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LA DIVINITA' DI CRISTO NEI VANGELI SINOTTICI

Ultimo Aggiornamento: 30/12/2020 15:32
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07/02/2014 14:56
 
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§ 1. - La confessione di Cesarea

1. Testi. - Mt. 16, 13-20 " Venuto poi Gesù nelle parti di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: "Chi dice la gente che sia il Figlio dell'uomo?" Risposero essi: "Alcuni dicono che sia Giovanni Battista, altri Elia, altri Geremia o uno dei Profeti". "Ma voi", domandò loro, "chi dite che io sia?". Gli rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù a lui: "Beato te, Simone Bar-Iona, perché non carne e sangue te l'ha rivelato ma il Padre mio, che è nei cieli. Ora anch'io ti dico: Tu sei Pietro, e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa. E a te io darò le chiavi del regno dei cieli; e ciò che legherai sulla terra, resterà legato nei cieli; e ciò che scioglierai sulla terra, resterà sciolto nei cieli". Allora impose ai discepoli di non dire a nessuno che egli era il Cristo ". In Marco Gesù andando verso i villaggi che dipendevano da Cesarea di Filippo, interroga i discepoli come in Matteo, ma la risposta di Pietro è: "Tu sei il Cristo". Dalla risposta di Gesù riporta solo l'ordine di s non dire niente a nessuno " (Me. 8, 27-30); Luca qui non ci interessa, le domande sono le stesse, Pietro risponde " Tu sei il Cristo di Dio ", e l'ordine di Gesù viene riportato come in Marco (Le. 9, 18-22).

Si pone dunque questo problema: Se sia storicamente dimostrabile che Matteo riportò esattamente le parole di Pietro : " Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio "vivo" ", e in die senso le usi l'apostolo.

2. La situazione storica. - B. Weiss (Leben Jesu, t. n, p. 267) vide bene: "Non si può comprendere la scena di Cesarea di Filippo nel senso che il popolo non considera ancora Gesù come il Messia, e che gli apostoli arrivano per la prima volta a riconoscere la messianità, ma nel senso che il popolo non lo ritiene più come Messia, mentre gli apostoli perseverano in questa fede ". Al successo incontrato da Gesù quando moltiplicò i pani, segui il distacco della folla, che si spiega benissimo con l'attestazione di Giovanni, il quale dice che Gesù si ritirò sul monte e fece il discorso sul pane di vita. Bisogna anche vedere dove tende la confessione poiché i tre evangelisti notano concordi come Gesù dopo il riconoscimento incominci a parlare della sua passione e morte.

3. Importanza della confessione. - Dati i luoghi paralleli, non d può essere dubbio che Pietro abbia riconosduto la messianità di Gesù. La formula lucana si ferma qui; invece Matteo si separa dagli altri due sinottici non solo aggiungendo " il Figlio del Dio vivo ", ma anche la beatitudine rivolta a Pietro. Ci meraviglia sentire R. Bultmann (Die Frage nach dem messianischen Bewusstsein Jesu und der Petruskenntnis, [La questione della coscienza messianica di Cristo e la confessione di Pietro] in Z N T W, t. XIX, 1920, pp. 170-171) dar risalto al carattere semitico di tutto il passo e dichiarare che si devono cercare le circostanze della redazione nella più antica comunità di Gerusalemme (così, Idem, Die Geschichte der Synoptischen Tradition, [Storia della tradizio ne sinottica], Gottinga, 2.a ed. 1931, pp. 147-150, e P. Billerberk, Kommentar zum Neuen Testarnent aus Midrasch und Talmud [Commento al N. T. tratto dal Midrasch e dal Talmud], 1922, t. i, pp. 730-746). Il P. Lagrange, colpito da questa particolarità di Matteo, dapprima aveva pensato che il primo Vangelo, secondo un sistema spesso usato, avesse unito due serie di fatti in una sola narrazione. Ma poi abbandonò il suo punto di vita. In ogni caso i1 carattere semitizzante della pericope di Matteo ci fa aprire gli occhi contro un'interpretazione troppo frettolosa in favore di Marco e di Luca.

Anzitutto notiamo che in definiva le due testimonianze ne fanno una sola, perché Luca segue Marco passo passo; inoltre qui Marco pare meno vicino ai fatti che Matteo e chiunque confronti attentamente i testi non troverà più difficile spiegare il silenzio di Marco e di Luca che l'esposizione di Matteo, perché " il contesto è chiaro e logico nel primo vangelo; invece negli altri due il lettore trova un po' difficile interpretare un riassunto ". Infatti: l'omissione di queste parole " fa si che nel terzo vangelo il v. 21 si colleghi a stento a ciò che segue " (A. Durand, Evangile selon saint Mallhieu in Verbum Salutis, Parigi 1924, p. 277). Ammettiamo quindi che nulla autorizza a rifiutare come secondario il racconto di Matteo. Per la questione del primato e una precisazione sulle allegazioni moderne si veda H. Dieckmann, Neuere Ansichten uber die Echthei der Primalstelle, Mt. XVI, 17 ss. (Nuove opinioni sopra la genuinità della pericope relativa al primato) in Biblica, t. IV, 1939, pp. 169-200.

Ammesso che il testo di Matteo meriti fede, è necessario che ci vediamo una confessione della divinità di Gesù? A favore di questo riconoscimento si argomenta cosi: Lo Sarebbe strano che gli apostoli, vivendo nell'intimità del Maestro, non avessero compreso il titolo di Figlio che egli applicava in modo speciale a se stesso. - 2.0 Dopo la tempesta sedata, i dodici " adorarono " Gesù e proclamarono " tu sei veramente il Figlio di Dio " (Mt. 14, 33) dichiarazione che, messa a confronto con quella di Filippo è a come l'alba davanti al giorno ", dice Durand op. cit., p. 276. - 3.o Se Pietro riceve le felicitazioni del Maestro e se il Maestro proclama che solo la rivelazione divina potè aprirgli le profondità d'un tale segreto, ciò significa che Pietro ha fatto una professione veramente straordinaria, in armonia col riconoscimento d'un Messia divino. Per questo la maggior parte degli autori cattolici e un numero molto importante di protestanti ammettono che Pietro riconobbe la natura divina di Gesù. Vi sono però delle sfumature. Durand (Evangile selon saint Matthieu, p. 276) ci vede " l'espressione chiara, ferma, autentica " della divinità di Gesù; per il P. Lagrange a Pietro, aggiungendo l'articolo e la qualifica di Figlio del Dio vivo, professa con la chiarezza che gli è possibile, l'origine divina di Gesù, che possiede la natura dell'essere infinito, il quale ha la vita e la può trasmettere " (Evangile selon saint Matthieu, p. 322); il P. Lebreton (Orìgines, p. 295) stabilisce in primo luogo che Pietro prima di tutto riconobbe e proclamò la messianità di Gesù, poi che questo messianismo è il vero, cioè religioso e divino (p. 316); Dausch (Die drei altere Evangelien, [I tre vangeli più antichi] p. 236) pur ammettendo che la messianità è l'oggetto primario della confessione di Pietro, fa notare che la dignità di Gesù proviene dalla divina sua origine e natura, aggiungendo die " il segreto della persona di Gesù fu pienamente e veramente penetrato solo attraverso la resurrezione del Signore ". Tuttavia Tillmann, (Methodlsches und Sachliches tur Darstellung der Gotteit Christi nach dem Synoptikern gegenùber der modernen Kritik, [Metodo e realtà nella dimostrazione della divinità di Cristo secondo i Sinottici contro i critici moderni] in Biblische Zeitschrift, t. vili, 1910, p. 254) nelle parole di Pietro vuole vedere soltanto un riconoscimento della messianità.
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