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IL LAICISMO

Ultimo Aggiornamento: 26/02/2014 14:17
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26/02/2014 14:16
 
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Il laicismo nel mondo cattolico

11. Ma le nostre considerazioni non possono fermarsi qui. Non sarebbe sufficientemente illuminato il quadro, se non venisse chiarito un altro problema: il pericolo che l'idea laicista s'infiltri insensibilmente anche tra le file del clero e del laicato cattolico. L'errore è così radicato nel clima culturale e sociale, che noi continuamente respiriamo, da rappresentare un'insidia non irreale anche per queste anime che dovrebbero esserne immuni.
Nel laicato cattolico la mentalità laicista può dar luogo a facili tentazioni, di cui enumeriamo le principali:

a) tendenza, in nome di una ormai raggiunta maggiore età, a sottrarsi all'influenza ed alla guida della gerarchia e del clero, nella persuasione che solo così il laicato possa acquistare piena consapevolezza e completa cittadinanza nella società religiosa, come in quella civile;

b) la tendenza a rivendicare una totale indipendenza dalla Chiesa nella sfera del "profano", non rendendosi conto come, dietro gli aspetti tecnici e contingenti dei problemi temporali, tante volte si agitano questioni di principio, su cui la dottrina cattolica non può rifiutare di pronunziarsi;

c) la tendenza a sottovalutare o a mettere in dubbio la capacità del messaggio cristiano a risolvere i problemi sociali del mondo d'oggi, perché la Chiesa avrebbe una visione troppo trascendente dei problemi umani; perché la sua attività magisteriale si fermerebbe solo alla enunciazione di principi generici; perché essa, nella necessità di mediare fra le forze destinate al declino e quelle che si affacciano all'orizzonte, mancherebbe di coraggio e di audacia nell'affrontare la ruvida realtà di questo mondo in drammatica evoluzione;

d) la tendenza a scivolare sul piano inclinato di un sottile naturalismo, svalutando l'azione magisteriale e sacramentale della Chiesa in ordine all'umano progresso e dando la precedenza, se non l'esclusività, a mezzi terreni; accettando - in forma più o meno palese - i metodi e lo stile degli avversari, puntando l'attenzione sul successo immediato, dando eccessivo peso alle manifestazioni di massa e al plauso dell'opinione pubblica;

e) la tendenza a indulgere a forme di amara polemica interna e a preoccuparsi più dell'apertura verso il mondo esterno che della fraterna carità e dell'unità di spirito con coloro che - nonostante inevitabili deficienze e lacune lavorano e soffrono al proprio fianco;

f) la tendenza ad opporre la Chiesa carismatica alla Chiesa gerarchica, le interiori ispirazioni del cuore all'ordine esterno della disciplina, nella persuasione che sia doveroso scindere le espressioni visibili del cristianesimo da quella che è la sua sostanza profonda soprannaturale; che basti per tutto la carità, fuori di ogni impalcatura giuridica;

g) la tendenza ad equiparare il laico al sacerdote, affermando una insostituibile complementarità e parallelismo di funzioni e di poteri, e attenuando, fino quasi a distruggerla, la differenza che esiste fra il sacerdozio generico che possiede ogni cristiano - in quanto membro del corpo mistico di Cristo sommo sacerdote - e il sacerdozio propriamente detto, fondato sul carattere sacramentale ricevuto nell'ordinazione.

Influssi protestantici e altre cause

12. Le cause di queste facili tentazioni, in cui può cadere il laicato cattolico, sono diverse e i canali di derivazione molteplici. Accenniamo alle principali di queste cause:

a)la carenza di cultura teologica, soprattutto circa il mistero della Chiesa, la natura di essa, i suoi poteri, i suoi rapporti esterni e interni. Per molti nostri laici le conoscenze teologiche sono scarse, disorganiche e confuse, sommerse in una cultura profana a tinta laicista (purtroppo l'istruzione scolastica, nel nostro paese, si svolge ancora in un clima prevalentemente laicista);

b) l'influsso della stampa, il cui orientamento è decisamente o almeno tendenzialmente laicista. In questa chiave la stampa interpreta abitualmente, pur se conserva l'ossequio formale alla religione, la presenza della Chiesa nel mondo d'oggi, il modo di porsi dei rapporti fra Chiesa e Stato, l'azione dei cattolici, la complessità dei problemi morali che emergono all'attenzione dell'opinione pubblica o magari con la buona intenzione di voler conoscere la critica avversaria per combatterla più efficacemente. Di fatto però finiscono per assorbirne lentamente il veleno;

c) l'influsso d'una certa letteratura religiosa d'avanguardia, soprattutto d'oltralpe, in cui un'inquietudine costituzionale s'accompagna alle più spericolate audacie di pensiero e si plaude senza riserve ad ogni esperimento d'apostolato che esca fuori dagli schemi tradizionali, nella convinzione che soltanto così si apra la strada a metodi validi per riprendere i contatti perduti col mondo;

d) l'influsso del protestantesimo, sia nella propaganda ripresa con vigore in non poche città e regioni, sia nella diffusione attraverso riviste delle nuove dottrine teologiche, sia nei movimenti a carattere spiritualista (ad esempio, il Movimento di Craux), sia nella letteratura e nella produzione cinematografica e teatrale;

e) l'influsso della concezione democratica, che porta qualcuno a voler applicare indebitamente alla Chiesa gli schemi della sociologia umana, quasi che la determinazione della verità religiosa e l'esercizio dei poteri sacri dovessero essere sottoposti al consenso del laicato e al gioco delle maggioranze e delle minoranze;

f) la sopravvalutazione dell'azione del laicato, quasi in contrasto con l'opera forse non sempre altrettanto brillante sul piano esteriore, del sacerdote; la facilità ad interpretare - soprattutto in ambienti giovanili - semplici e schiette parole di approvazione da parte della gerarchia come una specie d'investitura suprema per ritenersi i salvatori della situazione, i detentori di carismi speciali, fino a giungere talvolta, sotto la spinta dell'orgoglio, dell'adulazione degli amici, degli applausi della folla, dei consensi taciti di qualche incauto maestro, ad assumere atteggiamenti d'insofferenza per ogni disciplina;

g) le carenze di qualche membro del clero, il cui atteggiamento - di esasperato autoritarismo e di sfiducia nei riguardi del laicato, di chiusura mentale e grettezza di fronte ai problemi odierni dell'apostolato e della vita sociale, di non saggia prudenza e di poca misura nel proprio doveroso intervento sul piano politico - può determinare dolorose situazioni d'incomprensione reciproca, di critiche scambievoli, di diffidenze e contrasti;

h) la carenza di soda formazione spirituale, la quale se aggiunta all'aspro quotidiano confronto con un mondo che crede poco alle virtù cristiane profonde (umiltà,azienza, veridicità, carità, giustizia, disinteresse, ecc.) può determinare anche nel laicato cattolico uno stile mentale e pratico in contrasto col messaggio cristiano o da esso alieno, e portare a confondere la decisione con la violenza, l'intelligenza con l'astuzia e il calcolo, l'urgenza delle trasformazioni sociali con la rivoluzione, lo slancio ardente con l'impazienza ribelle, il regno di Dio col dominio della terra, il servizio della Chiesa con la pretesa di porre la Chiesa a servizio delle proprie idee ed interessi.
Qui parliamo di tentazioni possibili, di tendenze che possono affiorare, non di uno stato di fatto che abbia una portata estesa. Questi richiami alla vigilanza non vogliono affatto negare o mettere in dubbio l'apporto imponente e meraviglioso che il laicato cattolico ha offerto alla Chiesa nel nostro paese, in questi ultimi anni. È un capitolo di storia fulgidissima, che nessuna nube può minimamente offuscare.

Il laicismo nel clero

13. Ma la mentalità laicista può infiltrarsi anche tra le nostre file, carissimi sacerdoti, soprattutto nelle generazioni più giovani, e portare insensibilmente a posizioni dottrinali e soprattutto a pratiche rovinose sia per la nostra vita spirituale come per l'impostazione del nostro apostolato.
Il laicismo è negazione o misconoscimento del soprannaturale e di tutti i suoi segni sulla terra, è accento posto sui valori umani e noncuranza di quelli sacri e divini. L'infiltrazione di questa mentalità, anche se inconsapevole, nel sacerdote può portare a deviazioni gravissime. Ne sottolineiamo alcune, fra le più facili a verificarsi, nella situazione presente:

a) la tendenza verso un umanesimo seducente nelle sue prospettive, ma ambiguo nelle sue articolazioni profonde, in cui il senso dei valori umani e la conseguente ricerca di essi - nella propria vita personale come nel proprio lavoro apostolico -assumono un posto così assorbente e preponderante da far dimenticare o relegare ai margini del proprio pensiero e del proprio operare la grazia e i mezzi autentici della grazia;

b) la tendenza a ricercare, con esasperata sensibilità, i valori della propria personalità umana, della propria indipendenza ed autonomia di pensiero e di azione, a scapito dei valori insostituibili dell'obbedienza e dell'umiltà, dimenticando che il proprio sacerdozio è valido ed efficace nella misura in cui è saldato a Cristo, tramite la mediazione visibile della Chiesa e della sua gerarchia;

c) la tendenza ad anteporre, nell'impostazione del proprio apostolato, l'opera di redenzione umana a quella religiosa e morale nella convinzione che - nel mondo di oggi - l'azione più urgente sia, anche per un sacerdote, quella di riforma sociale o culturale o economica o politica, dimenticando che le riforme esterne di struttura sono dovere dei laici e che, d'altra parte, esse rischiano di finire nel più pauroso fallimento se non sono precedute e accompagnate dalla trasformazione interiore delle coscienze, compito questo che spetta specificamente al sacerdote;

d) la tendenza a diminuire le distanze fra sé e il mondo, non soltanto nella giusta linea d'uno sforzo teso a comprendere e penetrare i diversi ambienti, a portare a tutti il beneficio della propria parola e della propria presenza sacerdotale; ma, per la smania di assimilarsi agli altri, ad attenuare il vigore del proprio messaggio, ad attutire il distacco tagliente espresso dalla propria veste, a dar posto ad un irenismo che vorrebbe presentarsi come amore del quieto vivere, che dimentica il solenne ammonimento: "Nolite conformari huic saeculo" (Rm 12,2);

e) la conseguente tendenza a confondere il necessario aggiornamento - sul piano culturale e apostolico, nelle idee, nei metodi, negli strumenti - in bramosia fatua di cose nuove, in vana ricerca di modernità ad ogni costo, di soluzioni audaci e spericolate, assumendo di fronte agli uomini e alle idee del passato atteggiamenti di amara polemica, di sistematica e indiscriminata denigrazione, di fastidiosa sufficienza;

f) la tendenza a far propri modi secolareschi nel comportamento e nel sentire, ad assumere di fronte ai laici una disinvoltura acerba e artificiosa che a volte rasenta la spregiudicatezza, a far trapelare un senso di insofferenza del costume ecclesiastico, delle funzioni proprie sacerdotali nel desiderio di evadere dal clima di nascondimento e di riserbo proprio della vita sacerdotale;

g) la tendenza a mettere il silenziatore sull'importanza insostituibile che hanno, nella vita sacerdotale, la mortificazione e la rinunzia, fino a pensare che ormai l'ascetica cattolica tradizionale avrebbe fatto il suo tempo e sarebbe incapace di fornire oggi veri orientamenti di vita, per cui si sarebbe costretti a mandarla in frantumi al primo contatto con l'esperienza concreta dell'esistenza;

h) la tendenza a preferire l'affannosa ricerca della problematica culturale attuale, invece che ancorarsi ai sicuri ormeggi della parola di Cristo e dell'insegnamento della Chiesa, anteponendo lo studio delle realtà profane a quello sacro, l'amore dei libri degli uomini a quello del libro di Dio, una vaga letteratura teologica alla teologia sistematica, la bramosia della vana curiosità alla fame e sete di verità evangelica;

i) la tendenza a falsare nella vita sacerdotale, sotto la spinta di tutte queste deviazioni, la giusta gerarchia dei valori: al primato della grazia sostituire quello degli strumenti e delle tecniche umane, al primato della preghiera quello dell'azione esterna, al primato della formazione interiore delle anime quello delle opere e dell'organizzazione esteriore, al primato della qualità quello della quantità, al primato della sostanza quello delle apparenze, al primato della fede quello della furbizia e del calcolo umano, al primato dell'umiltà e della semplicità quello della potenza e della spavalderia superba.
A nessuno può sfuggire la portata attuale di queste tentazioni. Forse a parecchi si nascondono gli strettissimi legami che intercorrono tra esse e la mentalità laicista odierna. Eppure tali legami sono evidentissimi ad un esame non superficiale della situazione. Il cedere a tali tentazioni significherebbe, per il nostro sacerdozio, perdere la propria fisionomia soprannaturale e condannarsi alla sterilità e alla morte.
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Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore. Ef.4,14
 
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