve; baccheggiano in esso, non le sorelle di Semele, la " colpita dal fulmine ", le Menadi, le iniziate all'abominevole distribuzione di carni crude, ma le figlie di Dio, le belle agnelle, che celebrano i venerandi riti del Verbo, riunendo un coro sobrio. Il coro È formato dei giusti, e il loro canto È un inno al re dell'universo. Toccano le cetre le fanciulle, cantano a gloria gli angeli, parlano i profeti, si leva un suono di musica; seguono di corsa il tiaso, si affrettano quelli che sono stati chiamati, desiderando ricevere il Padre. Vieni a me, o vecchio, anche tu; lascia Tebe, e metti da parte la tua arte profetica e l'insania bacchica, e làsciati guidare dalla mia mano verso la verità. Ecco, io ti dò il legno per appoggiarti. AffrÈttati, Tiresia, abbi fede, riavrai la vista. Cristo, per il quale gli occhi dei ciechi tornano a vedere, splende su di te più luminosamente del sole. La notte fuggirà da te, il fuoco avrà paura di te, la morte andrà via da te. Vedrai i cieli, o vecchio, tu che non riesci a vedere Tebe. O i misteri veramente santi! o luce pura! Alla luce delle fiaccole contemplo i cieli e Dio, divengo santo per mezzo della iniziazione, fa da ierofante il Signore e segna col suo sigillo il myste illuminandolo, e Poiché questi ha creduto, lo consegna al Padre perché sia custodito in eterno. Questi sono i baccanali dei miei misteri! Se vuoi, anche tu fatti iniziato, e danzerai insieme con gli Angeli intorno all'ingenerato e imperituro e solo veramente Dio, cantando l'inno insieme con noi il Verbo di Dio. Questo Gesù, immortale, unico grande pontefice dell'unico Dio, che È anche Padre, prega per gli uomini ed esorta gli uomini: " Udite, voi genti innumerevoli ", o piuttosto quanti tra gli uomini siete dotati di ragione, e barbari ed Elleni; io invoco tutta la stirpe degli uomini dei quali sono il creatore per volontà del Padre. Venite a me per essere ordinati sotto un solo Dio e sotto il solo Verbo di Dio; e non superate gli animali privi di ragione soltanto per la ragione, ma fra tutti i mortali a voi soli io concedo di godere dell'immortalità. Voglio infatti, voglio rendervi partecipi anche di questa grazia, dandovi nella sua interezza il beneficio, l'incorruttibilità. E vi largisco il Verbo, la conoscenza di Dio, me stesso intero vi largisco. Questo sono io, questo vuole Dio, questo È la concordia, questo È l'armonia del Padre, questo È il Figlio, questo È Cristo, questo È il Verbo di Dio, braccio del Signore, potenza dell'universo, la volontà del Padre. O voi tutte immagini, ma non tutte somiglianti al vostro modello, io voglio correggervi secondo l'archetipo affinché diventiate anche simili a me. Vi ungerò con l'unguento della fede, per mezzo del quale scacciate la corruttibilità, e vi mostrerò nella sua nudità la figura della giustizia, per mezzo di cui salite a Dio. " Venite a me, tutti voi che siete stanchi e oppressi dal carico, ed io vi farò riposare; portate il mio giogo su di voi e apprendete da me che io sono mite e umile di cuore, e troverete riposo alle vostre anime. Giacché il mio giogo È buono e il mio carico lieve " Affrettiamoci, corriamo, immagini del Verbo amate da Dio e fatte a sua somiglianza; affrettiamoci, corriamo, solleviamo il suo giogo, sottoponiamoci al giogo della incorruttibilità, amiamo Cristo, il buon auriga degli uomini. Egli condusse sotto lo stesso giogo l'asino giovane insieme col vecchio; e avendo aggiogato insieme la coppia degli uomini dirige il carro verso l'immortalità, affrettandosi verso Dio per compiere chiaramente ciò a cui aveva alluso oscuramente, prima dirigendosi verso Gerusalemme, ed ora verso i cieli, bellissimo spettacolo per il Padre, il Figlio immortale che torna vittorioso! Cerchiamo perciò di essere pieni di ardore per ciò che È bello, e uomini cari a Dio; e cerchiamo di acquistarci i più grandi dei beni, cioè Dio e la vita. Il Verbo È il nostro soccorritore: confidiamo in lui e non ci venga mai tanto desiderio Né di argento e d'oro Né di gloria, quanto dello stesso Verbo della verità. Non È infatti, non È cosa grata a Dio stesso, se noi facciamo pochissimo conto delle cose che sono di grandissimo valore, e facciamo maggior conto invece degli evidenti eccessi di ignoranza, di inintelligenza, di indifferenza, di idolatria, che costituiscono l'estrema empietà. Non a torto dunque i figli dei filosofi credono che gli stolti in tutto ciò che fanno agiscano in modo empio e nefando; e quando inoltre pongono la stessa ignoranza tra le forme di follia, null'altro fanno se non riconoscere che la maggior parte degli uomini sono pazzi. La ragione dimostra che non vi È dubbio quale delle due cose sia migliore, essere savi o pazzi. Bisogna dunque che noi, tenendoci stretti alla verità con tutte le nostre forze, seguiamo, nella nostra saggezza, Dio, e consideriamo sue tutte le cose, come in realtà esse sono; e, inoltre, bisogna che noi, sapendo di essere la più bella delle sue possessioni, ci affidiamo a Dio, amando il Signore Dio e considerando questo come còmpito nostro per tutta la vita. E se " le cose degli amici sono comuni ", e l'uomo È amico di Dio (giacché amico a Dio egli È certamente attraverso la mediazione del Verbo) tutte le cose sono allora dell'uomo, perché tutte le cose sono di Dio, e sono comuni ad ambedue gli amici tutte le cose, a Dio cioè ed all'uomo. È tempo dunque per noi di dire pio soltanto il cristiano, e ricco e saggio e nobile, e perciò immagine di Dio fatta a sua somiglianza, e di dirlo e di crederlo divenuto "giusto e santo con intelligenza" per opera di Cristo Gesù, e, nella stessa misura, anche simile, ormai, a Dio. Certo, non nasconde questa grazia il Profeta, quando dice: "Io dissi che siete dei e figli dell'Altissimo tutti". Noi infatti, noi Egli ha adottato, e di noi soli vuole essere chiamato padre, non di quelli che non gli ubbidiscono. Ordunque la condizione nostra, dei seguaci di Cristo, È, a un dipresso, questa: quali sono i consigli, tali anche i nostri discorsi, quali i discorsi, tali anche le azioni, e quali le opere tale la vita. Buona È tutta la vita degli uomini che hanno conosciuto Cristo. Basta, io credo, quello che ho detto; e forse mi sono spinto troppo lontano, mosso dal mio amore per gli uomini, nell'effondere ciò che avevo da Dio, trattandosi di esortare gli uomini al massimo dei beni, cioè alla salvezza. Quando si parla della vita che non ha mai fine, non vogliono infatti neppure i discorsi finir mai di rivelarne i misteri. Ma a voi resta ancora questo ultimo gesto, cioè di scegliere ciò che È utile a voi, o il giudizio o la grazia. Quanto a me, io credo che neppure sia il caso di dubitare quale delle due cose sia migliore: Né infatti È lecito confrontare la vita con la perdizione.

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