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LA DIVINITA' DI CRISTO NEI VANGELI SINOTTICI

Ultimo Aggiornamento: 30/12/2020 15:32
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07/02/2014 15:00
 
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§ 3. - La confessione davanti al Sommo Sacerdote.

1. Il testo. - Mt. 26, 63-65 " Ma Gesù taceva. E il sommo sacerdote: "Ti scongiuro per il Dio vivente di dirci se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio". Gesù gli rispose: "Tu l'hai detto; anzi, vi dico che d'ora in poi vedrete il Figliuol dell'uomo seduto alla destra della Potenza (di Dio) venire sopra le nubi del cielo". Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: "Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo più di testimoni? Ecco, ora voi avete udito la bestemmia. Che ve ne pare?" ". I luoghi paralleli di Marco (14, 61-64) e Luca (22, 66-71) non apportano nessun cambiamento essenziale alla narrazione di Matteo. In Marco l'interrogazione è equivalente: "il Cristo, il Figlio del Benedetto", e più forte in Luca, che sopprime il "Cristo " per conservare solo: " il Figlio di Dio "

2. Il significato. - Gesù poteva essere consegnato ai Romani soltanto dopo un giudizio di morte del sommo sacerdote Caifa. La sentenza è decisa in anticipo, ma la procedura esige la comparsa dell'accusato, la deposizione di due testi e la sentenza. Nell'assemblea riunita affrettatamente si fini col trovare due testi che accusarono Gesù di aver voluto distruggere il tempio, ma il Maestro non si degnò di rispondere a questi infelici; il sommo sacerdote vede chiaro che sarebbe un'ingiustizia troppo clamorosa prestare fede a testimonianze contraddittorie e si decide a vincere il mutismo di Gesù, scongiurandolo in nome del Dio vivo; davanti alla legittima domanda del sommo sacerdote Gesù confessa di essere realmente il Cristo, il Figlio di Dio. La risposta dispensa da ogni inchiesta ulteriore; è il suo decreto di morte. Che cosa voleva dire Caifa domandando a Gesù se egli era il Cristo, il Figlio di Dio? Voleva forzare il Maestro e confessare la sua messianità, oppure a questa dichiarazione aggiungeva quella della filiazione divina?

Non occorre dire che Caifa capisse pienamente le parole che usava; ma, in ogni modo, nelle sue labbra " Figlio di Dio " non è sinonimo di Messia. La tradizione giudaica non ha mai accertato che Messia e Figlio di Dio siano sinonimi poiché al Messia non è dato questo titolo. Perciò Caifa non fa altro che riprendere una formula ripetuta dai discepoli e lanciata da Gesù stesso e che sarà ripetuta a Pilato. " Egli si è fatto il Figlio di Dio e, secondo la nostra legge, deve morire " (Gv. 19, 7); il centurione dirà: " Quest'uomo era davvero Figlio di Dio " (Me. 15, 39). Né Caifa, né i discepoli, né Gesù potevano asserire un'equivalenza tra Figlio di Dio e Messia, perché rivendicare il titolo di Messia non era una bestemmia, come non lo era reclamare Dio come Padre nel senso morale e religioso. Caifa " aveva scelto una formula che Gesù non poteva rifiutare senza rinnegare la propria vita, né adottare senza farsi condannare per bestemmia " (Lebreton, o. e, p. 328). M. Goguel (La Vie de Jésus, Parigi, 1932) riconosce il vero significato di questa dichiarazione.
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