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MEDITIAMO LE SCRITTURE (anno A)

Ultimo Aggiornamento: 04/12/2014 07:14
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02/12/2013 08:16
 
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Riccardo Ripoli


Presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande.

Molti cattolici, io per primo ero così, pensano che essere atei significa non avere principi, valori, avere una vita che porta allo sbando, un modo di pensare contro il quale combattere su ogni argomento.
No, essere atei significa non credere all'esistenza di Dio, in modo consapevole o meno. Tutto il resto è frutto delle nostre elucubrazioni mentali. Dovremmo distinguere tra chi è ateo per scelta e chi per mancanza di conoscenza profonda, ma è un'altra questione della quale potremo parlare in seguito.
Oggi mi vorrei soffermare con voi sulla bellezza di tante persone, che siano atee, cattoliche, musulmane, buddiste o altro. Nelle brave persone i principi sono comuni, i valori sono gli stessi qualunque sia il credo o il non-credo. Altruismo, Solidarietà, Perdono, Dialogo, Accudire i figli, Rispettare i genitori, Curare gli ammalati e gli anziani, Visitare i carcerati non sono appannaggio di questa o altre religioni, sono valori che innalzano lo spirito e fanno di quella persona una "brava persona". Il credente ha una spinta in più a comportarsi bene, ma ci sono anche tanti credenti che si comportano bene solo di facciata. Nella vita dell'Associazione ho conosciuto tantissimi che non credevano in Dio, ma che avevano un grandissimo rispetto per le persone, per i loro bisogni, tanto da annientare la propria vita per loro. Persone con le quali ho avuto ed ho grande amicizia e stima. Certo che da parte mia spiego molte cose con la Fede e spesso abbiamo avuto dei dialoghi bellissimi che hanno portato a serene riflessioni, domande, interrogativi. E' bello vedere come una persona che non crede non sia quasi mai abbarbicata sulle proprie posizioni e timidamente ammetta che non si può escludere del tutto la presenza di Dio e di una vita eterna. E' come un buchino piccolo piccolo in un bel vestito, mi piace metterci il dito, infiltrarmi nei suoi pensieri e nel suo cuore e inserirvi un tarlo, che poi da solo possa lavorare nei casi della vita. Davanti ad una disgrazia, una malattia si ricorderanno di quei pensieri e forse, magari per non escludere nessuna possibilità, cominceranno a guardare verso l'alto, a parlare con un Dio che non esiste, a sperare in ciò che mai potrà accadere. Ed il Signore sarà lì, pronto a mostrarsi, ad aiutarli, a sostenerli ed allora, forse, i loro occhi si apriranno e vedranno Gesù accanto a loro.
Il centurione chiese a Cristo il Suo aiuto, si ritenne indegno anche solo della Sua presenza, l'aiuto che chiese era per un suo servitore, ed il Signore riconosce in lui una grandissima fede, maggiore di quella di tanti altri che lo osannavano ma poi si comportavano male con il prossimo.
Dico sempre di un mio carissimo amico che si professa ateo, che ha più Fede di me ed è molto più bravo a portare avanti quei principi che indegnamente io professo.
Siate atei se volete, ma aperti al dialogo e alla conoscenza, aperti ad una visione diversa del mondo rispetto a come lo avete sempre valutato voi.
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03/12/2013 08:08
 
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Eremo San Biagio
Commento su Isaia 11,1-2

Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,...su di lui si poserà lo Spirito del Signore
Is 11,1-2

Come vivere questa Parola?

La lettura dal libro del profeta Isaia ci richiama assiduamente la profezia che riguarda il "germoglio di Iesse", il discendente davidico che compirà ogni promessa messianica. Questa profezia però riguarda anche ogni credente, israelita e cristiano. Innestati sulla radice davidica, siamo destinatari dello stesso Spirito che si poserà sul servo del Signore, su colui che in Dio ripone ogni paura e ogni speranza. È lo Spirito che ci infonde la vera sapienza e intelligenza, consiglio e fortezza, conoscenza e timore del Signore; è lo Spirito che continuamente ci ricorda la strada da percorre, ci indica le barriere da superare, i contrasti da appiattire, il bene da donare...

È lo Spirito che ci insegna anche ad esultare e lodare Colui che è la fonte di ogni dono in noi, Colui che ci ha resi germogli pieni di vita sulla vite del Figlio suo (cf Lc 10,21-24). Con Gesù, allora, innalziamo oggi al Padre la nostra lode e la nostra promessa di continuare a rivelare, nei nostri impegni quotidiani, la benevolenza del Padre per ogni sua creatura:

«Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». (Lc 10,21-22)

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04/12/2013 08:43
 
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Riccardo Ripoli
E la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi raddrizzati, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E glorificava il Dio di Israele.

Siamo pieni di amici oggigiorno, su facebook, nelle comitive, nei gruppi di ragazzi, alle feste, alle manifestazioni, così pieni che ci ubriachiamo e non sappiamo a chi dar retta. Parole come Amore, Aiuto, Bellezza interiore e complimenti vari si sprecano in ogni dove più e più volte al giorno. Ne abbiamo bisogno, pertanto ci creiamo l'idea che tutte queste persone che in un modo o in un altro incrociamo nella vita ci siano amiche, che farebbero qualunque cosa per noi, per aiutarci nel momento del bisogno. Ma sono solo illusioni, idealizzazioni di un mondo che vorremmo, rifugio in un sogno dove la perfezione regna sovrana, ma non un mondo reale. I veri amici sono pochi, pochi coloro che ci sono sempre e comunque e ti stanno vicino quando sei triste, nervoso, arrabbiato, che ti spronano a risollevarti, disposti a stare dietro la porta quando non vuoi vederli e lanci contro di loro oggi sorta di improperi. La folla di amici che abbiamo altro non è che una folla che segue la corrente. Non è cosa sbagliata avere tanti contatti, sarebbe sbagliato pensare che siano tutti amici. Le persone vanno prese singolarmente, bisogna parlarci, entrare dentro loro in quel contatto intimo che tocchi anima e cuore. Con qualcuno nascerà una bella Amicizia, fatta di amore, con altri, con i più sarà una compagnia per passare una serata, un piccolo tratto di strada insieme per interessi comuni, uno scambio di battute, ma niente di più. Mi fanno teneramente ridere gli adolescenti che pur di scappare dal mondo di regole creato attorno a loro dai genitori si inventano mille amicizie, mille amori eterni per poi piangere ogni volta che vengono delusi, praticamente tutti i giorni, o quasi. L'adolescente è in crescita ed è nel conto che ciò accada, ma l'adulto dovrebbe essere consapevole che quella folla che oggi ci osanna, domani seguirà la corrente e sarà pronta a condannarti, attenta ad ogni tua parola, ad ogni tuo gesto per criticare e sentirsi loro stessi più bravi rispetto a te.
Con Gesù è avvenuto questo. La folla lo seguiva, lo osannava perché Lui guariva i malati, faceva vedere i ciechi, sanava i lebbrosi, ma quando i loro capi hanno detto "condanniamolo" hanno subito cambiato faccia e si sono rivoltati contro Gesù, lo hanno perseguitato come un brigante e gridavano "crocifiggilo".
Gesù li ha amati lo stesso, come ama noi se anche gli voltiamo le spalle, li ha sfamati, li ha curati, li ha perdonati, e così fa ogni giorno con noi, ma pur mostrandosi a tutti, entra in intimità con ognuno di noi, ci parla, ci consiglia, ci ama individualmente per le nostre colpe ed i nostri pregi, cerca di instaurare un legame più stretto, di vera Amicizia ed Amore. Qualcuno lo ama, accetta la Sua Amicizia, condivide le Sue regole, la Sua prospettiva del mondo, ma tanti rifiutano questo rapporto interiore preferendo andare a cercare altrove il pane della vita, quel cibo che ci sazierebbe pe sempre se solo accettassimo la Sua offerta.
I ragazzi, in affido o figli naturali o adottivi, rifiutano spesso le offerte dei genitori, la loro Amicizia, il loro Amore e si rifugiano nei compagni che incontrano negli ambienti che frequentano, nell'appagare le loro presunte necessità rubando, picchiando, drogandosi per poi capire, nel momento della necessità, che attorno a loro si crea il vuoto, che nessuno è disposto a prendere sulle proprie spalle il peso dei loro problemi. Ed allora si guarderanno intorno e scorgeranno delle figure che hanno lasciato nell'ombra, i loro genitori e ad essi si rivolgeranno per avere un supporto che sempre troveranno. Anche noi, nei confronti di Dio, siamo un po' adolescenti. Cerchiamo di appagare i nostri sensi ovunque, ma lasciamo Cristo ai margini della nostra vita, lo respingiamo se ci mette in guardia dalla falsità del mondo, per poi capire un giorno che quando tutto ci crolla addosso, quando gli amici ci voltano le spalle, quando facciamo degli errori e tutti, anche giustamente, ci criticano, l'unico che ci ama per quello che siamo, conoscendoci ed accettandoci pienamente, è Gesù.
La folla aveva fame e li ha sfamati, ma ad ognuno di noi, ogni giorno regala il pane per andare avanti, la Sua Parola, i Suoi insegnamenti, strumenti a volte difficili da usare, ma indispensabili per nutrirsi ed avere le forze per affrontare la vita.
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05/12/2013 07:11
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
Fede e opere

La fiducia piena nei piani meravigliosi di Dio apre il cuore e la lingua al canto di vittoria. E' quanto ci propone Isaia nella prima lettura. Un duro contrasto contrassegna questo brano, del resto non insolito: Dinanzi alla città forte, situata sulla roccia, ci viene mostrata la devastazione di una città che sembrava intramontabile, l'orgogliosa Babilonia, rasa al suolo calpestata, dai piedi di quanti essa teneva oppressi e ridotti in povertà. Ancora una volta viene dimostrata la verità della inconsistenza delle realtà umane se non sono fondate in Dio, l'unico eterno. Ogni impero o personaggio giunto al potere tirannico nella sua prepotenza e tracotanza dava e dà l'impressione di essere eterno. Ma si sa che ogni realtà umana vive la sua parabola di ascesa e di declino. Tanto che si può esclamare con la scrittura, con animo quasi incredulo ed ammirato: Come mai anche tu sei caduto, tu che credevi di scalare il cielo? Non sarebbe inopportuno richiamare qualche vicenda dei nostri tempi a livello mondiale, come a livello nazionale o personale. L'uomo come tutte le realtà umane, dovrebbero imparare a vivere la propria caducità, precarietà e relatività. Il brano del vangelo ci richiama a esprimere la propria fede non tanto con la bocca, quanto con la vita vissuta nella fedeltà alla parola di Dio. Solo chi compie la volontà del Signore potrà raggiungere il regno di Dio. Non basta dire: "Signore, Signore" ma occorre far seguire le opere. Nelle parole del Signore ci è concesso di scoprire la causa di tanti fallimenti nella vita individuale, familiare, di gruppi ecclesiali. La casa costruita sulla sabbia, vale a dire sui soli valori umani, non ha consistenza, non riesce a superare le difficoltà che dovrà affrontare. Chi manca di fede nelle realtà dello spirito, si trova indifeso dinanzi alle tante situazioni che la società crea senza fornire, i mezzi per viverle e superarle... Che dire poi delle difficoltà della vita di coppia, del pericolo che ciascuno corre di lasciarsi dominare dall'egoismo e di pretendere di usare l'altro/a da dominatore anziché accoglierlo/la come compagno/a di vita, nella parità di diritti e di doveri? Chiediamo oggi perché possiamo essere utili gli uni per gli altri, anzi di saper portare i pesi gli uni degli altri e aiutarsi reciprocamente nella via del Signore, nella gioiosa attesa del Suo giorno.
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06/12/2013 09:12
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
Il Libano si cambierà in frutteto.

I profeti, perché ispirati e inviati da Dio, hanno la capacità di guardare lontano oltre il tempo. Non potendo però definire date certe usano i verbi al futuro o si limitano a dire in "quel giorno". Senza distogliere lo sguardo dagli eventi quotidiani essi contemplano l'evento per eccellenza: addìtano e intravedono una venuta per una promessa sancita sin dal principio, una universale e definitiva liberazione a lungo agognata. Sanno che l'attesa finirà e l'Atteso verrà: "Certo, ancora un po' e il Libano si cambierà in un frutteto", - da ciò che è sterile e infecondo sgorgheranno frutti abbondanti - in quel giorno, San Paolo dirà: "nella pienezza dei tempi, "Udranno i sordi le parole di un libro; ... gli occhi dei ciechi vedranno. Gli umili si rallegreranno, i più poveri gioiranno nel Santo di Israele. Perché il tiranno non sarà più, sparirà il beffardo". E Gesù per rispondere al dubbio se è Lui il Messia o bisogna ancora attendere, attualizzando in sé tutte le profezie, così risponde ai discepoli di Giovanni: "I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella". La prodigiosa guarigione dei due ciechi, che oggi implorano la pietà di Gesù, assume un chiaro significato messianico. L'Atteso delle genti viene a portare la luce della fede, a ridare la vista ai ciechi. Quelle guarigioni sono l'anticipazione di quella universale irrorazione di grazia che Gesù, Luce del mondo, viene a donare a tutti gli uomini. Il nostro personale recupero della vista dell'anima è avvenuto nel giorno del nostro battesimo: i nostri cari hanno attinto la luce al cero pasquale per far ardere la nostra candela, la fede della vita. È simile alla lampada della dieci vergini quella candela; per ardere deve essere rifornita di olio in continuità, altrimenti si spegne. Il santo Natale è un ottima occasione per fare un abbondante e gratuito rifornimento.
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07/12/2013 07:51
 
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Il Signore viene per mantenere le sue promesse: egli porta consolazione e pace a chi lo accoglie con fede. Per questo diciamo insieme:
Consola il tuo popolo, Signore.

Signore, la tua Chiesa gusta ogni giorno il pane dell'afflizione e l'acqua della tribolazione: donale forza, perchè ti sia fedele nel cammino della passione. Preghiamo:
Signore, il tuo popolo ha fame della Parola che salva: non fargli mancare maestri e testimoni del tuo vangelo. Preghiamo:
Signore, il male dilaga nel mondo e i piccoli e i poveri ne sono le prime vittime: scuoti le nostre coscienze, perchè ci impegniamo in prima persona. Preghiamo:
Signore, di fronte alle disgrazie e alle prove della vita spesso restiamo smarriti e sconvolti: donaci di credere che, per la tua grazia, niente è perduto nella vita dell'uomo. Preghiamo:
Signore, nel nostro mondo nessuno fa nulla per nulla: aiuta la nostra comunità parrocchiale a dar prova di gratuità e di vero amore. Preghiamo:
Per i malati incurabili.
Per gli animatori della pastorale parrocchiale.

Accogli, o Padre, la nostra preghiera e fa’ che sappiamo impegnarci lealmente ogni giorno nell'annuncio del vangelo, perchè sia sperimentata attorno a noi la presenza del Signore che salva. Per Cristo nostro Signore. Amen.
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08/12/2013 07:39
 
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Immacolata, credente, docile, obbediente... e sopratutto umana

Clicca qui per la vignetta della settimana.

Immacolata...
Con questo aggettivo così solenne e particolare la Chiesa ci invita a guardare a Maria nella solennità a lei dedicata nel mezzo del cammino dell'Avvento, un cammino che ci porta a celebrare la nascita di Gesù, Figlio di Dio e anche figlio di Maria stessa, l'Immacolata
Maria è Immacolata fin dal concepimento, cioè pensata e preparata da Dio per un compito così grande che ha cambiato non solo la sua ma anche l'intera storia umana.
Ieri con i volontari e volontarie del gruppo missionario, abbiamo letto questo brano, e alla fine ho chiesto a tutti di provare a definire con un aggettivo Maria, per comprenderne meglio la storia e il senso che ha anche per noi, a cui è data come modello e come madre.

Credente
Maria crede e si fida di quello che l'angelo le dice a nome di Dio. Ci vuole davvero una gran fiducia per "buttarsi" in una avventura così grande che ha origine in Dio. Maria si fida delle parole altisonanti del suo messaggero, parole che non sono immediatamente così chiare e facili per una giovane donna. Anch'io sono chiamato a fidarmi delle parole non sempre immediate e chiare del Vangelo, parole che mi parlano di Dio e dell'uomo... e parlano di me.

Docile e obbediente
Maria è docile, con una docilità che non è quella del cagnolino con il padrone, ma disponibile a seguire fare cose più grandi di lei che richiedono obbedienza che non è mai cieca e disumana, come quella dello schiavo minacciato di morte. Maria ha ampi spazi di disobbedienza, e questo lo conferma il lungo dialogo con l'angelo che sembra quasi "contrattare" con Maria, e lei alla fine dirà di sì, ma pienamente consapevole e libera. La docilità di Maria è come quella dell'albero dai rami verdi che nel vento sa piegarsi proprio per non spezzarsi, cosa che avverrebbe se rimanesse rigido e freddo. Anche a me è chiesta questa docilità di Maria, che mi permette di vivere la mia vita fatta anche di compiti difficili e sempre più grandi di me, ma nei quali so che c'è una via di salvezza. Obbedire alle parole del Vangelo non mi porta a diminuire in libertà ma proprio il contrario, perché so che in quell'obbedienza si realizza la mia felicità e quella del mondo.

Disponibile
Maria si mette a disposizione di Dio, trovando nella parola "servizio" il significato della sua vita. "Ecco la serva del Signore...". Con questa affermazione Maria trova il suo posto e lo richiama anche a me che cerco il mio posto accanto nel mondo. Gesù stesso dirà di se stesso che è venuto nel mondo non per essere servito ma per servire. Gesù servo dell'umanità è figlio della serva del Signore. E in questa disponibilità di Maria troviamo la via per cambiare il mondo da luogo di competizione e lotta l'uno sull'altro, a luogo di fraternità e reciproco servizio, dove il più piccolo è il più grande.

Umana
Maria è veramente umana, la più umana delle figure che nel Vangelo attorniano l'uomo Gesù.
Maria non nasconde paure e dubbi, e l'evangelista Luca li racconta nell'episodio dell'annunciazione. L'essere umano non è una macchina fredda che funziona a comandi precisi, ma è un mondo fatto di domande, difficoltà, tempi a volte lunghi di crescita e risposta. Tutto questo appare in modo sintetico ma chiaro nell'annunciazione di Maria, che come donna vera non nasconde all'angelo di Dio le sue resistenze, nelle quali riconosco anche le mie. E l'angelo, dicendole prima di tutto "non temere Maria..." e poi anche dandole il segno concreto della potenza di Dio nella gravidanza della cugina Elisabetta, riconosce in pieno l'umanità di questa giovane donna e non la censura o condanna.
Maria ha paura, Maria si pone domande e mostra i suoi dubbi difronte alla sua missione, Maria alla fine accetta ma non senza poi correre a verificare di persona il segno che le è stato dato.
Maria è umana, e in questa sua umanità, che tante volte rischiamo di non vedere in lei quando la mettiamo troppo in alto sugli altari e la guardiamo solo come mediatrice di grazie, vedo la mia umanità. E so che, come ha scelto Maria così com'è, Dio sceglie anche me così come sono.
E attraverso la mia piccola fede, la mia limitata docilità e la non sempre piena obbedienza e soprattutto attraverso la mia umanità, costruisce la sua storia di salvezza.
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09/12/2013 07:26
 
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La sicurezza e la naturalezza con le quali Gesù concede al paralitico il perdono dei suoi peccati porta gli osservatori a chiedersi chi è. Egli appare loro come un impostore che ha l’audacia di pretendere di detenere l’autorità divina.
Gesù non risponde alla loro domanda lanciandosi in spiegazioni teoriche, ma agendo, cioè guarendo il paralitico.
Ecco come Gesù offre al paralitico ed alle persone che lo osservano - come a noi oggi - la possibilità di capire la sua importanza: egli libera dalle sue sofferenze, dalla sua solitudine e dal suo handicap chi crede in lui. Lo fa uscire dall’ombra e dalle tenebre della sua esistenza per condurlo alla luce. Gesù gli fa dono della salute, di un coraggio nuovo e della comunità degli uomini. Grazie a lui, egli diventa un uomo nuovo.
Un tempo, come oggi, chi si rimette a Gesù con fiducia, e lo segue, sente sbocciare in sé delle possibilità insospettate - malgrado le deviazioni e gli abusi di questo mondo - sente che il regno di Dio arriva
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10/12/2013 08:27
 
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Eremo San Biagio
Commento su Isaia 40, 1-2

Consolate, consolate il mio popolo, parlate al cuore di Gerusalemme...
IS 40, 1-2

Come vivere questa Parola?

Le parole di Isaia sembrano fare eco alle parole di un salmo: "Ho atteso compassione ma invano, consolatori ma non ne ho trovati" ( Sl 69,21).

Da un lato la richiesta di consolatori cresce a dismisura, dall'altro non è facile trovarli.

Consolare è un 'arte difficile perché non è un' arte che nasce dallo studio, dalla lettura di tanti libri o dall'ascolto di qualche conferenza. Consolare è l'arte propria di chi è solido nell'amare.

Ed è solido nell'amare chi ha custodito la sua interiorità e la sua umanità.

Il problema è che spesso siamo umanamente sguarniti, come un pozzo vuoto da cui non si può attingere più acqua. Mentre siamo diventati abili lavoratori, sappiamo fare mille cose, siamo esperti nelle varie tecnologie, non ci siamo preoccupati di crescere in umanità. Magari abbiamo il coraggio di buttarci con il paracadute ma ci manca poi il coraggio di tenere la mano ad un morente.

Scappiamo dalla sofferenza per la quale non abbiamo risposte, dalle domande che mai per primi ci siamo posti, da ciò che non capiamo.

Cerchiamo di distrarci, di non pensare. Ma la nostra fuga ha come risultato una perdita in umanità ed interiorità, dimenticandoci che solo queste ci mettono in comunicazione con il cuore del nostro prossimo: "parlate al cuore di Gerusalemme".

Lo stesso vangelo odierno parlandoci della misericordia di Dio (cf. Mt 18, 12-14) annuncia un "paradosso": nella sua divinità il Signore è più umano di noi. E noi, uomini e donne del 2013, possiamo ancora imparare l'umanità da Lui.

Siamo uomini e donne Signore ma talvolta siamo carenti in umanità. Donaci di impararla dal tuo Figlio fatto uomo.

La voce di un Papa

La bontà deve essere proclamata in faccia la mondo, perché si irradi all'intorno e penetri ogni forma Di vivere individuale e sociale. La bontà è un dovere esplicito per tutti.
Papa Giovanni XXIII
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11/12/2013 08:25
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Matteo 11,28-30

1) Preghiera
Dio onnipotente, che ci chiami a preparare la via al Cristo Signore, fa' che per la debolezza della nostra fede non ci stanchiamo di attendere la consolante presenza del medico celeste. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

2) Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Matteo 11,28-30
In quel tempo, rispondendo Gesù disse: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.
Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero".

3) Riflessione
? Certi testi dei Vangeli ci rivelano tutto il loro significato quando li collochiamo sullo sfondo del Vecchio Testamento. Così è questo testo così breve e così bello del vangelo di oggi. In esso riecheggiano due temi assai amati e ricordati del Vecchio Testamento, uno di Isaia e l'altro dei libri chiamati sapienziali.
? Isaia parla del Messia Servo e lo rappresenta come un discepolo che è sempre alla ricerca di una parola di conforto per poter incoraggiare coloro che sono scoraggiati: "Il Signore mi ha dato una lingua da iniziati, perché io sappia indirizzare allo sfiduciato una parola. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come gli iniziati". (Is 50,4) Ed il Messia servo lancia un invito: "O voi tutti assetati venite all'acqua, chi non ha denaro venga ugualmente; comprate e mangiate senza denaro e, senza spesa, vino e latte" (Is 55,1). Questi testi erano presenti nella memoria della gente. Erano come i canti della nostra infanzia. Quando la gente li ascolta, suscitano ricordi, nostalgia. Così pure la parola di Gesù: "Venite a me!" risvegliava la memoria e portava vicino l'eco nostalgico di quei bei testi di Isaia.
? I libri sapienziali rappresentano la saggezza divina nella figura di una donna, una madre che trasmette ai figli la sua saggezza e dice loro: "Acquistate senza denaro. Sottoponete il collo al suo giogo, accogliete l'istruzione. Essa è vicina e si può trovare. Vedete con gli occhi che poco mi faticai, e vi trovai per me una grande pace" (Eccli 51,25-27). Gesù ripete questa stessa frase: "Voi incontrerete riposo!"
? Proprio per questo suo modo di parlare alla gente, Gesù risveglia la loro memoria e così il cuore si rallegrava e diceva "E' giunto il messia tanto atteso!" Gesù trasformava la nostalgia in speranza. Faceva dare un passo alla gente. Invece di afferrarsi ad immagini di un messia glorioso, re e dominatore, insegnate dagli scribi, la gente cambiava visione ed accettava Gesù, messia servo. Messia umile e mite, accogliente e pieno di tenerezza, che faceva sentire a loro agio i poveri insieme a Gesù.

4) Per un confronto personale
? La legge di Dio è per me un giogo leggero che mi incoraggia, o un peso che mi stanca?
? Ho sentito qualche volta la leggerezza e l'allegria del giogo della legge di Dio che Gesù ci ha rivelato?

5) Preghiera finale
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tanti suoi benefici. (Sal 102)
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12/12/2013 07:37
 
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Eremo San Biagio
Commento su Isaia 41,20

...perché vedano e sappiano, considerino e comprendono questo tempo, che questo l'ha fatto la mano del Signore, lo ha creato il Santo d'Israele.
Is 41,20

Come vivere questa parola?

Nel brano di Isaia, oggi, vediamo la tenerezza di Dio che si comporta come una madre, tenendo il figlio per mano e assicurandolo che le è vicina e quindi non deve temere. Certo Israele ha sofferto molto nell'esilio ma adesso il suo Redentore, il Santo di Israele risponderà a tutti i bisogni del suo popolo, trasformando l'afflizione in gioia, il deserto in un luogo di acqua sorgente e di prati in fiore tutto il creato, l'uomo incluso, manifesterà la presenza di Dio; così tutto il creato lodi Lui, nella sua potenza e bontà. Tocca all'uomo riconoscere questo fatto e accettare la rivelazione divina nella propria storia. In questo modo, noi arriviamo a conoscere meglio anche noi stessi e il significato della nostra esistenza terrena. Non siamo visitatori ciechi che non conoscono la strada, ma persone amate, scelte da Dio a partecipare a quella seconda creazione che è realizzata dalla morte e risurrezione di Gesù, il Salvatore. Lui ci guida per la strada giusta, lui che è la via, la verità e la vita.

Signore Gesù, vieni! Dammi occhi per vedere senza pregiudizi, dammi una mente che sa riflettere sulle meraviglie della natura e comprendere di più Lui, il Santo che lo ha creato. Vieni Signore Gesù!

La voce di un grande guida spirituale di oggi

Buon attesa dunque! (cioè buon Avvento). Il Signore ci dia la grazie di essere continuamente allerta, in attesa di Qualcuno che arriva, che irrompe nelle nostre case, e ci dia da portare un lieto annuncio!
Tonino Bello
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12/12/2013 07:38
 
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Messa Meditazione
Più grande di Giovanni

Sorprendono le parole di Gesù che indicano Giovanni Battista come il più grande tra i nati di donna, mentre nello stesso tempo dichiarano che il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Giovanni appartiene al chiaroscuro della preparazione, mentre i piccoli del Vangelo vedono già la luce del Regno di Dio. Quell'abbondanza di vita e di prosperità che nel profeta Isaia viene promessa, in Gesù e nella realizzazione del suo Regno trova chiara luce e pieno compimento.

La distanza fra l'attesa e il compimento, fra la domanda e la risposta, tra l'uomo che cerca e Dio che viene incontro: questo segna la differenza tra il Battista e chi incontra Gesù. E' la distanza tra l'anelito dell'uomo che cerca, e la pace dell'uomo che ha trovato, anzi è stato trovato da Cristo. Il cuore dell'uomo è attesa. "Siamo fatti per te ed il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te", ci ripete S.Agostino. Tutte le religioni inventate dall'uomo sono espressioni diverse del grande cantiere della storia, dove gli uomini costruiscono ponti per cercare di raggiungere con le proprie forze l'eterno e l'assoluto. Ma ad un certo momento si fa avanti un uomo che dice: "Fermatevi; il vostro sforzo è nobile, la vostra ricerca interessante e audace. Sono io colui che voi cercate". Quest'immagine, suggerita da don Giussani, esprime la differenza tra il senso religioso, che è anelito e ricerca, e la fede cristiana, che è la risposta realizzata in Gesù. Il senso religioso è connaturale all'uomo: esprime il bisogno di infinito e la dipendenza dall'assoluto, inestirpabili dal cuore dell'uomo, che sono all'origine delle religioni maggiori e delle religioni minori, come dice Eliot. Ne è segno anche tutta la ricerca affannosa e incerta di felicità, che può condurre l'uomo fino all'abisso della disperazione, o magari fino a intravedere la risposta che può giungere nel mare della vita per mezzo della barca di un Dio, come già aveva intuito il grande filosofo Platone. Anche Leopardi arriva a immaginare e forse a sperare che la donna amata rappresenti la raffigurazione terrestre 'dell'eterne idee'. Gli uomini più geniali, in ogni tipo di arte, avvertono questo brivido di eternità e tendono a dargli una forma umana che lo renda afferrabile.
Giovanni Battista, giunto alla soglia del compimento, aveva visto l'aurora che precede il sole, ne aveva colto il primo raggio e l'aveva indicato agli uomini. Ma sono i poveri e i peccatori che, amati e perdonati, seduti a mensa con Cristo hanno visto il deserto trasformato in lago d'acqua, la terra arida attraversata da torrenti, e si sono deliziati per la presenza dell'Amato.

Signore Gesù, fa' che l'attesa del cuore non sia vana. La ricerca del bene, del bello, del buono, non mi blocchi nel riverbero di illusioni caduche, ma apra la strada al desiderio e alla domanda di te, e mi renda più disposto a riconoscerti presente.

Se ogni desiderio umano è una porta verso l'infinito, oggi voglio apprezzare e rilanciare ogni desiderio e ogni domanda che sperimento in me o incontro negli altri, favorendone l'apertura verso la compiuta risposta che è Gesù.

Commento a cura di don Angelo Busetto
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13/12/2013 08:18
 
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Riccardo Ripoli
Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto

Vi è mai capitato di dire una cosa e sentirvi criticare, magari un altro giorno dite l'esatto contrario e vi sentite criticare ugualmente.
Quante volte come Associazione siamo stati criticati per le stesse cose per le quali altri ci hanno fatto mille complimenti.
Qualunque cosa facciamo c'èe sempre qualcuno che brontola, che storce il naso.
La mia mamma mi ha insegnato ad ascoltare, e non sentire, tutte le critiche, i giudizi, gli apprezzamenti che provengono da persone che mi conoscono e a rifletterci sopra, specie sulle critiche.
Le persone invece che non conoscono quello che faccio se non tramite internet, coloro che non hanno mai toccato con mano la nostra realtà, che non hanno vissuto una sola ora con noi le sento parlare, se dicono cose che hanno un senso inizio ad ascoltarle, altrimenti poi le lascio dire. Se stessi a dare retta a tutti non farei mai nulla. La cosa buffa è che la maggior parte delle critiche arrivano da persone mai viste che si arrogano il diritto di giudicare un tuo comportamento e attraverso quello la tua persona. Se un comportamento agli occhi di qualcuno può essere sbagliato, potrebbe non esserlo in un contesto diverso da quello immaginato dal tuo interlocutore che abbia una visione parziale della tua realtà.
Don Luigi mi ripeteva sempre "giudica il peccato, ma non il peccatore", invece mi capita spesso di essere giudicato da chi non sa nulla di me.
Qualche giorno fa una ragazza mi ha mandato un messaggio del tipo, io non vengo da te perché sono troppo sensibile nel vedere i bambini che hanno problemi (per inciso i miei ragazzi problemi non ne hanno, ma questa ragazza si è fatta un suo film, siccome sono da noi, allora sono problematic e sofforono. Tutti ci dicono continuamente quanta gioia i nostri ragazzi abbiano), tu che invece non hai sensibilità e saresti stato un buon avvocato, allora puoi stare con loro. Lascio a voi ogni personale commento, ma alla fnie io sono l'insensibile perché mi occupo di bambini con prblemi, mentre chi non se ne occupa è perché è troppo bravo per farlo. Se non me ne occupassi ci sarebbe qualcuno che mi direbbe "Come sei insensibile Riccardo perché on ti occupi di bambini che vogliono il tuo affetto".
Come vedete il Vangelo è più che attuale quando Gesù dice Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto.
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13/12/2013 08:22
 
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Dal libro «Sulla verginità» di sant'Ambrogio, vescovo
(Cap. 12,68.74-75; 13,77-78; PL 16,281.283.285-286)
Lo splendore dell'anima illumina
la grazia dei corpo

Mi rivolgo a te, che vieni dal Popolo, dalla gente comune, ma appartieni alla schiera delle vergini. In te lo splendore dell'anima si irradia sulla grazia esteriore della persona. Per questo sei un'immagine fedele della Chiesa.
A te dico: chiusa nella tua stanza non cessare mai di tenere fisso il pensiero su Cristo, anche di notte. Anzi rimani ad ogni istante in attesa della sua visita. È questo che desidera da te, per questo ti ha scelta. Egli entrerà se troverà aperta la tua porta. Sta' sicura, ha promesso di venire e non mancherà alla sua parola. Quando verrà, colui che hai cercato, abbraccialo, familiarizza con lui e sarai illuminata. Trattienilo, prega che non se ne vada presto, scongiuralo che non si allontani. Il Verbo di Dio infatti corre, non prova stanchezza, non è preso da negligenza. L'anima tua gli vada incontro sulla sua parola, e s'intrattenga poi sull'impronta lasciata dal suo divino parlare: egli passa via presto.
E la vergine da parte sua che cosa dice? L'ho cercato ma non l'ho trovato; l'ho chiamato ma non mi ha risposto (cfr. Ct 5,6). Se così presto se n'è andato via, non credere che egli non sia contento di te che lo invocasti, lo pregasti, gli apristi la porta: spesso egli permette che siamo messi alla prova. Vedi che cosa dice nel vangelo alle folle che lo pregavano di non andarsene: Bisogna che io porti l\\\'annunzio della parola di Dio anche ad altre città, poiché per questo sono stato mandato (cfr. Lc 4,43).
Ma anche se ti sembra che se ne sia andato, va' a cercarlo ancora.
È dalla santa Chiesa che devi imparare a trattenere Cristo. Anzi te l'ha già insegnato se ben comprendi ciò che leggi: Avevo appena oltrepassato le guardie, quando trovai l'amato del mio cuore. L'ho stretto forte e non lo lascerò (cfr. Ct 3,4). Quali dunque i mezzi con cui trattenere Cristo? Non la violenza delle catene, non le strette delle funi, ma i vincoli della carità, i legami dello spirito. Lo trattiene l'amore dell'anima.
Se vuoi anche tu possedere Cristo, cercalo incessantemente e non temere la sofferenza. È più facile spesso trovarlo tra i supplizi del corpo, tra le mani dei persecutori. Lei dice: Poco tempo era trascorso da quando le avevo oltrepassate. Infatti una volta libera dalle mani dei persecutori e vittoriosa sui poteri del male, subito, all'istante ti verrà incontro Cristo, né permetterà che si prolunghi la tua prova.
Colei che così cerca Cristo, che ha trovato Cristo, può dire: L'ho stretto forte e non lo lascerò finché non lo abbia condotto nella casa di mia madre, nella stanza della mia genitrice (cfr. Ct 3,4). Che cos'è la casa, la stanza di tua madre se non il santuario più intimo del tuo essere?
Custodisci questa casa, purificane l'interno. Divenuta perfettamente pulita, e non più inquinata da brutture di infedeltà, sorga quale casa spirituale, cementata con la pietra angolare, si innalzi in un sacerdozio santo, e lo Spirito Paraclito abiti in essa. Colei che cerca Cristo a questo modo, colei che così prega Cristo, non è abbandonata da lui, anzi riceve frequenti visite. Egli infatti è con noi fino alla fine del mondo.
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14/12/2013 08:37
 
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Riccardo Ripoli
Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto

Moltissime volte chiediamo qualcosa a Dio, quasi sempre finalizzato al nostro bene o a quello di altri.
Preghiamo, imploriamo, piangiamo che Gesù ci mandi ciò che chiediamo, ma non pensiamo mai che le cose che noi proponiamo per il nostro bene o quello di altri potrebbero non essere cose buone, non abbiamo il dono di guardare lontano, oltre il nostro giorno.
Capita perciò che quello che domandiamo a Dio non lo otteniamo, ma chi ci dice che non sia proprio quello il nostro bene o il bene di altri?
Non avete idea di quanto abbia chiesto al Signore che la mia mamma non morisse, ma il 4 gennaio 1986 se ne è andata in Paradiso. Mai, nemmeno per un minuto, ho pensato che il Signore non mi avesse esaudito, anzi ho da subito ringraziato Dio per ciò che era accaduto perché in cuor mio sapevo benissimo che quella morte rappresentava un bene per qualcuno e forse anche per me.
I fatti mi hanno dato ragione perché la scomparsa prematura di mia madre ha fatto si che nascesse l'Associazione "Amici della Zizzi" che ha aiutato tante persone, e tra queste anche me.
A volte chiediamo cose che riteniamo basilari, ma non ci accorgiamo che abbiamo già ottenuto il meglio che il Signore poteva donarci.
Vivendo con i ragazzi adolescenti si vedono tante cose che possono essere rapportate all'uomo in fase immatura. I ragazzi chiedono molte cose materiali, ed i genitori spesso oppongono un rifiuto per educarli, per incentivarli allo studio, per insegnar loro a guadagnarsi ciò che desiderano, ma spesso i figli vedono quel no come una privazione, come una cattiveria da parte del papà o della mamma. Altri ragazzi invece si affidano al genitore ed accettano quel no pensando "se mi vogliono bene e mi dicono no, anche se on capisco, so che è un no che mi potrà far del bene".
E così fa Dio con noi, ci dice no per aiutarci a crescere e darci gioie che nemmeno potevamo immaginare.
Se la mia mamma non fosse morta, non mi sarei mai occupato di ragazzi e di affido, privandomi di gioie che non avrei nemmeno potuto immaginare.
Da credente penso poi che la morte di una persona sia l'inizio di una nuova vita per lui o lei e la gioia è completa.
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15/12/2013 09:21
 
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Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su Giacomo 5,7-10

Collocazione del brano

La lettera di san Giacomo è stata attribuita all'apostolo Giacomo "fratello del Signore", un personaggio di spicco nella Chiesa di Gerusalemme, il primo apostolo ad aver subito il martirio, nel 62. E' destinata alle "dodici tribù che sono nella diaspora" (Gc 1,1), quindi ai cristiani di origine ebraica dispersi nelle regioni confinanti con la Palestina.

Che si tratta di ebrei convertiti si vede dal largo uso che l'autore fa dei brani biblici. La lettera è composta da diverse esortazioni morali di tipo molto svariato e legate tra di loro senza un nesso preciso. Due discorsi emergono: il primo esalta i poveri e riprende severamente i ricchi. L'altra insiste sul compimento delle oper buone e mette in guardia da una fede sterile (il famoso "la fede senza le opere è morta"). Il brano di questa III domenica di Avvento fa parte delle esortazioni finali e invita alla perseveranza nell'attesa del Signore.

Lectio

7 Siate dunque costanti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l'agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge.

Nel versetto precedente Giacomo aveva terminato le sue minacce ai ricchi: i beni da loro accumulati non avrebbero giovato in nessun modo nel giorno del giudizio finale, soprattutto perché guadagnati con l'inganno e con l'uccisione del giusto. Dunque esorta i fratelli a non riporre la loro fiducia nelle ricchezze di questo mondo, bensì a mantenere ferma la fede fino al ritorno del Signore. Giacomo porta l'esempio dell'agricoltore. La vita del contadino in Palestina non era facile. Si trattava di coltivare una terra arida e pietrosa, tutto dipendeva dalle piogge autunnali e primaverili e l'agricoltore non poteva far altro che attenderle con pazienza.

8 Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina.

La costanza è la virtù che Giacomo consiglia. Costanza è l'atteggiamento fondamentale dell'uomo religioso, il cui spirito è volto alle ultime cose nell'attesa fiduciosa e perseverante di Dio, nonostante le lotte e le prove. Giacomo incoraggia i suoi interlocutori ricordando loro che la Parusia è vicina.

9 Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte.

Il giudice è alle porte, è vicino, non possiamo avere degli atteggiamenti scorretti, soprattutto nei confronti dei nostri fratelli. Tutto in noi sia degno del nostro nome di cristiani, perché di tutto saremo giudicati.

10 Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore.

Ora Giacomo pone un nuovo modello dopo quello dell'agricoltore. Si tratta dei profeti che hanno parlato a nome di Dio. Anche il loro compito è stato duro: spesso dovevano lottare contro i falsi profeti, altre volte non erano compresi, venivano spesso osteggiati e uccisi a causa della loro parola. Uno di questi, anzi l'ultimo è stato proprio Giovanni il Battista. Il cristiano ha dunque dei modelli a cui rifarsi, da imitare per conoscere quale sia l'atteggiamento migliore e anche una garanzia della verità delle promesse di Dio.

Meditiamo

- Vi sono ancora delle attività che richiedono pazienza nell'attendere tempi di lavorazione?
- Sono capace di essere costante e di attendere nonostante la fatica?
- Mi capita di lamentarmi dei miei fratelli o sorelle e di parlarne male?
- Cosa penso dei profeti di Dio e delle sofferenze che hanno sopportato?
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16/12/2013 07:31
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
La Verità trionfa.

Bàalam, un mago prezzolato per maledire Israele, viene sorprendentemente ispirato dal Dio altissimo e invece di maledire tesse uno splendido elogio del popolo di Dio: "Come sono belle le tue tende, Giacobbe, le tue dimore, Israele! Si estendono come vallate, come giardini lungo un fiume, come àloe, che il Signore ha piantato, come cedri lungo le acque". La predilezione divina è già garanzia di una specialissima appartenenza e di un dono incommensurabile, che certamente non può essere smentita dai maghi o dalle bugie degli uomini. La menzogna sin dal principio è la radice del male. Non può coabitare con il regno di Dio. La verità invece, che sgorga dall'essenza stessa di Dio, ha in se la forza di smascherare e condannare il male in tutte le sue forme e poi si fonde con la luce stessa dell'Onnipotente. Gesù dirà di sé: "Io sono la Verità". Diventano quindi persino ridicole le insinuazioni degli scribi e dei farisei, che cercano di estorcere al Signore qualche errore per avere poi il pretesto per accusarlo e condannarlo. La sapienza divina non teme confronti, è la fonte stessa della verità e del vero bene. Questo valeva ai tempi di Gesù vale ancora ai nostri giorni. Dovrebbe servire di monito per tutti coloro che si ergano a giudici di tutto e di tutti, per coloro che ritengono di avere il monopolio della verità e la vorrebbero imporre a tutti. San Paolo esortava così i Colossesi: "Cercate le cose di lassù e non quelle che sono sulla terra". Potremmo intendere che tra le cose di lassù dobbiamo annoverare senza dubbio quel preziosissimo dono dello Spirito che è la sapienza, il dono che smaschera il peccato, ci fa conoscere e amare la verità e ci consente di viverla. Saremo così ben lungi dall'imitare il cattivo esempio di coloro che tramano contro Dio o pretendono di usare la sua verità a proprio comodo.
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17/12/2013 08:07
 
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Eremo San Biagio
Commento su Prima Antifona Maggiore

O Sapienza, che esci dalla bocca dell'Altissimo,
ti estendi ai confini del mondo,
e tutto disponi con soavità e con forza:
vieni, insegnaci la via della saggezza.
Prima Antifona Maggiore

Come vivere questa Parola?

Questa settimana di preparazione imminente alla celebrazione del Natale è scandita dal canto delle grandi antifone, testi che fin dall'VII secolo gradualmente ci dischiudono alcuni tratti del Cristo che viene. Le invocazioni concise, che attingono ampiamente sia dall'Antico che dal Nuovo Testamento, offrono dei ricchi spunti per la meditazione, per la preghiera, per un concreto allenamento quotidiano sulla strada che conduce alla grotta di Betlemme.

La prima invocazione è quella della Sapienza: ci prestano la loro voce i grandi oranti dell'Antico Testamento (cf Siracide, Salomone), che invocano il Signore con questo nome così profondo da doverlo spiegare con innumerevoli aggettivi (cf Sap 7,22-8,1). La nostra attenzione oggi però viene rivolta a due aspetti in particolare: l'azione creatrice di Dio e la prudenza.

La sapienza esce dalla bocca dell'Altissimo: per mezzo della Parola Dio crea (cf Gen 1), dispone tutto in ordine, con soavità e con forza, fino ai confini del mondo. Questo ordine viene affidato alla creatura umana, perché lo coltivasse e locustodisse . È per questo che abbiamo bisogno di essere istruiti, nella sapienza, nella saggezza, nella prudenza ~ quella virtù cardinale che dispone la ragione pratica a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo (cf CCC 1806).

È quell'atteggiamento che ci aiuta a percorrere il nostro quotidiano con calma, con serenità, con tranquillità fiduciosa di coloro che camminano consapevoli che la Sapienza previene e abbraccia ogni nostra azione e ci conduce sicuri verso la pienezza della salvezza. Così come ha condotto tutti i nostri antenati nella fede, tutti i discendenti di Abramo(cf Gen 49,2; Mt 1,1-17), tutti coloro che ascoltano e accolgono la sua parola ri-creatrice.

Vieni, o Sapienza soave,
nell'universo ogni cosa con armonia disponi,
vieni, la tua saggezza insegnaci.
Vieni, Signore Dio nostro, vieni!
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18/12/2013 07:52
 
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L'obbedienza di Giuseppe

La salvezza viene al mondo attraverso la stirpe del re Davide; percorre la linea della storia, ma non è un prodotto di essa. Occorre che Dio stesso susciti alla radice di Davide 'un germoglio giusto'. Allo stesso modo, non è dalla semplice discendenza davidica di Giuseppe che nasce il Messia. Il nuovo Figlio nascerà dalla promessa sposa di Giuseppe, non per l'intervento dello sposo, ma 'per opera dello Spirito Santo'. Il Vangelo prolunga la linea dell'Antico Testamento e la realizza in modo sorprendente.

E' cosa bella e straordinaria che la tradizione sulla nascita di Gesù e sugli avvenimenti che l'hanno preceduta, sia documentata da due evangelisti, Matteo e Luca, su due percorsi paralleli e complementari che la raccontano l'uno dal punto di vista di Giuseppe, l'altro dal punto di vista di Maria. E'un esempio efficace di veridicità della testimonianza dei vangeli, riferita al momento della vita di Gesù che è rimasto più nascosto e che più facilmente è stato sottoposto a una ingenerosa e sospettosa critica demolitrice. Ma gli avvenimenti hanno fatto il loro corso nonostante il parere contrario dei sapienti di questo mondo, ed anzi sono entrati profondamente nel patrimonio del popolo cristiano, nella mente e nel cuore dei poveri di spirito. Da Giotto in avanti, e ancora oggi nella statuina del presepio, Giuseppe viene spesso raffigurato dormiente: questo fatto segnala il suo ruolo 'non attivò nell'incarnazione del Figlio di Dio, e nello stesso tempo indica come l'iniziativa di Dio, espressa attraverso i sogni, ha determinato le sue scelte. Nella tradizione biblica, che prosegue anche in diffuse convinzioni della nostra gente, il sogno è veicolo che manifesta la volontà di Dio. A questa volontà Giuseppe aderisce poi quando è ben sveglio, con la semplicità dei poveri di Jahvè, disposti a fidarsi di Dio e a obbedirgli.
L'opera di Dio si realizza in modo non automatico, ma in collaborazione con coloro che Dio chiama. Nel fatto della nascita di Gesù, l'intervento divino e quello umano concorrono a definire l'identità del Bimbo che nasce: un uomo che è Dio, un Dio che si fa uomo: 'Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge'. Viene definita anche la sua missione: 'Per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figlì' (Gal 4,4-5). Tutto questo viene dichiarato non attraverso affermazioni teoriche o enunciati di fede, ma nel racconto di fatti accaduti nella vita di persone reali.

"Padre mio, mi abbandono a te, di me fa quello che ti piace. Qualunque cosa tu faccia di me, io ti ringrazio. Sono pronto a tutto, accetto tutto. Purché si compia la tua volontà in me, in tutte le tue creature, non desidero null'altro, mio Dio..." (Charles De Foucauld)

I fatti che accadono possono intervenire a cambiare la prospettiva della vita di una persona, o semplicemente della giornata in corso. Domando al Signore di aderire con prontezza e gioia alla sua volontà manifestata dalle circostanze che oggi accadranno.

Commento a cura di don Angelo Busetto
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19/12/2013 06:44
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
Gli annunci degli angeli.

Gli angeli sono a servizio di Dio, sono i cantori della sua gloria e i suoi messaggeri presso di noi. Uno particolare ci è stato affidato dal momento del nostro concepimento nel seno materno. L'arcangelo Gabriele ha avuto il compito speciale di annunziare alla Vergine di essere stata prescelta per diventare la Madre del Redentore. Oggi due annunci ci vengono narrati: "L'angelo del Signore apparve a questa donna (la futura madre di Sansone) e le disse: "Ecco, tu sei sterile e non hai avuto figli, ma concepirai e partorirai un figlio". L'annuncio di una nascita ad una donna sterile avviene per un particolare intervento divino e il nascituro ha sempre una missione particolare da compere. "Il bambino crebbe e il Signore lo benedisse. Lo spirito del Signore cominciò ad agire su di lui". Ha del prodigioso anche la nascita di Giovanni Battista: L'arcangelo Gabriele la predice già a Maria: "ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile". "Avvenne che, mentre Zaccaria svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l'usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l'offerta dell'incenso. Fuori, tutta l'assemblea del popolo stava pregando nell'ora dell'incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell'altare dell'incenso". La nascita prodigiosa di Giovanni Battista segna l'intima unione che esiste tra vecchio e nuovo testamento. L'approdo è Cristo. Tutto ciò che lo precede e tutto ciò che segue, va visto e letto alla sua luce. Scopriamo così una mirabile trama divina che si snoda nella storia e ce la rivela come evento di amore e di salvezza. «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore!». È l'esclamazione di Zaccaria che ha preso coscienza dell'intervento del Signore nella sua vita. Sentiamo l'eco di quell'incessante rendimento di grazie che sgorga dal cuore dei salvati, di tutti coloro che riconoscono che Dio ha fatto grandi cose, ha compiuto prodigi, ha tolto la vergogna del peccato tra gli uomini. La fecondità prodigiosa ci fa pensare all'aridità, al deserto dove nulla più fiorisce, al vuoto di tante vite e d'altra parte alla fecondità della grazia, alla santità di tanti fratelli e sorelle. Ci fa pensare ai doni di Dio e all'impegno che ne deriva.
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20/12/2013 07:52
 
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Il primo Angelus

La storia è azione di Dio, che passa dentro le vicende umane riscattandole dalla loro dispersione e dalla loro disperazione o dalla loro nullità e povertà. Il re Acaz, giovane e senza figli, sta per essere travolto dalle potenze straniere; la promessa della discendenza davidica sembra condannata al fallimento. Arriva insperata e desiderata una nuova promessa di Dio, che sfida l'impossibile con l'annuncio della nascita di un figlio dalla giovane sposa. Oltre il tempo di Acaz, la promessa si realizzerà nel modo più alto e imprevisto in Maria: ecco veramente la 'verginé che darà alla luce l'Emanuele.

E' giunta l'ora. "Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria". Dio riprende in mano decisamente l'iniziativa. Ricomincia dal nulla, avendo però di fronte non l'argilla informe dalla quale creare l'uomo, ma una ragazza promessa sposa. "Colui che ci ha creati senza di noi, non ci salva senza di noi". La creazione è opera esclusiva di Dio, mentre la storia si svolge nel dialogo con la creatura e nella sua libera partecipazione. E tuttavia la creatura con la quale Dio agisce non è lasciata sola. La povera serva di Nazaret convoca nel suo grembo tutta la ricchezza di predilezione che Dio ha riversato sul suo popolo. E' una 'figlia di Sion', una rappresentante del popolo d'Israele, che ne ha raccolto tutta l'attesa, e ha ricevuto tutta la grazia e tutta la promessa di Dio. E' stata riversata su di lei un'ulteriore abbondanza, fino al punto che l'appellativo 'piena di grazia' diventa il nome con il quale viene chiamata.
Di fronte a questo improvviso saluto che la rivela a se stessa secondo la misura donata da Dio, Maria rimane turbata. Il saluto non la inorgoglisce, ma le incute un sacro timore per la grandezza di Dio. La promessa che le viene consegnata è in certo modo adeguata a lei, poiché Dio le ha preparato il cuore e l'anima. Colui che nascerà è discendente di Davide e Figlio dell'Altissimo. Maria si colloca sulla linea di Davide e sulla linea di Dio; è vergine e madre, viene avvolta dall'ombra dell'Altissimo, per la potenza dello Spirito genera un frutto secondo la misura di Dio: un figlio umano che è figlio di Dio. Questa è la vocazione di Maria, la sposa promessa. Dio, rispettando la sua condizione di donna, la rende capace di un frutto divino.

Rallegrati o piena di grazia, il Signore è con te... La preghiera dell'Angelus, con l'Ave Maria, va pronunciata oggi con verità e cuore, ripensando all'intensità e alla verità del saluto dell'Angelo Gabriele.

Voglio vivere la giornata di oggi con fiducia nell'opera di Dio e nella sua iniziativa. Nel vivere la mia vocazione, nello stabilire i programmi della mia vita e persino della mia giornata, riconosco che la mia speranza è il Signore, grande protagonista della storia.

Commento a cura di don Angelo Busetto
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21/12/2013 07:37
 
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Riccardo Ripoli
Il bambino le sussultò nel grembo

Per noi uomini è una gioia ascoltare i primi movimenti dei nostri figli provenienti dal grembo materno, ma penso che per una donna ogni singola mossa del bambino nel proprio ventre per quei nove mesi sia una delle gioie più grandi che si possano immaginare. Dono più bello alle donne non poteva essere fatto da Dio, il dono della maternità.
Nell'accoglienza di un bambino che non è tuo, nell'affidamento di un bimbo che proviene da situazioni familiari di disagio la gioa dell'attesa vale quanto una maternità, ogni singola informazione è accolta e interiorizzata, fervono i preparativi per la sua entrata in famiglia, lo si comincia a chiamare per nome e se ne parla agli amici sottovoce, quasi a non voler disturbare il suo ingresso nella nostra vita. Poco importa se questa "nascita" è a tempo, poco importa se ha già due genitori, poco importa se ha un passato burrascoso, poco importa se dovremo confrontarci con altri per la sua educazione, è comunque un nuovo arrivo, una rinascita di questo bambino, l'inizio di un percorso nuovo e pieno di sorprese, speranze, attese. Non c'è donna o uomo che non sia capace di fare il genitore, e non c'è donna o uomo che non sia capace di accogliere un bambino in affidamento. Essere papà o mamma non ti viene insegnato a scuola, basta metterci tutto l'amore di cui siamo capaci, lasciarsi consigliare da chi ha già vissuto l'esperienza di genitori, aspettarsi di fare degli errori ed imparare pian piano a rimediare e sbagliare sempre meno. La stessa cosa vale per l'affidamento. I bambini che arrivano sono pulcini scarruffati, come i neonati. Sono desiderosi di amore e di coccole, come i neonati. Necessitano di attenzioni e di monitoraggio continuo ma in dissolvenza, come i neonati. Devono imparare a camminare sulla strada della vita, come i neonati. Devono imparare le regole, l'educazione, farsi una cultura, come i neonati. prenderanno la loro strada una volta che le loro ali saranno in grado di sostenere il loro volo, come i neonati. Un bambino in affidamento non ci appartiene, proprio come un figlio nato dal nostro ventre perché appartiene a Dio e per entrambi siamo affidatari in nome Suo, uno Padre.
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22/12/2013 07:25
 
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Due nomi per il Figlio. L'angelo consegna a Giuseppe il nome per il figlio e ne spiega il significato: Gesù, colui che libera dai peccati. L'evangelista Matteo, poi, gliene attribuisce un secondo: Emmanuele, Dio con noi. Gesù è vero Dio e vero uomo; solo perché veramente Dio poteva farsi anche veramente uomo, della stessa nostra condizione di creature deboli e fragili, impaurite dinanzi alla morte.

Più che della nascita di Gesù, questo Vangelo di Matteo racconta l'annuncio a Giuseppe della maternità verginale di Maria, sua sposa. Quello di Luca raccontava l'annuncio di Gabriele a Maria. Luca e Matteo, però, non scrivono cronaca, ma teologia.

All'epoca il matrimonio aveva due fasi: dopo la firma di un vero contratto davanti ai genitori e a due testimoni, passava ancora un anno prima che andassero a vivere insieme. Dopo un anno c'era la festa con la sposa condotta alla casa del marito e iniziava la vita in comune. L'annunciazione a Maria avvenne durante quell'attesa e la sua gravidanza fu opera dello Spirito Santo (ruah-spirito in ebraico è femminile, indica una forza, un soffio creatore). Il concepimento verginale non è svalutazione della sessualità. Rivela che Gesù viene dall'alto, è il Signore che ha assunto la natura umana.

Il dubbio di Giuseppe dice la prova della sua fede e il sogno potrebbe essere il soccorso del Signore che gli rivela il suo disegno. Certamente tutto porta a vedere, nel figlio di Maria, l'erede del trono di Davide, promesso dai profeti; Gesù è realmente il "Dio con noi". Anche l'ultimo rigo di Matteo lo confermerà: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). In Gesù, Dio è e resta sempre a fianco dell'uomo.

In quel tempo la verginità era da commiserare, come per un albero senza frutti, una donna irrealizzata nel sogno di essere madre. Se la verginità è il simbolo dell'amore totale per il Signore, Maria vergine è la prova della grandezza e della forza dell'amore di Dio, il solo che sa trarre vita anche dal terreno sterile. Anche noi siamo provati nella fede ma sorretti dai segni della vittoria della vita.

Commento a cura di don Angelo Sceppacerca
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23/12/2013 08:04
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
Benedetto il Signore?

Le due letture sono talmente collegate tra di loro che il vangelo non è altro che la risposta e la verifica della profezia di Malachia. Meravigliose sono le opere del Signore! La nascita di Giovanni, figlio di Elisabetta, mette in movimento tutta la zona montana intorno a Ain Karem. Che sarà mai questo bambino? E' un pensiero che si potrebbe formulare su ogni bambino che viene al mondo. Conosciamo il suo inizio ma ci resta nascosto il suo futuro. Tanto più che la nascita di Giovanni è accompagnata da eventi strani: Un padre muto, un concepimento fuori delle norme della genetica, un nome inusitato in famiglia, una dichiarazione del padre che manifesta il nome impostogli dall'Angelo: "che chiamerai Giovanni!". E dopo questo atto di obbedienza, esplode dalle sue labbra l'inno di ringraziamento a Dio, sempre fedele alle promesse. Che sarà di questo bambino? Sarà il messaggero inviato a preparare la via al Signore, secondo lo spirito di Elia che ha la missione di convertire il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri onde evitare lo sterminio. Il Messia Gesù nel silenzio del grembo materno assiste a questi eventi... Ma alla sua manifestazione egli si presenterà come fuoco purificatore. Purificherà i figli di Levi perché possano offrire una oblazione gradita a Dio. Il Messia, l'Inviato da Dio, viene a ristabilire l'ordine e dare alla convivenza umana il sapore della pace e della concordia, incominciando proprio dalla famiglia. Spiace di costatare la profonda crisi di molte famiglie dove si vive senza comprendersi, senza accettarsi e sinceramente amarsi, dalle quali i figli, che mal sopportando le limitazioni imposte, fuggono per avventurarsi in una vita da singoli che spesso si risolve in una convivenza libera, senza alcun vincolo morale e normativo. Dovremmo attendersi eventi dolorosi, catastrofici per rinsavire?
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24/12/2013 08:44
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Luca 1,67-79

1) Preghiera
Affrettati, non tardare, Signore Gesù: la tua venuta dia conforto e speranza a coloro che confidano nel tuo amore misericordioso. Tu sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

2) Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Luca 1,67-79
In quel tempo, Zaccaria, padre di Giovanni, fu pieno di Spirito Santo, e profetò dicendo:
"Benedetto il Signore Dio d'Israele,
perché ha visitato e redento il suo popolo,
e ha suscitato per noi una salvezza potente
nella casa di Davide, suo servo,
come aveva promesso
per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo:
salvezza dai nostri nemici,
e dalle mani di quanti ci odiano.
Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri
e si è ricordato della sua santa alleanza,
del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre,
di concederci, liberati dalle mani dei nemici,
di servirlo senza timore, in santità e giustizia
al suo cospetto, per tutti i nostri giorni.
E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,
per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza
nella remissione dei suoi peccati,
grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio,
per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge
per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre
e nell'ombra della morte
e dirigere i nostri passi sulla via della pace".

3) Riflessione
? Il Cantico di Zaccaria è uno dei molti cantici delle comunità dei primi cristiani troviamo sparsi negli scritti del Nuovo Testamento: nei vangeli (Lc 1,46-55; Lc 2,14; 2,29-32), nelle lettere paoline (1Cor 13,1-13; Ef 1,3-14; 2,14-18; Fil 2,6-11; Col 1,15-20) e nell'Apocalisse (1,7; 4,8; 11,17-18; 12,10-12; 15,3-4; 18,1 fino a 19,8). Questi cantici ci danno un'idea di come erano vissute la fede e la liturgia settimanale in quei primi tempi. Lasciano intravedere una liturgia che era, nello stesso tempo, celebrazione del mistero, professione di fede, animazione della speranza e catechesi.
? Qui nel Cantico di Zaccaria, i membri di quelle prime comunità cristiane, quasi tutti giudei, cantano l'allegria di essere stati visitati dalla bontà di Dio che, in Gesù, venne a compiere le promesse. Il cantico ha una bella struttura, ben elaborata. Sembra una lenta ascesa che conduce i fedeli verso l'alto della montagna, da dove osservano il cammino percorso fin da Abramo (Lc 1,68-73), sperimentano l'inizio del compiersi delle promesse (Lc 1,74-75) e da lì guardano avanti prevedendo il cammino che il bambino Giovanni deve percorrere fino alla nascita di Gesù: il sole di giustizia che viene a preparare per tutti il cammino della Pace (Lc 76-79).
? Zaccaria inizia lodando Dio perché ha visitato e redento il suo popolo (Lc 1,68) suscitando una salvezza potente nella casa di Davide, suo servo (Lc 1,69) come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti (Lc 1,70). E descrive in cosa consiste questa salvezza potente: salvarci dai nostri nemici e dalle mani di quanti ci odiano (Lc 1,71). Questa salvezza è il risultato non del nostro sforzo, bensì della bontà misericordiosa di Dio che ricordò la sua santa alleanza ed il giuramento fatto ad Abramo, nostro padre (Lc 1,72). Dio è fedele. E' questo il fondamento della nostra sicurezza.
? A continuazione Zaccaria descrive in cosa consiste il giuramento di Dio ad Abramo: è la speranza che "liberati dalle mani dei nemici possiamo servirlo, senza timore, in santità e giustizia, al suo cospetto, per tutti i nostri giorni". Ecco il grande desiderio della gente di quel tempo, che continua ad essere il grande desiderio di tutti i popoli di tutti i tempi: vivere in pace, senza timore, servendo Dio ed il prossimo, in santità e giustizia, tutti i giorni della nostra vita. E' questo l'alto del monte, il punto di arrivo, che spuntò all'orizzonte con la nascita di Giovanni (Lc 1,73-75).
? Ora l'attenzione del cantico si dirige verso Giovanni, il bambino appena nato. Sarà profeta dell'Altissimo, perché andrà innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei peccati (Lc 1,76-77). Qui abbiamo un'allusione chiara alla profezia messianica che diceva: "Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore, perché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato" (Ger 31,34). Nella Bibbia, "conoscere" è sinonimo di "sperimentare". Il perdono e la riconciliazione ci fanno sperimentare la presenza di Dio.
? Tutto questo sarà frutto dell'azione misericordiosa del cuore di Dio e avverrà pienamente con la venuta di Gesù: il sole che sorge dall'alto per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della Pace (Lc 1,78-79).

4) Per un confronto personale
? A volte è bene leggere il cantico come se fosse per la prima volta, in modo da poter scoprire in esso tutta la novità della Buona Notizia di Dio.
? Hai sperimentato qualche volta la bontà di Dio? Hai sperimentato qualche volta il perdono di Dio?

5) Preghiera finale
Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
perché hai detto:
"La mia grazia rimane per sempre";
la tua fedeltà è fondata nei cieli. (Sal 88)
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25/12/2013 08:07
 
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don Roberto Rossi
Natale è Gesù Cristo, nostra gioia

Natale è Gesù Cristo. Il cristianesimo è Gesù Cristo. La nostra vita è realizzata e salvata in Gesù Cristo.

Fino a che punto c'è in noi questa consapevolezza?
Il fatto che è accaduto duemila anni fa, la nascita di Gesù Cristo, non commuove perché ci pone di fronte un bimbo che non trova accoglienza in nessuna struttura alberghiera, né perché patisce il freddo e il gelo (non si sa se era freddo), né perché è povero e i suoi non hanno potuto accoglierlo meglio.

Commuove piuttosto perché quel bambino è il Figlio di Dio e figlio di Maria per opera dello Spirito Santo ("quello che è generato in lei è opera dello Spirito Santo" Mt.1,20). Commuove perché in Lui abita la pienezza della divinità, essendo "immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura... per mezzo di Lui tutte le cose sono state create e tutte in Lui sussistono..."(Col.1,15-17). Commuove perché "in Cristo abita corporalmente tutta la pienezza della divinità e voi avete parte alla sua pienezza, con Lui Dio ha dato vita anche a voi che eravate come morti... Col. 2,9-13)
Tutto questo anche se Gesù Cristo appare a tutti come un semplice uomo.

Il nostro Natale riesce a cogliere la profondità del mistero, la grandezza di questo fatto enorme: Dio che vive con noi e per noi? Oppure restiamo nella superficialità del natale folkloristico e consumistico?

In questo consiste la salvezza: l'uomo vive nella fragilità, nei suoi limiti, destinato alla morte e alla fine di tutte le sue cose. Ora non è più così: la nostra umanità è abitata da Dio, vive di una vita divina e non conosce limiti e non finisce mai, perché va oltre le realtà terrene.

Entrando nell'umanità Dio ha divinizzato tutto ciò che di più umano possediamo. Dio ha sposato l'uomo per sempre. Non ci separiamo più da Lui né Lui da noi. Questo significa "siamo salvi". Questo significa "siamo figli di Dio".

Papa Francesco, nell'Esortazione apostolica "La gioia del vangelo", ci dice:

"La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall'isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia... Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta".

Al di là dei racconti e del clima natalizio, al di là dell'esteriorità di una celebrazione ridiventata pagana, riusciamo a cogliere il significato profondo del Natale, come ce lo presentano i Vangeli Vangelo e S. Paolo nelle sue Lettere?

Anticamente i cristiani hanno "battezzato" la festa del "sole nascente" (25 dicembre), facendola diventare la festa del Natale del Signore: oggi non rischiamo di paganizzare la festa del Natale, rendendola una pura esteriorità commerciale e folkloristica? Perché?

Come possiamo vivere da cristiani il Natale davanti a Dio nella nostra coscienza e assieme ai nostri, riscoprendo il mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio, punto essenziale della fede che professiamo?

Il Natale è un'occasione per "consumare" o per "donare"? In che modo possiamo attuare questo capovolgimento?
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26/12/2013 07:09
 
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Riccardo Ripoli
Chi persevererà sino alla fine sarà salvato

Immagino il mondo come una grande ragnatela, fatta di mille fili, ognuno dei quali collegato all'altro. Diceva Karen Blixen "la vita e la morte sono due scrigni serrati, ognuno dei quali contiene la chiave dell'altro". Una persona, un ragazzo che mi sta molto a cuore porta dentro sé il dolore della perdita della sua mamma, come me, ma a differenza mia che ho avuto la fortuna di conoscerla, di apprezzarla, di essere amato, cresciuto, di conservare mille ricordi di lei e dei suoi insegnamenti, non ha mai visto la sua mamma, non ha potuto abbracciarla una sola volta, non è riuscito ad avere un'intesa con lei, né la complicità, né essere difeso, amato, vestito, lavato, rimproverato perché la sua mamma è morta nel darlo alla luce. In questi giorni di Natale ho pensato molto a lui, a questa sua sofferenza che è innegabile, ma non vedo atto più bello da parte di una mamma che dare la propria vita per mettere al mondo la propria creatura. Questo ragazzo deve essere fiero della sua mamma, del suo coraggio, di aver partorito comunque anche se forse già sapeva che la sua vita poteva essere in pericolo, ma non ha badato a spese, non ha chiesto sconti, non ha cercato la via più facile per vivere. Ha scelto lui. Ha scelto di dare vita, fiato al suo bimbo ed in questo modo lo ha amato una sola volta, ma lo ha amato con tale e tanta intensità che questo amore investe tutti noi, ci dona un esempio da seguire.
Mi fanno rabbia le donne che abortiscono, che rinunciano a dare alla luce un bambino, così come coloro che abortiscono un bambino in affidamento rinunciando ad accogliere un bimbo nella propria casa, d fatto condannandolo a morte. C'è un filo che lega il dolore alla gioia, ma a volte non vogliamo vederlo, a volte lo recidiamo per paura. Così il dolore per la perdita di un bambino che torna alla sua famiglia naturale ci frena nel prendere un ragazzo in affido, oppure la paura di una vita con un figlio ci impedisce di farlo nascere. Dal dolore nasce sempre la gioia, così come nel giorno del primo martire, c'è un filo che lega la morte violenta di Stefano ad opera di un giovane fariseo, Saulo. Quella morte darà nuova vita a San Paolo, è come se Stefano avesse passato il testimone a Saulo che reggeva i mantelli. Si può uccidere la persona buona, ma non si può uccidere la bontà, il suo messaggio di amore, anzi, un atto di cattiveria tanto cruento altro non è che un solo atto, mentre il seme dell'amore che viene sparso ricadrà sul terreno e nei cuori di molti e produrrà frutto.
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27/12/2013 07:33
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Giovanni 20,2-8

1) Preghiera
O Dio, che per mezzo dell'apostolo Giovanni ci hai rivelato le misteriose profondità del tuo Verbo: donaci l'intelligenza penetrante della Parola di vita, che egli ha fatto risuonare nella tua Chiesa. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

2) Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Giovanni 20,2-8
Nel giorno dopo il sabato, Maria di Magdala corse e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!".
Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte.
Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.

3) Riflessione
? Il vangelo di oggi ci presenta il brano del Vangelo di Giovanni che parla del Discepolo Amato. Probabilmente, è stato scelto questo testo da leggere e meditare oggi, festa di San Giovanni Evangelista, per l'identificazione spontanea che tutti facciamo del discepolo amato con l'apostolo Giovanni. Ma la cosa strana è che in nessun brano del vangelo di Giovanni viene detto che il discepolo amato è Giovanni. Orbene, fin dai più remoti tempi della Chiesa, si è insistito sempre nell'identificazione dei due. Per questo, nell'insistere sulla somiglianza tra i due, corriamo il rischio di perdere un aspetto molto importante del messaggio del Vangelo riguardo al discepolo amato.
? Nel Vangelo di Giovanni, il discepolo amato rappresenta la nuova comunità che nasce attorno a Gesù. Il Discepolo Amato si trova ai piedi della Croce, insieme a Maria, la madre di Gesù (Gv 19,26). Maria rappresenta il Popolo dell'antica alleanza. Alla fine del primo secolo, epoca in cui venne compilata la redazione finale del Vangelo di Giovanni, c'era un conflitto crescente tra la sinagoga e la chiesa. Alcuni cristiani volevano abbandonare l'Antico Testamento e rimanere solo con il Nuovo Testamento. Ai piedi della Croce, Gesù dice: "Donna, ecco tuo figlio!" ed al discepolo amato: "Figlio, ecco tua madre!" Ed i due devono rimanere uniti come madre e figlio. Separare l'Antico Testamento dal Nuovo, in quel tempo era fare ciò che oggi chiamiamo separazione tra fede (NT) e vita (AT).
? Nel vangelo di oggi, Pietro ed il Discepolo Amato, avvisati dalla testimonianza di Maria Maddalena, corrono insieme verso il Santo Sepolcro. Il giovane è più veloce dell'anziano e arriva per primo. Guarda dentro il sepolcro, osserva tutto, ma non entra. Lascia che entri prima Pietro. Pietro entra. E' suggestivo il modo in cui il vangelo descrive la reazione dei due uomini dinanzi a ciò che tutti e due vedono: "Entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette". Tutti e due videro la stessa cosa, ma si dice solo del Discepolo Amato che credette: "Allora entrò anche l'altro discepolo che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette" Perché? Sarà che Pietro non credette?
? Il discepolo amato ha uno sguardo diverso, che percepisce più degli altri. Ha uno sguardo d'amore che percepisce la presenza della novità di Gesù. Al mattino, dopo quella notte di ricerca e dopo la pesca miracolosa, è lui, il discepolo amato a percepire la presenza di Gesù e dice: "E' il Signore!" (Gv 21,7). In quella occasione, Pietro avvisato dall'affermazione del discepolo amato, riconosce anche lui e comincia a capire. Pietro impara dal discepolo amato. Poi Gesù chiede tre volte: "Pietro, mi ami?" (Gv 21,15.16.17). Per tre volte, Pietro rispose: "Tu sai che io ti amo!" Dopo la terza volta, Gesù affida le pecore alle cure di Pietro, ed in questo momento anche Pietro diventa "Discepolo Amato".

4) Per un confronto personale
? Tutti coloro che crediamo in Gesù siamo oggi il Discepolo Amato. Ho lo stesso guardo d'amore per percepire la presenza di Dio e credere nella sua resurrezione?
? Separare l'Antico del Nuovo Testamento è la stessa cosa che separare Fede e Vita. Come faccio e vivo oggi questo?

5) Preghiera finale
I monti fondono come cera davanti al Signore,
davanti al Signore di tutta la terra.
I cieli annunziano la sua giustizia
e tutti i popoli contemplano la sua gloria. (Sal 96)
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27/12/2013 07:34
 
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San Giovanni Apostolo ed evangelista

27 dicembre

Betsaida Iulia, I secolo - Efeso, 104 ca.

L'autore del quarto Vangelo e dell'Apocalisse, figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo maggiore, venne considerato dal Sinedrio un «incolto». In realtà i suoi scritti sono una vetta della teologia cristiana. La sua propensione più alla contemplazione che all'azione non deve farlo credere, però, una figura "eterea". Si pensi al soprannome con cui Gesù - di cui fu discepolo tra i Dodici - chiamò lui e il fratello: «figli del tuono». Lui si definisce semplicemente «il discepolo che Gesù amava». Assistette alla Passione con Maria. E con lei, dice la tradizione, visse a Efeso. Qui morì tra fine del I e inizio del II secolo, dopo l'esilio a Patmos. Per Paolo era una «colonna» della Chiesa, con Pietro e Giacomo. (Avvenire)

Patronato: Scrittori, Editori, Teologi

Etimologia: Giovanni = il Signore è benefico, dono del Signore, dall'ebraico

Emblema: Aquila, Calderone d'olio bollente, Coppa
Martirologio Romano: Festa di san Giovanni, Apostolo ed Evangelista, che, figlio di Zebedeo, fu insieme al fratello Giacomo e a Pietro testimone della trasfigurazione e della passione del Signore, dal quale ricevette stando ai piedi della croce Maria come madre. Nel Vangelo e in altri scritti si dimostra teologo, che, ritenuto degno di contemplare la gloria del Verbo incarnato, annunciò ciò che vide con i propri occhi.

Ascolta da RadioVaticana:
Ascolta da RadioRai:
Ascolta da RadioMaria:


Il più giovane e il più longevo degli Apostoli; il discepolo più presente nei grandi avvenimenti della vita di Gesù; autore del quarto Vangelo, opera essenzialmente dottrinale e dell’Apocalisse, unico libro profetico del Nuovo Testamento.
Giovanni era originario della Galilea, di una zona sulle rive del lago di Tiberiade (forse Betsaida Iulia), figlio di Zebedeo e di Salome, fratello di Giacomo il Maggiore; la madre era nel gruppo di donne che seguivano ed assistevano Gesù salendo fino al Calvario, forse era cugina della Madonna; il padre aveva una piccola impresa di pesca sul lago anche con dipendenti.
Pur essendo benestante e con conoscenze nelle alte sfere sacerdotali, non era mai stato alla scuola dei rabbini e quindi era considerato come ‘illetterato e popolano’, tale che qualche studioso ha avanzato l’ipotesi che lui abbia solo dettato le sue opere, scritte da un suo discepolo.
Giovanni è da considerarsi in ordine temporale come il primo degli apostoli conosciuto da Gesù, come è l’ultimo degli Apostoli viventi, con cui si conclude la missione apostolica tesa ad illuminare la Rivelazione.
Infatti egli era già discepolo di s. Giovanni Battista, quando questi additò a lui ed Andrea Gesù che passava, dicendo “Ecco l’Agnello di Dio” e i due discepoli udito ciò presero a seguire Gesù, il quale accortosi di loro domandò: “Che cercate?” e loro risposero: “Rabbi dove abiti?” e Gesù li invitò a seguirlo fino al suo alloggio, dove si fermarono per quel giorno; “erano le quattro del pomeriggio”, specifica lui stesso, a conferma della forte impressione riportata da quell’incontro.
In seguito si unì agli altri apostoli, quando Gesù passando sulla riva del lago, secondo il Vangelo di Matteo, chiamò lui e il fratello Giacomo intenti a rammendare le reti, a seguirlo ed essi “subito, lasciata la barca e il padre loro, lo seguirono”.
Da allora ebbe uno speciale posto nel collegio apostolico, era il più giovane ma nell’elenco è sempre nominato fra i primi quattro, fu prediletto da Pietro, forse suo compaesano, ma soprattutto da Gesù al punto che Giovanni nel Vangelo chiama se stesso “il discepolo che Gesù amava”.
Fra i discepoli di Gesù fu infatti tra gli intimi con Pietro e il fratello Giacomo, che accompagnarono il Maestro nelle occasioni più importanti, come quando risuscitò la figlia di Giairo, nella Trasfigurazione sul Monte Tabor, nell’agonia del Getsemani.
Con Pietro si recò a preparare la cena pasquale e in questa ultima cena a Gerusalemme ebbe un posto d’onore alla destra di Gesù, e dietro richiesta di Pietro, Giovanni appoggiando con gesto di consolazione e affetto la testa sul petto di Gesù, gli chiese il nome del traditore fra loro.
Tale scena di alta drammaticità, è stata nei secoli raffigurata nell’"Ultima Cena" di tanti celebri artisti. Dopo essere scappato con tutti gli altri, quando Gesù fu catturato, lo seguì con Pietro durante il processo e unico tra gli Apostoli si trovò ai piedi della croce accanto a Maria, della quale si prese cura, avendola Gesù affidatagliela dalla croce.
Fu insieme a Pietro, il primo a ricevere l’annunzio del sepolcro vuoto da parte della Maddalena e con Pietro corse al sepolcro giungendovi per primo perché più giovane, ma per rispetto a Pietro non entrò, fermandosi all’ingresso; entrato dopo di lui poté vedere per terra i panni in cui era avvolto Gesù, la vista di ciò gli illuminò la mente e credette nella Resurrezione forse anche prima di Pietro, che se ne tornava meravigliato dell’accaduto.
Giovanni fu presente alle successive apparizioni di Gesù agli apostoli riuniti e il primo a riconoscerlo quando avvenne la pesca miracolosa sul lago di Tiberiade; assistette al conferimento del primato a Pietro; insieme ad altri apostoli ricevette da Gesù la solenne missione apostolica e la promessa dello Spirito Santo, che ricevette nella Pentecoste insieme agli altri e Maria.
Seguì quasi sempre Pietro nel suo apostolato, era con lui quando operò il primo clamoroso miracolo della guarigione dello storpio alla porta del tempio chiamata “Bella”; insieme a Pietro fu più volte arrestato dal Sinedrio a causa della loro predicazione, fu flagellato insieme al gruppo degli arrestati.
Con Pietro, narrano gli Atti degli Apostoli, fu inviato in Samaria a consolidare la fede già diffusa da Filippo.
San Paolo verso l’anno 53, lo qualificò insieme a Pietro e Giacomo il Maggiore come ‘colonne’ della nascente Chiesa.
Il fratello Giacomo fu decapitato verso il 42 da Erode Agrippa I, protomartire fra gli Apostoli; Giovanni, secondo antiche tradizioni, lasciata definitivamente Gerusalemme (nel 57 già non c’era più) prese a diffondere il cristianesimo nell’Asia Minore, reggendo la Chiesa di Efeso e altre comunità della regione.
Anche Giovanni adempì la profezia di Gesù di imitarlo nella passione; anche se non subì il martirio come il fratello e gli altri apostoli, dovette patire la persecuzione di Domiziano (51-96) la seconda contro i cristiani, che negli ultimi anni del suo impero, 95 ca., conosciuta la fama dell’apostolo, lo convocò a Roma e dopo averlo fatto rasare i capelli in segno di scherno, lo fece immergere in una caldaia di olio bollente davanti alla porta Latina; ma Giovanni ne uscì incolume.
Ancora oggi un tempietto ottagonale disegnato dal Bramante e completato dal Borromini, ricorda il leggendario miracolo.
Fu poi esiliato nell’isola di Patmos (arcipelago delle Sporadi a circa 70 km da Efeso) a causa della sua predicazione e della testimonianza di Gesù. Dopo la morte di Domiziano, salì al trono l’imperatore Nerva (96-98) tollerante verso i cristiani; quindi Giovanni poté tornare ad Efeso dove continuò ad esortare i fedeli all’amore fraterno, finché ultracentenario morì verso il 104, cosicché il più giovane degli Apostoli, il vergine perché non si sposò, visse più a lungo di tutti portando con la sua testimonianza, l’insegnamento di Cristo fino ai cristiani del II secolo.
Sulla sua tomba ad Efeso, fu edificata nei secoli V e VI una magnifica basilica. In vita la tradizione e gli antichi scritti gli attribuiscono svariati prodigi, come di essersi salvato senza danno da un avvelenamento e dopo essere stato buttato in mare; ad Efeso risuscitò anche un morto.
Alle riunioni dei suoi discepoli, ormai vecchissimo, veniva trasportato a braccia, ripetendo soltanto “Figlioli, amatevi gli uni gli altri” e a chi gli domandava perché ripeteva sempre la stessa frase, rispose: “ Perché è precetto del Signore, se questo solo si compia, basta”.
Fra tutti gli apostoli e i discepoli, Giovanni fu la figura più luminosa e più completa, dalla sua giovinezza trasse l’ardore nel seguire Gesù e dalla sua longevità la saggezza della sua dottrina e della sua guida apostolica, indicando nella Grazia la base naturale del vivere cristiano.
La sua propensione più alla contemplazione che all’azione, non deve far credere ad una figura fantasiosa e delicata, anzi fu caldo e impetuoso, tanto da essere chiamato insieme al fratello Giacomo ‘figlio del tuono’, ma sempre zelante in tutto.
Teologo altissimo, specie nel mettere in risalto la divinità di Gesù, mistico sublime fu anche storico scrupoloso, sottolineando accuratamente l’umanità di Cristo, raccontando particolari umani che gli altri evangelisti non fanno, come la cacciata dei mercanti dal tempio, il sedersi stanco, il piangere per Lazzaro, la sete sulla croce, il proclamarsi uomo, ecc.
Giovanni è chiamato giustamente l’Evangelista della carità e il teologo della verità e luce, egli poté penetrare la verità, perché si era fatto penetrare dal divino amore.
Il suo Vangelo, il quarto, ebbe a partire dal II secolo la definizione di “Vangelo spirituale” che l’ha accompagnato nei secoli; Origene nel III secolo, per la sua alta qualità teologica lo chiamò ‘il fiore dei Vangeli’.
Gli studiosi affermano che l’opera ebbe una vicenda editoriale svolta in più tappe; essa parte nell’ambiente palestinese, da una tradizione orale legata all’apostolo Giovanni, datata negli anni successivi alla morte di Cristo e prima del 70, esprimendosi in aramaico; poi si ha un edizione del vangelo in greco, destinata all’Asia Minore con centro principale la bella città di Efeso e qui collabora alla stesura un ‘evangelista’, discepolo che raccoglie il messaggio dell’apostolo e lo adatta ai nuovi lettori.
Inizialmente il vangelo si concludeva con il capitolo 20, diviso in due grandi sezioni; dai capitoli 1 a 12 chiamato “Libro dei segni”, cioè dei sette miracoli scelti da Giovanni per illustrare la figura di Gesù, Figlio di Dio e dai capitoli 13 a 20 chiamato “Libro dell’ora”, cioè del momento supremo della sua vita offerta sulla croce, che contiene i mirabili “discorsi di addio” dell’ultima Cena. Alla fine del I secolo comparvero i capitoli finali da 21 a 23, dove si allude anche alla morte dell’apostolo.
All’inizio del Vangelo di Giovanni è posto un prologo con un inno di straordinaria bellezza, divenuto una delle pagine più celebri dell’intera Bibbia e che dal XIII secolo fino all’ultimo Concilio, chiudeva la celebrazione della Messa: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio….”.
L’Apocalisse come già detto è l’unico libro profetico del Nuovo Testamento e conclude il ciclo dei libri sacri e canonici riconosciuti dalla Chiesa, il suo titolo in greco vuol dire ‘Rivelazione’.
Denso di simbolismi, spesso si è creduto che fosse un infausto oracolo sulla fine del mondo, invece è un messaggio concreto di speranza, rivolto alle Chiese in crisi interna e colpite dalla persecuzione di Babilonia o della bestia, cioè la Roma imperiale, affinché ritrovino coraggio nella fede, dimostrandolo con la testimonianza.
È un’opera di grande potenza e suggestione e anche se il linguaggio e i simboli sono del genere ‘apocalittico’, corrente letteraria e teologica molto diffusa nel giudaismo, il libro si autodefinisce ‘profezia’, cioè lettura dell’azione di Dio all’interno della storia.
Colori, animali, sogni, visioni, numeri, segni cosmici, città, costellano il libro e sono gli elementi di questa interpretazione della storia alla luce della fede e della speranza.
Il libro inizia con la scena della corte divina con l’Agnello - Cristo e il libro della storia umana e alla fine dell’opera c’è il duello definitivo tra Bene e Male, cioè tra la Chiesa e la Prostituta (Roma) imperiale, con la rivelazione della Gerusalemme celeste, dove si attende la venuta finale del Cristo Salvatore.
Di Giovanni esistono anche tre ‘Epistole’ scritte probabilmente a Efeso, che hanno lo scopo di sottolineare e difendere presso determinati gruppi di fedeli (o uno solo, con la terza) alcune verità fondamentali, che erano attaccate da dottrine gnostiche.
San Giovanni ha come simbolo l’aquila, perché come si credeva che l’aquila potesse fissare il sole, anche lui nel suo Vangelo fissò la profondità della divinità.
È il patrono della Turchia e dell’Asia Minore, patronato confermato da papa Benedetto XV il 26 ottobre 1914; giacché Gesù gli affidò la Vergine Maria, è considerato patrono delle vergini e delle vedove; per i suoi grandi scritti è patrono dei teologi, scrittori, artisti; per il suo supplizio dell'olio bollente, protegge tutti coloro che sono esposti a bruciature oppure hanno a che fare con l’olio, quindi: proprietari di frantoi, produttori di olio per lampade, armaioli; patrono degli alchimisti, è invocato contro gli avvelenamenti e le intossicazioni alimentari.
Anche i “Quattro Cavalieri dell’Apocalisse” che rappresentano conquista, guerra, fame, morte, sono un suo simbolo. In Oriente il suo culto aveva per centro principale Efeso, dove visse e l’isola di Patmos nel Dodecanneso dove fu esiliato a dove nel secolo XI s. Cristodulo fondò un monastero a lui dedicato, inglobando la grotta dove l’apostolo ricevette le rivelazioni e scrisse l’Apocalisse.
In Occidente il suo culto si diffuse in tutta Europa e templi e chiese sono a lui dedicate un po’ dappertutto, ma la chiesa principale costruita in suo onore è S. Giovanni in Laterano, la cattedrale di Roma.
Inizialmente i grandi santi del primo cristianesimo Stefano, Pietro, Paolo, Giacomo, Giovanni, erano celebrati fra il Natale e la Circoncisione (1° gennaio); poi con lo spostamento in altre date di s. Pietro, s. Paolo e s. Giacomo, rimasero solo s. Stefano il 26 dicembre e s. Giovanni apostolo ed evangelista il 27 dicembre.


Autore: Antonio Borrelli
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28/12/2013 07:47
 
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Riccardo Ripoli
Mandò ad uccidere tutti i bambini

Tutti noi ci scandalizziamo quando nel Vangelo leggiamo che Erode mandò ad uccidere tutti i bambini pur di eliminare Gesù. Giuriamo e spergiuriamo che se fossimo stati al posto di Erode mai e poi mai avremmo compiuto una strage di innocenti. Baggianate. Cambiano i tempi, cambiano le modalità, ma la sostanza è la stessa. Ci sono centinaia, migliaia di bambini nella Betlemme di casa nostra, nelle città vicine a noi, nei quartieri accanto a dove abitiamo che muoiono ogni giorno, muoiono di fame, muoiono per mancanza di amore e di una famiglia, muoiono nella disperazione di un abuso. Muoiono perché noi li abbiamo condannati a morte. Noi, novelli Erode, siamo i loro carnefici. Noi che non li accogliamo nelle nostre case siamo come Erode che per paura fa uccidere centinaia di bambini. Paura, ecco come si chiama la nostra reticenza a salvare la vita ad un bambino. Nessuno vi chiede di rinunciare alla vostra vita, nessuno pensa che dobbiate fondare un'associazione ed accogliere dieci ragazzi adolescenti e problematici. Ma da voi ci si aspetterebbe un piccolo atto di amore, quello di aprire le porte ad un bambino che sta morendo per colpa vostra. Come Erode avete paura del nulla, lui che sentiva minacciato il suo potere, pensava che sarebbe stato limitato nelle sue azioni, reputava che Gesù avrebbe rovesciato il suo regno. Paure inesistenti, come le nostre. Di cosa avete timore? Che un bambino in affidamento possa togliervi pace e serenità? Che possa nuocere alla vostra vita? Avete paura di dover affrontare i servizi sociali, i tribunali dei minori, le famiglie naturali? Avete paura di soffrire quando sarete riusciti a salvare quel bambino?
Erode per le sue paure infondate sparse sangue innocente.
Voi state facendo lo stesso, lasciate che tanti bambini si perdano e muoiano perché avete paura, timore di perdere qualcosa che avete, qualcosa che egoisticamente non volete dividere con altri, neppure con un bambino, neppure in piccola percentuale.
Riflettete. Pensate a quanto male state facendo, non facendo niente.
Ostacoli ce ne sono tanti, spesso anche da parte dei servizi sociali, ma un bambino sta morendo per colpa vostra, mi sembra un buon motivo per lottare. Noi saremo al vostro fianco se deciderete di fare un passo nella direzione giusta, cercheremo di guidarvi e consigliarvi, non vi lasceremo soli e insieme salveremo tanti bambini.
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