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Cristianesimo e Islam: quale incontro possibile? (Mons.Bruno Forte)

Ultimo Aggiornamento: 07/12/2013 14:00
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07/12/2013 13:58
 
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3. Differenze e problemi. Questo approccio non deve però nascondere le differenze che esistono fra Cristianesimo e Islam, né tanto meno le difficoltà che il vivere in un contesto islamico può comportare per i cristiani o per i musulmani il vivere in un contesto culturale segnato dal Cristianesimo. È lo stesso Anawati ad osservare: “Là dove l’islam è religione di Stato, le minoranze, oggetto di pressione sociale, vengono erose in modo costante e ineluttabile” (13). Questo dato di fatto è inseparabile da un elemento fondamentale che differenzia le due fedi: sebbene entrambe siano fortemente motivate alla missione verso l’altro, nell’esercizio di questo compito l’Islam non esclude per principio l’uso della violenza e dell’imposizione forzata, il Cristianesimo non l’ha purtroppo molte volte escluso di fatto, anche se mai ha potuto appellarsi alla prassi e all’insegnamento di Gesù. Con un’espressione a prima vista dure Pascal afferma: “Se Maometto scelse la via del successo umano, Gesù Cristo scelse quella di perire umanamente. Maometto uccide; Gesù Cristo si fa uccidere…” (Pensées, ed. Brunschvicg 601). Ciò che l’asserto di Pascal intende dire è che al centro del Vangelo di Gesù c’è l’“agape”, l’amore riconosciuto non solo come rivelazione del volto di Dio, ma anche come compito prioritario nelle relazioni col prossimo. È questo amore, inteso come gratuito e libero dono di sé senza ritorno, che per principio esclude la violenza sull’altro, anche se di fatto tante volte è stato ignorato e ha avuto spazio la forza al servizio della verità della fede. Questo motivo non è altrettanto chiaro nel testo sacro dell’Islam: se da una parte la formula premessa a tutte le Sure (capitoli) del Corano (eccetto la nona) è “nel nome di Dio, clemente e misericordioso”, e unisce dunque al nome “Allâh” (al ilâh = il Dio, il Dio unico) gli aggettivi “clemente e misericordioso” (“rachmân” e “rachîm”, che evocano il termine ebraico “rachamim”, “viscere materne”, usato per designare la misericordia divina), dall’altra la misericordia verso gli altri, di fede differente, appare in alcuni testi affermata, in altri contraddetta. Così, ad esempio, in una stessa Sura - la seconda - si dice da una parte che “quelli che credono (siano essi ebrei o cristiani o sabei) avranno tutti la loro mercede presso il loro Signore, non avranno nulla da temere né li coglierà la tristezza” (2,62), dall’altra a proposito degli infedeli si afferma: “Combattete per la causa di Dio quelli che vi combattono, ma non aggredite per primi: Dio non ama gli aggressori” (2,190), per poi aggiungere: “Uccideteli dovunque li troviate e scacciateli da dove hanno scacciato voi” (2,191). In altri luoghi si arriva a prescrivere: “Uccidete gli idolatri ovunque li troviate. Prendeteli, assediateli e tendete loro ogni sorta d’insidie” (9,5), lasciando all’infedele la sola possibilità di sopravvivenza nella conversione all’Islam: “Se invece si convertono, fanno la preghiera e pagano la decima, lasciateli in pace, perché Dio è indulgente e misericordioso” (ib.).
Si sa che la lettura coranica conosce la legge dell’abrogante e dell’abrogato, per la quale si considera che un versetto può abrogare l’altro (sulla base di quanto è detto nella Sura 2, 106: “per ogni versetto che abroghiamo o che ti facciamo dimenticare ne daremo uno migliore o eguale”; alcuni commentatori contano 225 casi del genere): il problema, però, è sapere quale versetto abolisce l’altro e chi ha l’autorità per stabilirlo, dal momento che manca nell’Islam un’autorità dottrinale unica e definitiva. Inoltre, fra i novantanove nomi di Dio professati dall’Islam manca il nome “amore”, che, quando apparirà nei successivi testi mistici islamici, porterà con sé - come dice ancora Anawati - l’inconfondibile “risonanza cristiana”. Questo spiega l’indiscutibile differenza per la quale il Dio unico - adorato dalle due religioni - è da una parte il totalmente altro e sovrano, anche se misericordioso e fedele, dell’Islam, dall’altra il Dio in se stesso comunione e amore, eterno Amante, eterno Amato, eterno Amore, della confessione di fede cristiana. Naturalmente, non basta confessare che Dio è amore per vivere la carità: le colpe dei cristiani nella storia ne sono un’evidente riprova, e la Chiesa che riconosce queste colpe lo fa precisamente per obbedire alla verità del Vangelo e crescere nell’amore. Il sangue fatto versare dai cristiani o la controtestimonianza da essi data al Vangelo non sono meno gravi della violenza esercitata dai musulmani o dell’egoismo espresso da alcuni dei loro comportamenti morali. Accomunati nella colpa dei loro seguaci, i due Credo mantengono tuttavia la differenza accennata, tutt’altro che irrilevante: la “guerra santa” in nome di Allah sarà sempre una possibilità - perfino esemplare - per il musulmano; la violenza esercitata in nome del Vangelo resterà scandalo e contraddizione rispetto ad esso, tradimento che, per quanto più volte perpetrato nella storia, sarà non di meno bollato dalla coscienza cristiana più avveduta.
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Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore. Ef.4,14
 
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