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LA MARIOLOGIA nella Chiesa fino al sec. VI

Ultimo Aggiornamento: 15/11/2013 22:27
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15/11/2013 21:45
 
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4. Gregorio di Nazianzo: la teologia diventa poesia


Gregorio di Nazianzo (329-390), per la tradizione posteriore Gregorio «il Teologo», si impone per la forza speculativa delle giustamente famose cinque Orazioni teologiche, pronunciate contro l'arianesimo a Costantinopoli, ove era ancora molto forte.


A Costantinopoli Gregorio arriva dopo lunghe traversie. Brillante studente di letteratura negli anni della giovinezza spensierata, suo padre, vescovo di Nazianzo, lo consacra prete contro voglia. Fugge, poi ritorna. Per la sua indole debole e indecisa, subí il fascino dell'amico Basilio che rappresentava un punto di riferimento stabile e sicuro, ma quando questi lo volle eleggere vescovo di Sasima, lamentò di essere stato tradito nel sentimento dell'amicizia e della fiducia, e rifiutò di raggiungere la località impervia destinatagli da Basilio.


Sensibile e delicato fino alla morbosità, incline all'introversione e ad un certo pessimismo nei confronti del mondo, degli uomini e del corpo, Gregorio si ripiegò lamentevolmente sulle sventure e i malanni della sua vita, dando luogo negli ultimi anni del ritiro dall'attività ecclesiastica, ad una intensa produzione di lettere, piccoli gioielli di purezza linguistica, e di poemi, di argomento dogmatico e morale. La sua attività di scrittore, infatti, emerge soprattutto come invenzione poetica, per cui è il piú grande poeta cristiano di lingua greca. Qui i valori estetici della tradizione classica si fondono armonicamente con i temi e i motivi della meditazione cristiana. Tra i suoi componimenti in versi particolare fama gode il poema autobiografico Sulla sua vita, nel quale Gregorio anticipa toni e aspetti dell'altra piú importante autobiografia cristiana, le Confessioni di Agostino.


Il suo epistolario testimonia una vita profondamente sofferta, ma spesa anche a servizio della fede e dell'amore del prossimo. Le lettere fanno rivivere gli intensi rapporti di amicizia stretti da Gregorio con molti uomini del suo tempo, quell'amicizia che era, per sua esplicita ammissione, il suo punto debole.


Come vescovo di Costantinopoli (380-381), negli anni decisivi dello scontro finale con l'arianesimo, Gregorio ebbe il merito di riuscire a polarizzare intorno all'ortodossia, grazie anche alle ammirevoli doti di oratore, l'attenzione degli abitanti di Costantinopoli che sempre piú numerosi accorrevano ad ascoltarlo. Presiedette il concilio del 381, dove trionfò il suo amico Basilio, da poco defunto. Ma nemmeno lì non mancarono per Gregorio incomprensioni e ostilità di vario genere che lo amareggiarono al punto da costringerlo a ritirarsi nella sua città di Nazianzo. Di lí passò ad Arianzo dove chiuse i suoi tormentati giorni terreni.


Grande predicatore, luminare dell'ortodossia come teologo, Gregorio è un'anima tendenzialmente mistica che scioglie con consumata sapienza letteraria il discorso dottrinale nel fluido scorrere dei versi poetici: in lui la teologia si fa esperienza personale e trova giusti accenti espressivi nel canto lirico e autobiografico. Amante della solitudine e della meditazione, Gregorio fu coinvolto nei grandi avvenimenti religiosi del suo tempo che cercò di dominare con gli strumenti della sua cultura; la realtà ebbe tuttavia il sopravvento e nulla egli poté contro la faziosità degli avversari: «Addio, augusta basilica - con queste famose parole Gregorio si congeda dal concilio di Costantinopoli -, addio, Santi Apostoli... Addio, cattedra pontificale. Addio celebre città, eccelsa per l'ardore della fede e l'amore verso Gesù Cristo. Addio, Oriente e Occidente, per i quali ho tanto combattuto, e che mi avete esposto a tante battaglie. Addio, miei figli, conservate l'eredità che vi è affidata. Ricordatevi delle mie sofferenze e che la grazia di nostro Signore Gesù Cristo sia sempre presso di voi».


Solo nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo. Gesù, rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua vocazione. I Padri, guardando al mistero di Cristo, hanno visto illuminato e risolto il mistero dell'uomo.


Gregorio di Nazianzo, Discorsi 45, 9, 22-28:


Chiede in elemosina la mia natura umana perché io diventi ricco della sua natura divina


Il Verbo stesso di Dio, colui che è prima del tempo, l'invisibile, l'incomprensibile, colui che è al di fuori della materia, il Principio che ha origine dal Principio, la Luce che nasce dalla Luce, la fonte della vita e della immortalità, l'espressione dell'archetipo divino, il sigillo che non conosce mutamenti, l'immagine invariata e autentica di Dio, colui che è termine del Padre e sua Parola, viene in aiuto alla sua propria immagine e si fa uomo per amore dell'uomo. Assume un corpo per salvare il corpo e per amore della mia anima accetta di unirsi ad un'anima dotata di umana intelligenza. Così purifica colui al quale si è fatto simile. Ecco perché è divenuto uomo in tutto come noi, tranne che nel peccato. Fu concepito dalla Vergine, già santificata dallo Spirito Santo nell'anima e nel corpo per l'onore del suo Figlio e la gloria della verginità.


Dio, in un certo senso, assumendo l'umanità, la completò quando riuní nella sua persona due realtà distanti fra loro, cioè la natura umana e la natura divina. Questa conferí la divinità e quella la ricevette.


Colui che dà ad altri la ricchezza si fa povero. Chiede in elemosina la mia natura umana perché io diventi ricco della sua natura divina. E colui che è la totalità, si spoglia di sé fino all'annullamento. Si priva, infatti, anche se per breve tempo, della sua gloria, perché io partecipi della sua pienezza.


Oh sovrabbondante ricchezza della divina bontà!


Ma che cosa significa per noi questo grande mistero? Ecco: io ho ricevuto l'immagine di Dio, ma non l'ho saputa conservare intatta. Allora egli assume la mia condizione umana per salvare me, fatto a sua immagine e per dare a me, mortale, la sua immortalità.


Era certo conveniente che la natura umana fosse santificata mediante la natura umana assunta da Dio. Cosí egli con la sua forza vinse la potenza demoniaca, ci ridonò la libertà e ci ricondusse alla casa paterna per la mediazione del Figlio suo. Fu Cristo che ci meritò tutti questi beni e tutto operò per la gloria del Padre.


Il buon Pastore, che ha dato la sua vita per le sue pecore, cerca la pecora smarrita sui monti e sui colli sui quali si offrivano sacrifici agli idoli. Trovatala se la pone su quelle medesime spalle, che avrebbero portato il legno della croce, e la riporta alla vita dell'eternità.


Dopo la prima incerta luce del Precursore, viene la Luoe stessa, che è tutto fulgore. Dopo la voce, viene la Parola, dopo l'amico dello Sposo, viene lo Sposo stesso.


Gregorio di Nazianzo, Discorsi, 7 per il fratello Cesare 23-24:


La fisionomia e l'impronta che ci caratterizza è quella di Dio


«Cos'è l'uomo perché ti ricordi di lui?» (Sal 8, 5). Qual nuovo e grande mistero avvolge la mia esistenza? Perché sono piccolo e insieme grande, umile eppure eccelso, mortale e immortale, terreno ma insieme celeste? La prima condizione viene dal mondo inferiore, l'altra da Dio, quella dalla sfera materiale, questa dallo spirito.


E necessario che io sia sepolto con Cristo, che risorga con Cristo, che sia coerede di Cristo, che diventi figlio di Dio, anzi che diventi come lo stesso Dio.


Ecco la profonda realtà che è racchiusa in questo nuovo e grande mistero. Dio ha assunto in pieno la nostra umanità ed è stato povero per far risorgere la carne, salvarne l'immagine primitiva e restaurare cosí l'uomo perché diventiamo una cosa sola con Cristo. Egli si è comunicato interamente a noi. Tutto ciò che egli è, è diventato completamente nostro. Sotto ogni aspetto noi siamo lui. Per lui portiamo in noi l'immagine di Dio dal quale e per il quale siamo stati creati. La fisionomia e l'impronta che ci caratterizza è quella di Dio. Perciò solo lui può riconoscerci per quel che siamo...


Dio voglia che anche nel futuro riusciamo a diventare quello che speriamo di essere e che l'amore di Dio ci ha preparato! Egli esige poco da noi, però ora e sempre fa grandi doni a coloro che lo amano. E allora, pieni di speranza in lui, soffriamo tutto e sopportiamo tutto lietamente. Abbiamo il coraggio di rendergli grazie sempre e dappertutto, nella gioia e nel dolore. Convinciamoci che le tribolazioni sono strumento di salvezza...


O Signore, sei tu che hai creato tutte le cose, tu che hai plasmato il mio essere. Tu sei Dio, Padre e guida di tutti gli uomini. Sei il sovrano della vita e della morte. Sei la difesa e la salvezza delle nostre anime. Sei tu che fai tutto. Sei tu che dirigi il progresso di tutte le cose, scegliendo le scadenze piú opportune e ubbidendo alla tua infinita sapienza e provvidenza e sempre attraverso la tua parola...

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