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IV DOMENICA DI AVVENTO

Ultimo Aggiornamento: 07/12/2013 08:27
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07/12/2013 08:27
 
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8.12.2013

IV DOMENICA DI AVVENTO
L’Ingresso del Messia



LETTURA

Lettura del profeta Isaia 40, 1-11


«Consolate, consolate il mio popolo / – dice il vostro Dio –. / Parlate al cuore di Gerusalemme / e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, / la sua colpa è scontata, / perché ha ricevuto dalla mano del Signore / il doppio per tutti i suoi peccati».
Una voce grida: / «Nel deserto preparate la via al Signore, / spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. / Ogni valle sia innalzata, / ogni monte e ogni colle siano abbassati; / il terreno accidentato si trasformi in piano / e quello scosceso in vallata. / Allora si rivelerà la gloria del Signore / e tutti gli uomini insieme la vedranno, / perché la bocca del Signore ha parlato».
Una voce dice: «Grida», / e io rispondo: «Che cosa dovrò gridare?». / Ogni uomo è come l’erba / e tutta la sua grazia è come un fiore del campo. / Secca l’erba, il fiore appassisce / quando soffia su di essi il vento del Signore.
Veramente il popolo è come l’erba. / Secca l’erba, appassisce il fiore, / ma la parola del nostro Dio dura per sempre. / Sali su un alto monte, / tu che annunci liete notizie a Sion! / Alza la tua voce con forza, / tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. / Alza la voce, non temere; / annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio!
Ecco, il Signore Dio viene con potenza, / il suo braccio esercita il dominio. / Ecco, egli ha con sé il premio / e la sua ricompensa lo precede. / Come un pastore egli fa pascolare il gregge / e con il suo braccio lo raduna; / porta gli agnellini sul petto / e conduce dolcemente le pecore madri».





SALMO
Sal 71 (72)



® Vieni, Signore, re di giustizia e di pace.



O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto. ®



Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
E dòmini da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra. ®



Il suo nome duri in eterno,
davanti al sole germogli il suo nome.
In lui siano benedette tutte le stirpi della terra
e tutte le genti lo dicano beato. ®





EPISTOLA

Lettera agli Ebrei 10, 5-9a


Fratelli, entrando nel mondo, Cristo dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, / un corpo invece mi hai preparato. / Non hai gradito / né olocausti né sacrifici per il peccato. / Allora ho detto: “Ecco, io vengo / – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – / per fare, o Dio, la tua volontà”».
Dopo aver detto: «Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato», cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: «Ecco, io vengo a fare la tua volontà».




VANGELO

Lettura del Vangelo secondo Matteo 21, 1-9


In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia di Sion: / Ecco, a te viene il tuo re, / mite, seduto su un’asina / e su un puledro, figlio di una bestia da soma».
I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! / Benedetto colui che viene nel nome del Signore! / Osanna nel più alto dei cieli!».

chiesadimilano

Isaia 40,1-11

Con questo testo il profeta anonimo del VI secolo, che vive con il popolo, deportato a Babilonia, e che continua il libro delle profezie del grande e primo Isaia, vuole garantire il suo popolo di una speranza grande e nuova: c'è, in prospettiva, il ritorno a Gerusalemme, Ma Dio sta prospettando, attraverso gli avvenimenti della storia, la conclusione della "tribolazione". In pratica viene annunciata la sconfitta di Babilonia da parte della potenza crescente di Ciro, re dei Medi e dei Persiani. Ma la profezia non è molto esplicita per timore di una reazione violenta da parte dell'autorità babilonese. Così il futuro viene raccontato riferendosi all'uscita dall'Egitto e alla liberazione ottenuta al tempo dell'esodo con Mosè.

"Consolate" significa aiutate a cogliere la novità ed i segni, ed è necessario parlare al cuore perché sorgano pensieri e attese di speranza. Consolare rivela il rigenerare le prospettive di vita che è fragile, "come l'erba; secca l'erba, appassisce il fiore"(v 7).

Le immagini e i significati si ripetono per rinvigorire la speranza. E soprattutto viene presentata la presenza del Dio consolatore. E se la divisione del testo si sviluppa in diversi segni e parti, il volto di Dio si manifesta nel suo splendore. Troviamo così 4 parti: " la consolazione e la sua causa (1-2), il nuovo esodo (3-5), la parola di Dio è efficace (6-8), il Signore è re e pastore (9-11)"; esse manifestano la premura che ci sia una Parola nuova e incoraggiante: "Consolate. Parlate al cuore". E il Signore desidera che ci siano fiducia, speranza, novità ed entusiasmo verso questa nuova prospettiva. E' il nuovo che si affaccia e bisogna dare sicurezza: "Gridate". "La Gloria di Dio è garantita ma viene sulle strade che avrete preparato voi". (v 3). Il cammino da Babilonia a Gerusalemme non è stato mai diritto, dovendo superare il deserto. Sarebbe la strada più corta ma impossibile; quella possibile è di aggirare il deserto da Nord e quindi ridiscendere: circa 1000 Km, lo stesso tragitto che aveva percorso Abramo più di un millennio prima. Ma il Signore garantisce: "Una strada diritta vi sarà possibile: agevole, veloce". Ci si renderà conto di essere fragili e inconsistenti, poveri di risorse e di progetti? "Non spaventatevi". E se il Signore è "vento di dissecca", è anche gloria che accompagna verso la liberazione, "è braccio che esercita il dominio" (10), "è pastore" (11). Per il popolo d'Israele il Dio Pastore fa balzare immediatamente il richiamo all'autorità politica, ai cattivi pastori di cui si lamentano lo stesso Isaia (56,11), Geremia (2,8;10,12;12,10; 23,1; 50,6), Ezechiele ( 34 2-10). Il Signore si offre come Pastore, garantisce l'unità del suo popolo ("con il suo braccio lo raduna") e si prende cura amorevole del suo gregge. In particolare, è attento alla vita fragile degli agnellini incapaci ancora di camminare e alle pecore che faticano a stare al passo delle altre pecore perché hanno da poco partorito.

Quando viene Gesù, questo testo rimanda a Giovanni Battista, nuovo profeta, che apre una strada accessibile, nel deserto. E però il braccio del Signore e la sua liberazione sono affidati al nuovo pastore che è Gesù. Le splendide pagine del Vangelo di Giovanni ci ricordano che Gesù è il buon pastore che dà la vita per le pecore (10,11); con Lui sorgono reciproca attenzione, amore e conoscenza (Gv 10,14: "Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me").

Ebrei 10,5-9a

Questo testo vuole valorizzare il sacrificio di Gesù rispetto alle offerte del Primo Testamento. E lo fa con la preghiera del salmista (Sal 40,7) che ha maturato nel suo cuore la consapevolezza che il vero modo di onorare Dio è accogliere la sua volontà. "Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato" .Tutto il mondo antico ritiene che l'offerta al tempio di animali: di tori e capri, con il loro sangue elimini il peccato ( Eb 10,4). Ma questo è impossibile. La legge infatti rappresenta solo l'ombra, una prefigurazione della salvezza ma non ha una propria efficacia di liberazione di fronte a Dio. Questi sacrifici non tolgono il peccato e non permettono l'accesso a Dio.

Né perfezionano colui che li offre. Così l'autore della lettera richiama il valore unico del sacrificio di Gesù: il fatto che sia unico ha un grande valore poiché elimina il significato del sacrificio di espiazione (Lev 16) che, in Israele, almeno annualmente, si offre per tutti i peccati d'Israele. Questo fa solo ricordare di avere peccato, ma non è rimesso il peccato né può purificare la coscienza.

L'autore biblico applica a Gesù, nella sua realtà preesistente presso Dio, il suo "Eccomi", prendendo dal salmo 40: " Allora ho detto: «Ecco, io vengo. Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo». Si fa riferimento ad un rotolo che, secondo il credo ebraico, esiste presso Dio e su cui sono scritte tutte le azioni prima che siano compiute. Ma, mentre nel salmo si parla di "le orecchie mi hai aperto" (40,7), la stessa citazione, ripresa dal greco, nella lettera agli Ebrei sostituisce con "un corpo mi hai preparato" (10,5). In tal modo si chiarisce la prospettiva teologica della Incarnazione di Gesù.

Questo brano della lettera agli Ebrei ci ripropone una profonda rivoluzione religiosa che tocca tutte le fedi del mondo, compresa la fede cattolica. Siamo richiamati ad aprire gli occhi sulla strada che il Signore ci indica, siamo incoraggiati alla ricerca della presenza del Signore nella storia di ciascuno di noi, ogni giorno; siamo aiutati a intravedere il tempo che il Signore sa darci, aprendo con lucidità, sulla nostra vita, gli occhi della fede. E, insieme con la rilettura della Parola di Gesù, la storia che viviamo ci apre quotidianamente ad intuizioni e suggerimenti. Sarebbe un grande segno di testimonianza se ci aiutassimo a riflettere, a scoprire e a raccontare i segni che intravediamo della presenza del Signore nella storia. Magari riprendendo i "segni dei tempi", riproposti da Giovanni XXIII nella Pacem in terris (PT: 1963) e nella Gaudium et spes del Concilio Vaticano II (GS: 1965).

Mt 21,1-9

Gesù prende possesso della città santa e, immediatamente, si scontra con la classe dirigente del popolo d'Israele. Essa è costituita dai dotti teologi, dalla classe sacerdotale che, insieme, sviluppa la politica e custodisce il tempio, e dai più appassionati devoti della legge. Stiamo parlando degli scribi, dei sacerdoti, e dei farisei. Tutti attendono il Messia e tutti questi sono ferocemente oppositori di Gesù.

Infatti Gesù il Messia non viene come l'hanno aspettato o immaginato. Non porta potere e grandezza, non dà spazio ai progetti di rivincita, ignora ogni prospettiva di vittoria, giunge disarmato con una proposta di pace e di novità a cui solo le persone semplici, i credenti in Lui, rispondono fiduciosi.

Egli non garantisce niente di ciò che si sarebbero aspettato. Un trionfo a Gerusalemme c'è, ma chiede in prestito le piccole cose di tutti i giorni: l'asino, la festa, i mantelli, i rami degli alberi, le grida di acclamazione, la fiducia. Egli non manifesta esigenze di potere, né forze combattenti, né desideri di trionfo.

Egli non vuole vincere nessuno, e questo dovrebbe essere ben chiaro anche nella sensibilità del nostro mondo credente.

In favore c'è una profezia, quella di Zaccaria, ma nel vangelo di Matteo è addolcita, ripulita, corretta. Secondo la lettura di Matteo si svolge una acclamazione modesta. La citazione di Zaccaria ricorda, in particolare, la mitezza e l'umiltà. Infatti, dal testo citato di Zaccaria, vengono tolti due aggettivi: "Egli è giusto e vittorioso " (Zac 9,9) così come vengono sostituite le parole, " Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme " con " Dite alla figlia di Sìon " di Isaia (62,11). Matteo concentra l'attenzione su Gesù "mite" (umile). Questi, infatti, non entra vittorioso su un focoso destriero, ma su un umile asinello, come annunciatore di pace (Zac 9,10). Nel trionfo improvvisato, che Gesù stesso ha provocato, prenderà poi possesso della città santa e ne scaccerà i profanatori (21,12-17).

Di quella festa, però, che cosa resta? I vestiti distesi e i mantelli che sono serviti come tappeto, i rami di alberi e le acclamazioni. A dire il vero, "Osanna" significa: "O Dio, vieni in aiuto" e "Signore donaci vittoria". Diventeranno acclamazioni di gioia degne per la gioia di una vittoria. Ma Gesù porta altri segni. Accetta l'entusiasmo e la festa, ma poi, alla resa dei conti, alla gente offre la sua parola, la sua persona, il suo esempio, la sua pace, la sua adesione al Padre. E insieme offre la sua condivisione con la sofferenza e le attese della gente. Nel poco tempo che resta, in una settimana, tutto l'entusiasmo si trasforma in delusione poiché il popolo continua a restare sottomesso al mondo romano. Non essere diventati trionfatori, restando soggetti ad un popolo pagano, farà capovolgere ogni attesa in fallimento. La festa si smorzerà nel silenzio, nel cammino pubblico con una croce fuori della città, con l'ovvia sconfitta di ogni regalità e di ogni pace.

Nessuno alzerà la voce a difendere Gesù, salvo un condannato crocifisso che oserà farfugliare parole di fiducia e di speranza mentre muore: "Ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno" (Luca 23,42-43). E Gesù, proprio sulla croce, garantisce che entra finalmente nel Regno ed ha potere di aprirne le porte: "Oggi stesso sarai con me".

L'ultima immagine pubblica, sancita dal procuratore Pilato e sintesi della condanna a morte, è l'iscrizione sulla croce: "Gesù il Nazareno, il re dei giudei", scritta in ebraico, latino e greco.

Essa dà fastidio ai capi religiosi di Gerusalemme e vogliono che sia corretta. "Essi dissero a Pilato: "Non scrivere il re dei Giudei" ma "Costui ha detto: Io sono il re dei giudei". Pilato rifiuta, probabilmente con una smorfia di scherno verso di loro: "Quello che ho scritto, ho scritto" (Gv19,17-22).

Gesù ha fondato la Chiesa e il Card Scola ("il campo è il mondo", p.46) ci ricorda che "i cristiani non cercano la vittoria della propria parte....Possono essere maggioranza costruttiva o minoranza perseguitata, ciò cui sono chiamati è solo l'essere presi a servizio del disegno buono con cui Dio accompagna la libertà degli uomini"

La conversione è a Cristo e non alla Chiesa e la Chiesa è la madre che conduce a Cristo. Nella Chiesa ci debbono essere fraternità e comunione.

Se ognuno di noi ha desiderio e pretese di vittoria per poter dimostrare di essere superiore, lo stile di Gesù porta invece verso la verità più profonda che va sempre cercata. Noi non la possediamo, ma, se cerchiamo con umiltà, ne siamo posseduti. Modello è Gesù che si fa piccolo, nascosto, fratello con gli ultimi.

qumran2

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QUELLO CHE AVETE UDITO, VOI ANNUNCIATELO DAI TETTI (Mt 10,27)
 
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