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La INFALLIBILITA' della CHIESA

Ultimo Aggiornamento: 13/03/2014 19:36
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28/12/2013 20:16
 
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b) I limiti all'infallibilità del Concilio ecumenico e del vescovo di Roma


      La Chiesa ha messo alcune limitazioni nell'esercizio dell'infallibilità: 


1.   Per il Concilio


-  deve essere "ecumenico", cioè universale (tutti i vescovi devono essere stati invitati);


-        può definire solo verità che riguardino la fede o la morale, non la storia, le scienze,...;


‑   deve dire espressamente, in modo inequivoca-bile, che intende vincolare la fede di tutti i cristiani (la formula usata spesse volte è «anátema sit» = "sia scomunicato", ma possono essere usate formule equivalenti);


-       deve procedere all’unanimità (o a stragrande maggioranza 2);


-       deve essere in armonia col vescovo di Roma.


2.   Per il vescovo di Roma


   Come per il Concilio Ecumenico, la Chiesa ha messo alcune limitazioni nell’esercizio della sua infallibilità:


-      può definire solo verità che riguardano la fede o la morale (questo è detto anche nella definizione del Concilio Vaticano I);


-      deve dire espressamente, in modo inequivocabile, che intende vincolare la fede di tutti i cristiani.



c)    Precisazioni

1.      Sull'infallibilità in generale

a)   Il cristiano ha il dovere di essere, nella sua vita, in armonia con Gesù Cristo.

      Il Magistero nella Chiesa e, in particolare,  il vescovo di Roma o il Concilio sono strumenti che lo aiutano a scoprire qual è il genuino insegnamento cristiano in tante situazioni, anche nuove, che la vita (Provvidenza?) presenta. Non possono sostituirsi a lui nella decisione da prendere.

b)      Occorre notare che, quando il vescovo di Roma o il Concilio ecumenico fanno una affermazione che riguarda la fede o la morale,

- o intendono usare la loro infallibilità (ma lo devono dire espressamente);

- o non intendono usarla.

      Nel primo caso quell'affermazione deve essere da tutti i cristiani riconosciuta come verità e quindi vincolante in coscienza.

      Nel secondo invece, il cristiano non è vincolato (a meno che citino affermazioni già precedentemente definite come infallibili da Concili Ecumenici o da papi).

      In questi casi, se un cristiano ha delle valide ragioni per dissentire, può farlo (mantenendo però sempre il rispetto dovuto all'autorità), a suo rischio di andare contro Gesù Cristo.

      Se invece è nel dubbio, ma segue quanto dice l'Autorità, presumibilmente non va contro gli insegnamenti di Gesù Cristo. C'è infatti da presumere che, prima di pronunciarsi, l'Autorità abbia indagatato a fondo per scoprire qual è la genuina tradizione cristiana.

c) Occorre notare che tra infallibilità e non-infallibilità, non esiste una mezza infallibilità (= l'Autorità non è infallibile, ma è come se lo fosse!).

d)   È importante precisare che le definizioni conciliari o pontificie non creano nuove verità di fede, ma le riconoscono come tali, soprattutto quando vengono negate da qualcuno.

      La Chiesa infatti non ha una dottrina propria, ma conserva quella di Gesù.


2.      Sull'infallibilità del vescovo di Roma

a)   A volte si sente fare questa obiezione: "E se un papa impazzisse e definisse infallibilmente come verità di fede un'affermazione che la Chiesa non ha mai creduto?".

      La risposta può venire solo da un atto di fede: lo Spirito Santo (e solo lui!) garantisce che questo non avverrà mai, cioè non è possibile che ci sia contraddizione fra papa e Chiesa.

      Parallelamente non è possibile che ci sia contraddizione fra un papa e un altro, o fra un papa e un Concilio Ecumenico, o fra un Concilio Ecumenico ed un altro, quando si tratta di definizioni infallibili... lo Spirito Santo non va in vacanza! 

b)      Quando si dice che il papa è infallibile, non si intende dire che è impeccabile (= non può peccare): il papa può peccare come qualsiasi altro cristiano.

c)      Occorre distinguere tra infallibilità e primato del vescovo di Roma.

      Primato significa che il vescovo di Roma, in quanto successore di Pietro (che nella prima comunità aveva una funzione di capo degli apostoli), è il primo dei vescovi, il capo del collegio episcopale, il presidente naturale del concilio ecumenico, colui che ha la responsabilità della comunione fra tutte le Chiese (ciò era accettato anche dagli ortodossi - cfr. la questione storica di Fozio e di Cerulario).

Giovanni Paolo II, nell'enciclica Ut unum sint del 25.05.1995, si è detto disposto a rivedere il modo di intendere ilprimato: "Sono convinto di avere a questo riguardo una responsabilità particolare, soprattutto nel constatare l’aspirazione ecumenica della maggior parte delle Comunità cristiane e ascoltando la domanda che mi è rivolta di trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova" (n. 95).

d)  Primato non vuol dire però che il papa sia il "capo della Chiesa cattolica" o una sorta di "supervescovo".

     Per la propria diocesi, capo nella Chiesa è ogni vescovo.

   Il Concilio Vaticano II infatti ha insegnato che «l’episcopato è sacramento» (cfr. Lumen Gentium, n. 21).

   Ciò significa che il vescovo riceve l' autorità da Gesù Cristo, di cui è vicario, non dal papa (che pure in Occidente nomina i vescovi) e celebra i sacramenti a nome proprio, non a nome del papa.

Due citazioni "romane" confermano questa idea:

* l'iscrizione della basilica di S. Sabina in Roma (V sec.).

Sopra l'ingresso vi è un mosaico di dedica della basilica. Il testo latino è in oro su sfondo azzurro e dice testualmente:

"Quando Celestino aveva il sommo grado apostolico e rifulgeva nel mondo intero come il primo dei vescovi, questa (Chiesa) che tu contempli costruì un prete dell'Urbe (Roma) (nato) da stirpe Illiria, Pietro, uomo degno di tanto nome, (perché) dalla nascita nutrito nell'aula di Cristo, ricco per i poveri, povero per se stesso, che, fuggendo dai beni della vita presente, meritò di sperare (di ricevere) la futura".

* lettera di papa Gregorio Magno (590 - 604), in risposta ad una lettera di Eulogio, patriarca di Alessandria d'Egitto.

   «Gregorio ad Eulogio, vescovo di Alessandria.

   La santità vostra, a me molto cara, ha parlato molto diffusamente nelle sue lettere della cattedra di san Pietro, dicendo che quell’apostolo in persona siede ora su di essa fino a che avrà dei successori. A dire il vero, io riconosco la mia indegnità non solo nell’onore dei capi, ma anche nel numero dei fedeli: tuttavia, ho accettato di buon grado tutto ciò che è stato detto in rapporto alle affermazioni sulla cattedra di Pietro fatte da colui che detiene la cattedra di Pietro.

   E per quanto gli onori distintivi non mi entusiasmino affatto, mi sono tuttavia molto rallegrato perché voi, o santissimi, avete dato a voi stessi ciò che avete speso per me.

   Chi mai non sa che la santa Chiesa è stata resa stabile sulla solidità del capo degli apostoli, che ricevette nel nome la fermezza dell’animo, tant’è vero che Pietro trae il suo nome da "pietra"? A chi la voce della Verità dice: "Ti darò le chiavi del Regno dei cieli"? A chi dice ancora: "E tu, una volta che avrai mutato d’animo, da’ forza ai tuoi fratelli" e, poi, di nuovo: "Simone di Giovanni, mi ami? Pasci le mie pecore"?

   Pertanto, anche se gli apostoli sono molti, proprio in virtù di quel primato spiccò per autorità la sola sede del capo degli apostoli, che, in tre luoghi (cioè Roma, Alessandria e Antiochia - nota nostra), è di una sola persona. Egli glorificò la sede, ove accettò di fermarsi per sempre e di terminare la vita terrena; egli diede prestigio alla sede, ove inviò il suo discepolo evangelista; egli diede stabilità alla sede, ove sedette per sette anni, anche se avrebbe poi dovuto allontanarsene. Poiché, dunque, una sola e di un solo apostolo è la sede a capo della quale, per l’autorità divina, siedono ora tre vescovi, tutto il bene che sento dire di voi, lo ascrivo a me».

e)   Il Concilio Vaticano II ha parlato inoltre di collegialità dei vescovi: ciò vuol dire che i vescovi, uniti al vescovo di Roma, oltre che la responsabilità sulla loro diocesi, hanno anche una corresponsabilità ed un certo controllo sulle altre Chiese (Lumen Gentium, n. 20-23).

 


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Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore. Ef.4,14
 
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