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LA MARIOLOGIA nella Chiesa fino al sec. VI

Ultimo Aggiornamento: 15/11/2013 22:27
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15/11/2013 21:44
 
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2. Si fece uomo per amore verso di noi (Atanasio)


Cristo si fece uomo e prese un corpo uguale al nostro perché egli non volle semplicemente abitare un corpo o sembrare un uomo. «Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato» [GS 22]. Atanasio parla in modo particolare della vittoria di Cristo sulla morte. «Con la sua morte egli ha distrutto la morte, con la sua risurrezione ha fatto dono della vita, perché anche noi diventando figli col Figlio possiamo pregare esclamando nello Spirito: Abba, Padre».


Il Verbo di Dio, immateriale e privo di sostanza corruttibile, si stabilí tra noi, anche se prima non ne era lontano. Nessuna regione dell'universo infatti fu mai priva di lui, perché esistendo insieme col Padre suo, riempiva ogni realtà della sua presenza.


Venne dunque per amore verso di noi e si mostrò a noi in modo sensibile. Preso da compassione per il genere umano e la nostra infermità e mosso dalla nostra miseria, non volle rimanessimo vittime della morte. Non volle che quanto era stato creato andasse perduto e che l'opera creatrice del Padre nei confronti dell'umanità fosse vanificata. Per questo prese egli stesso un corpo, e un corpo uguale al nostro perché egli non volle semplicemente abitare un corpo o soltanto sembrare un uomo. Se infatti avesse voluto soltanto apparire uomo, avrebbe potuto scegliere un corpo migliore. Invece scelse proprio il nostro.


Egli stesso si costruí nella Vergine un tempio, cioè il corpo e, abitando in esso, ne fece un elemento per potersi rendere manifesto. Prese un corpo soggetto, come quello nostro, alla caducità e, nel suo immenso amore, lo offrí al Padre accettando la morte. Cosí annullò la legge della morte in tutti coloro che sarebbero morti in comunione con lui. Avvenne che la morte, colpendo lui nel suo sforzo si esaurí completamente, perdendo ogni possibilità di nuocere ad altri. Gli uomini ricaduti nella mortalità furono resi da lui immortali e ricondotti dalla morte alla vita. Infatti in virtú del corpo che aveva assunto e della risurrezione che aveva conseguito distrusse la morte come fa il fuoco con una fogliolina secca Egli dunque prese un corpo mortale perché questo, reso partecipe del Verbo sovrano, potesse soddisfare alla morte per tutti. Il corpo assunto, perché inabitato dal Verbo, divenne immortale e, mediante la risurrezione, rimedio di immortalità per noi. Offrí alla morte in sacrificio e vittima purissima il corpo che aveva preso e offrendo il suo corpo per gli altri liberò dalla morte suoi simili.


Il Verbo di Dio a tutti superiore offrí e consacrò per tutti il tempio del suo corpo e versò alla morte il prezzo che le era dovuto. In tal modo l'immortale Figlio di Dio con tutti solidale per il comune corpo di morte con la promessa della risurrezione rese immortali tutti a titolo di giustizia. La morte ormai non ha piú nessuna efficacia sugli uomini per merito del Verbo, che ha posto in essi la sua dimora mediante un corpo identico al loro. (Discorso sull'incarnazione del Verbo8-9)


I Padri Cappàdoci tra umanesimo e ascetismo


Tre colonne dell'ortodossia


Da non piú di un secolo la Cappadocia, aspra regione interna dell'Asia Minore, aveva ricevuto la luce della predicazione evangelica ad opera di un discepolo di Origene, Gregorio il Taumaturgo, quando vi fiorirono i tre grandi Padri della Chiesa greca, noti appunto come «i Cappàdoci»: Basilio [Magno] di Cesarea, Gregorio di Nazianzo e Gregorio di Nissa [fratello di Basilio]. Essi costituiscono un trio di intellettuali e di uomini di Chiesa, profondamente imbevuti di cultura greca e di aspirazioni ascetiche, che hanno segnato la storia della teologia e della spiritualità cristiana, non solo in Oriente.


Basilio e Gregorio di Nazianzo furono legati da intensi rapporti di amicizia e di studio fin dalla giovinezza quando frequentavano le migliori scuole dell'Oriente ellenizzato, e poi condussero insieme una intensa esperienza monastica che li accostò al pensiero e alla spiritualità di Origene. Essi ne divennero entusiasti ammiratori e curarono una antologia dei suoi scritti nota come Filocalia, che per secoli costituì la delizia degli asceti e dei mistici della chiesa d'Oriente.


2. Basilio il Grande, vescovo, monaco e teologo


Ma i Cappàdoci furono diversissimi per carattere e temperamento.


Basilio (330-379), il piú famoso, è uomo di carattere solido ed anche autoritario. Divenne vescovo di Cesarea di Cappadocia nel 370 e sviluppò la sua poliedrica attività sostanzialmente in tre direzioni.


1. La sorte dei poveri, numerosi a causa dell'usura, delle tasse esose e dell'endemica crisi economica che travagliava le regioni orientali, orientò l'attività sociale di Basilio, facendone una delle caratteristiche salienti del suo apostolato. Per far fronte allo stato di indigenza di masse di proletari oppressi dall'arroganza dei latifondisti, che non mancavano di fare indecente ostentazione delle loro ricchezze, Basilio ideò la costruzione di una specie di città-rifugio nota con il nome di «Basiliade». Si può pensare che queste iniziative non riscuotessero certo la simpatia dei ceti elevati: il vescovo attaccava senza mezzi termini i loro ingiusti privilegi con l'opera e con la predicazione. Al prefetto Modesto che tentava di metterlo in soggezione, Basilio risponde con l'atteggiamento intrepido di un martire dei primi tempi: Tu, di certo, non hai mai incontrato un vescovo!


2. Non meno importante fu l'attività volta ad organizzare la vita monastica. Avendo scritto due Regole monastiche molto rigide e severe, Basilio è ritenuto il vero fondatore del monachesimo greco, che ancora oggi si chiama «basiliano», come per sottolineare la fondamentale continuità di ideali e di motivi ascetici. Naturalmente, il modello di monachesimo preferito e perciò curato da Basilio, uomo dagli intensi e profondi interessi per la vita sociale e organizzata, fu il monachesimo «cenobitico», forma nella quale maggiormente si possono esercitare le virtú della pazienza, del servizio e dell'amore scambievole. Lontano dai suoi ideali era il monachesimo eremitico di tipo egiziano, o il monachesimo degli stiliti!


3. In terzo ma non ultimo luogo Basilio non manca di manifestare la sua alta intelligenza speculativa anche nella teologia e nella politica ecclesiastica. Convinto avversario dell'arianesimo, che nella seconda metà del sec. IV aveva ricevuto una sistemazione nuova e piú radicale ad opera di due formidabili dialettici come Aezio ed Eunomio, Basilio si impegnò nella lotta con scritti teorici come il Contro Eunomio e il trattato Sullo Spirito Santo, e si adoperò per piazzare sulle sedi episcopali del vicino Oriente gli amici suoi, fedeli osservanti dell'ortodossia nicena. La morte sopravvenuta nel 379, quando non aveva ancora raggiunto i 50 anni, gli impedí di assistere al trionfo della sua politica e della sua dottrina decretato ufficialmente al secondo concilio ecumenico che ebbe luogo a Costantinopoli nel 381.


Presenti al concilio furono invece gli altri due Cappàdoci che condussero a maturazione l'opera di Basilio. Ad essi si deve la formulazione definitiva del dogma trinitario che descrive la natura di Dio nei termini dell'unicità della sostanza, come aveva detto Nicea, con la precisazione aggiunta della distinzione delle tre Persone divine. Ora, anche lo Spirito Santo veniva definito Persona divina, superando in tal modo tutte le incertezze della teologia precedente.


3. Basilio, uomo di Chiesa e di cultura


L'importanza attribuita da Basilio alla distinzione delle Persone divine all'interno dell'unica sostanza, e il riconoscimento della divinità dello Spirito Santo trovano un preciso riscontro nell'immagine che Basilio si fa della Chiesa come comunità dell'amore e del servizio scambievole il cui legame, come in Dio, è dato dall'azione dello Spirito. La Chiesa, e la piccola chiesa che è la comunità monastica, rispecchiano in sé il dinamismo trinitario dell'amore personificato dallo Spirito, quello Spirito che scende sui credenti con il battesimo, per distribuire a ciascuno i suoi carismi.


Una tale visione della Chiesa pose Basilio in un rapporto di amara incomprensione con l'altero papa Damaso, che invano Basilio cercò di coinvolgere nell'azione di risanamento della vita della Chiesa.


Scrisse numerosi commenti biblici, autorevoli e destinati ad esercitare una grande influenza anche in Occidente (Ambrogio ne sarà lettore attento e imitatore entusiasta), ma ha lasciato un'impronta anche nella storia della cultura profana con un opuscolo, piccolo di mole ma molto importante: Ai giovani sul modo di trarre vantaggio dai classici. E' un'esortazione rivolta ai nipoti che si accingevano a frequentare la scuola: sui grandi autori del passato, poeti e filosofi pagani della grecità, espone i criteri ai quali attenersi per trarre vantaggio dalla letteratura, che è spesso, contraria alle Sacre Scritture. Basilio, dimostrandosi molto piú aperto di altri pastori del tempo, sostiene che lo studio dei classici, adeguatamente selezionato, può offrire una buona base per l'educazione morale e intellettuale dell'uomo, anche del cristiano. Con tale giudizio, nell'insieme tollerante, contribuì in maniera determinante alla sopravvivenza almeno di parte del patrimonio culturale dell'antichità pagana nella civiltà bizantina.


Non si può chiudere il discorso su Basilio senza accennare anche alla sua azione di riformatore liturgico. A lui la tradizione bizantina attribuisce la creazione di molti testi liturgici e la cosiddetta «liturgia di San Basilio». Questo lo pone accanto ad altri Padri del suo secolo come Ilario di Poitiers e Ambrogio di Milano in Occidente, e Giovanni Crisostomo in Oriente, tutti ugualmente impegnati a conservare, modificare e produrre testi liturgici per le piú svariate necessità della vita della Chiesa.


Basilio, Lo Spirito Santo 26, 61: Abbiamo doni diversi secondo la grazia di Dio comunicata a noi


Lo Spirito Santo è l'anima della Chiesa e l'anima del singolo cristiano. Egli guida la Chiesa, la unifica nella comunione e nel ministero, la istruisce e la dirige con diversi doni. Ogni cristiano deve considerarsi come un membro dello stesso corpo, diverso dalle altre membra, ma in armonia con esse nell'unità dell'intero organismo. La diversità equivale a ricchezza e a complementarietà: ciascuno porta il suo contributo e ha bisogno di quello degli altri.


Colui che ormai non vive piú secondo la carne ma è guidato dallo Spirito di Dio, poiché prende il nome di figlio di Dio e diviene conforme all'immagine del Figlio unigenito, viene detto spirituale.


Come in un occhio sano vi è la capacità di vedere, cosí nell'anima che ha questa purezza vi è la forza operante dello Spirito. Come il pensiero della nostra mente ora resta inespresso nell'intimo del cuore, ora invece si esprime con la parola, cosí lo Spirito Santo ora attesta nell'intimo al nostro spirito e grida nei nostri cuori: «Abbà, Padre» (Gal 4, 6), ora invece parla per noi, come dice la Scrittura: «Non siete voi che parlate, ma parla in voi lo Spirito del Padre» (Mt 10, 20). Inoltre lo Spirito distribuendo a tutti i suoi carismi è il Tutto che si trova in tutte le parti. Tutti infatti siamo membra gli uni degli altri, e abbiamo doni diversi secondo la grazia di Dio comunicata a noi. Per questo «non può l'occhio dire alla mano: Non ho bisogno di te, oppure la testa ai piedi: Non ho bisogno di voi» (1Cor 12, 21). Tutte le membra insieme completano il corpo di Cristo nell'unità dello Spirito e secondo i carismi si rendono, come è necessario, utili le une alle altre.


Dio infatti ha disposto le membra nel corpo, ciascuna di esse secondo il suo volere. Le parti dunque sono piene di sollecitudine vicendevole, secondo la spirituale comunione dell'amore. Perciò «se un membro soffre, tutte le altre membra soffrono con esso; se viceversa un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui» (1Cor 12, 26). E come le parti sono nel tutto, cosí noi siamo ognuno nello Spirito, poiché tutti in un solo corpo siamo stati battezzati nell'unico Spirito.

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