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La questione della LEGITTIMA DIFESA

Ultimo Aggiornamento: 19/11/2013 13:03
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19/11/2013 13:00
 
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I MILITARI e il magistero della Chiesa
 
La DISTINZIONE FRA CESARE E DIO
 
 Il cristiano, ordinariamente, non deve scegliere fra Cesare e Dio ma deve dare a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio: La società civile non deve essere separata dalla Chiesa, le due società devono collaborare, ma ognuna è competente e autonoma nel suo settore.
La Chiesa indica i principi morali da seguire, la società civile cerca di tradurli in pratica attraverso il diritto positivo: questo tentativo di traduzione sarà sempre imperfetto e sempre perfettibile” perché non è possibile costruire il paradiso in terra.
La distinzione fra Cesare e Dio, fra società civile e  Chiesa è analoga alla distinzione che deve essere fatta fra l’anima e il corpo.
A chi deve obbedire un militare cristiano quando deve usare la forza per motivi di ordine pubblico nazionale o internazionale? Alla Chiesa o alle autorità civili?
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19/11/2013 13:01
 
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1) Scegliere le indicazioni della Chiesa, per quanto riguarda la fede e la morale, è una scelta ovvia per un cattolico.
  Il problema è un altro: il magistero della Chiesa  è infallibile sui principi non sulla conoscenza dei fatti..
Faccio un esempio: il magistero della Chiesa ha sempre sostenuto che non si può uccidere un essere umano innocente e questo principio morale è immutabile. Nel passato, prima del 1620, la dottrina della Chiesa riteneva lecito l'aborto prima del novantesimo giorno perché la scienza aristotelica di allora  negava la presenza dell'anima razionale nel prodotto del concepimento prima dei 90 giorni.
  Infatti, prima dei 90 giorni, non c'era la visibilità morfologica e fisiologica delle strutture cerebrali e quindi si pensava che l'anima razionale subentrasse con la comparsa di tali strutture. Quando nacque la prima scienza embriologica, con l'opera del Fienus, l'aborto fu immediatamente riconosciuto delittuoso ad ogni stadio. I giudizi morali, dunque, possono cambiare non perché variano i principi ma perché si perfeziona la conoscenza dei fatti che vengono sottoposti al giudizio tramite quei principi che restano immutabili. La Chiesa non è dotata di infallibilità per quanto riguarda la conoscenza dei fatti.
 
2) Esempio:
 
Nel caso di un processo civile o penale la Chiesa raccomanda di attenersi ad alcuni principi morali generali ma l'inchiesta e il processo non sono competenza della Chiesa, sono competenza della polizia e dei giudici.
3) Esempio:
 Nel caso di un intervento chirurgico, la Chiesa raccomanda di attenersi ad alcuni principi morali generali         ( come per esempio quello di proporzionalità e quello di totalità detto anche di terapeuticità ) ma la decisione sulla necessità di un intervento chirurgico spetta al chirurgo e non alla Chiesa.
  La Chiesa ritiene moralmente lecito interrompere le tecniche rianimative ed espiantare gli organi per donarli ma solo quando la persona è morta. Tuttavia la determinazione del momento della morte non è di pertinenza della fede e della morale ma della scienza medica. Attualmente la Chiesa accetta le conclusioni della scienza medica di oggi nel determinare il momento della morte e la scienza dice che l'individuo è morto quando si ha la morte cerebrale totale. In futuro la liceità della cessazione delle cure e la liceità dell'espianto degli organi potrebbe variare con il variare delle conoscenze scientifiche sul fenomeno della morte e sulla determinazione del momento della morte. Si tratta della distinzione dei poteri e delle competenze, della distinzione, in senso lato, fra Cesare e Dio. Il cristiano, ordinariamente, non deve scegliere fra Cesare e Dio ma deve dare a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio
    Il Papa, per esempio, può certamente esortare i medici a fare di tutto per salvare la vita del malato senza ricorrere all'intervento chirurgico ma decidere sulla necessità di tale intervento spetta, in ultima analisi, ai competenti del settore e non al Papa.


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19/11/2013 13:02
 
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4) Lo stesso problema si ripete nelle questioni di ordine pubblico nazionale o internazionale quando le autorità competenti devono decidere sull'uso della forza.
Questo principio era già chiaro anche per i primi cristiani che non erano affatto pacifisti e ubbidivano alle autorità civili.
Il Pontificio istituto di Archeologia Cristiana lavora da oltre settanta anni al progetto ICUR ( inscriptiones cristianae urbis Romae ), cioè alla catalogazione delle oltre trentamila epigrafi paleocristiane presenti a Roma.
Le epigrafi romane ( che citano sesso, età e professione dei primi cristiani ) mostrano che nel III° secolo, cioè prima del riconoscimento del cristianesimo fatto da Costantino, numerosi cristiani, non solo erano militari ma tra i militari cristiani erano particolarmente numerosi i pretoriani, cioè la guardia imperiale, il corpo d'élite cui accedevano solo coloro che si erano distinti nel servizio legionario. Questi studi hanno messo in crisi parecchi luoghi comuni sul cristianesimo delle origini, come quello propagandato dalla filmografia holliwoodiana che ha sempre presentato la comunità cristiana come una comunità pacifista ante-litteram. La storia dimostra che non c'era nessuna incompatibilità fra cristianesimo, vita militare e rispetto dell'autorità.
Di incompatibilità si cominciò a parlare solo verso la fine del secondo secolo con l'eresia montanista e la persecuzione di Marco Aurelio nacque soprattutto dalla confusione che l'imperatore fece tra i cristiani e i montanisti, che erano ribelli nei confronti dell'autorità civile e del servizio militare.
La persecuzione dei cristiani, come quella attuata da Nerone, si verifica quando l'imperatore abbandona la tradizione giulio-claudia per un potere teocratico di tipo orientale: i cristiani furono perseguitati insieme agli stoici della classe dirigente romana.
Non c'è alcun pregiudizio dei primi cristiani verso l'autorità e il servizio militare: i cristiani rifiutano soltanto di rendere un culto religioso all'imperatore. Infatti, ad alcuni militari che lo interrogano su come devono comportarsi, Giovanni il Battista dice loro di comportarsi giustamente e aggiunge:-siate contenti della vostra paga - ( Lc 3,14 ). La fede del centurione di Cafarnao, alto ufficiale militare, capo di una Centuria ( cfr Mt 8,5-13) e la conversione del centurione Cornelio ( At 10,1-48), confermano che non esiste un'inconciliabilità di fondo fra cristianesimo, vita militare e rispetto dell'autorità. L'apostolo Paolo, nella lettera ai romani, raccomanda ai cristiani di essere sottomessi alle autorità costituite le quali portano la spada perché sono al servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera il male ( cfr Rm,13, 1-7).
Già prima di Nerone e di Domiziano, l'espressione più viva di questa opposizione al culto imperiale si trova in un famoso discorso dell'imperatore Tiberio che respinge l'offerta di un tempio:- Io, o senatori, attesto di fronte a voi e voglio che i posteri ricordino, che sono un mortale e svolgo le funzioni di un mortale e mi basta adempiere il dovere di principe.-
Dopo l'esperienza teocratica di Domiziano, l'opposizione alla divinizzazione dell'imperatore e al culto imperiale torna d'attualità con Traiano: la divinizzazione dell'Imperatore è condannata come un sacrilegio verso gli dei e come un atto di tirannia verso gli uomini ( CFR Marta Sordi, i Cristiani e L'Impero Romano, Jaka Book, Milano 1986 ).
Quindi i primi cristiani si comportano secondo la regola del dare a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.
Solo in casi straordinari, quando l'autorità civile pretende di imporre un'azione che contrasta contro un comandamento di Dio, allora e solo allora il cristiano ubbidisce a Dio piuttosto che agli uomini
La Chiesa insegna che la guerra non è mai il mezzo idoneo per risolvere le questioni della giustizia perché nella guerra non sempre vince chi è nel giusto, ammesso che sia facile capire chi è nel giusto, dato che ogni contendente giustifica sempre molto bene le proprie ragioni.
Tuttavia, la Chiesa insegna che, fino a quando - non ci sarà un'autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa - ( Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes n.79 ). Ma anche quando esisterà una vera autorità internazionale, la Chiesa ricorda che sarà sempre necessario un esercito internazionale in grado di far rispettare le decisioni del tribunale stesso con l'uso lecito della forza : - gli uomini, in quanto peccatori, sono e saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino alla venuta di Cristo- ( Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes n.78) .
Per questo coloro che - esercitano la loro professione nelle file dell'esercito, si considerino anch'essi come servitori della sicurezza e della libertà dei loro popoli; se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono anch'essi veramente alla stabilità della pace - ( Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes n.79 ): - la pace , infatti, non è la semplice assenza della guerra (...) ma viene con tutta esattezza definita "opera della giustizia" (Is 32,7)- ( Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes n.78 ) .
Giovanni Paolo II insegna che - il nucleo stesso della vocazione militare non è altro che la difesa del bene, della verità e soprattutto di quelli che sono aggrediti ingiustamente. (...) Questa difesa può portare con sé anche la morte o il danno dell'aggressore, ma egli è colpevole in questo caso - ( Giovanni Paolo II, L'Osservatore Romano 3/4-4-1989 ).

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19/11/2013 13:03
 
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Come deve comportarsi un militare cristiano?
Il Santo Padre è il Vicario di Cristo, il padre spirituale di tutti i popoli e di tutti gli uomini ed egli sarà sempre contrario all'antica schiavitù della guerra tra i figli di Adamo ed Eva, egli cercherà sempre di fare ogni sforzo per invitare gli uomini e i popoli al dialogo, in modo che possano risolvere pacificamente e secondo giustizia i loro problemi: il Papa non si stanca di ripetere che - non c'è pace senza giustizia e non c'è giustizia senza perdono -.
Bisogna, tuttavia, distinguere l'amore che il Papa manifesta per tutti gli uomini e i suoi giusti timori per le conseguenze di una guerra, dalla condanna di un intervento armato considerato assolutamente illecito dal punto di vista morale: condanna che obbligherebbe ogni cristiano che porta la divisa all'obiezione di coscienza.
Come deve regolarsi un militare di fronte all'appello di guerra da parte delle autorità costituite quando la Chiesa non obbliga il militare cristiano alla disobbedienza civile? I moralisti cattolici hanno formulato delle norme molto chiare:- l'individuo, benché dubiti della natura morale di una determinata guerra, può senza violare la coscienza, parteciparvi, perché si deve sempre presumere in simile caso che l'autorità competente è la sola che in via normale possegga i dati e le informazioni per giudicare se sia giusta o no la guerra ( anche il Catechismo della Chiesa cattolica dice che la valutazione delle condizioni di legittimità spetta alle autorità civili competenti, cfr n.2308 ). D'altronde il bene comune che urge difendere verrebbe compromesso se ogni singolo dovesse, prima di ubbidire all'appello di guerra, esaminare un problema così complicato e scabroso, qual è quello della moralità di un dato ricorso alle armi. (...) Il soldato non è obbligato a ricerche ed inchieste lunghe e meticolose, egli è come il ministro del giudice. Il ministro del giudice - può dare esecuzione al verdetto del tribunale, senza che ne debba fare un esame, purché non sia assolutamente certo dell'ingiustizia della sentenza. (...) Se mai si desse il caso, in cui sia evidente l'ingiustizia di una guerra, allora la norma dell'individo è quella degli apostoli:" ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini" ( Act. 5,29 )
Qui evidentemente si tratta di casi astratti o, se si vuole, assolutamente eccezionali; giacché generalmente le motivazioni della guerra espresse dal potere pubblico appaiono ben giustificate - ( Angelo Brucculeri S.J., Moralità della guerra, La Civiltà Cattolica, pp.68-69, Roma 1953 ).
Può un militare uccidere persone innocenti nel corso di una guerra? Il militare non può mai uccidere volontariamente persone innocenti neppure durante un conflitto bellico: l'uccisione deliberata di un innocente, voluta come fine o come mezzo, costituisce un peccato grave. Nessuna circostanza, nessuna finalità può rendere lecita l'uccisione di un innocente. Diverso è il caso del militare che, nel corso di un'operazione bellica, provoca indirettamente la morte di persone innocenti: morte non voluta né come fine né come mezzo, ma solo concausata dall'intervento militare contro l'ingiusto aggressore e nonostante si sia doverosamente adoperato ogni mezzo per evitare che civili innocenti restassero coinvolti nel conflitto. La Chiesa ricorda - la permanente validità della legge morale durante i conflitti armati- ( Catechismo della Chiesa Cattolica n.2312 ) , - si devono rispettare e trattare con umanità i non-combattenti, i soldati feriti e i prigionieri- ( Catechismo della Chiesa Cattolica n.2313 ), le armi di distruzione di massa sono un crimine contro Dio e contro la stessa umanità ( cfr Catechismo della Chiesa Cattolica n.2314 ), - si è moralmente in obbligo di far resistenza agli ordini che comandano un "genocidio"- ( Catechismo della Chiesa Cattolica n.2313 ).

( Bruto Maria Bruti)
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Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore. Ef.4,14
 
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