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LA MARIOLOGIA nella Chiesa fino al sec. VI

Ultimo Aggiornamento: 15/11/2013 22:27
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15/11/2013 22:26
 
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LA MARIOLOGIA NEI PADRI [sintesi sinottica]


Elementi di mariologia nel primo kerygma


Nel I sec. il centro dell' annuncio cristiano è costituito dalla fede in Cristo, Figlio di Dio, divenuto kyrios «Signore» a seguito della sua morte e resurrezione. E' un annuncio concentrato sull'essenziale: gli eventi con cui Cristo ha portato la salvezza e il rapporto con la vita di ciascun uomo («pro nobis»).


In epoca subapostolica al credo cristologico del Nuovo Testamento si aggiunse il ricordo della nascita di Cristo da Maria vergine, che rimase fissato per sempre nelle professioni di fede, necessario sussidio per le diverse circostanze e situazioni di catecumenato, esorcismi, polemica contro gli eretici (O. CULLMANN La fede e il culto della Chiesa primitiva, trad. dal francese, Roma 1974, 77-92). [copiato]


In un contesto di esorcismo Giustino attesta: «Ogni demonio è esorcizzato, vinto e sottomesso nel nome di colui che è il Figlio di Dio e primogenito di ogni creatura, nato per mezzo di una vergine e divenuto uomo soggetto a patire, crocifisso sotto Ponzio Pilato dal vostro popolo, morto e risorto dai morti e salito al cielo» (Dialogo con Trifone 85,2). [copiato]


Legato al catecumenato è il Simbolo della Traditio apostolica (215ca.) di Ippolito: «Credi in Cristo Gesù, figlio di Dio, che è nato per mezzo dello Spirito Santo dalla vergine Maria?» (21).


In quasi tutti i simboli Maria è ricordata nella sua relazione a Gesù sia per l'aspetto della reale maternità (natus ex Maria), sia per la sua verginità (virgine).


Sono in realtà le affermazioni bibliche di Luca e Matteo, taciuti da altri scritti neotestamentari: Marco inizia con il battesimo di Gesù e Giovanni preferisce contemplare la nascita eterna del Verbo; Paolo in Gal 4,4 (nato da donna) rileva la «kenosi» di Cristo, come partecipazione al loro destino. Su tali affermazioni lucane e matteane si costruisce la primitiva dottrina mariologica che si affermerà nella lotta su due fronti contrapposti: il giudeo cristianesimo eterodosso e lo gnosticismo.


Origene nel Contro Celso V, 61 a proposito dei giudaizzanti, riferisce che «costoro formano le due sette di Ebioniti, cioè di quelli che ammettono, come noi, che Gesù è nato da una vergine, e di quelli che invece credono che non è nato in tal modo, ma come tutti gli altri uomini». Per questi ultimi quindi Gesù è nato da Maria e da Giuseppe o da un certo Pantera. E proprio riferendosi a questa diceria, Celso presenta Maria come una donna adultera, resa madre da un certo soldato di nome Pantera, e scacciata a motivo dell'adulterio dall'artigiano Giuseppe. Essa, per Celso, «non era né una donna nobile, né di stirpe regale, perché nessuno la conosceva, neanche i vicini. Scacciata dal marito ed errando in modo miserevole, diede alla luce di nascosto Gesù. Fu lui che in seguito inventò tutta la storia della nascita da una vergine che era tutto l'opposto» (Contro Celso I, 28). Non c'è posto qui per la verginità di Maria.


Lo gnosticismo concorda con la fede della Chiesa nel riconoscere la concezione e il parto verginale, ma affermando che Gesù ebbe un corpo fantasmale o comunque non materiale compromette irrimediabilmente la reale maternità di Maria (A. ORBE, Cristologia gnostica I, BAC 1976, 425-432). Gli autori cristiani cercano di salvaguardare le due prerogative del kerygma primitivo contro lo gnosticismo e contro il paganesimo, ponendo a fondamento del dogma e dell'apologetica la nascita verginale di Gesù e la figura di Maria nel mistero della salvezza.


Per il mondo pagano infatti, come affermava Celso, era inaccettabile l'idea di una nascita di Dio da una donna: «Se Dio voleva far discendere uno spirito da lui, che bisogno c'era di alitarlo nel grembo di una donna. Egli infatti aveva il potere di plasmare gli uomini, di forgiare un corpo senza buttare il proprio spirito in una simile cloaca. In tal caso egli avrebbe anche evitato l'incredulità degli uomini se fosse stato generato direttamente dall'alto» (Contro Celso VI 73).


A partire dalla fine del II sec., per influsso di nuove tendenze ascetiche anche entro la Chiesa, la nascita verginale di Gesù, nel contesto della santità di Maria, viene considerata come la controfigura della naturale attività sessuale e Maria, madre vergine, appare come l'immagine primordiale di purezza.


Il Protovangelo di Giacomo è il primo documento che considera così la nascita verginale e la figura di Maria. Il suo ignoto autore non appare mosso da orientamenti teologici o polemici, ma vuole solto glorificare Maria sottolineando l'ideale ascetico della verginità [Campenhausen H. von, Die Jungfrauengeburt in der Theologie der alten Kirche, Heidelberg 1962, 40-41].


I movimenti encratiti accentuano a tal punto l'ascetismo da leggere la nascita verginale di Gesù come il superamento della generazione, intesa peraltro come qualcosa di cattivo. Così lo ps.-Giustino e l'Opus imperfectum in Matthaeum, I: "Haec ipsa coniunctio maritalis malum est ante Deum; non dico peccatum, sed malum. Nam quantum ad naturam rei ipsius, peccatum est, concessione autem Dei factum est, ut non sit peccatum... Licentia, dico, facta est, non iustitia. Nam etsi propter necessitatem rei peccatum esse desiit, tamen iustitia esse non meruit (incipit)".


La comunità cristiana non accolse questa «lettura» della nascita verginale, ma opponendosi allo gnosticismo, al montanismo e ad altre tendenze ascetiche radicali, forse la conservò in forma latente.


La maternità reale di Maria negli autori cristiani del II secolo


Tra i «Padri Apostolici» solo Ignazio d'Antiochia ha un riferimento alla maternità verginale di Maria. Contro le tendenze docetiste vive in Asia Minore, sottolinea la maternità vera di Maria: per essa Gesù appartiene alla stirpe di Davide (Lettera ai Trallesi 9; Smirnesi 1). Generato da lei (Efesini 7), Gesù è portato nel suo seno «come Dio aveva stabilito» (Efesini 18). Il contesto apologetico fa risaltare la nascita vera di Gesù, che costituisce per Ignazio l'aspetto più importante. La fede in tale vera nascita appartiene alla tradizione della Chiesa e comporta due verità paradossali: - Dio prende carne da una donna vergine, - Dio soffre la passione e muore in croce. Nelle Lettera agli Efesini 19 scrive: «Al principe di questo mondo rimase nascosta la verginità di Maria, e anche il suo parto; e così pure la morte del Signore. Sono questi i tre misteri strepitosi che si compirono nel silenzio diDio».


Giustino non si riferisce a Maria in chiave antidoceta, ma solo per salvaguardare il carattere divino di Gesù contro pagani e giudaizzanti che lo ritenevano frutto di un normale matrimonio. Da qui l'insistenza sull'avveramento delle profezie («la vergine concepirà»: Is 7,14). Nel Dialogo con Trifone 66-67 preferisce la traduzione della Bibbia dei LXX su Is 7,14 («la vergine concepirà»), anziché quella più letterale di Aquila («la giovane concepirà»). Il carattere di «segno» profetico secondo Giustino scomparirebbe se non si trattasse di qualcosa d'eccezionale: «Se al pari di tutti i primogeniti anche questo doveva nascere da un rapporto carnale, perché mai Dio avrebbe detto di voler porre un «segno», che non è cosa da tutti i primogeniti?» (Ivi, 84,1; 84,2-3).


Per avvalorare la sua argomentazione Giustino richiama addirittura episodi di partenogenesi mitologici: «Nel dire che il Verbo... nato senza rapporto umano è stato crocifisso non diciamo nulla di nuovo rispetto a coloro che presso di voi parlano dei figli di Zeus» (Apologia I, 21,1). I richiami mitologici facilmente comprensibili dal mondo pagano furono invece usati in ambito ebraico per diffamare la nascita verginale. Nel Dialogo con Trifone 67,2 si legge: «Del resto nelle favole dei Greci si narra che Perseo è nato da Danae, che era vergine... Dovreste vergognarvi di andar raccontando le stesse cose dei Greci! Per voi sarebbe meglio riconoscere che questo Gesù è un uomo nato da uomini e... non avere la sfrontatezza di inventare prodigi. Se non volete passare per dementi come i Greci!» [pure Tertulliano,Contro Marcione IV, 10].


Ireneo si oppone al docetismo di matrice gnostica e accentua la realtà umana della maternità di Maria, rilevando il ruolo «volontario» che ella ebbe nella nascita di Gesù e inserendolo nell'idea di «ricapitolazione» (Contro le eresie V, 14,2): «Ciò che era perduto (Adamo) aveva carne e sangue, perché Dio plasmò l'uomo prendendo fango dalla terra, e per lui fu stabilita tutta l'economia della venuta del Signore. Ebbe dunque anch'egli carne e sangue per ricapitolare in sé non un'altra opera, ma l'opera plasmata inizialmente dal Padre, per cercare ciò che era perduto». L'accostamento paolino tra Adamo e Cristo, si allarga ad Eva e Maria. All'errore dei progenitori è contrapposto il nuovo comportamento della coppia Cristo-Maria. Nel parallelismo Maria è contrapposta alla «prima femina» Eva per l'obbedienza, che non si limita all'annunciazione, ma da esse prende inizio: «Mediante la sua obbedienza, fu causa di salute per sé stessa e per tutto il genere umano... Il nodo della disobbedienza di Eva trovò soluzione grazie all'obbedienza di Maria. Ciò che Eva aveva legato per la sua incredulità, Maria ha sciolto per la sua fede» (Contro le eresie III, 22,4). Eva e Maria sono in totoresponsabili della loro scelta, e appunto perché scelta libera gravida di conseguenze per sé e per gli altri meritevole di condanna o di lode [A. DE ALDAMA, Maria en la patristica de los siglos I y II, BAC, Madrid 1970, 284].


Per Ireneo il peccato ha origine dalla libera volontà dell'uomo ed i progenitori hanno liberamente rifiutato il loro assenso a Dio: la redenzione dovrà per questo configurarsi come un ritorno alla perfetta obbedienza della quale Cristo offre un esempio. E' il cuore che conta ed è questo che Cristo ricerca tanto dai suoi discepoli che da sua madre in maniera particolare (cf. Lc 11,28).


La riflessione tipologica ed i1 parallelismo non fanno di Maria un essere soprastorico, né la allontanano dalla realtà umane. Anzi, proprio a motivo della sua obbedienza, Maria fa da cerniera tra Cristo e la Chiesa, divenendo figura e modello tanto per la comunità dei credenti che per i singoli. Il suo significato religioso «femminile ed inaugurale» sta nell'essere la madre eletta di Gesù e anche la nuova madre dell'umanità. E' così abbozzata l'idea della maternità universale di Maria. Tuttavia manca nella Chiesa antica un'interpretazione mariologica della «donna vestita di sole» (Apoc 12) e lo stesso deve dirsi per la profezia di Genesi 3,15 sul seme della donna che schiaccerà il capo al serpente, sempre riferita a Cristo, mai a Maria [H.VON CAMPENHAUSEN, Die Jungfrauengeburt 33].


Nei secoli III-V la riflessione mariologica si concentra sugli aspetti del riconoscimento di Maria «madre di Dio», della sua verginità «in partu» e «post partum», e della sua santità.

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