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MEDITIAMO LE SCRITTURE (anno A)

Ultimo Aggiornamento: 04/12/2014 07:14
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29/08/2014 06:57
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Marco 6,17-29

1) Preghiera

O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli,
concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi
e desiderare ciò che prometti,
perché fra le vicende del mondo
là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Marco 6,17-29
In quel tempo, Erode aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodiade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata. Giovanni diceva a Erode: "Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello". Per questo Erodiade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodiade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: "Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò". E le fece questo giuramento: "Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno".
La ragazza uscì e disse alla madre: "Che cosa devo chiedere?". Quella rispose: "La testa di Giovanni il Battista". Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: "Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista". Il re ne fu rattristato; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto.
E subito mandò una guardia con l'ordine che gli fosse portata la testa [di Giovanni]. La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.


3) Riflessione

? Oggi commemoriamo il martirio di San Giovanni Battista. Il vangelo riporta la descrizione di come Giovanni Battista fu ucciso, senza processo, durante un banchetto, vittima della corruzione e della prepotenza di Erode e della sua corte.
? Marco 6,17-20. A causa della prigione e dell'assassinio di Giovanni. Erode era un impiegato dell'Impero Romano. Chi comandava in Palestina, fin dal 63 prima di Cristo, era Cesare, l'imperatore di Roma. Insisteva soprattutto su un'amministrazione efficiente che proporzionasse reddito all'Impero e a lui. La preoccupazione di Erode era la sua propria promozione e la sua sicurezza. Per questo, reprimeva qualsiasi tipo di corruzione. A lui piaceva essere chiamato benefattore del popolo, ma in realtà era un tiranno (cf. Lc 22,25). Flavio Giuseppe, uno scrittore di quell'epoca, informa che il motivo della prigione di Giovanni Battista, era la paura che Erode aveva di una sommossa popolare. La denuncia di Giovanni Battista contro la morale depravata di Erode (Mc 6,18), fu la goccia che fece straboccare il bicchiere, e Giovanni fu messo in carcere.
? Marco 6,21-29: La trama dell'assassinio. Anniversario e banchetto di festa, con danze ed orge. Era un ambiente in cui i potenti del regno si riuniscono e in cui si formavano le alleanze. La festa contava con la presenza "dei grandi della corte, due ufficiali e due persone importanti della Galilea". E' questo l'ambiente in cui si trama l'assassinio di Giovanni Battista. Giovanni, il profeta, era una denuncia viva di questo sistema corrotto. Per questo, lui fu eliminato con il pretesto di una vendetta personale. Tutto questo rivela la debolezza morale di Erode. Tanto potere accumulato in mano di un uomo senza controllo di sé! Nell'entusiasmo della festa e del vino, Erode fa un giuramento leggero a una giovane ballerina. Superstizioso come era, pensava che doveva mantenere il giuramento. Per Erode, la vita dei sudditi non valeva nulla. Marco racconta il fatto dell'assassinio di Giovanni così come è, e lascia alle comunità il compito di trarne le conclusioni.
? Tra le linee, il vangelo di oggi dà molte informazioni sul tempo in cui Gesù viveva e sul modo in cui era svolto il potere da parte dei potenti dell'epoca. Galilea, la terra di Gesù, fu governata da Erode Antipa, figlio del re Erode, il Grande, dal 4 prima di Cristo fino al 39 dopo Cristo. In tutto, 43 anni! Durante tutto il tempo in cui Gesù visse, non ci fu cambiamento di governo in Galilea! Erode era signore assoluto di tutto, non rendeva conto a nessuno, faceva come gli pareva. Prepotenza, mancanza di etica, potere assoluto, senza controllo da parte della gente!
? Erode costruì una nuova capitale, chiamata Tiberiade. Seffori, l'antica capitale, era stata distrutta dai romani in rappresaglia contro una sommossa popolare. Ciò avvenne quando Gesù aveva circa sette anni. Tiberiade, la nuova capitale, fu inaugurata tredici anni dopo, quando Gesù aveva circa 20 anni. Era chiamata così per far piacere a Tiberio, l'imperatore di Roma. Tiberiade era un luogo strano in Galilea. Era lì dove vivevano i re "i grandi della sua corte, gli ufficiali, i notabili della Galilea" (Mc 6,21). Era lì che vivevano i padrone delle terre, i soldati, la polizia, i giudici molte volte insensibili (Lc 18,1-4). Verso di lì erano canalizzate le imposte e il prodotto della gente. Era lì che Erode faceva le sue orge di morte (Mc 6,21-29). Non risulta nei vangeli che Gesù fosse entrato nella città.
Durante quei 43 anni di governo di Erode, si creò una classe di funzionari fedeli al progetto del re: scribi, commercianti, padroni di terre, fiscali del mercato, pubblicani ed esattori, militari, polizia, giudici, promotori, capi locali. La maggior parte di questo personale viveva nella capitale, godendo dei privilegi che Erode offriva, per esempio l'esenzione dalle imposte. Un'altra parte viveva nei villaggi. In ogni villaggio o città c'era un gruppo di persone che appoggiava il governo. Vari scribi e farisei erano legati al sistema e alla politica del governo. Nei vangeli, i farisei appaiono con gli erodiani (Mc 3,6; 8,15; 12,13), e ciò rispecchia l'alleanza esistente tra il potere religioso e il potere civile. La vita della gente nei villaggi della Galilea era molto controllata, sia dal governo che dalla religione. Era necessario molto coraggio per iniziare qualcosa di nuovo, come fecero Giovanni e Gesù! Era lo stesso che attrarre su di sé la rabbia dei privilegiati, sia del potere religioso come del potere civile, sia a livello locale che statale.


4) Per un confronto personale

? Conosci casi di persone che sono morte vittime della corruzione e del dominio dei potenti? E qui tra di noi, nella nostra comunità e nella Chiesa, ci sono vittime di autoritarismo e di eccesso di potere? Dà un esempio.
? Superstizione, corruzione, viltà, marcavano l'esercizio del potere di Erode. Paragonalo con l'esercizio del potere religioso e civile oggi, sia nei vari livelli sia della società che della Chiesa.


5) Preghiera finale

In te mi rifugio, Signore,
ch'io non resti confuso in eterno.
Liberami, difendimi per la tua giustizia,
porgimi ascolto e salvami. (Sal 70)

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30/08/2014 09:48
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Là sarà pianto e stridore di denti

La vita del presente dell'uomo e anche del suo futuro eterno è posta da Dio nelle mani di ogni singola persona. Un nostro gesto la conduce nella morte e un altro la porta nella prosperità, nel benessere, nell'abbondanza. Un nostro atto ci conduce alla guerra e un altro alla pace. Il Signore lo afferma con divina chiarezza: "Dinanzi a te pongo il fuoco e l'acqua, dove vuoi stendi la mano". Il futuro è tutto nella nostra scienza, sapienza, intelligenza, discernimento, obbedienza alla Parola del Signore. Se questa verità viene dimenticata, il futuro sarà solo di miseria sia nel tempo che nell'eternità.
La vita è il primo talento che il Signore ha dato ad ogni uomo. Esso va fatto fruttificare con ogni sapienza, intelligenza, volontà nella fede, nella speranza, nella carità, avvalendoci delle quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza. Se non viene portata a maturare ogni frutto di bene, nella purezza di una obbedienza totale alla volontà di Dio, essa non è adatta per il regno dei cieli. È una vita morta che andrà a finire nella morte eterna. Vita con vita. Morte con morte. Luce con luce. Tenebre con tenebre. Di ogni altro dono ricevuto il Signore vuole il frutto. Anche del più piccolo talento, più piccolo dono di grazia dobbiamo rendere il frutto a Dio.
Leggendo con sapienza di Spirito Santo quanto oggi il Signore ci rivela, dobbiamo denunciare un grave errore che oggi governa la nostra società. Tutti vogliono fare tutto. Tutti si pensano capaci di tutto. Ognuno invece deve rispettare la propria vita. Non può darle un peso che essa mai potrà sopportare. Non potrà mai perché carente del dono, del carisma necessario per riuscire nell'opera prefissata. Altro grave errore è l'abbandono di vitali settori per la vita di tutti in nome di una elevazione culturale che poi mai si compirà perché carenti di quella particolare attitudine per lo studio e l'immersione nelle materie scientifiche, filosofiche, o semplicemente classiche.
Urge un radicale cambiamento di mentalità. È necessaria una grande conversione alla propria verità, al proprio dono, alla propria grazia, al proprio talento. Come è privo di vita un talento sotterrato, così lo sarà anche un altro che è portato fuori della sua verità. Se avessimo l'umiltà di convertirci ognuno alla propria verità naturale e soprannaturale daremmo ad ogni uomo frutti di vera vita. La società oggi è in grande sofferenza e lo è a motivo della libertà che ognuno si prende di concepire la sua vita fuori di Dio, indipendentemente dalla sua volontà e dalla sua grazia. Ogni errore è causa di morte.
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01/09/2014 07:22
 
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Eremo San Biagio
Commento su Luca 4, 20-21

Gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire: "Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con le vostre orecchie"
Lc 4, 20-21

Come vivere questa Parola?

L'Evangelista Luca ha ripreso l'istantanea di Gesù che si reca a Nazareth, entra come di solito nella sinagoga in giorno di sabato e legge un brano del Profeta Isaia. Si tratta di una chiara profezia che, diversi secoli prima, era stata scritta proprio per annunciare non solo la sua venuta, ma la sua missione messianica: annunciare ai poveri qualcosa di lieto, proclamare la liberà ai prigionieri, la vista ai ciechi il sollievo agli oppressi il bene a tutti.

Con tutta probabilità la sua stessa voce deve aver lasciato trapelare qualcosa di molto importante. Non a caso il testo dice che nella sinagoga "gli occhi di tutti stavano fissi su di Lui" .

E qui avviene l'imprevedibile: dalle sue stesse labbra esce l'affermazione che divide in certo senso la storia in un prima e in un dopo. Gesù proclama che quella parola profetica proprio lì, in quel giorno si è adempiuta. Il lungo tempo dell'attesa si è compiuto.

Riusciamo ad immaginare gli occhi di quanti erano lì nella Sinagoga a guardare Uno che praticamente diceva di essere il grande Atteso?.

Dapprima è stupore e meraviglia. Subito dopo l'incredulità si fa strada. Gesù lo ammette: "Nessun profeta è bene accetto nella sua patria". Ben presto però un gorgo di sentimenti avversi circonda il Signore come acque infide. Lo sdegno cresce fino a farsi minaccia di morte.

Quella storia si ripete anche oggi. Gesù parla nella Sacra Scrittura e la Sacra Scrittura parla di Lui.

Gesù è una presenza di provvido amore nelle nostre giornate, è il nostro sostegno nei Sacramenti, cammina con noi e ci chiede di amarlo nel prossimo. Ma ce ne accorgiamo?

Signore, accresci in me la fede. Fa' che i miei occhi siano fissi su di Te, per riconoscerti con uno sguardo convinto di amore. Fa' che la tua Persona mi affascini sempre. E che io cammini con Te nella volontà del Padre.

La voce di un grande Pontefice

Ci porta il Signore; Egli ci porta come siamo e con ciò che abbiamo: con le ricchezze sue in noi e con le nostre miserie.
Giovanni XXIII
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02/09/2014 07:26
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, nostro Padre,
unica fonte di ogni dono perfetto,
suscita in noi l?amore per te e ravviva la nostra fede,
perché si sviluppi in noi il germe del bene
e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 4,31-37
In quel tempo, Gesù discese a Cafarnao, una città della Galilea, e il sabato ammaestrava la gente. Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità.
Nella sinagoga c?era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte: ?Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!?
Gesù gli intimò: ?Taci, esci da costui!? E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da paura e si dicevano l?un l?altro: ?Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?? E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione.


3) Riflessione

? Nel vangelo di oggi vediamo da vicino due fatti: l?ammirazione della gente per il modo di insegnare di Gesù e la guarigione di un uomo posseduto da un demonio impuro. Non tutti gli evangelisti raccontano il fatto allo stesso modo. Per Luca, il primo miracolo è la calma con cui Gesù si libera dalla minaccia di morte da parte della gente di Nazaret (Lc 4,29-30) e la guarigione dell?uomo posseduto (Lc 4,33-35). Per Matteo, il primo miracolo è la guarigione dei malati e degli indemoniati (Mt 4,23) o, più specificamente, la guarigione di un lebbroso (Mt 8,1-4). Per Marco, l?espulsione di un demonio (Mc 1,23-26). Per Giovanni, il primo miracolo fu a Cana, dove Gesù trasformò l?acqua in vino (Gv 2,1-11). Così, nel modo di raccontare le cose, ciascun evangelista indica qual è stata secondo lui la più grande preoccupazione di Gesù.
? Luca 4,31: Il cambiamento di Gesù verso Cafarnao: ?Gesù discese a Cafarnao, una città della Galilea, e il sabato ammaestrava la gente?. Matteo dice che Gesù andò a vivere a Cafarnao (Mt 4,13). Cambiò residenza. Cafarnao era una piccola città all?incrocio tra due strade importanti: quella che veniva dall?Asia Minore ed andava verso Petra al sud della Transgiordania, e l?altra che veniva dalla regione dei due fiumi: il Tigre e l?Eufrate e scendeva verso l?Egitto. Il cambiamento verso Cafarnao facilitava il contatto con la gente e la divulgazione della Buona Notizia.
? Luca 4,32: Ammirazione della gente per l?insegnamento di Gesù. La prima cosa che la gente percepisce è che Gesù insegna in modo diverso. Colpisce non tanto il contenuto, quanto il suo modo di insegnare: ?Gesù parlava con autorità.?Marco aggiunge che per questo suo modo diverso di insegnare, Gesù creava una coscienza critica tra la gente nei riguardi delle autorità religiose del suo tempo. La gente percepisce e paragona: ?Insegna con autorità, diverso dagli scribi? (Mc 1,22.27). Gli scribi dell?epoca insegnavano citando le autorità. Gesù non cita nessuna autorità, bensì parla partendo dalla sua esperienza di Dio e della sua vita.
? Luca 4,33-35: Gesù lotta contro il potere del male. Il primo miracolo è l?espulsione di un demonio. Il potere del male si impossessava delle persone, alienandole. Gesù restituisce le persone a se stesse, restituendo loro la coscienza e la libertà. Lo fa grazie alla forza della sua parola: "Taci, esci da costui!" Ed in un?altra occasione dice: ?Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio.? (Lc 11,20). Anche oggi, molta gente vive alienata da se stessa, soggiogata dai mezzi di comunicazione, dalla propaganda del governo e del commercio. Vive schiava del consumismo, oppressa dai debiti e minacciata dai creditori. La gente pensa che non vive bene se non ha tutto ciò che la propaganda annuncia. Non è facile espellere questo potere che oggi aliena tanta gente, e restituire le persone a loro stesse
? Luca 1,36-37: La reazione della gente: ordina agli spiriti impuri. Gesù non solo ha un modo diverso di insegnare le cose di Dio, ma provoca anche ammirazione nella gente per il suo potere sugli spiriti impuri: "Che parola è questa che comanda con autorità e potenza gli spiriti immondi e questi se ne vanno?" Gesù apre un cammino nuovo in modo che il popolo possa mettersi dinanzi a Dio a pregare e ricevere la benedizione promessa ad Abramo. Doveva prima purificarsi. C?erano molte leggi e norme che rendevano difficile la vita della gente ed emarginavano molte persone, considerate impure. Ma ora, purificate dalla fede in Gesù, le persone potevano di nuovo mettersi in presenza di Dio e pregarlo, senza necessità di ricorrere alle norme di purezza complicate e spesso dispendiose.


4) Per un confronto personale

? Gesù causa ammirazione tra la gente. L?attuazione della nostra comunità nel quartiere causa ammirazione tra la gente? Che tipo di ammirazione?
? Gesù scaccia il potere del male e restituisce le persone a se stesse. Oggi molte persone vivono alienate da tutto e da tutti. Come restituirle a se stesse?


5) Preghiera finale

Paziente e misericordioso è il Signore,
lento all?ira e ricco di grazia.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature. (Sal 114)

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03/09/2014 08:24
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Per questo sono stato mandato

La missione di Gesù non è per pochi uomini appartenenti ad un solo popolo, o nazione. La sua è vera missione universale. Le antiche profezia annunziano che Lui deve portare la luce della verità e della giustizia fino alle isole più remote. Ogni uomo dovrà conoscere la salvezza di Dio. Assieme alla luce deve anche ricreare l'uomo, rifacendolo nel suo cuore, nella sua anima, nello stesso suo corpo. L'uomo così come esso si è fatto, quotidianamente si fa', è nella morte, nella schiavitù, nella totale cecità, nel carcere dell'ignoranza, nella prigione dell'infedeltà. Il Messia dovrà operare una completa liberazione. In Lui, con Lui, per Lui è la vera salvezza dell'intera umanità.

Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento. Così dice il Signore Dio, che crea i cieli e li dispiega, distende la terra con ciò che vi nasce, dà il respiro alla gente che la abita e l'alito a quanti camminano su di essa: «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre. Io sono il Signore: questo è il mio nome; non cederò la mia gloria ad altri, né il mio onore agli idoli. I primi fatti, ecco, sono avvenuti e i nuovi io preannuncio; prima che spuntino, ve li faccio sentire». Cantate al Signore un canto nuovo, lodatelo dall'estremità della terra; voi che andate per mare e quanto esso contiene, isole e loro abitanti. Esultino il deserto e le sue città, i villaggi dove abitano quelli di Kedar; acclamino gli abitanti di Sela, dalla cima dei monti alzino grida. Diano gloria al Signore e nelle isole narrino la sua lode. Il Signore avanza come un prode, come un guerriero eccita il suo ardore; urla e lancia il grido di guerra, si mostra valoroso contro i suoi nemici. (Is 42,1-13).

L'uomo vuole fare di Gesù solo un guaritore di malattie del corpo. Non lo vuole un datore di luce e di vera giustizia, un autentico rivelatore della volontà del Padre. Vorrebbe quasi costringerlo, sottometterlo alla sua volontà. Guidarlo nelle cose da fare. Gesù invece non si lascia schiavizzare da alcuno e afferma anche dinanzi ad un esercito di ammalati, lasciandoli nella loro malattia, che il Padre lo manda altrove e che Lui gli deve prestare immediata obbedienza. Abbandona ogni cosa e si reca altrove.

Tra Gesù e ogni suo discepolo è questa la differenza, la distanza che ci separa. Gesù è dalla volontà del Padre sempre. Noi, suoi discepoli, siamo quasi sempre dalla nostra volontà. Lui è dai bisogni divini. Noi siamo dai bisogni umani. Lui è dall'eternità. Noi siamo dal tempo. La sua pastorale è sempre purissima obbedienza alla Parola del Padre. La nostra invece è obbedienza alla storia, alle questioni degli uomini, alle loro urgenze e necessità. Finché la nostra pastorale non diventa in tutto simile a quella di Gesù, purissima obbedienza a Dio, non vi potrà essere né salvezza e né redenzione, perché il Signore vuole una cosa sola: l'obbedienza perfetta al suo volere. Poi sarà Lui a dare all'uomo ogni altra cosa. Il Signore dona ogni grazia agli uomini, a condizione che noi diamo a Lui la nostra totale sottomissione al suo volere. Salva il mondo chi obbedisce a Dio. Lo redime chi si sottomette alla sua divina volontà.
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04/09/2014 07:23
 
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Movimento Apostolico - rito romano
D'ora in poi sarai pescatore di uomini

Il brano del Vangelo odierno è ricco di grandi insegnamenti. Esso merita tutta la nostra attenzione. Gesù non sale su una barca qualsiasi per insegnare. Sale sulla barca che è di Simone. Gesù non insegna la sua verità, non dona la pienezza della sua grazia, non versa sul mondo lo Spirito Santo da qualsiasi chiesa. Opera tutto questo dalla Chiesa che è di Simone, cioè dalla sua Chiesa che Lui ha fondato su di lui. Altre Chiese Lui non ne conosce. Non ne può conoscere perché non sono state fondate da Lui, ma dagli uomini. Ognuno è chiamato, obbligato a parlare dalla sua Chiesa. Cristo dalla sua. Gli altri dalla loro. Ma se Cristo non parla dalle altre Chiese, chi parla, chi insegna, chi ammaestra le folle? Sono gli uomini o è il Signore? Di certo sono gli uomini.
Questa verità va gridata dalla Chiesa di Pietro non per vanto, per vanagloria, per esaltazione di se stessa, per una specie di narcisismo spirituale. Va gridata per amore degli uomini da salvare, da redimere, da condurre nella vera Parola di Gesù Signore. Ogni uomo esistente sulla nostra terra ha il diritto di conoscere qual è la verità che lo salva, lo redime, lo giustifica. Ogni uomo deve sapere dove trovare la pienezza della grazia e della verità. È un suo diritto saperlo ed è obbligo gravissimo della Chiesa offrire la vera scienza della salvezza e della redenzione. Questo obbligo investe ogni membro del corpo di Cristo, nessuno escluso, anche se con responsabilità differenti e mansioni specifiche. Altro infatti è l'obbligo del ministro ordinato altro quello del fedele laico. Altra è la responsabilità degli Apostoli, altra quella dei battezzati, altra quella dei cresimati. Ognuno è responsabile dai sacramenti che ha ricevuto.
Non solo Cristo è obbligato, per volontà del Padre, ad insegnare dalla barca della Chiesa fondata su Pietro, ogni fedele discepolo di Gesù deve insegnare dalla stessa barca. Deve cioè insegnare dalla pienezza della sua verità, della sua grazia, della sua costituzione ontologica soprannaturale. Oggi è proprio questo che non si fa. Ognuno insegna dal proprio cuore, dai propri sentimenti, dalla propria volontà, dalla sue teorie, dai suoi dogmi, dalle sue dottrine, dalle sue filosofie. E purtroppo questo avviene sulla stessa barca di Pietro. Si è sulla stessa barca, ma ognuno insegna per suo proprio conto. Questa autonomia abbraccia sia la Chiesa universale, che quella particolare. Ogni parrocchia rischia di essere voce a sé. Non voce dalla barca, ma voce sulla barca. Urge porvi rimedio. La Chiesa sarà veramente se stessa quando tutti i suoi figli annunziano dalla Chiesa, per la Chiesa, nella Chiesa.
Pietro è chiamato da Gesù ad essere pescatore di uomini. Anche lui, se vuole pescare uomini nella rete di Dio, deve recarsi al largo con la barca della Chiesa, non con altre barche. Le altre barche possono solo venire in suo aiuto. Sono le altre che vengono in suo aiuto. La pesca abbondantissima è però solo sua, solo della sua barca. Le altre barche non hanno pescato nulla. Non sono la barca di Pietro. Se solo credessimo tutti in questa verità della Chiesa di Cristo Gesù, il mondo potrebbe salvarsi tutto.
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05/09/2014 06:27
 
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Riccardo Ripoli
Potete far digiunare gli invitati a nozze, mentre lo sposo è con loro

Ci ribelliamo spesso alla Fede pensandola come un insieme di rituali, pensiamo ad una cosa triste, cupa, fatta per anziane signore che non hanno di meglio da fare che snocciolare il Rosario.
Bene, fate bene a ribellarvi. Gesù è stato un grandissimo ribelle, un rivoluzionario eccezionale. Attenzione però. Oggi associamo queste parole a guerra armata, violenza, contrasto con furti e falsità. Non è questo che faceva Gesù. Egli si ribellava alle abitudini del tempo, a ciò che rendeva schiave le persone, a digiuni, abluzioni e qualunque altro rito che allontanasse dalla gioia. Ma quando vi capita di andare ad un banchetto nuziale, voi digiunate? No, ed allora non è giusto che non si veda nella presenza di Dio una continua festa, gioia, allegria. Ho fatto per diversi anni lo scout da bambino e le cose più belle che mi ricordo sono i giochi, le danze, i canti e la Messa era una cosa che non si staccava da quel continuo fare festa, era gioia anch'essa, anzi era gioia ancor più grande perché era l'incontro con Dio. Gesù visto com un Amico, Colui al quale poter confidare i propri segreti, con il quale piangere, dal quale lasciarsi consolare ed accarezzare. Un Amico con il quale anche arrabbiarsi per poi fare pace e tornare a gioire, asciugare le lacrime, sorridere al futuro che incalza, una gioia enorme che porta alla grande festa che ha preparato per noi al termine della nostra vita terrena. Anche la morte è gioia perché è il viaggio più bello, quello alla fine del quale ci troverà faccia a faccia con il Signore.
La mia mamma nei mesi prima di morire ci raccomandò di farle un funerale festoso perché diceva "[i]siate felici per me che vado ad incontrare Gesù[/i]". Il 5 gennaio 1986, il giorno del funerale, lo ricordo come il giorno più bello della mia vita. Tutte le campane suonavano a festa, tanti i ragazzi con le chitarre, l'organo intonava musica allegra, le persone erano vestite con colori sgargianti come ad un bellissimo ricevimento nel quale salutiamo una persona che parte per andare a stare meglio e la tristezza di perderla lascia il posto alla gioia per lei. Saperla tra le braccia di Dio mi rasserena, mi da la forza per andare avanti nonostante gli sgambetti che in tanti provano a farci invidiosi della nostra serenità e fiducia nel futuro.
Non allontanatevi dalla Fede perché pensate ci siano troppe formalità imposte dall'uomo, ribellatevi alle cose che nella Chiesa non vanno, annunciate con gioia la Parola di Dio perché i Suoi insegnamenti sono la cosa più bella che l'uomo abbia mai ricevuto.
Ognuno ha la sua Fede, c'è chi va in chiesa tutti i giorni e passa le ore a sistemare gli addobbi sacri, cambiare l'acqua dei vasi, stirare i paramenti del sacerdote, pulire le panche; altri si rinchiudono in conventi dove trascorrono la loro esistenza alternando preghiera e lavoro; altri ancora partono e vanno nelle missioni per aiutare le popolazioni che vivono in condizioni di maggior arretratezza; altri che predicano oppure lavorano portando la loro Fede come stemma, altri ancora che si occupano di anziani, o di bambini, o di carcerati e di tutte le persone sole e abbandonate dall'uomo. Chi può dire che una di esse è la vera Fede e le altre non lo siano? Ognuno ha il suo modo, ognuno tira fuori dal cuore l'amore che ha dentro e lo propone a Dio nel modo che più gli piace o che meglio gli riesce. Sono solo aspetti formali che al Signore non importano. Se aiutiamo un bambino in tutta la nostra vita, oppure se creiamo un movimento di preghiera riconosciuto in tutto il mondo per il Signore non fa differenza, quello che Lui vuole da noi è che mettiamo l'amore in ogni cosa che facciamo, che si possano abbracciare i Suoi valori, viverli e far si che siano un esempio di vita per gli altri, un continuo stimolo per avere e non abbandonare la Fede.
Non è scansando le persone che si serve Cristo, ma è avvicinandole, rispettandole, amandole per quello che sono che facciamo vedere al mondo la vera forza della Fede. Se faremo festa ogni giorno, anche quando ci verrebbe voglia di piangere, se abbracceremo il nostro nemico perché lo perdoniamo dal profondo del cuore, se faremo delle piaghe del nostro prossimo le nostre piaghe, se ameremo Dio senza condizioni saremo un faro, una luce che segnerà la strada a quanti ancora brancolano nel buio. La Fede è come la fiamma pilota di una caldaia, è sempre accesa e per alimentarla basta girare la manopola, basta muoversi da casa ed entrare in un ospedale e conversare con una persona sola, dare una carezza ad un bambino che chiede l'elemosina, pregare con il cuore per coloro che hanno fatto degli errori senza condannarli o augurare loro ogni sorta di male. Il mondo ha bisogno di scaldarsi, giriamo la manopola della Fede e infiammiamo questo nostro mondo con il calore dell'Amore per gli altri. Inondiamolo con la nostra rivoluzione, amiamo chi ci disprezza, camminiamo a fianco delle persone che nessuno vuole, prendiamo un bambino in affido, combattiamo le nostre guerre con i fiori e non con le armi. Siamo pronti a fare mille rivoluzioni, a ribellarci a tutto e tutti, bene, è un ottimo punto di partenza, ma incanaliamo la nostra forza verso qualcosa che costruisca un mondo migliore, doniamo un futuro ai nostri figli e a noi stessi.
Vi sembra che oggigiorno ci sia amore per le strade? Ben poco, si ammazza e si stupra con la facilità di bere un bicchier d'acqua e la cosa brutta è che quasi non ci facciamo più nemmeno caso. Il male, la cattiveria, l'egoismo stanno prendendo il sopravvento, ma davvero volete che questo accada? Davvero siete disposti a subire tutto questo? Cambiare si può, è la rivoluzione che ci ha insegnato Gesù, ribelliamoci a questo stato di cose e cominciamo da noi, dalle nostre famiglie ad essere altruisti e generosi, insegniamo ai nostri ragazzi i valori ed i principi che fanno grande una persona, prendiamo i bambini di chi li maltratta ed educhiamoli ad essere uomini e donne capaci di amare e di creare a loro volta famiglie sane.
Il futuro del mondo è nella rivoluzione insegnataci dal Signore, raccogliete la Sua sfida ed arruolatevi nell'esercito di Dio.
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06/09/2014 07:20
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, nostro Padre,
unica fonte di ogni dono perfetto,
suscita in noi l?amore per te e ravviva la nostra fede,
perché si sviluppi in noi il germe del bene
e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 6,1-5
Un giorno di sabato, Gesù passava attraverso campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani.
Alcuni farisei dissero: ?Perché fate ciò che non è permesso di sabato??
Gesù rispose: ?Allora non avete mai letto ciò che fece Davide, quando ebbe fame lui e i suoi compagni? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell?offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non fosse lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti??
E diceva loro: ?Il Figlio dell?uomo è signore del sabato?.


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi narra il conflitto relativo all?osservanza del sabato. L?osservanza del sabato era una legge centrale, uno dei Dieci Comandamenti. Legge molto antica che fu riconsiderata nell?epoca dell?esilio. Nell?esilio, la gente doveva lavorare sette giorni a settimana dalla mattina alla sera, sin condizioni per riunirsi e meditare la Parola di Dio, per pregare insieme e per condividere la fede, i loro problemi e le loro speranze. Ecco quindi il bisogno urgente di fermarsi almeno un giorno alla settimana per riunirsi ed incoraggiarsi a vicenda durante la situazione così dura dell?esilio. Altrimenti avrebbero perso la fede. Fu lì che la fede rinacque e si ristabilì con vigore l?osservanza del sabato.
? Luca 6,1-2: La causa del conflitto. Il sabato, i discepoli attraversano le piantagioni e si aprono cammino strappando spighe. Matteo 12,1 dice che avevano fame (Mt 12,1). I farisei invocano la Bibbia per dire che cosa suppone trasgressione della legge del Sabato: "Perché fate ciò che non è permesso di fare il sabato?" (cf Ex 20,8-11).
? Luca 6,3-4: La risposta di Gesù. Immediatamente, Gesù risponde ricordando che Davide stesso faceva cose proibite, poiché prese i pani sacri del tempio e li dette da mangiare ai soldati che avevano fame (1 Sam 21,2-7). Gesù conosceva la Bibbia e la invocava per dimostrare che gli argomenti degli altri non avevano nessuna base. In Matteo, la risposta di Gesù è più completa. Lui non solo invoca la storia di Davide, ma cita anche la Legislazione che permette ai sacerdoti di lavorare il sabato e cita il profeta Osea: ?Misericordia voglio e non sacrificio?. Cita un testo biblico e un testo storico, un testo legislativo ed un testo profetico (cf. Mt 12,1-18). In quel tempo, non c?erano Bibbie stampate come le abbiamo oggi. In ogni comunità c?era solo una Bibbia, scritta a mano, che rimaneva nella sinagoga. Se Gesù conosce così bene la Bibbia vuol dire che nei 30 anni della sua vita a Nazaret ha partecipato intensamente alla vita comunitaria, dove ogni sabato si leggevano le scritture. A noi manca molto per avere la stessa familiarità con la Bibbia e la stessa partecipazione alla comunità.
? Luca 6,5: La conclusione per tutti noi. E Gesù termina con questa frase: Il Figlio dell?Uomo è signore del sabato! Gesù, Figlio dell?Uomo, che vive nell?intimità con Dio, scopre il senso della Bibbia non dal di fuori, ma dal di dentro, cioè scopre il senso partendo dalla radice, partendo dalla sua intimità con l?autore della Bibbia che è Dio stesso. Per questo, lui si dice signore del sabato. Nel vangelo di Marco, Gesù relativizza la legge del sabato dicendo: ?Il sabato è stato istituito per l?uomo e non l?uomo per il sabato?.


4) Per un confronto personale

? Come passi la Domenica, il nostro ?Sabato?? Vai a messa perché obbligato/a, per evitare il peccato o per poter stare con Dio?
? Gesù conosceva la Bibbia quasi a memoria. Cosa rappresenta la Bibbia per me?


5) Preghiera finale

Canti la mia bocca la lode del Signore
e ogni vivente benedica il suo nome santo,
in eterno e sempre. (Sal 144)
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07/09/2014 08:22
 
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Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su Mt 18,15-20

Collocazione del brano

Il brano di questa domenica appartiene al capitolo 18 di Matteo, in cui troviamo un discorso che alcuni studiosi chiamano "ecclesiale" perché tratta della cura pastorale verso i più piccoli (la pecora smarrita) e dall'insegnamento del perdono, che è la legge su cui si edifica la chiesa (parabola del Signore misericordioso e del servo spietato).

E' un discorso rivolto a chi si distingue dai più "piccoli" e che è invitato ad avere cura di loro, molto probabilmente i pastori della comunità (i dodici).

Chi sono i "piccoli"? Nella comunità di Matteo, composta per la maggior parte da cristiani provenienti dal giudaismo, i piccoli erano gli altri, la minoranza degli ex-pagani che non conosceva bene la legge di Mosè e quindi la trasgrediva più facilmente. In senso più ampio possiamo considerare i "piccoli" come i peccatori, coloro che nella comunità erano più inclini a compiere qualcosa di sbagliato. Vengono chiamati piccoli perché i pastori nei loro confronti dovevano avere maggiore attenzione, avere molta più pazienza, per aiutarli a superare le loro difficoltà e a sentirsi pienamente parte della comunità cristiana.

Il vangelo di questa domenica si ferma in modo particolare sull'atteggiamento da assumere nei confronti dei membri della comunità che sbagliano. "Se tuo fratello peccherà contro di te...": certamente il problema era sentito in modo molto forte. Qui vengono dunque ricordati alcuni elementi fondamentali di cui tenere conto in questi frangenti.
Lectio

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 15«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello;

Il peccato di cui si tratta è certamente un peccato pubblico e grave, non solo di un'offesa personale. Alcuni manoscritti aggiungono "contro di te", ma si tratta forse di un adeguamento al "contro di me" che troveremo nella domanda di Pietro in 18,21.

Attingendo alla tradizione mosaica, la comunità di Matteo aveva una prassi ben precisa da seguire nei confronti di chi all'interno della comunità compie un'azione riprovevole. Si tratta di una prassi graduale e rispettosa della dignità di colui che ha compiuto il peccato.

La prima fase di questa prassi è la correzione personale. Il verbo "correggere" ha molta importanza nel Pentateuco (soprattutto Lv 19,17). Tale prassi si ispira al comandamento dell'amore verso il prossimo e all'aiuto da dare anche a coloro che commettono degli errori.

Se il tentativo della correzione personale ha successo, si ha "guadagnato" un fratello, cioè i legami con lui diventano più forti. Ma vi è anche un senso "tecnico", relativo alla crescita della comunità cristiana: si "guadagna" e "non si perde" un altro fedele, un'altra persona che è stata giudicata degna di fare parte del Regno di Dio.
16 se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni.

La seconda fase è molto più seria e attinge al diritto mosaico: vengono chiamati in causa dei testimoni, non uno solo, ma almeno due, perché il peccato sia riconosciuto in modo autorevole e affinché il colpevole si renda conto della gravità della propria situazione.
17 Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.

La terza fase è la proclamazione del reato davanti a tutta la comunità cristiana, la chiesa. Ecco perché si pensa che questa prassi faccia riferimento a qualcosa di più grande di una semplice offesa personale.

Qualora il peccatore non voglia ammettere il suo reato nemmeno davanti a tutta la comunità cristiana scatta la scomunica. E' questo il senso di "sia per te come il pagano e il pubblicano": vengono citate due categorie di persone che notoriamente non erano ammesse a far parte della comunità giudaica (qui la comunità cristiana mantiene ancora numerose categorie della mentalità ebrea).
18In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

Gesù attribuisce qui alla comunità cristiana il potere di legare e sciogliere che aveva già affidato a Pietro.

Bisogna però ricordare che la scomunica deve essere l'extrema ratio e il potere di legare e sciogliere riguarda soprattutto il perdono, la misericordia, la pazienza, l'attenzione nei confronti di chi sbaglia. Di fatto il pagano e il pubblicano furono sempre dei soggetti privilegiati all'interno della predicazione e dell'opera di Gesù. Così anche la comunità cristiana si deve rivolgere ai pagani e ai pubblicani per "guadagnarli" al Regno di Dio. Ancora di più deve esplicare questo suo sforzo anche nei confronti di coloro che si sono allontanati o sono stati allontanati dalla comunità.
19In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà.

I versetti 19 e 20 parlano della preghiera in comune e non sono messi qui a caso. Al v. 16 venivano chiamati in causa due testimoni. Cosa dovevano testimoniare, il peccato del fratello o il suo rifiuto a convertirsi? Non è chiaro. Adesso però si dice una cosa che essi possono fare, sempre e comunque: "accordarsi" per domandare a Dio, nella preghiera, non "qualunque cosa", ma "un affare qualsiasi", "affare" (pragma) è termine tecnico per indicare una controversia all'interno della comunità. Si tratta quindi dell' "affare" precedente.
20 Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Per risolvere le controversie all'interno della comunità l'espediente più efficace è la preghiera comune.

Perché, quando c'è unanimità nella preghiera, è come se il Signore stesso fosse presente e giudicasse in mezzo alla comunità. A queste condizioni la preghiera è certamente efficace perché è la preghiera stessa di Gesù al Padre.

Matteo dunque sembra suggerirci che prima di giungere a soluzioni estreme, non occorre solo aver tentato ogni via possibile per recuperare il peccatore: bisogna soprattutto aver pregato a lungo e unanimemente.
Meditiamo

- Chi sono i "piccoli" che mi sono stati affidati e a cui devo dedicare più attenzione e pazienza?

- In base a cosa posso affermare che un mio fratello/una mia sorella ha compiuto un peccato?

- Per chi e per cosa prego? Mi sono mai "accordato" con altri per pregare per un "affare qualsiasi"? Per quale intenzione?
Preghiamo

(Colletta della 23a Domenica del Tempo Ordinario, Anno A)

O Padre, che ascolti quanti si accordano nel chiederti qualunque cosa nel nome del tuo Figlio, donaci un cuore e uno spirito nuovo, perché ci rendiamo sensibili alla sorte di ogni fratello secondo il comandamento dell'amore, compendio di tutta la legge. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
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08/09/2014 08:20
 
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La liturgia ci fa chiedere a Dio che la festa della natività della Madonna ci faccia crescere nella pace. Ed è effettivamente una festa che deve aumentare la pace in noi, perché ci parla dell'amore di Dio verso di noi.
La nascita di Maria è il segno che Dio ha preparato per noi la salvezza: per questo ha preparato il corpo e l'anima della madre di Gesù, che è anche madre nostra.
San Paolo nella lettera ai Romani scrive: "Quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo" (8,29). Questo è particolarmente vero per la Vergine santa, predestinata ad essere conforme all'immagine del Figlio di Dio e figlio suo. E Dio ha predisposto tutte le cose secondo questa intenzione: "Sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio", troviamo poco prima nella stessa lettera.
Dio ha preparato tutte le generazioni umane in vista della nascita di Maria, in vista della nascita di Gesù, e insieme ha agito con mezzi soprannaturali.
E nel Vangelo di oggi si può dire che appaiono sia la parte naturale che quella soprannaturale, l'una e l'altra necessarie per la nascita di Maria.
Questa lunga serie di generazioni, così monotone alla lettura, è in realtà come la sintesi di una storia vivente, spesso anche di peccatori, che è stata condotta da Dio verso la nascita di Maria e di Gesù.
Alla fine però il disegno di Dio si è realizzato con mezzi straordinari, sconcertanti: Giuseppe non capisce ciò che succede, perché avviene per opera dello Spirito Santo. Non bastano dunque le generazioni
umane che si succedono nel tempo per il compimento del progetto di Dio: è necessario l'intervento dello Spirito Santo.
Tutto dunque ci parla dell'amore di Dio: amore di Dio creatore, amore di Dio salvatore.
Oggi dobbiamo, più di sempre, dire a Dio la nostra riconoscenza, la nostra gioia perché egli ha amato Maria e ci ha amati
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09/09/2014 07:26
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Egli se ne andò sul monte a pregare

Il Signore della storia è Dio. Ogni uomo di Dio, e Gesù è vero uomo di Dio, oltre che vero Dio, deve chiedere al Signore della storia che sia Lui a dirigerla, governarla, deciderla per il più grande bene non solo della sua persona, ma di tutta l'umanità. Ogni uomo che viene in questo mondo non è solo responsabile della sua vita, della sua particolare storia. È invece responsabile della vita dell'intero universo, intera storia. Per Lui la storia può incamminarsi su un sentiero di vita per tutti oppure di morte per tutti.
Eva ha commesso un solo peccato. Per la sua disobbedienza non solo la vita dell'umanità è stata stravolta, ma anche quella di Dio. La morte in croce di Dio, del Figlio di Dio, è anche il frutto della sua colpa. Gesù subisce la morte per risanare l'uomo da quella trasgressione che causò la morte dell'intero genere umano. Moriamo tutti per quel suo peccato e per quella sua disobbedienza. Questa verità va messa nel cuore, nella mente, nella coscienza di ogni uomo. Nessuno vive per se stesso. Vive per una moltitudine di fratelli. Nessuno muore per se stesso. Muore per tutti gli uomini. Dalla nostra vita la vita del mondo. Dalla nostra morte la morte del mondo.
Gesù sa che il futuro dell'umanità dipende dalla scelta che Lui oggi farà dei Dodici. Di coloro che domani dovranno essere i suoi Vicari sulla terra, i testimoni della sua morte e della sua risurrezione, gli annunciatori del suo mistero di vita eterna. Essi non solo dovranno essere i testimoni, ma anche i creatori dell'umanità nuova attraverso il dono dello Spirito Santo. Sapendo questo, si reca sul monte. Va a colloquio con il Padre. Gli chiede di indicargli coloro che Lui ha scelto nella sua eterna e divina sapienza. Lo prega perché gli manifesti chi deve essere chiamato e chi lasciato. Gesù oggi compie un purissimo atto di fede nella Signoria del Padre.
Forse a noi è proprio questa fede che ci manca. Proprio di essa siamo carenti. Non abbiamo più il Padre come Signore della nostra vita. Pensiamo che tutto sia nelle nostre mani. Addirittura non andiamo da Lui per consegnargli la vita. Vi andiamo perché vogliamo possederla tutta e governarla noi, secondo la nostra volontà e ogni nostro desiderio. Non preghiamo come veri adoratori di Dio, in spirito e verità. Preghiamo da persone che usano Dio, vogliamo che Lui faccia la nostra volontà. L'educazione alla vera fede spesso diviene opera da Titani, tanto essa è umanamente impossibile. Solo con la potenza dello Spirito Santo si può operare e non tutto.
Gesù non sceglie dalla sua volontà, bensì da quella del Padre. Vero uomo di Dio, Lui sa che tutto sempre in Lui deve essere dal Padre, ogni cosa, anche la più piccola. Niente in Gesù è da se stesso. È questa la sua nota peculiare. Quanto Lui ha fatto, detto, insegnato, anche le modalità, tutte le cose sono dettate, suggerite, indicate dal Padre. Possiamo attestare che mai nulla Gesù ha messo del suo. Niente è mai venuto dalla sua volontà, dal suo cuore, dai suoi desideri. La sua è obbedienza perfetta, altrimenti non potrebbe essere nostro Redentore e Salvatore, né nostro Modello ed Esempio. Come per Gesù, così deve essere di ogni suo Apostolo, ogni suo discepolo, ogni suo testimone. Tutto deve essere dal Padre. È questo il vero insegnamento che sempre deve essere donato. Dio e Lui solo è il Signore della nostra vita.
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10/09/2014 07:28
 
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Eremo San Biagio
Commento su Luca 6, 20-26

Beati voi, in situazione di povertà, di fame, di pianto e di persecuzione...; ma guai a voi, ricchi, sazi, buontemponi e portati in palma di mano...
Lc 6, 20-26

Come vivere questa Parola?

La notte passata in preghiera ha illuminato Gesù nella scelta degli Apostoli e gli ha dettato le linee programmatiche dell'Annuncio. Il " discorso della pianura "in Luca è molto simile a quello " della montagna " in Matteo, anche se è più breve e strutturato in maniera differente ( in Mt. i guai non compaiono ). In entrambi la prima beatitudine è quella dellapovertà, che, per Lc, è vera e constatabile. Beati sono i poveri effettivi, i diseredati, gli emarginati, gli oppressi, i disprezzati, i privati dei diritti civili, ritenuti dai benpensanti "dis-graziati ".Fa eco san Paolo: Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti e ciò che nel mondo è debole per confondere i forti. (1 Cor 1,27)

Gli uomini delle beatitudini sono coloro che non aspettano nulla dal mondo, ma tutto da Dio; quegli uomini che il mondo guarda dall'alto in basso.

.Le beatitudini ( quattro in Lc e sette/otto in Mt ) sono aspetti diversi di una sola beatitudine e l'icona di ognuna di esse è il Signore Gesù: povero, servo sofferente, mite, giusto, misericordioso, innocente, puro, costruttore di pace eppure perseguitato e sottoposto ingiustamente alla violenza del male < sino alla morte ed alla morte di croce > ( Fil 2,8 )

Il discorso delle beatitudini è stoltezza per coloro che vivono nella logica del mondo. Solo la luce della fede permette di vedere con gli occhi di Dio. Il Vangelo, del resto, è un grande inclusione tra due beatitudini: " Beata colei che ha creduto all'adempimento delle parole del Signore " ( Lc 1,45 ),
e "Beati quelli che pur non avendo visto crederanno" ( Gv 20,29)

Gesù, mite e umile di cuore, rendi il nostro cuore simile al tuo (dalle preghiere litaniche del Sacro Cuore)

La voce di un dottore della Chiesa

Che cosa ha trovato Gesù nella povertà per amarla tanto e preferirla alle ricchezze? O sbaglia Gesù Cristo o si sbaglia il mondo.
San Bernardo da Chiaravalle
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11/09/2014 06:42
 
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Che audacia quella di Gesù! Ma conosce il mondo in cui viviamo? Chi non si difende viene ben presto schiacciato. E, inoltre, molto presto non lo si terrà più in considerazione. Sono i forti, quelli che sanno lottare, che vengono rispettati.
“Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano”. È posta qui la questione della potenza dell’amore. È l’odio più forte dell’amore? Sì, eccetto che nel mondo dei figli dell’Altissimo, poiché essi hanno in se stessi l’amore di Dio per poterne vivere e per poterne essere testimoni; è un dono che ci è stato fatto, che ci viene da Dio, ed è la presenza stessa dell’amore di Dio nel cuore dell’uomo, amore che dobbiamo lasciare crescere.
Amare con il cuore di Dio: ecco quanto possono realizzare coloro che, tramite il battesimo, sono figli dell’Altissimo. Dio ama ogni uomo, Gesù ha amato anche coloro che lo condussero a morte. Tramite il battesimo, all’uomo “giustificato” viene dato l’amore stesso di Dio in tutta la sua potenza, la sua forza, la sua bontà. Ciò che Cristo domanda a noi, figli dell’Altissimo, non è al di sopra delle nostre forze: lasciare che il suo amore traspaia nella nostra vita. Allora il nostro mondo sarà il mondo dell’amore
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12/09/2014 08:20
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Può forse un cieco guidare un altro cieco?

La religione e la fede per gli altri ci fa giudici spietati, crudeli, malvagi. Dimentichiamo che la religione, la fede è per gli altri se prima di tutto è per noi. È per gli altri nella misura in cui è per noi. Se non è per noi, mai lo potrà divenire per gli altri.
Gesù non è venuto sulla nostra terra ad insegnarci una Parola per noi. La Parola è per noi perché prima di tutto è stata per Lui. Lui infatti è il Servo del Signore, il Servo obbediente fino alla morte alla volontà del Padre sulla sua vita. Egli visse la Parola del Padre amando noi fino alla consumazione totale di sé. Se non partiamo da questa verità, saremo sempre predicatori non credibili della Parola, maestri senza veri discepoli, professori senza alcun alunno. Saremo mediatori che non salvano, perché senza alcuna forza di conversione.
È questo oggi il male incurabile della nostra religione e della nostra fede: siamo esigenti con gli altri e lassi con noi stessi; vogliamo che gli altri filtrino anche il più piccolo moscerino e noi ingoiammo i più grandi cammelli, senza alcuno scrupolo nella coscienza. Vogliamo gli altri santi e noi continuamente ci immergiamo in ogni peccato. Predichiamo agli altri, ma mai a noi stessi. Trattiamo noi stessi con molta indulgenza, infieriamo contro gli altri quando non li vediamo conformi ai nostri pensieri e alla nostra volontà. Gridiamo la morale ai fratelli e noi siamo camminiamo su una strada di immoralità, nefandezza, stoltezza, empietà, vera idolatria. Ci scandalizziamo se uno non osserva una norma rituale e ci vestiamo a festa quando noi trasgrediamo tutti i Comandamenti del nostro Dio e Signore.
Gesù non vuole questa religione e questa fede per gli altri. Vuole i suoi discepoli esemplari in tutti, modelli in ogni cosa, specchio nell'osservanza della sua Parola, annunciatori che dicono ciò che vivono e vivono ciò che deve essere detto sempre. Gesù vuole che prima togliamo la trave che è nel nostro occhio in modo da poter vedere bene quando ci accingiamo a levare la pagliuzza che è nell'occhio dei nostri fratelli. Gesù non ci vuole ciechi che guidano altri ciechi, stolti che si fanno sapienti, empi che si atteggiano a veri adoratori di Dio, mentre in realtà siamo degli idolatri.
Gesù vuole discepoli che mostrano la via della vita percorrendola, camminando avanti, mai rimanendo indietro, mai spingendo, sempre attirando. Attira chi è avanti. Spinge chi è dietro. Gesù attira a sé, non spinge, mai ha spinto. Se questa è la sua verità, anche per noi vale la stessa regola: siamo chiamati ad attrarre il mondo intero nel Regno di Dio vivendo noi da veri figli del Regno. Per questo oggi siamo chiamati ed invitati a porre seriamente mano all'edificazione della santità nella nostra vita. Una persona scarsa di moralità mai potrà edificare il regno di Dio nei cuori, perché esso è santità, giustizia, verità, pace, vera moralità, autentica santità. Dal peccato non si può innalzare il regno di Dio tra gli uomini, perché il regno di Dio inizia dalla distruzione in noi di ogni peccato, ogni trasgressione, ogni più piccola venialità.
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13/09/2014 06:26
 
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Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su 1 Tm 1,15-17

"Questa parola è sicura e degna di essere da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io" (1Tm 1,15-17).

Paolo ha parlato al figlio spirituale Timoteo della sua conversione senza mezze misure. Gli ha detto d'essere stato "bestemmiatore, persecutore e violento". La sua confessione è sincera umile e realistica ma non esorbitante. Ciò che ha fatto era anche frutto d'ignoranza e della sua posizione d'allora: l'incredulità. Ciò che vive ora, da apostolo del Signore, è frutto di quella grazia che "sovrabbondò con la fede e la carità in Cristo Gesù". Niente è sua bravura: tutto è dono!

Proprio qui, nella persuasione profonda di aver tutto ricevuto, esplode in Paolo una parola degna di essere creduta e pienamente accolta anche da noi, oggi. Si tratta di una parola che è anzitutto annuncio rivelativo della verità-chiave della nostra fede: Cristo Gesù è venuto non per creare clamorosa "suspense" nel mondo, ma per far sapere all'umanità intera che Dio, attraverso l'evento di Cristo morto e risorto, vuol salvare i peccatori, praticamente gli uomini tutti.

Poi nel dire: "di questi peccatori il primo sono io", Paolo con schiettezza e umiltà ci prende per mano: anche me, anche te: ognuno che ascolti con cuore sincero. Né io né te né alcun altro infatti possiamo sentirci esenti da qualche colpa. Il bello però su cui mi soffermerò in pausa contemplativa è che Cristo Gesù, se mi riconosco per quel che sono, vuole ad ogni costo salvarmi.

Non basterà la vita eterna, Signore Gesù, a dirti GRAZIE perché, se nel mio cuore si fa umile chiarezza, io riconosco che Tu mi salvi dal vuoto, dal non essere, dalla morte che è il peccato.

La voce di un Padre della Chiesa

Dio di nessuna cosa tanto si rallegra, come della conversione e della salvezza dell'uomo.
San Gregorio Nazianno
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14/09/2014 08:14
 
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Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su Gv 3,13-17

Collocazione del brano

Questo brano si trova all'interno del dialogo tra Gesù e Nicodemo. Nicodemo era un maestro in Israele e membro del sinedrio. Invece di attribuire al potere di Beelzebul i prodigi che Gesù ha compiuto sotto gli occhi di tutti, va da Gesù di notte e spera da lui in una illuminazione. In seguito lo vedremo prendere posizione contro il giudizio severo dei farisei (Gv 7,50) e darsi da fare perché Gesù abbia una degna sepoltura (Gv 19,39). L'incontro tra i due avviene di notte. C'è chi ha pensato che Nicodemo temesse il giudizio degli altri, oppure l'espulsione dalla sinagoga. In senso più simbolico possiamo pensare all'usanza giudaica che raccomanda lo studio notturno della Torah, o meglio ancora il fatto che i temi affrontati sono molto importanti (la rinascita nello Spirito, la morte di Cristo). Nicodemo dalle tenebre della notte si incammina verso Gesù, verso la pienezza della luce e della verità.
Lectio

In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: «13Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo.

Gesù in questi pochi versetti sta per rivelare qualcosa di importante: si tratta delle promesse che Dio fa all'uomo. Solo Gesù è in grado di rivelarle poiché è disceso dal cielo. L'allusione al "salire al cielo" non riguarda tanto la sua ascensione, bensì è la negazione del fatto che qualcuno sia mai potuto salire al cielo e conoscere il mistero di Dio. Si riferisce ai visionari apocalittici, molto in voga ai suoi tempi, che pretendevano di aver avuto delle visioni, di essere saliti al cielo e di averne carpito i segreti. Anche nella Bibbia troviamo spesso questa idea di "salire al cielo" per conoscere il volere di Dio (Dt 30,12; Pr 30,4; Bar
3,29; Sap 9,16-18).
14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto,

Vi è qui il riferimento al serpente di bronzo di cui si parla in Nm 21 (prima lettura). Nel deserto gli ebrei, stremati dalla fame e dalla sete, avevano recriminato contro Dio e contro Mosè; per questo erano stati puniti col morso mortale dei serpenti di fuoco. Ma per ordine di JHWH Mosè aveva innalzato un serpente di bronzo su un'asta. Quanti erano stati morsi dai serpenti avrebbero avuto salvezza guardando a questo serpente. Diversamente dagli altri miracoli compiuti per mezzo di Mosè nel deserto, in questo caso chi voleva salvarsi doveva fissare lo sguardo sull'emblema che sarebbe stato per loro sorgente di vita.

Nel corso dei secoli questo serpente di bronzo era divenuto oggetto di un culto idolatrico, come i pali sacri dei cananei; perciò il re Ezechia lo fece distruggere (2Re 18,4), mentre l'autore del libro della Sapienza intende far sapere che gli ebrei avevano in esso solo un simbolo che rimandava all'autore della salvezza, a Dio (Sap 16,7).

La lettura cristiana doveva fare solo un passo per vedere in Gesù il significato del serpente innalzato che libera dalla morte.
così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo,

Il Figlio è disceso dal cielo e ora bisogna che sia innalzato (quel "bisogna" è lo stesso termine che viene utilizzato nei Sinottici negli annunci della Passione). Essere innalzato significa per la comunità di Giovanni essere "glorificato" così come il servo sofferente di Isaia "sarà innalzato e pienamente glorificato" (Is 52,13). La sua glorificazione presuppone la tappa previa dell'umiliazione. Ma per Giovanni l'innalzamento è il momento stesso dell'umiliazione. La teologia della croce in Giovanni è al tempo stesso mistero di umiliazione e di glorificazione. Lo si vedrà bene durante il racconto della Passione di Cristo.

Ancora il mistero della croce rivela in sé anche la rivelazione di Cristo che per i Sinottici e Paolo avrebbe dovuto avvenire alla fine dei tempi, al momento della parusia. L'elevazione del Figlio dell'uomo sulla croce simboleggia (in senso forte) la sua elevazione nella gloria.
15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

La glorificazione di Gesù, innalzato come il serpente, diventa così possibilità e fonte di salvezza. E' necessario però rivolgersi a Lui con fede, la fede che in Lui solo si può trovare questa salvezza.
16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

Si rivela con questi due ultimi versetti la motivazione e la finalità del dono, cioè dell'invio del Figlio unico da parte del Padre. La prospettiva è universale: Dio amò il mondo, chiunque crede avrà la vita eterna. Al cuore della missione del Figlio, del suo innalzamento vi è l'amore del Padre.

In che senso intendere la parola "mondo"? Essa indica spesso in Gv coloro che non hanno accettato Dio.

Però può essere intesa anche come "genere umano", nella sua dimensione di incompletezza, di bisogno di salvezza.

La prima finalità del dono di Dio è la vita eterna dei credenti. Una seconda finalità del dono di Dio è la salvezza definitiva del mondo. I termini positivi di "vita eterna" e di "salvezza" vengono contrapposti ai termini negativi di "perdersi" e di "giudicare". Sono delle negazioni che servono a valorizzare, per contrasto il carattere assoluto del versante positivo. Il Figlio è stato donato per la vita eterna degli uomini e per la salvezza del mondo. La cosa necessaria per aderire a questa salvezza e a questa vita eterna è la fede.
Meditiamo

- Mi capita mai di cercare qualcuno che "sia salito al cielo", che sappia qualcosa del mistero della vita, del futuro, che mi suggerisca quali scelte io debba fare?

- Mi capita mai di "giudicare" il mondo?

- Cosa sono per me la vita eterna e la salvezza?
Preghiamo

(Colletta della festa dell'Esaltazione della santa Croce)

O Padre, che hai voluto salvare gli uomini con la Croce del Cristo tuo Figlio, concedi a noi che abbiamo conosciuto in terra il suo mistero di amore, di godere in cielo i frutti della sua redenzione. Per il nostro Signore...
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15/09/2014 07:33
 
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Movimento Apostolico - rito romano
E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé

La Vergine Maria, presso la croce di Gesù, sta vivendo un momento di indicibile sofferenza spirituale. Questa sofferenza le è necessaria perché Lei deve essere costituita Madre del discepolo di Gesù. Mentre Cristo muore in Croce, lei deve dare alla luce un altro figlio. E non vi è parto se non nella grande, ingovernabile sofferenza.
Sul primo parto, quello di Gesù nella grotta di Betlemme, il Vangelo tace. Dice che Maria ha dato alla luce il suo Figlio primogenito, senza nulla aggiungere. Dove la Scrittura tace è giusto che anche il teologo si astenga dall'aggiungere ad essa parole vane, insipienti, che non sono purissima rivelazione, bensì immaginazione di una mente che è sempre protesa a creare pensieri dove lo stesso Spirito Santo si astiene.
Il parto di Maria ai piedi della Croce sappiamo che è stato dolorosissimo. Lo attesta la profezia di Simeone: "Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori»" (Lc 2,33-35). È in questo martirio dell'anima che Lei genera il nuovo figlio, ogni nuovo figlio al Signore nostro Dio e Padre. È per questo dolore che Lei è vera Madre della Redenzione. Ogni figlio di Dio è generato misticamente in Lei, in questo dolore sempre nuovo, in questa sofferenza che come spada affilata le trapassa l'anima.
Nella casa di Nazaret l'Angelo Gabriele le aveva chiesto di consegnarsi interamente al suo Dio per divenire Madre del suo Figlio Unigenito. Con questa vocazione Lei è chiamata ad abbandonare ogni progetto umano di vita, per consegnare mente, cuore, spirito, anima, corpo alla divina volontà, in un sacrificio e olocausto quotidiano del proprio essere. Presso la croce è Gesù stesso, il suo Figlio Unigenito, che le affida una vocazione nuova. Come ha generato, partorito, allevato, sostenuto Lui così dovrà generare, partorire, allevare, sostenere ogni altro uomo che da figlio delle tenebre dovrà divenire figlio della luce, da figlio di Eva vero figlio di Dio. Questa vocazione mai verrà meno. Anche nel Paradiso Lei sarà sempre la Madre di tutti i redenti.
La vocazione non è data solo a Maria, è data anche al discepolo. Come Maria dovrà sempre partorire, generare, allevare ogni nuovo figlio di Dio, ogni nuovo discepolo di Gesù, così è necessario che ogni discepolo di Gesù, ogni nuovo figlio di Dio, prenda con sé Maria, l'accolga, la riceva nella sua casa. Non si tratta di una sola vocazione: quella della Vergine Maria. Ci troviamo dinanzi a due vocazioni: quella della Madre e quella del discepolo. L'una non può viversi senza l'altra. Maria e il discepolo devono divenire una cosa sola, non due. Né si può pensare che basti l'amore della Madre celeste per la nostra salvezza. Se le vocazioni sono due, esse sono necessarie l'una e l'altra. Escluderne una è porsi fuori del mistero della vita.
Madre e figlio devono essere una sola entità spirituale, fisica, morale, ascetica, mistica. Al figlio Gesù chiede di accogliere Maria come sua vera Madre e di amarla allo stesso modo in cui Lui l'ha amata e il primo amore è quello di averla scelta come sua genitrice, sua datrice della vita. Se il discepolo di Gesù non sceglie Maria come genitrice della sua vita spirituale, morale, nella verità e nella santità di Cristo Signore, per lui non c'è alcuna speranza di salvezza. Gli manca chi ogni giorno lo genera alla vita nuova in Cristo Gesù, per opera dello Spirito Santo. La Vergine Maria non è una delle tante sante e santi che sono nel Cielo. Questi sono nostri amici. Lei invece è la Madre che sempre ci deve rigenerare come veri figli del nostro Dio e Padre.
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16/09/2014 14:35
 
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Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su Salmo 99,5

Buono è il Signore, eterna è la sua misericordia, la sua fedeltà per ogni generazione.
Sl 99,5

Come vivere questa Parola?

L'antifona al Vangelo dice: " Tu hai compassione di tutti e nulla disprezzi di quanto hai creato, o Signore, amante della vita .

Mi tuffo in queste parole sacre per ricevere la vera energia che mi sosterrà nelle fatiche di questo giorno profumandone le conquiste, la gioia.

Quando il salmista scrisse queste parole salmiche, Israele era letteralmente circondato da popolazioni devote di divinità del tutto simili agli uomini: avidi litigiosi capricciosi mutevoli come loro. Erano intenti a prevaricare con prepotenza sull'uomo, più che a chinarsi su di lui, usandogli misericordia e offrendogli fedeltà.

Già la fede degli antichi Patriarchi e dei Profeti: la fede dunque dell'Antica Alleanza sperimentò la fedeltà di Dio.

Il cristiano poi assunse in proprio questo rapporto con Dio ma trasfigurato e addirittura divinizzato.
Sì, perché Dio stesso in Gesù il Figlio fatto uomo diventa il volto della fedeltà di Dio in mezzo a noi. La sua misericordia parla e canta quasi a ogni pagina del Vangelo. Per esempio in quella offerta oggi dalla liturgia, vediamo Gesù chinarsi con infinita tenerezza sul dolore e poi subito dopo vincere la morte. "Non piangere - dice alla vedova di Naim che accompagna a alla sepoltura l'unico figlioletto -. E subito glielo restituisce vivo.

È la bontà di Dio che qui si rivela dimostrando la sua fedeltà che penetra tutta la storia. Anche la tua, fratello, sorella, anche la mia.

Che me ne accorga o no, Tu Gesù sei la personificazione della fedeltà dentro i miei gironi. Tu mi usi misericordia sempre. Tu: infinitamente più grande della mia indigenza, del mio stesso peccato.

Ti chiedo allora questo soltanto: rendimi memore, in ogni momento, della tua fedeltà. E fa' che io possa narrarla agli altri con letizia, vivendo serena i miei impegni, vivendoli con amore fedele.

La voce di una donna che fa luce

Buono è il Signore: è amore fedele per sempre. Ecco il segreto del suo Regno che, per la nostra gioia, comincia già in terra.
Catherine de Hurck Doherty
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17/09/2014 05:30
 
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Movimento Apostolico - rito romano
A chi dunque posso paragonare la gente di questa generazione?

Il peccato dell'uomo è un potente filtro che impedisce alla verità di entrare nel suo cuore, di invadere la sua mente, di orientare la sua volontà, di determinare la sua storia. Più si pecca e più il filtro diviene agguerrito, tanto agguerrito da non lasciar penetrare nel cuore neanche il più piccolo barlume di verità. Il suo posto è fuori dell'uomo, non dentro. Un uomo senza verità è condannato alla falsità eterna.
Che il cuore sia nel peccato lo attestano le parole che escono dalla sua bocca. Peccato è il cuore, peccato sono le parole. Stolto è lo spirito, stolte sono anche le frasi che da esso vengono fatte venire fuori. Sempre la parola rivela il cuore. Ci svela se in esso regna la verità oppure le tenebre. Se vi è Cristo con la sua Parola, oppure il vizio e la trasgressione con la sua falsità e tenebra. Questa verità Gesù la proclama ai farisei con divina chiarezza. Il cattivo non può dire cose buone. Il buono non può dire cose cattive. La parola è sempre il frutto del cuore. Cuore e parola sono una cosa sola.
Prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono. Prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l'albero. Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? La bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. L'uomo buono dal suo buon tesoro trae fuori cose buone, mentre l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori cose cattive. Ma io vi dico: di ogni parola vana che gli uomini diranno, dovranno rendere conto nel giorno del giudizio; infatti in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato» (Mt 12,33-37).
Il peccato crea nell'uomo vera insensibilità spirituale alla verità, all'amore, alla giustizia, alla misericordia, alla compassione. È inutile gridare che è cosa giusta che si facciano opere di misericordia, che ci si consacri alla verità, che ci si consegni al vero amore. L'uomo è nel peccato. Se vogliamo che diventi sensibile alla carità, alla verità, ad ogni altra virtù, è necessario che prima venga liberato dal peccato. Ora dal peccato uno solo ci può liberare: Cristo Gesù. Lui però non ci libera attraverso un suo intervento diretto, bensì attraverso l'opera della Chiesa una, santa, cattolica, apostolica.
Giovanni il Battista è uomo severo con se stesso, austero. Pratica il digiuno, la penitenza corporale. Si nutre di miele selvatico e di locuste. Cosa dice l'uomo di peccato? Che è un indemoniato. Un uomo così austero non può appartenere al Signore. Per l'uomo di peccato il suo Dio è largo, remissivo, assolve sempre. Non c'è bisogno di alcuna penitenza né spirituale né corporale. Ogni licenza verrà assolta. Ogni trasgressione perdonata. Il peccato è parte essenziale della vita.
Viene Gesù, partecipa in tutto alla vita quotidiana così come essa si svolge. Frequenta le case degli uomini. Condivide con essi il cibo e le bevande. Sempre però da persona virtuosa. Sempre temperante in tutto. Cosa dice l'uomo di peccato? Che è un mangione e un beone. Costui non può essere uomo di Dio. Gli manca l'austerità, la temperanza, ogni altra virtù nell'uso delle cose di questo mondo. Quando si giudica dal peccato, tutto viene rivestito di grande male. Il male che è nel proprio cuore viene gettato sulla persona che è dinanzi a noi.
La nostra società oggi è gravissimamente ammalata di peccato. È divenuta insensibile a Gesù Signore, al suo Vangelo, alla sua verità e carità, al suo amore ricco di misericordia e di pietà. Alla Chiesa, sacramento di Cristo, segno di Lui, sua voce e suo cuore per togliere il peccato del mondo, la grave responsabilità della salvezza, oggi.
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18/09/2014 06:43
 
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La misericordia, la gioia di Dio che ama fino al perdono, la gioia di Dio che vede questa donna compiere un atto di fede nel suo amore. Credere all’amore. Credere alla misericordia per essere testimoni dell’amore, della misericordia, perché il nostro mondo ha bisogno proprio di questa testimonianza. Il nostro mondo è duro. Non crede all’amore gratuito, all’amore che si fa dono, alla misericordia. Nel dire ciò noi non ci lamentiamo della durezza dei tempi perché la misericordia di Dio è operante. Io ne sono la prova vivente, perché per me Cristo ridice di nuovo la storia della peccatrice.
Essere consapevoli di essere frutto della misericordia di Dio. Cristo ci ha dato un segno della sua dolce misericordia col sacramento della penitenza. È per noi abitualmente fonte di vita? Lasciamo regolarmente a Cristo la gioia di perdonarci? Questo è infatti il sacramento della penitenza: un atto di fede nell’amore. Molto spesso ci teniamo lontani da questo sacramento. Noi pensiamo innanzi tutto alla confessione dei nostri peccati: la confessione è certamente di capitale importanza. È un’azione dell’uomo libero che si riconosce povero e peccatore di fronte a Dio. Dovremmo invece pensare di più alla gioia di Dio che, ogni volta che un uomo, in un atto libero e bello della sua volontà, si rivolge a lui per essere perdonato, si vede riconoscere Amore misericordioso.
Grazie al sacramento della penitenza, il battezzato si sente divenire oggetto del perdono e potrà allora essere soggetto della misericordia. Potrà testimoniare che Dio è amore, se lui stesso si lascia rigenerare nell’amore. Il sacramento della penitenza è la realizzazione della profezia: “Vi darò un cuore nuovo”. La penitenza è un cambio di cuori. L’uomo dà a Dio il proprio cuore indurito dal peccato e Dio lo rigenera, lo riscalda con il perdono. Il battezzato potrà allora amare e a sua volta perdonare.
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19/09/2014 07:46
 
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Le collaboratrici di Cristo

È di primaria importanza il ruolo che le donne svolgono nella vita di Gesù. Sappiamo tutti della Madre sua, della vergine Maria. Quello delle altre donne è meno appariscente di quello degli Apostoli e dei discepoli, ma non per questo meno incisivo. Cristo ha goduto dell'amicizia di alcune di loro come Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro; più volte egli si ritirava nella casa di Betània con i suoi discepoli e sappiamo in quelle circostanze di tutto lo zelo di Marta e del fervore che animava Maria, assetata della Parola del Signore. A loro restituì vivo il fratello, che da tre giorni era nel sepolcro. Oggi l'evangelista Luca ne menziona altre che erano state beneficate da Gesù: «C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni, Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni». È interessante la sottolineatura che Luca fa nel riferirci l'origine e la storia di quelle donne. Alcune di loro sicuramente sarebbero state definite donne non di buona fama e appartenenti a categorie che suscitavano il disprezzo dei giudei. Gesù ha un modo diverso di accogliere e di scegliere: egli accettando la loro preziosa collaborazione e annoverandole nella sua grande famiglia, vuole sottolineare ancora una volta che i prediletti del cuore sono i lontani che ritornano all'ovile, i peccatori e le peccatrici convertite. La storia conferma che spesso i più ardenti di amore, di gratitudine e di fervore apostolico, sono stati e sono ancora convertiti e convertite; persone che dopo aver sofferto la lontananza dal Signore, hanno poi goduto di un abbraccio di misericordia e si sono visti rivestiti di dignità nuova e ammessi dal Padre celeste al festoso banchetto nella casa paterna. È lo stile di Dio, spesso tanto diverso dalle nostre umane considerazioni. Quelle prime donne hanno poi segnato la storia sia nel testimoniare l'eroico coraggio di seguire Gesù fino al Calvario, mentre gli apostoli erano in fuga, terrorizzati dagli eventi che rischiava di coinvolgerli in prima persona, sia nella schiera innumerevole di tante e tante altre, che si sono consacrate in modo totale ed esclusivo al Signore
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20/09/2014 07:39
 
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Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su Lc 8.15

"Beati coloro che custodiscono la Parola di Dio con cuore integro e buono e producono frutto con perseveranza".

Canto al Vangelo (cfr. Lc 8.15)
Come vivere questa Parola?

Beati vuol dire contenti. E' un genere di contentezza che non va di pari passo con il mangiar bene e cercare la felicità nel chiasso-baldoria del molto possedere. La gioia conosce piuttosto le vie del cuore. Attinge a tutto, anche a quello che, fuori, parla ai nostri sensi di cose vere, buone e belle. Chiede però di battere le vie dell'interiorità.

E' dunque dentro di me che, se faccio spazio alla Parola di Dio meditata (respirata!) di primo mattino, io sgattaiolo sempre via dalla pesantezza del ?doverismo', dell'obbedire alla legge per la legge, dalla pedanteria del far questo e quello solo perché è mio compito, dal grigiore di ciò che è nella nebbia di una vita non motivata dall'Alto.

Invece il cuore diventa integro e buono se è illuminato ogni giorno dalla Parola di Dio. Essa è il sole che lo fa maturare in questa ?integrità e bontà' dove la cattiveria, tutto ciò che è male non alligna.

Bisogna però educarsi a cercare questa ricchezza dell'interiorità! E ciò vuol dire non essere sempre a caccia di quel che TV, ipod, telefonini e aggeggi nuovi scaricano assiduamente nei nostri ambienti.

Il seme della Parola chiede al nostro cuore di essere "buon terreno": capace di silenzio, di ascolto di quel che vale, di netto rifiuto dell'insulsaggine.
Signore, dammi un cuore capace di perseverare nell'accogliere ogni giorno la Parola e ogni giorno impegnarmi a viverla.
La voce di un filosofo rumeno

"Il vero contatto fra gli essere si stabilisce con la presenza silenziosa, con lo scambio misterioso, interiore, che assomiglia alla preghiera profonda".

Emil Cioran
Sr Maria Pia Giudici fma
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21/09/2014 07:44
 
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don Luciano Cantini
Un denaro

Il regno dei cieli è simile
Il senso di questa parabola diventa più facilmente intuibile se la colleghiamo e la comprendiamo tra il versetto che la precede, richiamato da un "infatti" sparito nella nostra traduzione: Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi (Mt 19,30), e quello finale: Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi. Sono due chiasmi il cui senso è il medesimo, anche se invertiti nella struttura. Nel corpo del racconto troviamo lo stesso messaggio nel pagamento della giornata che inizia dagli ultimi per arrivare ai primi. Pare proprio che la natura del Regno di Dio sia il ribaltamento delle valutazioni umane. C'è da domandarci se ci troviamo dinanzi a un capovolgimento sociale con una inversione di ruoli, o a un annullamento di tutte le differenze. Anche l'uso del futuro apre qualche interrogativo: è una realtà da attendere o deve far già parte dell'oggi?
Un poco più avanti nel capitolo, Gesù invita i discepoli a farsi servitori: Come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (Mt 20,28). E ancora, più oltre: Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato (Mt 23, 11-12).
Che cosa negli ultimi è così importante da farli diventare primi e che cosa nei primi rende necessario un cammino verso l'ultimo posto? Negli ultimi c'è la consapevolezza di non meritare quanto il padrone dona loro e che tutti coloro che li hanno preceduti nel lavoro hanno faticato di più e meritano senz'altro più di loro.

li mandò nella sua vigna
L'immagine del Regno è racchiusa nella figura del padrone di casa e nelle sue azioni, anche se questa parabola è conosciuta per gli operai nella vigna. Mentre ha affidato ad altri il suo denaro e il compito di amministrare, è lui stesso che la mattina all'alba scende in strada per cercare lavoratori per la sua Vigna. Non manda il fattore ma è lui stesso e più volte, insistentemente, si fa prossimo ai lavoratori, i disoccupati, quelli che stanno senza far niente. Perché tanta insistenza? Sicuramente è per l'urgenza del lavoro da svolgere, ma non del tutto perché quelli arrivati per ultimo, appena appena prima dell'ora della paga, cosa possono fare? Quello che sembra contare di più è invitare più persone possibili a entrare nella sua vigna.
Il profeta Isaia dedica un canto detto "della vigna" (Is 5,1-7) per parlare della relazione tra Dio e il suo popolo: Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d'amore per la sua vigna; Dio assume il volto del "mio diletto", come ritroviamo nel Cantico dei Cantici a proposito dello sposo.
La vigna non è soltanto un luogo di lavoro, dove grondare sudore, ma soprattutto espressione dell'amore di Dio per il suo popolo: Di buon mattino andremo nelle vigne; vedremo se germoglia la vite, se le gemme si schiudono, se fioriscono i melograni: là ti darò il mio amore! (Ct 7,13).

per un denaro
L'accordo per una giornata di lavoro è per un denaro, ancora il Padrone di casa promette ciò che è giusto, poi non promette più nulla. Al momento del pagamento tutti ricevono lo stesso denaro, espressione della sua misericordia che dà ai primi quanto agli ultimi. Un denaro era la paga consueta e rappresentava quanto necessario per vivere; ecco il padrone rivendica a sé la sovrana libertà di disporre come vuole perché ciascuno abbia "vita".
Il Regno dei cieli è simile a quel padrone che toglie l'umanità dalla vita inutile del disoccupato, delle attese senza speranza, per introdurla nella sua vigna e dare a ciascuno, non secondo l'ingegno o l'operosità, ma secondo il bisogno di vita.
La prospettiva del Regno è dunque avere in eredità la vita eterna (Mt 19,19). ("Quel denaro è la vita eterna" sant'Agostino).
Gli operai della parabola invece considerano la chiamata nella vigna come prestazione, tanto da misurarla e confrontarla, come capita a noi in ogni aspetto della vita sociale dove tutto entra in competizione: è il senso della giustizia umana. Per Dio, invece, la Giustizia è veramente tutt'altro, quello che conta è la relazione d'amore. La manifestazione dell'Amore inizia con la ricerca affannosa e costante dell'uomo sulle strade del mondo per inviarlo nella sua vigna dove si condivide la sua opera ed è evidenziata nella paga finale: ciascuno un denaro.
Se la moneta d'argento da un denaro porta l'immagine e l'iscrizione di Cesare ( Cfr. Mt 22,19-21) quella che il Padrone della vigna dona a fine giornata porta il volto misericordioso del Padre.
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22/09/2014 08:08
 
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Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su Salmo 14[15],1

Signore, chi abiterà nella tua tenda? Chi dimorerà sulla tua santa montagna?
Sal 14[15],1

La risposta alla doppia domanda il salmista la cerca nell'esperienza secolare del popolo di Israele che ai piedi del monte Sinai cercava di comprendere i misteriosi disegni del Dio di alleanza: solo l'adempimento dei precetti apre l'accesso alla tenda e sostiene la scalata sulla santa montagna - due luoghi della dimora divina per eccellenza.

E come se non bastasse il richiamo al decalogo, il giusto che s'impegna a tenere accesa la lampada della sua mente e del suo cuore trova nel libro dei Proverbi consigli efficaci e ben motivati per una saggia condotta quotidiana: la sincera attenzione al prossimo spinge ai gesti concreti di generosità, benevolenza, sollecitudine, al comportamento mite, umile e compassionevole. Diventa così amico del prossimo ed entra nella grande cerchia dei giusti su cui il Signore stende la sua amicizia, benedice la loro dimora e concede la sua benevolenza (cf Prov 3,27-35).

È il precetto dell'amore: affina le orecchie all'ascolto attento, fa ardere il cuore e riflettere la luce di Dio in tutti i luoghi e su tutti i vicini.

Signore, aprimi la tenda per ascoltare attentamente la tua Parola e sostieni il mio passo nel compiere il dovere quotidiano, a gloria del tuo nome!

La voce di un educatore beato del giorno di oggi:

«Due cose non tramandare al domani: migliorarti e compiere un'opera buona»
Anton Marti Slom
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23/09/2014 07:43
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica


Il regno di Dio è l'esigenza dinanzi alla quale ogni altra esigenza dell'uomo deve scomparire. Questa verità è così annunziata da San Paolo.

Riguardo alle vergini, non ho alcun comando dal Signore, ma do un consiglio, come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore e merita fiducia. Penso dunque che sia bene per l'uomo, a causa delle presenti difficoltà, rimanere così com'è. Ti trovi legato a una donna? Non cercare di scioglierti. Sei libero da donna? Non andare a cercarla. Però se ti sposi non fai peccato; e se la giovane prende marito, non fa peccato. Tuttavia costoro avranno tribolazioni nella loro vita, e io vorrei risparmiarvele. Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo! Io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni. Se però qualcuno ritiene di non comportarsi in modo conveniente verso la sua vergine, qualora essa abbia passato il fiore dell'età - e conviene che accada così - faccia ciò che vuole: non pecca; si sposino pure! Chi invece è fermamente deciso in cuor suo - pur non avendo nessuna necessità, ma essendo arbitro della propria volontà - chi, dunque, ha deliberato in cuor suo di conservare la sua vergine, fa bene. In conclusione, colui che dà in sposa la sua vergine fa bene, e chi non la dà in sposa fa meglio. La moglie è vincolata per tutto il tempo in cui vive il marito; ma se il marito muore è libera di sposare chi vuole, purché ciò avvenga nel Signore. Ma se rimane così com'è, a mio parere è meglio; credo infatti di avere anch'io lo Spirito di Dio. (1Cor 7,25-40).

Gesù vive una vocazione particolarissima: ogni suo attimo deve essere dedicato al regno di Dio. A Lui non è consentita alcuna distrazione, alcun momento di vuoto, nessuna lacuna nell'impegno. Sempre, in ogni istante, obbediente al Padre, sempre nella sua divina e santa volontà. Nessun altro potrà mai intervenire nella sua vita, dirigere i suoi passi, orientare i suoi pensieri, guidare la sua volontà, ispirare propositi e intenzioni, muoverlo verso questa o quell'altra direzione.

Oggi viene annunziato a Gesù che sua madre e i suoi fratelli stanno fuori e desiderano vederlo. Gesù risponde che sua madre e i suoi fratelli sono tutti coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica. Questa risposta va compresa nella verità dello Spirito Santo, nella sua sapienza e intelligenza. Madre e fratelli non vengono rinnegati da Gesù. Ad essi viene conferita però una grande missione: essere e rimanere sempre nell'ascolto della Parola di Dio, per vivere di essa e per essa per tutti i giorni della loro vita. La relazione con Gesù può avvenire sono nella fede e per la fede.

Gesù è dal Padre sempre e sempre deve essere e rimanere da Lui. Non può essere da un altro, neanche dalla Madre o dai fratelli. Anche loro devono essere nella volontà di Dio, dalla sua volontà, per poter entrare in comunione con Lui. La nostra comunione - insegna Gesù - può avvenire solo nell'obbedienza a Dio. La comunione nella fede è obbedienza. Se è obbedienza è anche rispetto della volontà del Padre. Per cui se il Padre mi dice di andare a predicare e di lasciare Madre e fratelli fuori, io devo andare a predicare. Se loro sono nella volontà del Padre, rispettano me che devo andare altrove con una obbedienza perfetta. Tutto si vive nell'obbedienza e Dio regna tutto in tutti

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24/09/2014 07:29
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
La missione della Chiesa

Tra i suoi discepoli, che hanno scelto di seguirlo, Gesù ne scegli dodici: i Dodici che hanno una missione specifica. È una missione che continua ancora oggi nella Chiesa. Abbiamo, in questo brano, la chiamata, l'elezione di Gesù che è fonte primaria di questa missione. «Come il Padre ha mandato me io mando voi»; dice Gesù proprio perché la sua opera continui nella chiesa per l'edificazione del Regno di Dio. Leggiamo, nel brano odierno, che i Dodici hanno ricevuto delle facoltà particolari: cura gli ammalati, autorità sui demòni, annunzio. Gesù vuole, così indicare specificamente che la Chiesa continua, ancora oggi la sua missione: è una garanzia di autenticità e la testimonianza dell'opera di grazia che continua ancora oggi. Gesù, poi indica delle precise condizioni per poter svolgere fedelmente questo mandato per impedire che la cupidigia ed il desiderio di onori terreni possano inquinare, in qualche modo, questa missione. Chiunque sia chiamato a svolgere un ruolo per l'edificazione del Regno di Dio ha bisogno di particolari facoltà dei quali però non è lecito abusare perché destinate unicamente per un fine che prescinde dalla volontà dei singoli. Gesù ci insegna: «e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti».

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25/09/2014 08:33
 
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Erode, tetrarca della Galilea, venne a sapere quanto accadeva e non sapeva che cosa pensare... Nel suo animo sorgevano pensieri contraddittori sull’identità e sulla missione di Cristo. La comparsa di Cristo nella sua vita lo sconvolge e lo devia. Non capisce e vorrebbe invece conoscere la verità. Gli piacerebbe anche capire: sa, sente che la verità gli è vicina, ma lui non riesce ad afferrarla.
Se si trattasse di Giovanni Battista, mandato a morte da lui, che ora è risorto, Erode non potrebbe evitare la propria condanna. Se si trattasse, invece, di Elia, la posizione di Erode non sarebbe comunque migliore: Elia fu profeta di Dio, le sue parole devono essere considerate parole di Dio. Erode si chiede allora come potrebbe giustificarsi davanti a Dio. Se, infine, si trattasse di un altro degli antichi profeti tornato nella persona di Gesù, ancora una volta Erode si troverebbe in una situazione delicata, perché, in ogni modo, dovrebbe rendere conto delle sue azioni nel nome della verità.
L’interesse di Erode nei confronti di Cristo è risvegliato e guidato dalla curiosità, ma anche dal timore che si scopra la sua responsabilità nell’assassinio di Giovanni Battista. Egli ne serba sempre un certo rimorso; del resto come potrebbe liberarsene?
L’irruzione di Cristo nella nostra vita provoca anche in noi delle domande fondamentali. La sua vita e, soprattutto, il suo insegnamento, le sue leggi, i suoi principi, le sue esigenze morali non possono lasciare nessuno indifferente e insensibile. Cristo ci interpella e ci spinge a cercare la nostra verità. Ci incita ad un esame di coscienza severo riguardo la nostra posizione e il nostro comportamento di fronte a lui e al suo insegnamento. Noi non possiamo rimanere inattivi e muti.
Prima di formulare una risposta, dobbiamo sapere se vogliamo rimanere nell’ambito di una curiosità puramente intellettuale, teorica, o se vogliamo andare più a fondo nelle cose cercando di scoprire, dietro il legislatore-filosofo, il Figlio di Dio venuto fra noi a portare il lieto messaggio, promotore di una Nuova Alleanza, ma anche costruttore del regno di Dio, fondato sulla pietra angolare dell’amore. Siamo capaci di seguirlo su questa via?
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26/09/2014 07:28
 
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I pareri della massa sulla vera identità di Gesù sono molto diversi. Alcuni lo considerano Giovanni Battista risorto, altri Elia o uno degli antichi profeti. Dopo avere ascoltato questi pareri, Cristo si rivolge direttamente agli apostoli: “Ma voi chi dite che io sia?”. La risposta di Pietro è pronta e sicura: “Il Cristo di Dio”.
Possiamo supporre che la condizione stessa di Pietro gli offriva molte possibilità di rispondere subito e senza alcuna esitazione. Noi, come tutti i nostri contemporanei, non abbiamo sempre un atteggiamento così sicuro, una convinzione così assoluta. I dubbi ci avvolgono. Inoltre, bisogna dirlo, nella maggior parte dei casi i nostri contemporanei non hanno convinzione alcuna in proposito. Si perdono nella folla degli “ismi” di moda. Eppure la questione di chi sia Cristo
viene posta continuamente e ha ancora tutta la sua importanza.
Il nostro mondo non è certo pronto a dare una risposta chiara ed esauriente. E questa incapacità si fa via via più grande. Perché?
L’insegnamento filosofico delle nostre scuole ne è la causa nella maggior parte dei casi. Un tale insegnamento ci fornisce infatti strumenti atti alla ricerca, che si rivelano però inefficaci se applicati a questa questione. Esso ci insegna a porci infinite domande, al punto che finisce per porre tutto in dubbio, compresi i valori più antichi che pure sembravano immutabili. Si arriva al punto di porci talmente tante domande, che ci si dimentica della ragione che le aveva generate e del fine stesso della nostra indagine.
L’insegnamento dei maestri d’oggi semina il dubbio nei nostri cuori al punto che ne dimentichiamo la verità. Limitando il nostro sguardo alla terra e ai suoi confini, trascuriamo il soprannaturale, giungendo anzi a negarlo. Disumanizziamo e, peggio, despiritualizziamo la vita umana. L’uomo d’oggi ha la sensazione di essere condannato a non poter soddisfare il suo desiderio di verità.
Bisogna tornare alla fonte, interrogare di nuovo il Vangelo e la tradizione della Chiesa che contengono il “deposito” della fede. Le domande e i dubbi non devono farci paura. Dobbiamo saper cercare la verità dove essa è stata rivelata. Non corriamo dietro ai falsi profeti e ai dottori della legge che si sono autoproclamati tali: solo le parole di Vita possono fornirci le risposte giuste. Ritorniamo a Gesù Cristo e al suo Vangelo.
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26/09/2014 07:29
 
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Dio Padre, Signore del tempo, conduce le stagioni e il fluire degli anni e guida con sapienza la nostra vita. A lui ci rivolgiamo, colmi di gratitudine e speranza, confidando nella mediazione del suo Figlio Gesù, dicendo:
Dio di Gesù Cristo, ascoltaci.

Per la Chiesa di Dio, perché sia sempre laboriosa e fedele sulle orme del Cristo morto e risorto. Preghiamo:
Per gli uomini e le donne del nostro tempo, perché con l'impegno quotidiano, sappiano condurre la storia verso un'era di pace internazionale. Preghiamo:
Per coloro che, nel mondo del lavoro o tra le mura domestiche, sono pressati da fatiche fisiche o tensioni spirituali, perché trovino ristoro nella certezza che Dio non abbandona. Preghiamo:
Per chi nasce e per chi muore oggi nella nostra comunità, perché nell'entrare o nell'uscire dall'esistenza sia assistito dalla madre Chiesa e dallo Spirito Santo. Preghiamo:
Per noi fedeli qui riuniti, perché sappiamo rispondere con fede umile e pronta alla domanda che Cristo rivolge a ciascuno in questa eucaristia. Preghiamo:
Per i gruppi di preghiera della parrocchia.
Per chi non riesce a capire la croce di Cristo.

O Dio, che con sollecitudine paterna ti prendi cura di ogni vivente, posa il tuo sguardo su tutto ciò che è in crescita e, nella tua provvidenza, portalo a compimento. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen.
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27/09/2014 08:21
 
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Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su Zaccaria 2,14

Rallegrati, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te
Zc 2,14

Come vivere questa Parola?

Il profeta Zaccaria era il contemporaneo di Aggeo e come lui si preoccupava per la ricostruzione del tempio e soprattutto per la restaurazione nazionale e per l'osservanza delle leggi. Non è facile comprendere le visioni che riporta, ma la parola che oggi ci viene rivolta è piena di consolazione e di speranza. Risuona l'avvento nel suo appello alla gioia ed esultanza: segna l'inizio dell'era del Messia, di Colui che viene ad abitare in mezzo a noi e chi ci renderà un popolo solo, unito nell'adempimento dei comandamenti e nella lode del Signore. Lui stesso si farà "muro" attorno a noi, per proteggerci, per salvarci.

Eppure, ilFiglio dell'uomo sarà consegnato nelle mani degli uomini, disse Gesù ai discepoli (cf Lc 9,44). Colui che è venuto in mezzo a noi, che opera cose meravigliose ed è ammirato per questo, non sarà riconosciuto come Salvatore; ancora una volta la sua dimora in mezzo a noi non sarà accolta. È il misterioso cammino quotidiano di ogni persona, in continua tensione di fiducia/sfiducia. Fidiamoci! Apriamo senza riserve il nostro cuore e lasciamo che oggi il Signore prenda la sua dimora nella nostra vita, cambi i nostri lutti in gioia, ci consoli, ci renda felici (cf Ger 31,13).

Hai mutato il mio lamento in danza... Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre (cf Sal 30,12-13).

La voce del papa Giovanni Paolo II per la beatificazione di Lorenzo Luiz e compagni martiri:

Il Signore Gesù nel suo sangue ha redento i suoi servi e li ha riuniti da ogni razza, lingua, popolo e nazione... Essere cristiani significa donare ogni giorno se stessi in risposta all'offerta di Cristo, venuto nel mondo perché tutti abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.
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