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OBIEZIONI SUI MIRACOLI

Ultimo Aggiornamento: 12/06/2017 23:02
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12/01/2014 19:11
 
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Conclusioni.


- Da ciò che abbiamo detto è facile trarre le conclusioni. Crediamo aver dimostrato queste verità: 
1.o
 la nozione di miracolo, legata all'esistenza di Dio personale, dev'essere accettata da ogni spiritualismo cosciente della sua vera natura; 
2.o
 l'opposizione che si fa al miracolo in nome del determinismo è fondata unicamente su pregiudizi; 
3.o
 se il miracolo non è sempre constatabile, lo è assai spesso scientificamente e, ancora più spesso, filosoficamente e teologicamente perché l'insieme del fenomeno e il suo contenuto possono manifestare chiaramente un intervento di Dio, comprensibile come tutti i fatti del linguaggio e in genere i fatti significativi.

Insistiamo infine sulla natura del miracolo. Per spiegare come molti primitivi potessero credere le storie evidentemente più impossibili, Lévy-Bruhl fa notare che la loro esperienza in gran parte non coincide con la nostra, di cui non aveva l'estensione e la profondità, r L'orientamento mistico del loro spirito e le abitudini che imprimeva in loro rendevano loro i dati immediati dell'esperienza molto meno numerosi che per noi, e si sa come fossero particolarmente attenti a quello che credevano poter conoscere dai sogni, dai presagi, dalla divinazione, dalle premonizioni, presentimenti, telepatia, insomma da tutto quello che comparendo rivela la presenza e l'azione di potenze invisibili. L'esperienza che in gran parte non si distingue dalla nostra, comprende così anche molti dati che sfuggono all'uomo bianco e che solo l'indigeno può vedere e sperimentare, credendo ciecamente alla sua parte di esperienza, che secondo noi è chimerica" (1).

Mancanza di confini tra possibile e impossibile, normale e causale, disposizione a credere non importa a che cosa, confusione tra la natura e il prodigio, ecco i lineamenti della mentalità primitiva, che increduli e anche psicologi molto grossolanamente attribuiscono alla mentalità cristiana, dal momento che accoglie l'idea del miracolo.

Ora il miracolo, anche per l'analfabeta medievale che tuttavia credeva a tante leggende, è nettamente separato dall'ordine della natura e non ha nulla a che fare con le forze fisiche, essendo l'opera e il segno di Dio. Nei grandi discorsi in cui Mosè prima di morire ricorda al popolo come esso venne scelto e amato da Dio, che a sua volta deve amare, il grande profeta adduce la prova dei miracoli, la testimonianza e la garanzia dell'amore di Dio (Deut. 29 e 30).

Spiegando a Nicodemo la realtà e la natura della salute che un maestro in Israele avrebbe dovuto conoscere, Gesù gli dice: a Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo figlio unigenito " (Gv., 3, 16), e questo in altri termini significa che l'amore di Dio e il miracolo dell'Incarnazione sono il substrato della religione. San Paolo dice che Gesù è resuscitato per la nostra giustificazione e aggiunge in termini intraducibili che ci ha risuscitati con lui (alla lettera: conrisuscitati), ci ha fatto sedere in cielo con Lui, e questo per l'amore con cui d ha amato (Et, 2, 4-6).

Attenzione: il miracolo della resurrezione di Gesù è la stessa cosa con la nostra giustificazione, opera dell'amore di Dio. San Paolo chiama questo " la speranza della nostra vocazione, la ricchezza della nostra gloriosa eredità tra i santi, l'incredibile grandezza della potenza a (Ef. 5, 18-19). Per questo motivo si potrebbe dunque dire, come fanno spesso i protestanti, che quello della fede è in generale il miracolo cristiano, poiché tutti gli altri miracoli si riducono a questo: " L'incredibile grandezza della potenza " di Dio che è lo stesso che il suo amore infinito. Chi sa che Gesù si è offerto alla morte di croce per ciascuno di noi, chi ricorda le parabole del buon pastore, della pecorella smarrita, del figliol prodigo, deve avere la certezza che Dio è sempre pronto a intervenire in modo meraviglioso nella nostra esistenza. Il Salvatore che ha lasdato le novantanove pecore nei pascoli per andare a cercare quella perduta, esiterà a servirsi di mezzi non abituali ed estranei alla nostra scienza, per richiamarci a Lui? Il filosofo che pretende di pensare il cristianesimo senza miracoli non ha capito la prima parola del Vangelo.

G. R.

BIBLIOGRAFIA. - L. de Grandmaison, Jesus Christ, Beauchesne, Paris 1928, v. II p. 225 ss. E. Masure, La grande route apologétiquie, Paris 1939, pp. 63-97. A. Zacchi, Il miracolo, Vita e Pensiero, Milano, 1932. J. de Tonquedec, Introduction à l'etude du merveilleux et du miracle, 3 ed. Beauchesne, Paris 1923, riassunto dallo stesso autore nel D.A.F.C.vol. Ili, coli. 517-578; A. Van Hove, La dottrine du miracle chez S. Thomas etson Verardo, II miracolo, Brescia 1957. V. Marcozzi; // miracolo, in Probi, e Orient. di Teol. dogmatica, ed. cit., I pp. 105-142, con ricca biblografia. F. Selvaggi, Le leggi statistiche e il miracolo, in Civiltà Cattolica 1950, IV, pp. 45-56; 202-213. Inoltre si veda la bibliografia segnalata in calce al trattato / miracoli nella Chiesa, nella seconda parte di quest'opera.

(1) La mythologié primitive, p. 295.


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